Cassazione Penale, Sez. 4, 09 ottobre 2020, n. 28164 - Lavoratori sottoposti a condizioni di sfruttamento


 

Presidente: CIAMPI FRANCESCO MARIA Relatore: BRUNO MARIAROSARIA
Data Udienza: 24/09/2020

 

Fatto
 

1. Con ordinanza resa in data 30/1/2020, il Tribunale di Reggio Calabria, decidendo in sede di riesame, ai sensi dell'art. 309 cod. proc. pen., ha confermato il provvedimento impositivo della misura degli arresti domiciliari, adottato dal G.i.p. del Tribunale di Palmi in data 20/12/2019, nei confronti di V.D., per il reato di cui all'art. 603-bis, comma 1, n. 2) e comma 4, cod. pen.
Il V.D. ha impugnato, a mezzo di difensore, la predetta ordinanza, deducendo in sintesi, giusta il disposto di cui all'art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., quanto segue.
I) Violazione di legge e inosservanza delle norme processuali in relazione agli artt. 273 e 192 cod. proc. pen., 41 e 603-bis, comma 1, n. 2 cod. pen.
La motivazione del provvedimento impugnato, lamenta il difensore, non solo sarebbe carente, ma sarebbe anche affetta da gravi incongruenze logiche. La contraddittorietà si coglierebbe mettendo a confronto la parte ricostruttiva dei fatti oggetto di esame e la parte valutativa, riguardante la loro conducenza ai fini della dimostrazione della valenza gravemente indiziaria.
Il provvedimento impugnato non fornirebbe una chiara giustificazione dell'assunto secondo cui il V.D. sarebbe stato consapevole di impiegare dei lavoratori sottoposti a condizioni di sfruttamento.
Gli accertamenti effettuati sui contatti telefonici dei braccianti con i caporali, servizi di osservazione che hanno cristallizzato il dato del trasporto dei lavoratori sui campi e le stesse informazioni rese dai lavoratori al personale di Polizia dimostrerebbero una condizione di assoggettamento e di sfruttamento riconducibile esclusivamente all'attività esercitata dai caporali. Nessun elemento supporterebbe la tesi che il V.D. fosse a conoscenza di tale situazione, soprattutto in ragione del fatto che il ricorrente ha esibito documentazione (buste paga, distinte di bonifici) dimostrativa dell'esistenza di un rapporto di lavoro regolare con i braccianti.
L'affermazione contenuta nella ordinanza, secondo cui la sottoscrizione della predetta documentazione non escluderebbe violazioni da parte del datore di lavoro, sarebbe del tutto assertiva.
Assai scarna risulterebbe l'analisi del profilo riguardante la conoscenza, in capo all'odierno ricorrente, dei rapporti esistenti tra gli operai ed i presunti caporali. In ordine a tale aspetto l'ordinanza si limita, in modo insufficiente, ad osservare l'assenza di contatti telefonici tra i braccianti ed il datore di lavoro e a valorizzare i numerosi contatti tra i primi ed il "caporale".
II) Violazione di legge e inosservanza delle norme processuali in relazione agli artt. 292 e 275 cod. proc. pen.
I giudici di merito si sarebbe limitati a recepire il contenuto della richiesta di misura cautelare, senza esplicitare le ragioni per le quali abbiano deciso di incidere sulla libertà personale del ricorrente.
Mancherebbe ogni valutazione in ordine all'adeguatezza della misura cautelare applicata al prevenuto rispetto alle esigenze cautelari ritenute sussistenti.
Il provvedimento impugnato afferma apoditticamente che le esigenze cautelari sarebbero sussistenti in relazione al pericolo di recidiva, desumibile dalle specifiche modalità e circostanze del fatto, dalla negativa personalità dell'indagato, dai comportamenti osservati nel corso delle indagini.
Il carattere dell'attualità del pericolo non sarebbe in alcun modo esplicitato in termini precisi. Il Tribunale si limita ad affermare, in modo inadeguato, che il mero decorso di circa un anno, dal momento in cui sarebbe stato realizzato il delitto, non vale ad escludere l'attualità del pericolo di recidiva.
Sarebbe anche assente ogni valutazione sulla proporzionalità della misura adottata, tenuto conto dell'assoluta incensuratezza dell'indagato e della mancanza di accertati collegamenti con contesti di criminalità organizzata.





