CIRCOLARE N. 20/2012

Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali
                Direzione generale per l’Attività Ispettiva
 

Agli indirizzi in allegato                                          
 

Oggetto: L. 28 giugno 2012, n. 92 (c.d. Riforma lavoro) - lavoro intermittente alla luce delle modifiche apportate agli artt. 33-40 del D.Lgs. n. 276/2003 - istruzioni operative al personale ispettivo.

Le recenti modifiche della L. n. 92/2012 (c.d. Riforma lavoro) agli artt. 33-40 del D.Lgs. n. 276/2003 hanno introdotto rilevanti novità in materia di lavoro intermittente e al riguardo questo Ministero ha fornito delle primissime indicazioni con la circ. n. 18/2012.
Con la presente si ritiene dunque opportuno analizzare più approfonditamente tali modifiche, soffermandosi in particolare sul campo di applicazione e sul nuovo obbligo di comunicazione previsto dall’art. 35, comma 3 bis, del D.Lgs. n. 276/2003.

Inquadramento giuridico
La fattispecie contrattuale del lavoro intermittente, disciplinata dal D.Lgs. n. 276/2003 - peraltro reintrodotta dal D.L. n. 112/2008 a seguito dell’abrogazione da parte dell'art. 1, comma 45, della L. n. 247/2007 - costituisce una particolare tipologia di rapporto di lavoro subordinato, caratterizzata dall'espletamento di prestazioni di carattere '’discontinuo o intermittente” secondo limiti individuati dallo stesso Decreto.
La prestazione può essere considerata discontinua anche laddove sia resa, in forza di un contratto intermittente a tempo determinato o indeterminato, anche per periodi di durata significativa.
È tuttavia evidente che detti periodi, per potersi considerare effettivamente “discontinui o intermittenti”, dovranno essere intervallati da una o più interruzioni, in modo tale che non vi sia una esatta coincidenza tra la "durata del contratto" e la "durata della prestazione”.

Nuovo ambito applicativo
Alla luce delle modifiche apportate dalla L. n. 92/2012, entrata in vigore il 18 luglio 2012, l'attuale assetto normativo ridefinisce le ipotesi di legittimo ricorso al lavoro intermittente.
In particolare, dalla predetta data, è possibile utilizzare tale tipologia contrattuale nelle seguenti ipotesi:
1 ) “per lo svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo e saltuario secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale ovvero per periodi predeterminati nell’arco della settimana, del mese o dell’anno'" (art. 34, comma 1, D.Lgs. n. 276/2003);
2) “Con soggetti con più di 55 anni di età e con soggetti con meno di 24 anni di età, fermo restando che le prestazioni contrattuali devono essere svolte entro il venticinquesimo anno di età”(art. 34, comma 2, D.Lgs. n. 276/2003).
Inoltre, ai sensi dell'art. 40 del D.Lgs. n. 276/2003 (non abrogato dalla L. n. 92/2012), laddove la contrattazione collettiva non sia intervenuta a disciplinare le ipotesi di cui al punto 1), è possibile ricorrere al lavoro intermittente, in base a quanto disposto dal D.M. 23 ottobre 2004, in relazione alle attività elencate nella tabella approvata con il R.D. n. 2657/1923, rispetto alle quali si rinvia ai chiarimenti forniti da questo Ministero con risposte ad interpello n. 46/2011, 38/2011, prot. n. 3252 del 7 settembre 2006, prot. n. 1566 del 13 luglio 2006.
Si ricorda, viceversa, che l’art. 1. comma 21, lett. c), della L. n. 92/2012 dispone l'abrogazione dell’art. 37 del D.Lgs. 276/2003. il quale consentiva di far ricorso al lavoro a chiamata durante i week-end. le ferie estive, le vacanze natalizie o pasquali, nonché nell'ambito di ulteriori periodi predeterminati dalla contrattazione collettiva nazionale o territoriale.
In relazione alla causale di cui al punto 1), come chiarito da questo Ministero nella circ. n. 18/2012, va evidenziato che una lettura sistematica del complessivo quadro normativo porta a ritenere demandata alla contrattazione collettiva anche l’individuazione dei c.d. periodi predeterminati; una diversa interpretazione che volesse infatti affidare al contratto individuale di lavoro tale prerogativa finirebbe evidentemente per rendere del tutto prive di significato le altre ipotesi giustificatrici del lavoro intermittente.
Per quanto concerne la causale di cui al punto 2), la c.d. Riforma lavoro è intervenuta delimitando diversamente, rispetto alla previgente disciplina, anche la causale soggettiva che consente il ricorso all'istituto.
E ora infatti previsto, ai fini della stipulazione del contratto, che il lavoratore:
- non abbia compiuto i 24 anni (quindi abbia al massimo 23 anni e 364 giorni);
- oppure abbia più di 55 anni (quindi almeno 55 anni); in tal caso, anche se non ribadito dalla nuova formulazione normativa, i lavoratori in questione possono essere anche pensionati.
A far data dal 18 luglio 2012, pertanto, non è più possibile stipulare contratti di lavoro a chiamata con soggetti non aventi i requisiti anagrafici sopra illustrati ossia di età pari o superiore ai 24 anni o inferiore ai 55 anni.

