Categoria: Cassazione penale
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  • Datore di Lavoro

Responsabilità del legale rappresentante di una ditta esercente attività di lavorazione del legno per non aver messo a disposizione dei lavoratori tanti servizi doccia quanti erano i dipendenti stessi, secondo i requisiti del D.P.R. n. 303 del 1956, art. 37.

Ricorre in Cassazione - La Corte afferma che: "Il ricorso non si appalesa manifestamente infondato; in particolare per quanto attiene alla interpretazione data dal decidente al dettato del D.P.R. n. 303 del 1956, art. 37*, che sembra contraria alla stessa lettura della norma, la stessa non disponendo che il numero delle docce deve essere perfettamente in corrispondenza al numero dei lavoratori dipendenti della azienda.
Peraltro, le emergenze della istruttoria dibattimentale, per come richiamate dal Tribunale, hanno permesso di rilevare che gli stessi lavoratori non hanno mai volontariamente utilizzato le dette docce, visto che preferivano servirsi dei servizi igienici delle proprie abitazioni, poste a poca distanza dal posto di lavoro. La non manifesta infondatezza della impugnazione permette di vagliare la sussistenza o meno di cause di non punibilità, ex art. 129 c.p.p.: nella specie, rilevasi che il reato risulta commesso in data (OMISSIS), per cui il relativo termine di prescrizione è da considerarsi maturato in data 21/12/08.

Ne consegue che la contravvenzione ascritta al prevenuto va dichiarata estinta per prescrizione."

*Vd. oggi D.Lgs. 81/2008, Allegato IV, punto 1,13,2.1.


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUPO Ernesto - Presidente -
Dott. CORDOVA Agostino - Consigliere -
Dott. LOMBARDI Alfredo Maria - Consigliere -
Dott. SENSINI Maria Silvia - Consigliere -
Dott. GAZZARA Santi - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
C.S., nato a (OMISSIS);
Avverso la sentenza resa dal Tribunale di Rovigo il 21/10/08;
Visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
Udita la relazione svolta in udienza dal Consigliere Dott. GAZZARA Santi;
Udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott. SALZANO Francesco, il quale ha concluso per l'annullamento senza rinvio per prescrizione;
Udito il difensore del ricorrente, avv. Dionesalvi Salvatore, il quale ha concluso insistendo nella eccezione di prescrizione del reato.
Osserva:

Fatto

Il Tribunale di Rovigo, con sentenza del 21/10/08, ha ritenuto colpevole C.S. del reato di cui all'art. 37, come sanzionato D.P.R. n. 303 del 1956, ex art. 58, lett. b), perchè quale legale rappresentante della "Catozzo Abramo e figli", con sede in (OMISSIS), esercente attività di lavorazione del legno, non metteva a disposizione dei lavoratori dipendenti un numero di docce, secondo i requisiti di legge.
Per l'effetto ha condannato il prevenuto alla pena dell'ammenda di Euro 400,00.

Propone ricorso per cassazione il C. personalmente, censurando la sentenza perchè erroneamente argomentata in ordine all'obbligo del datore di lavoro di predisporre tanti servizi doccia in corrispondenza del numero di lavoratori, evidenziando, peraltro che il prevenuto aveva sempre ottemperato all'obbligo di fornire alle maestranze ogni servizio adeguato, per il soddisfacimento delle loro necessità in materia di igiene;
- peraltro le due docce, a servizio dei dipendenti, non venivano mai dagli stessi usufruite, in quanto tutti, residenti in zona limitrofa alla azienda, non avvertivano il bisogno di utilizzare quel servizio sul luogo di lavoro;
- erronea quantificazione della pena, determinata immotivatamente in misura superiore al minimo edittale, considerando che la violazione contestata appare esclusivamente formale, essendo pacificamente accertato che di fatto nessuno ha mai usato le docce de quibus.
 
Diritto

Il ricorso non si appalesa manifestamente infondato; in particolare per quanto attiene alla interpretazione data dal decidente al dettato del D.P.R. n. 303 del 1956, art. 37, che sembra contraria alla stessa lettura della norma, la stessa non disponendo che il numero delle docce deve essere perfettamente in corrispondenza al numero dei lavoratori dipendenti della azienda.
Peraltro, le emergenze della istruttoria dibattimentale, per come richiamate dal Tribunale, hanno permesso di rilevare che gli stessi lavoratori non hanno mai volontariamente utilizzato le dette docce, visto che preferivano servirsi dei servizi igienici delle proprie abitazioni, poste a poca distanza dal posto di lavoro.
La non manifesta infondatezza della impugnazione permette di vagliare la sussistenza o meno di cause di non punibilità, ex art. 129 c.p.p.: nella specie, rilevasi che il reato risulta commesso in data (OMISSIS), per cui il relativo termine di prescrizione è da considerarsi maturato in data 21/12/08.
Ne consegue che la contravvenzione ascritta al prevenuto va dichiarata estinta per prescrizione.

P.Q.M.
 
La Corte Suprema di Cassazione annulla la sentenza impugnata senza rinvio per essere il reato estinto per prescrizione.
Così deciso in Roma, il 28 maggio 2009.
Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2009