SNOP

Società Nazionale Operatori della Prevenzione

 

Ai Segretari generali di CGIL, CISL, UIL
Maurizio Landini
Anna Maria Furlan
Carmelo Barbagallo
 

1) Al tempo del coronavirus
L'attuale emergenza epidemica e le conseguenti e necessarie reazioni messe in atto a vari livelli comportano anche una prospettiva di grandissima importanza non limitata all'ovvia "battaglia" finalizzata al contenimento della diffusione del virus. Siamo di fronte ad una prova comune, nazionale, forse la più grave da dopo la Seconda guerra mondiale, una prova di partecipazione consapevole e responsabile, di civiltà solidale. Ci sono state ovviamente molte altre prove ma rimaste inespresse e sottotraccia. Certamente COVID-19 non deve farci dimenticare cause di malattia e di morte (tra cui alcune derivanti da rischi occupazionali e legate a diseguaglianze sociali) che in termini numerici assoluti non sono minori, anzi, ma si tratta questa volta di una prova drammaticamente localizzata nel tempo, diffusa e allarmante anche nell'immaginario collettivo, che esige il coinvolgimento consapevole di tutta la popolazione attraverso un'azione informativa e comunicativa trasparente, intelligente, di grande efficacia.
Ciò senza dimenticare che una parte significativa dei malati e dei morti di questi giorni, e certo non solo nell'ambiente sanitario, sono "anche" morti sul lavoro, che si aggiungeranno pesantemente al già abituale numero di vite rubate nel nostro Paese.
Da questa prova contiamo che potrà muovere un improcrastinabile passo verso una società più solidale, meno diseguale ma anche più protagonista e partecipe nelle scelte di fondo (indipendentemente da quale sia o sarà un altro "nemico" da affrontare, invisibile o meno che sia). Siamo convinti che valga la pena di provarci tutti, il più possibile insieme o almeno in accordo.

2) Il Protocollo del 14 marzo
Quanto avete convenuto nel Protocollo con le parti datoriali e con il Governo si fonda sulla convinzione - da SNOP sempre sostenuta - che condividere linee di prevenzione e protezione per i lavoratori, oltre che avere un valore di per sé, significa anche contribuire a proteggere tutta la popolazione, sempre e non solo nell'attuale emergenza.
Esprimiamo una valutazione positiva sull'idea e sul complesso di contenuti del vostro Protocollo: ci sembra dunque fondamentale, nella logica che lo sostiene, avere chiare alcune priorità, e su queste realizzare le maggiori possibili collaborazioni sia in sede centrale sia in tutti i territori del Paese.
Lo stesso documento lascia peraltro aperte, a nostro parere, alcune criticità, che sono in parte "di cornice" ma in qualche caso di contenuto, così da porre alcuni problemi o necessità di approfondimento:

