Cassazione Penale, Sez. 4, 17 novembre 2020, n. 32210 - Infortunio sul lavoro, simulazione di sordità da parte dell'infortunato e istanza di revisione da parte del datore di lavoro. Ricorso inammissibile


 

Presidente: PICCIALLI PATRIZIA
Relatore: RANALDI ALESSANDRO
Data Udienza: 27/10/2020
 

FattoDiritto




1. Con ordinanza del 26.2.2020 la Corte di appello di Messina ha dichiarato inammissibile l'istanza di revisione della sentenza di condanna della Corte di appello di Catania del 14.4.1994 (irrev. il 14.6.1994), proposta da P.C., condannato alla pena di L. 600.000 di multa per il reato di cui all'art. 590 cod. pen. in danno di M.G.A. (lesioni gravissime in conseguenza di infortunio sul lavoro, essendo stata riconosciuta la colpa del P.C. quale datore di lavoro dell'M.G.A.).
1.1. L'istanza di revisione si fondava sulla prova nuova costituita dalla condanna riportata dalla parte civile M.G.A. con la sentenza del GUP del Tribunale di Siracusa in data 8.1.2018, in relazione alla truffa consistita nel simulare una sordità completa bilaterale in realtà insussistente, conseguenza dell'infortunio sul lavoro per il quale il P.C. era stato condannato; nonché nella omessa valutazione di ulteriori circostanze evidenziate dal ricorrente, in base alle quali avrebbe dovuto essere riconosciuto che l'infortunio era dovuto a esclusiva colpa dell'M.G.A., e che comunque quest'ultimo non potesse essere considerato un dipendente del P.C..
1.2. La Corte territoriale ha dichiarato l'istanza inammissibile, sul presupposto che il nuovo elemento di prova addotto non fosse idoneo a ribaltare il giudizio di colpevolezza, in quanto dalla sentenza siracusana avrebbe potuto derivare la sola esclusione di una circostanza aggravante e non del fatto-reato; ha aggiunto che la Corte catanese aveva, in ogni caso, compiutamente valutato le difese riproposte dal P.C. nella proposta istanza di revisione.

2. Ha proposto ricorso per cassazione il difensore del P.C., lamentando violazione di legge e vizio di motivazione, atteso che il compendio probatorio emerso avrebbe dovuto indurre la Corte di appello ad escludere il reato sia per quanto riguarda la documentazione presentata che per gli eventi consequenziali e successivi alla data dell'ultima richiesta di revisione del processo. La Corte avrebbe dovuto limitarsi a controllare il fondamento persuasivo delle nuove prove; in particolare, dalla condanna dell'M.G.A. avrebbe dovuto evincere il comportamento processuale del medesimo "che ha fatto finta di avere subito delle lesioni gravi a seguito dell'incidente ed invece non aveva proprio nulla, pertanto se è stato capace di raggirare la giustizia, di fare il furbo è evidente che anche nel corso del giudizio penale di primo grado, lo stesso fingeva e cercava in tutti i modi di farsi gioco della giustizia".

3. Il Procuratore Generale, con requisitoria scritta, ha chiesto il rigetto del ricorso.

4. I motivi dedotti sono generici e svolgono, in maniera confusa e disordinata, censure di merito non consentite in sede di legittimità; pertanto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

5. E' appena il caso di rilevare che, in tema di revisione, la declaratoria di inammissibilità della richiesta, per essere le "nuove prove" palesemente inidonee ad inficiare l'accertamento dei fatti posti alla base della sentenza di condanna, si sottrae a censure in sede di legittimità allorché sia fondata su una motivazione adeguata ed immune da vizi logici (Sez. 3, n. 39516 del 27/06/2017, D, Rv. 27269001), come avvenuto nel caso in disamina.
5.1. Nell'ordinanza impugnata, inoltre, la Corte territoriale si è attenuta al costante insegnamento della Corte regolatrice secondo cui è inammissibile la richiesta di revisione fondata sulla prospettazione di elementi tali da dar luogo, se accertati, non al proscioglimento, ma alla dichiarazione di responsabilità per un diverso e meno grave reato (Sez. 6, n. 4121 del 16/05/2019 - dep. 2020, A, Rv. 27819401). Principio affermato proprio per una fattispecie - analoga a quella in esame - relativa a un'istanza di revisione volta a escludere la ricorrenza di un'aggravante. L'ordinanza impugnata ha, infatti, correttamente osservato che la sentenza di merito addotta come prova nuova ha accertato soltanto l'insussistenza delle lesioni gravissime dell'M.G.A. ma non dell'incidente in sé, con la conseguenza che essa potrebbe eventualmente escludere la sussistenza delle aggravanti contestate al P.C. ma non il fatto-reato per il quale è stato condannato.
5.2. Per il resto, la Corte territoriale ha adeguatamente spiegato le circostanze che l'hanno indotta a ritenere che la Corte di merito aveva compiutamente esaminato le questioni ora proposte dall'istante come fatti non considerati dal giudice di merito ai fini della condanna. In particolare, è stato osservato che la Corte catanese aveva compiutamente valutato tutti gli elementi a disposizione per ritenere che l'M.G.A. fosse alle dipendenze del P.C. e non della I., compresi quelli evidenziati nell'istanza di revisione di cui si discute.

6. Stante l'inammissibilità del ricorso, e non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cast. sent. n. 186/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali

consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria, nella misura indicata in dispositivo.

 

P.Q.M.

 


Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 27 ottobre 2020