Cassazione Penale, Sez. 4, 15 aprile 2020, n. 12158 - Folgorazione durante il lavaggio di un autocarro. Omessa salvaguardia dei lavoratori da contatti elettrici e nozione di luogo di lavoro


Presidente: DI SALVO EMANUELE Relatore: BELLINI UGO Data Udienza: 06/02/2020

 

 

 

Fatto

 

1. La Corte di Appello di Caltanisetta con sentenza pronunciata in data 17 Settembre 2018 confermava, in punto di responsabilità penale, la decisione del Tribunale di Caltanisetta che aveva riconosciuto G.F. colpevole del reato di omicidio colposo con inosservanza delle disposizioni antinfortunistiche ai danni del proprio dipendente F.P. il quale, nell'eseguire il lavaggio di un autocarro in uso all'azienda dell'imputato, era rimasto folgorato dal contatto con la idropulitrice utilizzata per il lavoro a causa di una scarica elettrica originata dall'adattatore della spina cui era collegato l'utensile.
In particolare all'imputato veniva contestato: di avere omesso di valutare i rischi cui erano esposti i lavoratori sul luogo di lavoro in relazione alle condizioni specifiche dei lavori da effettuare e i rischi dell'ambiente ove si trovavano ad operare, nonché le condizioni di esercizio dell'impianto e dell'attrezzatura elettrica e pertanto di avere omesso misure atte a salvaguardare i lavoratori da contatti elettrici; di non avere messo a disposizione dei lavoratori attrezzature, quali prese di corrente e prolunghe per impianto elettrico, conformi alla normativa e adeguate al lavoro da svolgere; di avere omesso una adeguata informazione e formazione dei lavoratori sui rischi per la salute e sicurezza sul lavoro, nonché sull'utilizzo delle attrezzature di lavoro.
2. Il giudice distrettuale nel confermare l'attendibilità del teste LB., anch'esso impegnato con l'infortunato F.P. nell'attività di pulizia degli autocarri in dotazione alla ditta del G.F., riconosceva che l'attività di pulizia e di lavaggio degli autocarri aziendali, realizzata dal dipendente unitamente al datore di lavoro in spazi adibiti a ricovero dei mezzi, fosse compresa nel rapporto di lavoro, trattandosi di prestazione non occasionale e sostanzialmente contemplata nello stesso contratto collettivo di lavoro, rilevando altresì che gli obblighi prevenzionali del datore di lavoro dovevano senz'altro estendersi a tale ambito lavorativo atteso che la pulizia dei mezzi era eseguita anche attraverso l'impiego di utensili elettrici collegati ad una presa. Di talché risultava disatteso l'obbligo della valutazione globale degli specifici rischi elettrici cui erano sottoposti i dipendenti e quello della somministrazione di una adeguata formazione e informazione sui rischi connessi a tale tipo di operazioni e all'impiego di strumenti di lavoro collegati ad una presa elettrica.
3. Quanto al contrasto maturato in seno al contraddittorio tecnico sulla natura del contatto, diretto o indiretto, del lavoratore con la fonte di conduzione elettrica, la (corte di appello riteneva che, pure a riconoscere la opinabile prospettazione difensiva, secondo cui l'innesco di conduzione elettrica realizzatasi nella specie non era dominabile attraverso la predisposizione di alcuna precauzione tecnica di isolamento o di messa in terra, il pericolo andava affrontato in via preventiva, mediante una adeguata valutazione del rischio connesso all'attività lavorativa da eseguirsi e all'ambiente di lavoro, così da disporsi differenti modalità di lavaggio, assicurando in maniera diversa il collegamento della idropulitrice alla rete elettrica o ricorrendo a ditte specializzate esterne, qualora si fosse constatato che ivi non era possibile procedervi in sicurezza. Poiché il corto circuito era dipeso dal gocciolamento dalla gronda del gruppo presa adattatore ivi collocato, il pericolo derivante dalla conduzione elettrica doveva ritenersi prevedibile in quelle condizioni di luogo e di tempo e andava radicalmente evitato e comunque correttamente apprezzato, a fini preventivi, nel documento di valutazione dei rischi sul lavoro e portato a conoscenza del personale dipendente in adempimento degli obblighi datoriali.
