Cassazione Penale, Sez. 4, 16 ottobre 2020, n. 28728 - Lavori sul tetto e caduta dall'alto. Mancata verifica dell'idoneità dell'impresa appaltatrice: non basta certo controllare l'iscrizione nel registro delle imprese


 

Presidente: DOVERE SALVATORE
Relatore: PICARDI FRANCESCA
Data Udienza: 22/09/2020

 

Fatto
 

1. La Corte di Appello di Venezia, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato non doversi procedere per intervenuta prescrizione relativamente al reato di cui agli artt. 90, comma 9, lett. a), e 157, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 81 del 2008 (capo b) ed ha, invece, confermato la condanna nei confronti di G.O. per il reato di cui all'art. 590, commi 1 e 2, cod.pen., riducendo la pena, in conseguenza della dichiarata estinzione della contravvenzione, a mesi 7 di reclusione, con sospensione condizionale subordinata al pagamento della provvisionale di euro 120.000,00 a favore delle parti civili (capo a), per avere in data 6 ottobre 2012, nella qualità di committente, cagionato lesioni personali a M.P., caduto dal tetto del capannone di sua proprietà, oggetto di interventi di manutenzione, ove era salito senza alcuna precauzione, con colpa consistente nell'aver commissionato l'incarico di riparazione senza alcuna verifica della idoneità tecnico professionale dell'impresa appaltatrice di J.M., di cui pure è stata accertata la penale responsabilità).
2. Avverso tale sentenza ha tempestivamente proposto ricorso per cassazione, a mezzo del proprio difensore, l'imputato G.O. che ha dedotto: 1) la mancanza di motivazione in ordine alla sollevata questione di legittimità costituzionale dell'art. 165 cod.pen. 1 per violazione dell'art. 3 Cost., nella parte in cui consente di subordinare la sospensione condizionale della pena al pagamento della somma liquidata a titolo di risarcimento del danno o di provvisionale, in questo modo realizzando una disparità di trattamento tra soggetti che dispongono di somme liquide e soggetti che non ne dispongono;
2) l'erronea applicazione della legge penale, avendo la Corte veneta omesso di valutare che il ricorrente ha controllato l'iscrizione alla Camera di commercio dell'imprenditore incaricato; 3) l'omessa motivazione in ordine alla capacità economica del ricorrente e alla possibilità concreta, da parte sua, di sopportare l'onere del risarcimento del danno, cui è subordinata la provvisionale.
3. Le parti civili hanno depositato in data 1° aprile 2020 memoria in cui hanno chiesto rigettarsi il ricorso e successivamente le loro conclusioni scritte.
 