- le risorse territoriali, con particolare riferimento ai Dipartimenti di prevenzione delle ASL
Questa emergenza conferma una volta di più l'assoluta necessità di investire nella prevenzione e di mantenere forti le strutture pubbliche ad essa dedicate, garantendo loro un ruolo centrale nelle politiche e nelle organizzazioni sanitarie.
L'attuale drammatica situazione, nella quale sarebbero necessarie adeguate risorse e competenze in tutti i territori, trova le strutture del SSN deputate alla prevenzione, il Dipartimento di Prevenzione e i suoi Servizi, reduci da una fase di depotenziamento e di scarsa considerazione da parte di ASL e Regioni.
Raccogliamo e vediamo oggi i risultati di una prevenzione cenerentola, dentro una Sanità pubblica spesso vilipesa e spogliata fino agli ultimi giorni, nella quale le attuali carenze erano fino a ieri deliberatamente perseguite come razionalizzazioni.
È indispensabile, da subito per quanto sarà ragionevolmente possibile e poi in prospettiva futura, invertire la tendenza alla riduzione di risorse, specie di personale, nei servizi dei Dipartimenti di prevenzione, che in questa emergenza e spesso nella disattenzione della comunicazione ufficiale, stanno combattendo una battaglia decisiva per l'intera comunità, a fianco e al pari di tutti gli operatori sanitari delle strutture di cura, spesso dovendo in maniera analoga affrontare carenze, seppure diverse per natura e significato, ma non per dimensioni.
A questo proposito, non possiamo trascurare che anche tra questi operatori, che peraltro denunciano una diffusa carenza di dotazioni di protezione personale, vi sono già numerosi casi di ammalati, nelle Regioni maggiormente colpite dal contagio, con conseguenti maggiori difficoltà di risorse e di iniziativa. Ciò anche perché ovviamente si effettuano tamponi a domicilio, si continua a vaccinare, si fanno inchieste epidemiologiche e controlli
Oltre agli ospedali per fronteggiare i malati, è essenziale avere le forze per contribuire - diffusamente sul territorio - ad orientare cittadini, lavoratori, imprenditori, esercenti ecc., promuovere e convincere, fare indagini e sorveglianza epidemiologica, acquisire e far acquisire conoscenze (empowerment), garantendo al contempo i necessari controlli.
Occorre utilizzare gli strumenti e le conoscenze disponibili, pur con i noti ritardi in termini di Sistema informativo nazionale, per raggiungere grandi numeri di imprese, non solo ovviamente quelle di medie e maggiori dimensioni.
I servizi territoriali dei DP, di igiene pubblica, di veterinaria e di salute e sicurezza sul lavoro già dispongono - e sarebbero oltretutto in questo momento cruciali - delle relazioni con tutti i soggetti indispensabili (imprese, produttori, lavoratori, RLS, consumatori, venditori ... e loro associazioni).
Appare sempre più chiaro, come finalmente molti cominciano a dire anche dalla prima linea, che questa battaglia potrà essere vinta solo con azioni efficaci all'esterno dei luoghi di cura, partendo dai territori, dai luoghi della vita e del lavoro, informando ed assistendo con tutte le modalità possibili la popolazione "prima" che entri in un ospedale, dove tra l'altro vi sono ulteriori e talora consistenti rischi che il contagio sia ulteriormente diffuso.

- l'applicazione in un paese diseguale
L'Italia è un paese contraddistinto da profonde diseguaglianze e disparità di diritti e di trattamento, su questo ci pare superfluo accennarne con voi. Da tempo noi diciamo che nella logica Stato-Regioni, e pur nella conferma dei condivisibili obiettivi posti dalla lontana 833/'78, occorre ragionare su modifiche di assetto e di organizzazione che impediscano di proseguire nell'andamento disomogeneo, gravemente diseguale che ha contraddistinto le risposte istituzionali sui temi della salute in questi 42 anni.
Non per tornare indietro, ad un modello centralista che si era rivelato inadeguato, ma per migliorare ed anzi potenziare diffusamente le capacità di risposta a livello territoriale, nell'ambito però di un assetto Stato-Regioni che garantisca indirizzi nazionali, coordinamento e sufficienti omogeneità di iniziative e di azioni.
Le disomogeneità cui accenniamo attraversano anche (e non poteva essere diverso) l'attuale emergenza. Si tratta di differenze territoriali, differenze tra cittadini e tra lavoratori, di fasce deboli sacrificate, di possibilità di prevenzione, assistenza e cura disomogenee e talora dolorosamente diseguali fino alla diversa possibilità di sopravvivere a seconda del luogo in cui ci si trova. E naturalmente rimane drammatica e palesemente ingiusta, sotto molti profili a partire dalle risorse, la diseguaglianza complessiva del sud d'Italia rispetto alla restante parte del paese.
Per quanto riguarda i lavoratori, una buona parte di essi è ancora nei luoghi di lavoro, esclusa dal provvedimento "io-resto-a-casa", a sostegno parziale della produzione, pur in molti casi ancora fuori dai cosiddetti servizi essenziali ("categoria" che a nostro parere dovrebbe essere approfondita e ulteriormente precisata): questa parte ancora consistente di popolazione dovrebbe essere destinataria di iniziative mirate di prevenzione, informative e di assistenza, non solo a sua tutela ma anche per il ruolo che essa può assumere nelle strategie di contenimento della diffusione del virus. Purtroppo, finora si stanno succedendo provvedimenti "autonomi" emanati da parte delle Regioni e pure dalle ASL, in un succedersi di indicazioni non coordinate in qualche caso e su alcuni aspetti persino confliggenti tra loro.
Ciò può essere compreso, perché sta "dentro" una gara solidale a contribuire alla tutela ma in qualche modo rappresenta anche inevitabili sprechi di energie e di tempo.
A tal proposito abbiamo giorni or sono rivolto un appello al Coordinamento interregionale di Prevenzione delle Regioni, affinché siano assunte iniziative che limitino il più possibile questa situazione e diano un segnale forte e autorevole verso comportamenti e indicazioni più omogenee, pur nel rispetto delle possibili peculiarità locali.