4. Quanto al trattamento sanzionatorio. escludeva un intervento mitigatorio in ragione delle modalità altamente imprudenti della condotta del datore di lavoro e in ragione della violazione di plurime normative con finalità cautelari, confermando sul punto il bilanciamento tra circostanze di segno opposto eseguito dal primo giudice.
5. Avverso la pronuncia ha proposto impugnazione la difesa dell'imputato, proponendo due motivi di ricorso.
Con un primo motivo, deduce violazione di legge in relazione alla ritenuta inosservanza della normativa antinfortunistica.
Assume che l'attività che il dipendente F.P. stava eseguendo prima di incorrere nell'infortunio era estranea all'ambito lavorativo e in particolare alle mansioni che gli erano assegnate, richiamando testualmente una serie di contributi dichiarativi testimoniali ed assumendo come il lavaggio degli automezzi fosse attività del tutto estemporanea ed occasionale, tantoché l'area adibita a sosta dei mezzi era priva di collegamenti elettrici e di risorse idriche per il lavaggio e anche il ricorso alla collaborazione dell'utilizzatore dell'Immobile finitimo, che aveva consentito l'allaccio ad una propria conduttura di corrente, era stato del tutto occasionale. Tali emergenze escludevano la rimproverabilità al G.F. della mancata valutazione del rischio elettrico, quale rischio cui erano esposti i lavoratori.
5.1 Sotto diverso profilo, rappresentava la riconducibilità a caso fortuito dell'infortunio il quale non avrebbe potuto essere preveduto ed evitato anche mediante l'impiego della migliore tecnica nella adozione di strumenti antinfortunistici e di migliore valutazione dei rischi, laddove era dipeso da fatto casuale e imponderabile, quale lo sgocciolamento di acqua piovana sull'adattatore collegato alla spina al quale era collegato l'utensile utilizzato dal lavoratore.
Invero, riportando passi del contributo dichiarativo del consulente tecnico di parte, evidenziava che, in ragione della causa di innesco del corto circuito all'interno dell'adattatore colpito dall'acqua, neppure un sistema di messa in terra ovvero l'utilizzo di dispositivi automatici e differenziali sarebbe valso a scongiurare la folgorazione del lavoratore che maneggiava l'utensile, in quanto la conduzione di elettricità mediante la idropulitrice era ascrivibile ad un contatto diretto e non scongiurabile da meccanismi di interruzione o di mediazione della tensione innescata.
6. Con ulteriore articolazione, lamenta violazione di legge in relazione agli art.133 e 62 bis. cod. pen. in punto di determinazione della pena, in ragione della mancata determinazione del trattamento sanzionatorio nel minimo edittale e delle ragioni del sensibile discostamento dallo stesso e del mancato giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche in ragione del comportamento processuale, dello stato di incensuratezza e del tentativo di attenuare le conseguenze lesive del fatto.
7. Hanno depositato memorie difensive le difese delle parti civili M.M.R. e F.P. e INAIL chiedendo pronuncia di inammissibilità o di rigetto del ricorso dell'imputato.
 

