Cassazione Penale, Sez. 4, 11 dicembre 2020, n. 35432 - Lesioni colpose a carico del titolare di un'impresa edile. Sequestro conservativo di immobile


 

Presidente: FUMU GIACOMO
Relatore: MENICHETTI CARLA
Data Udienza: 19/11/2020
 

Fatto
 



1. Con ordinanza in data 6 settembre 2019 il Tribunale di Trapani, in sede di riesame, confermava l'ordinanza di sequestro conservativo dell'immobile sito in Partinico, contrada Vacanti s.n.c., adottata nell'interesse della parte civile R.R. nell'ambito di un procedimento penale a carico di P.F.P., titolare di un'impresa edile, imputato del delitto di lesioni colpose cagionate con violazione della normativa in materia di infortuni sul lavoro. Il provvedimento cautelare generico era stato impugnato altresì da OMISSIS, genitori dell'imputato, che rivendicavano l'appartenenza dell'immobile al momento del sequestro.
I giudici del riesame ritenevano in primo luogo l'inammissibilità del motivo riguardante la sussistenza del fumus commissi delicti, dal momento che era stato disposto il rinvio a giudizio dell'imputato e dunque era stato già formulato un capo di imputazione.
Quanto al periculum - come delineato dall'art.316, commi 1 e 2, cod.prc.pen. - rilevavano che i beni oggetto del vincolo, costituiti da alcuni terreni agricoli adibiti a vigneto e dall'appartamento di residenza dell'imputato sito in Partinico, via Giuseppe Pitrè 96, non fornivano da soli una garanzia sufficiente a soddisfare le garanzie creditorie della parte civile, che aveva avanzato una domanda risarcitoria di 700.000 euro e subito un'incapacità di attendere alle proprie occupazioni per un periodo superiore a 40 giorni, e ciò in particolare a fronte di un annuncio di vendita del villino con piscina e terreno circostante sito in contrada Cicala/Vacanti, al prezzo di 130.000 euro, pubblicato su un sito immobiliare specializzato, a riprova del fondato pericolo di depauperamento del patrimonio dell'imputato.
In relaziòne poi al principale motivo di riesame, concernente il difetto. di titolarità da parte dell'imputato del suddetto villino, il Collegio dava atto che tale immobile venne donato al P.F.P. dai genitori con atto del 15 luglio 2004 ma che i medesimi tre soggetti, con successivo rogito del 3 gennaio 2019, avevano sciolto la donazione per mutuo dissenso, cioè con un negozio giuridico risolutorio ad effetto retroattivo: dunque - secondo la tesi difensiva - alla data del sequestro conservativo la proprietà non sarebbe stata più dell'imputato.
Nel disattendere la ragione di riesame, l'ordinanza impugnata argomentava nel senso che gli artt.192 (atti a titolo gratuito compiuti dal colpevole dopo il reato) e 193 (atti a titolo oneroso compiuti dal colpevole dopo il reato) cod.pen., a seguito dell'abrogazione della norma di riferimento costituita dall'art.189 cod.pen., andavano riferiti ai crediti indicati nell'attuale art.316 cod.proc.pen., cioè, per quanto qui interessa, alle obbligazioni civili derivanti dal reato (comma 2).
Di qui la infondatezza anche di tale motivo di riesame, sulla considerazione che "l'atto di scioglimento per mutuo dissenso" della precedente donazione, in data 3 gennaio 2019, successivo alla commissione del reato risalente al 18.4.2017 ed intervenuto in fase già avanzata del dibattimento, era inefficace rispetto al credito della parte civile in forza della c.d. "revocatoria penale".

2. Hanno proposto ricorso per cassazione, tramite il comune difensore di fiducia, OMISSIS, per due motivi.
2.1. Con il primo motivo deducono erronea qualificazione del contratto del 3 gennaio 2019. Osservano che non si tratta di un atto a titolo gratuito ma di un atto risolutorio con efficacia ex tunc avente ad oggetto l'estinzione per mutuo dissenso di un rapporto giuridico patrimoniale, · escluso dunque dal novero degli atti suscettibili di "revocatoria penale". Di fatto, OMISSIS non si sono "arricchiti" in danno dell'imputato P.F.P., diminuendo quindi la solvibilità e la capacità economica di quest'ultimo, ma sono solamente rientrati in possesso di un bene che era stato di loro proprietà prima della donazione del 15 luglio 2004, privo di trascrizioni e iscrizioni pregiudizievoli.
2.2. Con il secondo motivo lamentano carenza di motivazione sulla mancanza dei presupposti di legge ex art.316 cod.proc.pen. Il Tribunale di Trapani riconosce che l'imputato è proprietario di alcuni terreni agricoli e di un appartamento sito in via Giuseppe Pitrè n.96, tutti beni di valore economico elevato, e dunque non mancano le garanzie del credito. Totalmente carente poi la motivazione sui presupposti del "fumus boni iuris" e del "periculum".
2.3. Concludono quindi per l'annullamento dell'ordinanza relativamente al sequestro dell'immobile in contrada Vacanti.