- le difficoltà degli RLS
Questa emergenza (ma anche molto di ciò che prevede il Protocollo) ci conferma le difficoltà di implementazione, nel nostro Paese, del sistema di rappresentanza dei lavoratori per la salute e la sicurezza, previsto fin dal 1989 dalla direttiva europea 391 a completamento del sistema aziendale di prevenzione. Se, per garantire condizioni di sicurezza di fronte a situazioni lavorative di esposizione al rischio di contagio, i lavoratori hanno spesso dovuto ricorrere a minacce di sciopero e a metterlo direttamente in atto tramite le OO.SS. o agli interventi dei Servizi di prevenzione delle ASL, è anche perché non è stato recepito l'apporto degli RLS o perché gli RLS, semplicemente, spesso non ci sono.
Eppure, avrebbero un ruolo prezioso: si pensi al loro possibile apporto nell'informazione e nella comunicazione, cruciale rispetto all'adozione delle misure di prevenzione e di protezione anche nei riguardi del COVID-19. In una situazione di grave emergenza quale questa, la partecipazione dei lavoratori, attraverso il contributo di RLS competenti (perché adeguatamente formati) e coinvolti, sarebbe di grande utilità per il sistema di prevenzione delle imprese e, in generale, per la prevenzione collettiva.
Ma questo cardine delle misure di tutela previste dal D.Lgs 81/08, ancora in molti luoghi, in molte imprese, è finora solo un auspicio, e tarda ad essere recepito e concretizzato.
Non c'è forse tempo in questi giorni, ma tutti i soggetti interessati dovranno - appena possibile - affrontare con chiarezza e determinazione il problema, forse ripensando alcuni strumenti normativi e di concertazione attuali o anche lo stesso ruolo dei Servizi pubblici di prevenzione.
Su questo tema, SNOP ha sempre avuto attenzione e coltivato le relazioni con le OO.SS. necessarie a promuovere lo sviluppo ed il sostegno degli RLS, come di tutti gli strumenti disponibili alla prevenzione negli ambienti di lavoro.
Saremmo quindi ben lieti, appena possibile, e non solo in logica emergenziale, di riflettere con voi per una proposta di percorso (nel metodo e nel merito).

