Categoria: Cassazione civile
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Cassazione Civile, Sez. 6, 09 dicembre 2020, n. 28084 - Incendio nella sala macchine del motopeschereccio e risarcimento danni per grave stato ansioso del lavoratore. Assenza di responsabilità in capo alla società datoriale


Presidente: ESPOSITO LUCIA
Relatore: PONTERIO CARLA Data pubblicazione: 09/12/2020
 

Rilevato che:


1. la Corte d'Appello di Palermo, con sentenza n. 85 pubblicata il 5.3.2019, notificata il 14.3.19, ha accolto l'appello della L.G. & C. snc e, in riforma della sentenza di primo grado, ha respinto la domanda di G.H. di risarcimento del danno biologico differenziale conseguente all'infortunio sul lavoro occorso il 31.1.2014 a bordo del motopeschereccio "Maria Grazia" su cui il predetto lavorava come nostromo;
2. la Corte territoriale ha accertato in fatto che il 31.1.2014, mentre il motopeschereccio era in navigazione, in sala macchina si era sviluppato un incendio in corrispondenza dell'apparato motore; che alle 9.30 era stato diramato l'allarme di pericolo e che alle 9.36 l'incendio era stato domato prima che le fiamme potessero propagarsi al di fuori della sala macchine; ha dato atto di come l'Inail avesse riconosciuto a G.H. un indennizzo commisurato ad una menomazione dell'integrità psicofisica del 13% in ragione del grave stato ansioso sofferto dal medesimo e che il Tribunale aveva fondato la responsabilità datoriale sulla violazione degli obblighi di prevenzione di cui all'art. 6, d.lgs. n. 271 del 1999 e, specificamente, sulla omessa manutenzione periodica del motore dell'imbarcazione;
3. i giudici di appello hanno riformato la decisione di primo grado sul rilievo che quest'ultima non avesse adeguatamente valutato le prove documentali prodotte dalla società ed atte a dimostrare l'esatto adempimento degli obblighi di prevenzione e sicurezza; in particolare, hanno sottolineato come la società avesse prodotto "il certificato di navigabilità del M/P "Maria Grazia" dell'11.9.2012 validato dal RINA sino al 31.8.2018 dal quale si evinceva l'idoneità dell'imbarcazione alla navigazione ed il superamento delle verifiche tanto all'apparato motore - validato fino al 31.8.15 - che alle dotazioni di sicurezza"; hanno ritenuto ammissibile la produzione in appello della fattura del 31.11.2013 relativa alla manutenzione del motore e alle prove di funzionamento e tale documento idoneo corroborare ulteriormente l'adempimento degli obblighi di cui all'art. 2087 c.c. e al decreto legislativo n. 271 del 1999 e quindi l'assenza di colpa in capo alla società datoriale nella causazione dell'infortunio;
4. avverso tale sentenza G.H. ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, cui ha resistito con controricorso la L.G. & C. s.n.c.;
5. la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell'udienza camerale non partecipata, ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c.;

Considerato che:
6. con l'unico motivo del ricorso G.H. ha dedotto, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., violazione o falsa applicazione dell'art. 345 c.p.c., come modificato dal decreto legge n. 83 del 2012, convertito dalla legge n. 134 del 2012, per avere la Corte di merito ammesso la produzione della fattura n. 278/2013, violando il divieto assoluto di nuova produzione documentale in appello; la fattura era nella disponibilità della società all'epoca di svolgimento del giudizio di primo grado, introdotto nel 2016, e la società non aveva in alcun modo allegato e dimostrato di non averla potuta produrre tempestivamente;
7. il motivo è infondato in quanto, facendo leva unicamente sull'art. 345 c.p.c., non si confronta col potere riconosciuto al giudice d'appello nel rito del lavoro dall'art. 437 c.p.c.;
8. la Corte di merito ha ammesso la produzione documentale in appello in base ad una corretta interpretazione ed applicazione dell'art. 437 c.p.c., come desumibile dalla unanime giurisprudenza di legittimità secondo cui "Nel rito del lavoro occorre contemperare il principio dispositivo con quello di verità, pertanto, ai sensi dell'art. 437, comma 2, c.p.c., il deposito in appello di documenti non prodotti in prime cure non è oggetto di preclusione assoluta ed il giudice può ammettere, anche d'ufficio, detti documenti ove li ritenga indispensabili ai fini della decisione, in quanto idonei a superare l'incertezza dei fatti costitutivi dei diritti in contestazione, purché allegati nell'atto introduttivo, seppure implicitamente, e sempre che sussistano significative "piste probatorie" emergenti dai mezzi istruttori, intese come complessivo materiale probatorio, anche documentale, correttamente acquisito agli atti del giudizio di primo grado", (Cass. n. 11845 del 2018; n. 7694 del 2018; n. 11994 del 2018);
9. non ha rilievo la nuova formulazione dell'art. 345 c.p.c., invocata dall'attuale ricorrente, trovando applicazione nelle controversie di lavoro l'art. 437 c.p.c. il cui contenuto è sovrapponibile, e addirittura più ampio, rispetto al testo dell'art. 345 c.p.. vigente prima delle modifiche apportate col di. n. 83/12, conv. in I. n. 134/12;
10. proprio rispetto al previgente art. 345 c.p.c., le Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n. 10790 del 2017) hanno precisato che, nel giudizio di appello, costituisce prova nuova indispensabile quella di per sé idonea ad eliminare ogni possibile incertezza circa la ricostruzione fattuale accolta dalla pronuncia gravata, smentendola o confermandola senza lasciare margini di dubbio oppure provando quel che era rimasto indimostrato o non sufficientemente provato, a prescindere dal rilievo che la parte interessata sia incorsa, per propria negligenza o per altra causa, nelle preclusioni istruttorie del primo grado;
11. in base all'art. 437 c.p.c., come interpretato da questa Corte, deve ritenersi consentito nel rito del lavoro che il giudice d'appello, nell'esercizio dei suoi poteri istruttori d'ufficio, possa acquisire e valutare i documenti esibiti nel corso del giudizio di secondo grado ove essi siano indispensabili, perché idonei a decidere in maniera definitiva la questione controversa tra le parti;
12. la Corte di merito si è attenuta a tali principi avendo acquisito la fattura n. 278/2013 a completamento di un corredo probatorio rappresentato dalla documentazione tempestivamente prodotta dalla società e già in grado di fornire un principio di prova sul corretto adempimento dell'obbligo di manutenzione del motore e dei dispositivi di sicurezza;
13. per le ragioni esposte il ricorso deve essere respinto;
14. la regolazione delle spese segue il criterio di soccombenza, con liquidazione come in dispositivo;
15. si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui all'art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, introdotto dall'art. 1, comma 17, della L. 24 dicembre 2012 n. 228.
 


P.Q.M.
 



La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 4.500,00 per compensi professionali, in euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo uniicato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Cosi deciso nell'adunanza camerale del 9.9.2020