 

Diritto

 


l. La prima censura si presenta assolutamente infondata nella parte in cui deduce travisamento della prova o comunque vizio logico-giuridico della motivazione laddove la sentenza impugnata riconosce la riconducibilita della prestazione del F.P. all'ambito lavorativo e non già a volontaria e disinteressata iniziativa di questi, realizzata con mezzi propri e al di fuori di specifico incarico del datore di lavoro.
Sul punto va osservato che in tema di vizio motivazionale, compito del giudice di legittimità, allo stato della normativa vigente, è quello di accertare (oltre che la presenza fisica della motivazione) la coerenza logica delle argomentazioni poste dal giudice di merito a sostegno della propria decisione, non già quello di stabilire se la stessa proponga la migliore ricostruzione dei fatti. Neppure il giudice di legittimità è tenuto a condividerne la giustificazione, dovendo invece egli limitarsi a verificare se questa sia coerente con una valutazione di logicità giuridica della fattispecie nell'ambito di una adeguata opinabilità di apprezzamento; ciò in quanto l'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), non consente alla Corte di Cassazione una diversa lettura dei dati processuali o una diversa interpretazione delle prove, essendo estraneo al giudizio di legittimità il controllo sulla correttezza della motivazione in rapporto ai dati processuali (ex pluribus: Cass. n. 12496/99, sez.IV, 2.12.03 n. 4842, Elia, Rv. 229369). Non può integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più corretta valutazione delle risultanze processuali. È stato affermato, in particolare, che la illogicità della motivazione, censurabile a norma del citato art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), è quella evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile "ictu oculi", dovendo il sindacato demandato alla Corte di Cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l'esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata (Cass. SU n. 47289/03 Rv 226074).
Detti principi sono stati ribaditi anche dopo le modifiche apportate all'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e dalla L. n. 46 del 2006, che ha introdotto il riferimento ad "altri atti del processo", ed ha quindi, ampliato il perimetro d'intervento del giudizio di cassazione, in precedenza circoscritto "al testo del provvedimento impugnato". La nuova previsione legislativa, invero, non ha mutato la natura del giudizio di cassazione, che rimane comunque un giudizio di legittimità, nel senso che il controllo rimesso alla Corte di cassazione sui vizi di motivazione riguarda sempre la tenuta logica e la coerenza strutturale della decisione. Precisazione, quella appena svolta, necessaria, avendo il ricorrente denunciato, con il primo motivo di ricorso, anche il vizio di travisamento della prova per non essere stati considerati una serie di apporti dichiarativi, ampiamente ripresi e valorizzati nell'ambito del ricorso, volti a escludere la riconducibilità della prestazione lavorativa all'ambiente e al rapporto di lavoro subordinato.
2. Così come sembra opportuno precisare che il travisamento, per assumere rilievo nella sede di legittimità, deve, da un lato, immediatamente emergere dall'obiettivo e semplice esame dell'atto, specificamente indicato, dal quale deve trarsi, in maniera certa ed evidente, che il giudice del merito ha travisato una prova acquisita al processo, ovvero ha omesso di considerare circostanze risultanti dagli atti espressamente indicati; dall'altro, esso deve riguardare una prova decisiva, nel senso che l'atto indicato, qualunque ne sia la natura, deve avere un contenuto da solo idoneo a porre in discussione la congruenza logica delle conclusioni cui è pervenuto il giudice di merito.
3. Orbene, alla stregua di tali principi, deve prendersi atto del fatto che la sentenza impugnata non presenta il travisamento o l'omissione motivazionale dedotta dal ricorrente, atteso che la valutazione articolata dai giudici di merito, sulla base degli elementi probatori acquisiti, rende ampio conto delle ragioni che hanno indotto gli stessi giudici a riconoscere la operatività degli obblighi programmatici, prevenzionali e informativi posti in capo al datore di lavoro, rappresentando come la prestazione del F.P. sia intervenuta all'interno del piazzale recintato ove il datore di lavoro riponeva gli automezzi, alla presenza del datore di lavoro che sovraintendeva alle operazioni di lavaggio, partecipando alle stesse, mediante l'impiego di un collegamento elettrico fornito da proprietà limitrofa e avendo cura di precisare che la stessa disciplina del contratto collettivo di lavoro di riferimento prevedeva che i dipendenti di aziende private di autotrasporto procedessero a interventi di piccola manutenzione meccanica e di pulizia dei mezzi aziendali impiegati.
3.1 Le censure proposte dalla difesa sul punto finiscono sostanzialmente per riproporre, anche con il richiamo e la allegazione dei motivi di appello, argomenti già esposti in quella sede, che tuttavia risultano ampiamente vagliati e correttamente disattesi dalla Corte territoriale, anche in relazione alla attendibilità del teste oculare LB., anch'esso dipendente del G.F. che aveva partecipato alle operazioni di lavaggio, descrivendo tutte le fasi delle operazioni e il ruolo rivestito dal G.F. in detta attività, ovvero per sollecitare una rivisitazione meramente fattuale delle risultanze processuali, fondata su una valutazione alternativa delle fonti di prova, in tal modo richiedendo uno scrutinio improponibile in questa sede.