- la questione della sorveglianza sanitaria
Ribadendo il ruolo importante che la sorveglianza sanitaria ha all'interno delle misure di tutela della salute dei lavoratori, riteniamo, in particolare, che essa non vada in quanto tale sospesa ma che la modalità con cui viene garantita debba essere attualmente riconsiderata alla luce dell'emergenza, valutando l'opportunità di proseguirla con le dovute correzioni (solo le visite urgenti, adozione di strumenti alternativi e indiretti, monitoraggio di indicatori ...); concentrandosi sugli atti medici finalizzati alla tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori compatibili con le misure di distanziamento sociale prescritte per la popolazione generale.
Per i casi indifferibili (visita preventiva, su richiesta del lavoratore, in occasione del cambio di mansione, o al rientro dopo assenza del lavoro) saranno naturalmente necessarie tutte le misure e le cautele per la tutela della salute sia della persona sottoposta all'accertamento sia del medico competente o di altro personale sanitario coinvolto.
Non da oggi sosteniamo che la sorveglianza sanitaria dei lavoratori a rischio non si esaurisce con le "visite mediche" (v. anche la corretta definizione che ne dà il D.Lgs 81/08) e che per una parte di accertamenti sanitari non necessari o di non provata efficacia s'imponga, a maggior ragione oggi, un ripensamento. Dovendosi applicare le raccomandazioni di precauzione valide in questi giorni per tutte le visite mediche anche a quelle del medico competente, pensiamo che questa sia l'occasione per valorizzare le risorse professionali dei medici competenti nello sviluppare quegli strumenti alternativi che assicurino adeguati livelli di sorveglianza sanitaria quando siano inappropriate le visite mediche.

- un punto di chiarezza sulle misure e in particolare sui DPI
Una delle questioni delicate e più importanti anche dal punto di vista informativo - e che è stata finora insufficientemente curata - è proprio quella sull'uso corretto dei DPI; riguarda soprattutto la fattispecie "mascherine", quando tra l'altro non ci sono neppure sufficienti evidenze che la via respiratoria airborne sia quella preferenziale per la contaminazione: allo stato delle conoscenze, la via di trasmissione da uomo a uomo del Coronavirus SARS-CoV-2 avviene attraverso goccioline respiratorie ("droplets") o per contatto di superfici contaminate (specie le mani) con le mucose (occhi, naso, bocca).
Si aggiunga la rilevante criticità del concetto di "monouso", purtroppo soprattutto nella prima fase gestito, per quanto si è potuto spesso constatare, con grande approssimazione.
Su questi aspetti e sulla conseguente articolazione delle misure/procedure personali di cautela e protezione ci sembra che andrebbe approfondita e diffusa nei luoghi di lavoro una "linea guida” ragionevole, che non stravolga le indicazioni governative ma che le chiarisca un po' di più anche nelle motivazioni e nelle implicazioni e che contribuisca alla diffusione capillare ed alla sensibilizzazione circa le “buone pratiche comportamentali", tenendo conto delle diverse specificità dei differenti settori produttivi e lavorativi (nel mondo della sanità e dell'assistenza, nella filiera alimentare, nel trasporto pubblico.... ). Non bastano le mascherine chirurgiche: servono tutti i DPI specifici (occhiali, maschere pp2 e pp3, camici, calzari, visiere...) e occorre la massima applicazione delle procedure di sicurezza nell'utilizzo di tali dispositivi e nel rapporto interpersonale.
Quindi ne va garantita l'adeguata fornitura agli operatori esposti, invece che distribuirli - magari arbitrariamente - nella popolazione "normale", talora senza alcuna adeguata motivazione in base alle indicazioni condivise in sede scientifica.
Sono disponibili numerosi documenti di riferimento, di varia provenienza tecnico-scientifica, anche se sarebbe probabilmente opportuno un documento generale "utile per tutti", opportunamente condiviso, in un momento in cui la produzione sul tema è ovviamente tumultuosa e talora non univoca.
Per quanto riguarda alcune indicazioni generali per i luoghi di lavoro non sanitari, rimandiamo ad esempio ad un sintetico contributo, con indicazioni semplici e di base, presente nel nostro sito.