3. Il Procuratore Generale in sede con requisitoria scritta ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Diritto

 


1. Va rammentato, in via preliminare, che il ricorso per cassazione contro le ordinanze emesse dal Tribunale del riesame ex art.324 cod.proc.pen. in materia di sequestro è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi ricomprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l'apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice" (S.U., n.25932 del 29/05/2008, Rv.239692 e successive pronunce delle Sezioni semplici, tra cui Sez.2, n.18951 del 14/03/2017, Rv.269656).
Sul tema, si è ulteriormente precisato che il ricorso per violazione di legge, a norma dell'art.325, comma primo, cod.proc.per:i. può essere proposto solo per mancanza fisica della motivazione o per la presenza di motivazione apparente, in quanto correlate all'inosservanza di precise norme processuali, ma non per l'illogicità manifesta, che può denunciarsi in sede di legittimità soltanto tramite lo specifico ed autonomo motivo di ricorso di cui all'art.606, comma primo, lett.e), cod.proc.pen. (così Sez.2, n.5807 del 18/01/2017, Rv.269119; Sez.5, n.35532 del 25/06/2010, Rv.248129; Sez.6, n.7472 del 21/01/2009, Rv.242916).
2. Ciò posto, si sostiene nel primo motivo di ricorso una erronea qualificazione del contratto inter partes 3 gennaio 2019 e si prospetta quindi un error in iudicando, in base al paradigma dell'art.606, comma 1, lett.b) cod.proc.pen., che si riferisce espressamente alla inosservanza della legge penale o di altre norme giuridiche, di cui si deve tenere conto nell'applicazione della legge penale.
La censura è manifestamente infondata e non si confronta con il contenuto della ordinanza impugnata, la quale ha fatto corretto riferimento alla normativa in materia ed ai principi di diritto fissati da questa Corte di legittimità, con particolare riguardo alla inefficacia degli atti a titolo gratuito o oneroso (artt.192 e 193 cod.pen.), se compiuti dopo la commissione del reato, rispetto ai crediti dell'Erario ed a quelli derivanti dalle obbligazioni civili nascenti da reato indicati nell'art.316, commi 1 e 2, cod.proc.pen.
Pertinenti i richiami giurisprudenziali riportati nel provvedimento del Tribunale di Trapani in tema di revocatoria penale, secondo cui "In tema di sequestro conservativo, gli atti a titolo gratuito compiuti dal colpevole dopo la commissione del reato sono inefficaci rispetto ai crediti dello Stato e delle parti civili, indipendentemente dall'atteggiamento psicologico del beneficiario" (Sez.5, n.12804 del 15/01/2019, Rv.275503); "Gli atti di trasferimento oneroso o gratuito compiuti dall'imputato, dopo la consumazione del reato, al fine di eludere le pretese creditorie dello Stato o dei terzi danneggiati, essendo revocabili ex art.193 cod.pen., non escludono l'assoggettamento a sequestro conservativo dei beni mobili o immobili che ne formano oggetto, a prescindere da ogni collegamento di detti beni con il reato per cui si procede" (Sez.2, n.4724 del 16/01/2019, Rv.274737); "In tema di sequestro conservativo, non sono opponibili al creditore danneggiato dal reato, ai sensi dell'art.192 cod.pen., gli atti a titolo gratuito posti in essere dall'imputato successivamente alla commissione del reato" (Sez.2, n.4724 del 16/01/2019, Rv.271998). (Sull'inefficacia nei confronti dei creditori, persone offese, degli atti a titolo gratuito compiuti successivamente alla commissione del reato vedi anche Sez.2, sent.n.46626 del 20/11/2009, imp. Melis Ivan, non massimata).
Nel caso a processo, "l'atto di scioglimento per mutuo dissenso" della donazione, avvenuta con atto del 15/7/2004 tra OMISSIS  (genitori dell'imputato donanti) e P.F.P. (donatario), reca la data 3/1/2019, successiva al delitto di lesioni personali gravi commesso il 18/4/2017 e quindi è soggetto a revocatoria penale.
Il richiamo dei ricorrenti all'art. 1372 cod.civ. (scioglimento del contratto per mutuo consenso) ed alla asserita efficacia retroattiva dell'accordo ivi contemplato non è pertinente e comunque non è giuridicamente corretto, poiché in tema di risoluzione consensuale del contratto, il mutuo dissenso da vita ad un nuovo contratto di natura solutoria e liberatoria, con contenuto uguale e contrario a quello del contratto originario ed ha per sua natura efficacia ex nunc, nel senso che da esso deriva la caducazione delle obbligazioni scaturenti dal contratto originario relativo alla prosecuzione del rapporto, onde, in ordine al mancato adempimento delle prestazioni ulteriori previste, non può configurarsi responsabilità contrattuale per omissione, mentre nessun effetto liberatorio esplica il negozio risolutorio in ordine ad altri eventuali aspetti di responsabilità per prestazioni già eseguite (Sez.1 Civ., n.7270 del 12/02/1997, non massimata).
Si tratta all'evidenza di tematiche del tutto estranee all'odierno procedimento.


3. Inammissibile il secondo motivo riguardante un asserito vizio motivazionale dell'impugnata ordinanza, atteso il limite di ricorribilità dei provvedimenti in materia di sequestro, di cui si è premesso.
La motivazione del Tribunale non è carente o apparente - così da dare luogo ad una violazione di legge - ma evidenzia, sia l'inammissibilità già in sede di riesame del motivo riguardante il "fumus commissi delicti", essendo stato già emesso il decreto di citazione a giudizio, all'esito della delibazione da parte del GUP di elementi sufficienti ed idonei a sostenere l'accusa in giudizio, sia, quanto al "periculum" lo scarso valore economico degli altri immobili intestati all'imputato a confronto con l'entità della pretesa risarcitoria e l'intenzione dell'imputato di vendere l'immobile oggetto di sequestro, come documentato dall'annuncio su sito internet specializzato.

4. I ricorsi vanno pertanto dichiarati inammissibili ed i ricorrenti condannati al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria in favore della cassa delle ammende, che si stima equo liquidare in euro duemila ciascuno.

 

P.Q.M.




Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila ciascuno in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 19 novembre 2020