Diritto
 



1. I motivi dedotti in ricorso sono infondati, pertanto il ricorso deve essere rigettato.
2. E' opportuno evidenziare che, in tema di misure cautelari personali, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, il vizio di motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte di cassazione spetti solo il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità ed ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l'abbiano indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell'indagato e di controllare la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica ed ai principi di diritto che governano l'apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, P.M. in proc. Tìana, Rv. 25546001).
Va inoltre precisato che, dal punto di vista indiziario, nella fase cautelare è sufficiente il requisito della sola gravità (articolo 273, comma 1, cod. proc. pen.), giacché il comma 1 bis del citato art. 273 (introdotto, appunto, dalla suddetta legge) richiama espressamente i soli commi 3 e 4, ma non il comma 2 dell'articolo 192 cod. proc. pen., che prescrive la precisione e la concordanza accanto alla gravità degli indizi: ne deriva che gli indizi, ai fini delle misure cautelari, non debbano essere valutati secondo gli stessi criteri richiesti per il giudizio di merito dall'articolo 192, comma 2, cod. proc. pen., e cioè congiuntamente ai requisiti della gravità, della precisione e della concordanza (Sez. 4, n. 6660 del 24/01/2017, Pugiotto, Rv. 269179; Sez. 4, n. 37878 del 06/07/2007, Cuccaro, Rv. 237475).
3. Fatta questa premessa, occorre rilevare come l'ordinanza impugnata manifesti di avere seguito un adeguato percorso logico-argomentativo, avendo dato conto in maniera compiuta degli elementi risultanti a carico del ricorrente. A tale riguardo, gli aspetti messi in rilievo dalla difesa nel primo motivo di ricorso rappresentano solo una parte del più ampio discorso giustificativo espresso nella motivazione, che, riguardata nella sua interezza, offre un sufficiente quadro della gravità indiziaria da cui risulta attinto il ricorrente.
Nella ordinanza impugnata i passaggi meramente descrittivi del contesto nel quale è maturata la vicenda sono accompagnati da conferenti valutazioni in ordine al coinvolgimento del V.D.. Dopo il riepilogo delle risultanze investigative - nel corso delle quali si è accertato che numerosi lavoratori erano ripetutamente reclutati da Y.K. per essere accompagnati nei locali dell'azienda agricola del ricorrente - il Tribunale ha messo in rilievo che il V.D. era sempre presente allorquando i lavoratori giungevano nella sua azienda unitamente allo Y.K.. Ha poi evidenziato che i braccianti al servizio del ricorrente intrattenevano unicamente rapporti con Y.K. e che quest'ultimo risultava avere numerosi contatti telefonici con il V.D.. Da tali elementi si è ragionevolmente desunto che il ricorrente non potesse essere inconsapevole dell'attività di intermediazione svolta dallo Y.K. in suo favore.
Quanto alla condizione di sfruttamento, la stessa risulta adeguatamente descritta nel provvedimento impugnato attraverso il richiamo alle condizioni di lavoro e retributive degli operai, alla violazione delle norme in materia di sicurezza e igiene sul lavoro, accertate attraverso l'acquisizione di sommarie informazioni dai lavoratori e attraverso la diretta constatazione degli operanti.
Risultano quindi non condivisibili le argomentazioni critiche espresse dalla difesa nel primo motivo di ricorso.
4. Sotto il profilo delle esigenze cautelari va osservato come la motivazione dell'ordinanza impugnata soddisfi, quanto agli aspetti motivazionali, i criteri imposti dalla disciplina che regola la materia, come innovata dalla legge n. 47 del 2015.
In tema di misure cautelari personali, ai fini delle esigenze cautelari di cui all'articolo 274, comma 1, lettera c), cod. proc. pen., il requisito della "concretezza" riguarda l'indicazione di elementi non meramente congetturali sulla base dei quali si possibile affermare che l'imputato, verificandosi l'occasione, possa facilmente commettere reati che offendano lo stesso bene giuridico di quello per cui si procede, mentre il requisito della "attualità" sussiste in relazione alla riconosciuta esistenza di potenziali occasioni prossime favorevoli alla commissione di nuovi reati (Sez. 2, n. 47905 del 13/10/2016, Campo).
L'analisi delle circostanze del fatto e della personalità dell'indagato hanno ispirato considerazioni logiche e coerenti rispetto al pericolo di recidivanza che la misura adottata tende a scongiurare. Si legge in motivazione che il ricorrente, sulla base di quanto accertato, essendo spinto da logiche di profitto, le quali sono evidentemente collegate al proseguimento dall'attività aziendale, è soggetto per il quale si profila un elevato rischio di ricaduta nel reato.
Quanto all'aspetto dell'attualità, il Tribunale, con motivazione non censurabile in questa sede - in quanto non manifestamente illogica o contraddittoria - ha rimarcato come le condotte delittuose contestate, risalenti a poco più di un anno fa, non possano considerarsi al tal punto remote da indurre a ritenere scemate le esigenze cautelari. Tale affermazione, ove coniugata anche con le altre considerazioni espresse in punto di esigenze cautelari, non si è risolta in una vuota formula di stile.
Analoghe considerazioni devono svolgersi in relazione al profilo della proporzionalità e adeguatezza della misura, aspetto non trascurato nella motivazione della ordinanza, in cui si legge che la misura degli arresti domiciliari è "proporzionata alla gravità dei fatti, occorrendo allontanare il V.D. dall'ambiente criminale all'interno del quale sono maturati i fatti di interesse, recidendo ogni collegamento con i caporali dei quali si avvaleva per l'illecito reclutamento".
L'ordinanza impugnata ha fatto quindi buon governo dei principi richiamati, sviluppando un iter argomentativo conciso, ma adeguato e puntuale, privo di aporie logiche, che riflette gli indirizzi di questa Corte in ordine ai requisiti motivazionali in materia di esigenze cautelari.
5. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.





P.Q.M.




Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
In Roma, così deciso il 24 settembre 2020