3) Il mondo del Lavoro oggi
Nel mondo del lavoro l'attuale emergenza da Covid 19 è arrivata innestandosi su progressivi mutamenti, a voi ben noti, che ponevano e pongono varie criticità anche in termini di tutela di salute e sicurezza dei lavoratori (la trasformazione dell'assetto produttivo, la frammentazione e atomizzazione delle imprese, la flessibilità e la precarietà, l'alternanza per molti di lavoro e non-lavoro, la variabilità dei mestieri, i diritti modificati e compressi, ecc.).
I problemi di salute dei cittadini (non solo lavoratori) richiederebbero risposte che il sistema sanitario, nonostante le molte capacità presenti, non è in grado di fornire adeguatamente, per problemi di assetto e organizzazione generali oltre che per la ristrettezza di risorse.
I confini tra lavoro, ambiente e vita sono sempre meno definibili: le connessioni tra queste e la salute sono sempre meno demarcabili e "separabili" e questa emergenza lo dimostra al di là delle nostre possibili previsioni. E' sempre più evidente l'esigenza, per il sistema pubblico di prevenzione e per i livelli istituzionali che ne indirizzano e coordinano l'azione, di mettere in atto effettivamente, diffusamente ed omogeneamente, la pianificazione nazionale e regionale, con approcci e collaborazioni intersettoriali, che invece non sono ancora presenti in molte situazioni geografiche.
Anche rispetto al mondo del lavoro, a maggior ragione in questa fase di emergenza, per l'intero sistema pubblico s'imporrebbe di pensare e agire non solo in termini di vigilanza e controllo, sviluppando sempre di più iniziative ed azioni di assistenza, informazione e comunicazione.

4) SNOP e i suoi rapporti storici con il Sindacato
I rapporti spesso collaborativi tra SNOP e OO.SS. risalgono a vari decenni, fin dai primi passi della nostra Associazione nei primi anni '80. Una storia quindi che parte da lontano, e che ha dato luogo spesso anche a iniziative di collaborazione, ovviamente non solo a livello nazionale ma anche nei territori.
Ricordiamo l'ultima esperienza nazionale comune di 4 anni fa, il Workshop presso la sede di Corso d'Italia del 19-20 febbraio 2015 "Attualità e prospettive della prevenzione nei luoghi di lavoro - Percorso di approfondimento e confronto" (che purtroppo non è stato seguito da ulteriori passaggi, come si era inizialmente auspicato nello stesso documento conclusivo).

5) Confronto e possibili collaborazioni
SNOP, per quanto ci è possibile, c'è e ci sarà, ritenendo di poter essere utili per quanto ci permettono le nostre forze e le nostre competenze ed esperienze, anche per seguire l'applicazione del vostro Protocollo.
L'attuale impreparazione da parte di molti, a tutti i livelli, a partire dalle imprese, rischia di accentuare la possibile esposizione al contagio di milioni di lavatori e lavoratrici e quindi delle loro famiglie e della cittadinanza in generale.
Crediamo si debba a breve decidere di fermare il più possibile il lavoro (sospendendo quindi tutte le attività non essenziali e non indispensabili alla sopravvivenza, la cui individuazione va però ben chiarita e definita), operando nel frattempo tutti (datori di lavoro, organizzazioni sindacali, istituzioni e strutture pubbliche, società scientifiche) per ripartire - quando si potrà - “con il piede giusto", sapendo peraltro che dovremo convivere a lungo - magari in fasi differenti ma sempre problematiche - con l'emergenza COVID-19 e quindi ripensando l'organizzazione del lavoro e i luoghi di lavoro, da quando un lavoratore vi entra a quando ne esce.
Questi giorni insegnano che il modello di società che sta avanzando da alcuni anni deve essere ripensato: in questa prospettiva i diritti fondamentali dei cittadini e dei lavoratori non possono più costituire una variabile in discussione e nella stessa logica la Sanità pubblica deve essere al centro del Sistema, quale grande e insostituibile risorsa del Paese, una Sanità in cui rivesta finalmente un ruolo più importante la prevenzione collettiva.

21 marzo 2020
 

Anna Maria Di Giammarco
Presidente S.N.O.P.

con Laura Bodini, Ettore Brunelli, Claudio Calabresi,
Roberto Calisti, Graziano Maranelli


Fonte: snop.it