Diritto

1. Il ricorso non può essere accolto.
2. Il primo ed il terzo motivo, concernenti la subordinazione della sospensione condizionale della pena detentiva al pagamento della provvisionale, possono essere esaminati congiuntamente.
In primo luogo va ricordato che la Corte costituzionale ha già dichiarato non fondata, con la sentenza n. 49 del 1975, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 165 cod.pen., nella parte in cui consente al giudice di subordinare la sospensione condizionale della pena al risarcimento del danno, osservando che la facoltà del giudice di concedere il beneficio de quo subordinatamente all'effettiva riparazione del danno cagionato dal reato non contrasta con l'art. 3 Cost., poiché risponde ad una apprezzabile esigenza di politica legislativa tendente ad eliminare le conseguenze dannose degli illeciti penali ed a garantire che il comportamento del reo, dopo la condanna, si adegui a quel processo di ravvedimento che costituisce lo scopo precipuo dell'istituto stesso della sospensione condizionale della pena. La Consulta ha, peraltro, precisato che l'art. 165 cod.pen. riconosce al giudice il potere di subordinare o meno all'adempimento dell'obbligo di risarcimento la sospensione della pena a seguito della valutazione della capacità patrimoniale e reddituale del condannato, proprio per evitare che si realizzi in concreto n trattamento di sfavore a carico del reo in funzione della sua situazione economica. Da tali premesse deriva che la prima censura è manifestamente infondata.
Va, poi, evidenziato che nella giurisprudenza di legittimità si sono formati difformi orientamenti in ordine alla necessaria valutazione delle capacità economiche dell'imputato. Secondo una prima posizione, in tema di sospensione condizionale della pena, nel caso in cui il beneficio venga subordinato all'adempimento dell'obbligo risarcitorio, il giudice della cognizione non è tenuto il svolgere alcun accertamento sulle condizioni economiche dell'imputato, atteso che la verifica dell'eventuale Impossibilità di adempiere del condannato rientra nella competenza del giudice dell'esecuzione (Sez. 4, n, 4626 del 08/11/2019 ud.- dep. 04/02/2020, Rv. 278290 - 01; v. anche Sez. 5, n. 15800 del 17/11/2015, dep. 15/04/2016, Rv. 266690 nella cui motivazione la Corte ha chiarito che tale principio è utile al fine di impedire che l'accertamento venga svolto due volte, dal momento che in sede di esecuzione è comunque consentito al reo dimostrare l'eventuale modifica peggiorativa della sua situazione economica). Secondo altra impostazione, invece, il giudice, pur non essendo tenuto a svolgere un preventivo accertamento delle condizioni economiche dell'imputato, deve tuttavia effettuare un motivato apprezzamento di esse se dagli atti emergano elementi che consentano di dubitare della capacità di soddisfare la condizione imposta ovvero quando tali elementi vengano forniti dalla parte interessata in vista della decisione (tra le tante, Sez. 5, n. 11299 del 09/12/2019 ud.-dep. 03/04/2020, Rv. 278799 - 01, che, in applicazione del principio, ha annullato con rinvio la decisione del giudice di merito che, sen a operare una effettiva verifica della capacità economica del condannato, aveva subordinato al pagamento di una provvisionale la concessione del beneficio della sospensione della pena, nonostante risultasse dagli atti che il destinatario del provvedimento era stato dichiarato fallito in proprio dopo la sentenza di condanna di primo grado P. spogliato dei suoi beni, venduti all'asta). Più recentemente Sez. 5 n. 40041 del 18/06/2019 ud. - dep, 30/09/2019; Rv. 277604 - 01, ha affermato che il giudice che intenda subordinare la concessione della sospensione condizionale della pena al risarcimento del danno (nella specie, al pagamento della provvisionale stabilita) ha l'obbligo di valutare le reali condizioni economiche del condannato in ogni caso e, ancor di più, quando vi sia un accenno di prova dell'incapacità dì questo di sopportare l'onere del pagamento risarcitorio in motivazione, la Corte ha altresì evidenziato come l'obbligo in questione sia coerente con il principio costituzionale di eguaglianza di cui all'art. 3 Cost. e con la funzione rieducativa della pena prevista dall'art, 27 Cost.
Ad ogni modo, nel caso di specie, il giudice di appello ha espressamente valutato, in modo positivo, le condizioni economiche dell'imputato, con una motivazione sufficiente e non illogica, fondata sulla titolarità da parte di G.O. di una quota del capannone oggetto dei lavori, sicché anche la terza censura risulta manifestamente infondata.
3. Non merita accoglimento neppure la seconda doglianza, con cui si denuncia l'erronea applicazione della legge penale, avendo l'imputato, prima di affidare l'incarico, controllato l'iscrizione dell'appaltatore nel registro delle imprese. In proposito deve osservarsi che, in materia di infortuni sul lavoro, in caso di lavori svolti in esecuzione di un contratto di appalto o di prestazione di opera, il committente, anche quando non si ingerisce nella loro esecuzione, è, comunque, obbligato a verificare l'idoneità tecnico - professionale dell'impresa e dei lavoratori autonomi prescelti in relazione ai lavori affidati (Sez. 4, n. 37761 del 20/03/2019 ud. - dep. 12/09/2019, Rv. 277008 - 01). Il rispetto di tale obbligo non può ridursi al controllo dell'iscrizione dell'appaltatore nel registro delle imprese, che integra un adempimento di carattere amministrativo, ma esige la verifica, da parte del committente, della struttura organizzativa dell'impresa incaricata e della sua adeguatezza rispetto alla pericolosità dell'opera commissionata - in particolare, in caso di lavori in quota, il committente deve assicurarsi dell'effettiva disponibilità, da parte dell'appaltatore, dei necessari dispositivi di sicurezza (v., per tutte, Sez. 3, n. 35185 del 26/04/2016 ud.- dep. 22/08/2016, Rv. 267744 - 01, in materia di infortuni sul lavoro, il committente ha l'obbligo di verificare l'idoneità tecnico­ professionale dell'impresa e dei lavoratori autonomi prescelti in relazione anche alla pericolosità dei lavori affidati - fattispecie, relativa alla morte di un lavoratore edile precipitato al suolo dall'alto della copertura di un fabbricato, nella quale è stata ritenuta la responsabilità per il reato di omicidio colposo dei committenti, che, pur in presenza di una situazione oggettivamente pericolosa, si erano rivolti ad un artigiano, ben sapendo che questi non era dotato di una struttura organizzativa di impresa, che gli consentisse di lavorare in sicurezza). Nel caso in esame, l'art. 90, comma 9, lett. a, del d.lgs. n. 81 del 2008 è stato, pertanto, correttamente applicato dai giudici di merito. Difatti, nella sentenza impugnata si legge che "nella scelta della ditta da incaricare di un lavoro particolarmente pericoloso l'imputato ha individuato un artigiano, privo di specifiche competenze tecniche in ordine al lavoro in concreto da svolgere, relativo alla riparazione di lastre in eternit, dopo averlo incaricato inizialmente della diversa attività di ricerca di una perdita d'acqua nel bagno, a conferma della totale assenza di una valutazione del rischio della specifica attività richiesta e della mancanza dei relativi presidi anti-infortunistici e della mancata valutazione circa la necessità di incaricare del lavoro una ditta specializzata".
4. In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo ragioni di esonero, della sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle Ammende, che si reputa equo liquidare in euro duemila, oltre alla refusione delle spese processuali sostenute dalle parti civili, come liquidate in sentenza.
Per completezza deve precisarsi che, secondo l'orientamento prevalente, nel giudizio per cassazione l'imputato non è tenuto al rimborso delle spese processuali in favore della parte civile, che, dopo avere depositato una memoria, non sia intervenuta nella discussione in pubblica udienza (Sez. 5 n. 29481 del 07/05/2018 ud. - dep. 27/06/2018, Rv. 273332 - 01).
 

P.Q.M.
 

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso 22 settembre 2020.