Categoria: Cassazione civile
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Cassazione Civile, Sez. Lav., 24 aprile 2020, n. 8164 - Domanda per il riconoscimento della responsabilità da infortunio e della risarcibilità. Rigetto


 

 

 

Presidente: RAIMONDI GUIDO Relatore: DE MARINIS NICOLA Data pubblicazione: 24/04/2020

 

 

 

Ritenuto

 

- che, con sentenza del 10 giugno 2016, la Corte d'Appello di Roma, chiamata a pronunziarsi sul gravame avverso la decisione resa dal Tribunale di Frosinone sulla domanda proposta da R.I. nei confronti di RFI-Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. e dell'INAIL, avente ad oggetto il riconoscimento della responsabilità della Società datrice in relazione all'infortunio sul lavoro occorso all'R.I. in data 31.7.2002 e della risarcibilità del danno a carico dell'Istituto e della stessa Società, in parziale riforma della predetta decisione, condannava, all'esito dell'espletata CTU, l'INAIL alla corresponsione dell'indennizzo per la malattia professionale nella misura del 36% e coefficiente 0,7 della fascia B, mentre confermava il rigetto della domanda proposta nei confronti di RFI S.p.A. per averla ritenuta al pari del primo giudice preclusa per effetto dell'intervenuta transazione sindacale non impugnata con la quale l'R.I., a fronte del pagamento di euro 17.000,00 oltre il TFR, aveva rinunciato a far valere anche il diritto al risarcimento dei danni a qualsiasi titolo subiti;
- che per la cassazione di tale decisione ricorre l'R.I., affidando l'impugnazione ad un unico motivo, cui resiste, con controricorso, RFI S.p.A., la sola ad essere stata chiamata nel presente giudizio di legittimità, e correttamente, stante la natura dell'impugnazione avente ad oggetto la statuizione resa dalla sentenza gravata in ordine, non alla sussistenza di un danno differenziale a carico della Società ed alla determinazione della sua entità, che avrebbe comportato la necessità dell'integrazione del contraddittorio con l'INAIL ma l'intervenuta rinuncia al medesimo;
che il ricorrente ha poi depositato memoria;
 

 

Considerato


che, con l'unico motivo, il ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. dal 1362 al 1371 c.c., in relazione agli artt. 410, 411 c.p.c., 1965 e 2113 c.c. in una con il vizio di motivazione, lamenta a carico della Corte territoriale il malgoverno delle regole sull'interpretazione dei contratti, assumendo l'irrilevanza, ai fini dell'indagine sulla comune volontà delle parti, qualificato come meramente sussidiario rispetto al criterio letterale di cui all'art. 1362 c.c.; che il motivo suesposto deve ritenersi palesemente infondato, non potendosi qualificare come meramente sussidiario il criterio del comportamento successivo delle parti alla stregua del disposto di cui all'art. 1362 c.c. che, nel definire l'attività interpretativa come volta alla ricerca della comune intenzione delle parti, al suo secondo comma inequivocabilmente qualifica il predetto criterio come concorrente con quello relativo al senso letterale delle parole, il che vale a ritenere la conformità a diritto e la congruità logica dell'interpretazione che, tenendo conto di entrambi i richiamati criteri, ha indotto la Corte territoriale a ritenere con riferimento all'espressione contenuta nell'atto transattivo, alla rinuncia al risarcimento del danno a qualunque titolo subiti, la manifestazione di una volontà abdicativa del risarcimento conseguente all'infortunio sul lavoro subito;
- che, pertanto, il ricorso va rigettato;
- che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo;
 

 

P.Q.M.
 

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 7.500,00 per compensi oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge
Ai sensi dell'art. 13, co. 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell'adunanza camerale del 28 gennaio 2020.