3.2 Sul punto vale la pena richiamare la giurisprudenza pacificamente formatasi in relazione alla individuazione del luogo di lavoro ove vigono gli obblighi prevenzionistici dettati dalla disciplina di cui al D.Lgs. n.81/2008 secondo cui nella nozione di "luogo di lavoro" rientra ogni luogo in cui viene svolta o gestita una qualsiasi attività implicante prestazioni di lavoro, indipendentemente dalle finalità - sportive, ludiche, artistiche, di addestramento o altro - della struttura in cui essa si svolge e dell'accesso ad essa da parte di terzi estranei all'attività lavorativa (sez. IV, 3.2.2005 n.12223, Delmastro e altri, Rv.266385; sez.F. 27.8.2019, Giorni Pietro, Rv.277292 -01), quale certamente era quello in cui era stato chiamato il F.P. a lavare il mezzo di lavoro su richiesta del datore di lavoro, alla presenza di queste all'interno di spazi aziendali e in collaborazione con altro dipendente.
4. Parimenti infondata è la censura con la quale si assume la ineluttabilità dell'infortunio del F.P. per caso fortuito, in quanto la folgorazione del F.P. sarebbe dipesa da un contatto diretto con la fonte di conduzione elettrica.
4.1 Una volta accertata la ricorrenza dell'obbligo in capo al datore di lavoro di organizzare la prestazione di lavoro previa individuazione dei rischi specifici di questa, risulta del tutto irrilevante ragionare in termini di conduzione diretta o indiretta della scarica elettrica, laddove lo svolgimento della prestazione lavorativa doveva essere preceduta da una accurata analisi dei rischi connessi all'impiego di un collegamento elettrico volante (art.2 comma 1, lett.q in relazione all'art.80 comma 2 del D.Lgs. n.81/2008), allacciato ad una utenza elettrica non nella disponibilità dell'azienda datrice di lavoro e comunque non a norma, con strumenti non sottoposti a vaglio di affidabilità e sicurezza (idropulitrice, prolunga, adattatore), collocati all'esterno e in diretto contatto con fonti di sgocciolamento piovano (grondaia) o di schizzi provenienti dall'utensile utilizzato. La inosservanza di tali disposizioni normative rendeva altamente probabile la concretizzazione del rischio di una folgorazione del lavoratore impegnato con la idro-pulitrice, in ragione del mancato adempimento da parte del G.F. agli obblighi organizzativi previsionali, informativi ed esecutivi sullo stesso gravanti nella messa a disposizione di adeguati strumenti di lavoro collegati ad utenza elettrica.
5. Infondato è altresì il motivo di ricorso concernente la misura del trattamento sanzionatorio e il giudizio di valenza tra circostanze di segno opposto.
Invero i giudici di merito hanno modulato il trattamento sanzionatorio del ricorrente in termini edittali più prossimi al minimo che alla media edittale ed hanno correttamente escluso un giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche, dando rilievo al peso delle circostanze aggravanti riconosciute, che connotano di rilevante antidoverosità il fatto reato e di particolare offensività la condotta criminosa, tenuto conto della violazione di plurime disposizioni antinfortunistiche e delle concrete modalità dell'infortunio che denotano una gravissima imprudenza da parte del G.F., pure presente ai fatti e partecipe alla prestazione di lavoro.
Va poi rilevato chetai fini dell'assolvimento dell'obbligo della motivazione in ordine al giudizio di valenza tra circostanze, come più volte ribadito da questa Corte, non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (così Sez. 3, n. 23055 del 23.4.2013, Banic e altro, Rv. 256172).
6.1 L'obbligo motivazionale è dunque assolto laddove questa Corte di legittimità ha più volte precisato che la determinazione della pena tra il minimo ed il massimo edittale rientra tra i poteri discrezionali del giudice di merito ed è insindacabile nei casi in cui la pena sia applicata in misura media e, ancor più, se prossima al minimo, anche nel caso in cui il giudicante si sia limitato a richiamare criteri di adeguatezza, di equità e simili, nei quali sono impliciti gli elementi di cui all'art. 133 cod. pen. (così Sez. 4, n. 21294, Serratore, rv. 256197; conf. Sez. 2, n. 28852 dell'8.5.2013, Taurasi e altro, rv. 256464; sez. 3, n. 10095 del 10.1.2013, Monterosso, rv. 255153), potendo altrimenti essere sufficienti a dare conto dell'impiego dei criteri di cui all'art. 133 cod. pen. le espressioni del tipo: "pena congrua", "pena equa" o "congruo aumento", come pure il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere (così Sez. 2, n. 36245 del 26.6.2009, Denaro, rv. 245596).
7. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità sostenute dalla parte civile INAIL, che liquida come da dispositivo.
 

 

P.Q.M.

 


Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese di giudizio sostenute dalla parte civile INAIL, che si liquidano in euro 3.000, oltre agli accessori di legge.
Così deciso in Roma il 6 Febbraio 2020