Cassazione Civile, Sezione Lavoro, 7 marzo 2017, n. 5704

Rendita INAIL – Esposizione ad agenti patogeni o cancerogeni – Tabagismo – Accertamento Malattia professionale - Causa di servizio – Nesso di causalità – CTU mero parere tecnico per il Giudice – Cassazione con rinvio
 

di Saverio Fatone


In presenza di fattori patogeni sul posto di lavoro è obbligo del giudice dare adeguata motivazione sul perché il decesso non sarebbe provocato da tali fattori, ma piuttosto da un fattore estraneo al lavoro, quale è il fumo.
Accolto il ricorso degli eredi, dopo il rigetto della richiesta di riconoscimento della rendita INAIL in seguito al decesso del congiunto: il nesso eziologico tra mansioni svolte e malattia che porta al decesso si può escludere solo se l’intervento del fattore estraneo risulta certo.
Nel caso di specie, un lavoratore che aveva svolto le proprie mansioni per 20 anni nel settore petrolchimico è deceduto per tumore alla laringe ed i congiunti, la moglie ed i 3 figli, dopo il rigetto della richiesta di rendita INAIL, hanno fatto ricorso, dapprima al Giudice del Lavoro di Treviso, che ha respinto le domande, ed in seguito alla Corte di Appello di Venezia - Sezione lavoro, che ha rigettato l’Appello.
Con Sentenza n. 5704 del 7 Marzo 2017 la Sezione Lavoro della Corte di Cassazione ha affermato che il dovere di motivazione gravante sul Giudice deve essere osservato con particolare attenzione in punto di accertamento del nesso causale, laddove, in applicazione del principio generale in tema di causalità materiale, di cui all’art. 41 c.p., egli decida di elevare a causa esclusiva della morte del lavoratore un fattore estraneo all’attività lavorativa.
Pertanto, qualora il lavoratore sia esposto per lungo tempo ad agenti patogeni, quali ad esempio gli idrocarburi, il benzene, la piridina, l’ossalato di ammonio e l’amianto, a questi deve essere attribuita efficacia causale principale rispetto al decesso del lavoratore, potendosi invece attribuire efficacia causale esclusiva al fumo solo se con certezza si ravvisi che l’intervento di tale fattore, estraneo all’attività lavorativa, sia di per sé sufficiente a produrre l’infermità, tanto da far degradare le altre evenienze a semplici occasioni.
La Suprema Corte chiarisce che la Consulenza Tecnica d’Ufficio non costituisce un mezzo di prova, ma è finalizzata all’acquisizione, da parte del giudice, di un parere tecnico necessario o utile per la valutazione di elementi probatori già acquisiti o per la soluzione di questioni che comportino specifiche conoscenze, quindi se le affermazioni contenute nella perizia siano oggetto di critiche precise e circostanziate da parte del difensore, idonee, se fondate, a condurre a conclusioni diverse da quelle indicate nella CTU, allora non adempie all’obbligo di motivazione il giudice che si limita a generiche affermazioni di adesione al parere del consulente.
Per tutti i citati motivi, la Suprema Corte accoglie il ricorso degli eredi e cassa la sentenza impugnata con rinvio al giudice, quindi alla Corte d’Appello Lavoro di Venezia in diversa composizione, che si atterrà a tutti i principi sopra esposti.