Divieto di ricorso al lavoro intermittente
Rispetto alla precedente formulazione normativa, risultano immutate le ipotesi in cui è vietato il ricorso al lavoro intermittente, elencate tassativamente all'art. 34, comma 3, D.Lgs. n. 276/2003. In particolare, si fa riferimento alle seguenti fattispecie:
- sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;
- salva diversa disposizione degli accordi sindacali, laddove il rapporto di lavoro intermittente sia attivato presso unità produttive nelle quali si sia proceduto, entro i sei mesi precedenti, a licenziamenti collettivi, sospensione dei rapporti o riduzione dell’orario con diritto al trattamento di integrazione salariale, per lavoratori adibiti alle medesime mansioni;
- nel caso di aziende che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi ai sensi della vigente normativa in materia di sicurezza sul lavoro, ovvero tale valutazione non sia stata rielaborata secondo quanto prevede l'art. 29, comma 3, D.Lgs. n. 81/2008. Pertanto, ai fini della attivazione di contratti di lavoro intermittente, occorre sempre tenere presente che il DVR deve essere "attuale” e adeguato alle condizioni strutturali, logistiche e organizzative della realtà aziendale nonché alle problematiche di formazione e informazione proprie dei lavoratori a chiamata.

Indennità di disponibilità
Il contratto in esame può essere stipulato con o senza previsione del diritto all’indennità di disponibilità nella misura in cui il lavoratore assuma o meno l'obbligo di risposta alla chiamata del datore di lavoro, nel rispetto del termine di preavviso non inferiore ad un giorno lavorativo (art. 35, comma 1, lett. b), D.Lgs. n. 276/2003).
Nel caso in cui nel contratto sia contemplato l'obbligo di rispondere alla chiamata il datore è tenuto alla corresponsione di una "indennità economica di disponibilità", da determinarsi secondo le indicazioni fomite dalla contrattazione collettiva ovvero stabilita, in via sostitutiva, dal D.M. del 10 marzo 2004 in misura non inferiore al 20% della retribuzione, per il periodo in cui il lavoratore resta in attesa della chiamata datoriale.
Sul punto si ricorda che, in forza dell'abrogazione dell'art. 37 del D.Lgs. n. 276/2003, non trova più applicazione già dal 18 luglio (sia per i nuovi che per i “vecchi” contratti) anche la disposizione secondo cui, per i c.d. periodi predeterminati, “l’indennità di disponibilità (...) è corrisposta al prestatore di lavoro solo in caso di effettiva chiamata da parte del datore di lavoro”. In altri termini. pertanto, l'indennità di disponibilità, se pattuita, dovrà essere corrisposta anche nei c.d. periodi predeterminati rispetto ai quali, come si dirà meglio in seguito, è possibile la chiamata di lavoratori che abbiano stipulato il contratto prima della entrata in vigore della Riforma.

Obblighi di comunicazione
Rilevanti novità sono state introdotte dalla Riforma lavoro in tema di obblighi di comunicazione.
All'art. 35 del D.Lgs. 276/2003 è stato, infatti, aggiunto il comma 3 bis che prevede un obbligo di comunicazione da parte del datore di lavoro alla Direzione territoriale competente prima dell'inizio della prestazione lavorativa ovvero di "un ciclo integrato di prestazioni di durata non superiore a trenta giorni”. In quest’ultimo caso il Legislatore, al fine di poter semplificare l'adempimento in questione in ogni ipotesi in cui sia possibile una “pianificazione’' anche a lungo termine delle attività, ha dunque previsto che, con un solo adempimento, possano essere evidenziate più prestazioni di lavoro intermittente.
L'adempimento di tale obbligo da parte del datore di lavoro - anche con riferimento ai rapporti di lavoro instaurati antecedentemente al 18 luglio 2012 - potrà anzitutto essere effettuato, sino a nuove indicazioni, mediante fax o posta elettronica, anche non certificata, utilizzando i recapiti istituzionali delle Direzioni del lavoro ovvero quelli appositamente creati da ciascuna Direzione.
È invece in via di predisposizione l'ulteriore modalità semplificata di trasmissione della comunicazione mediante SMS, rispetto alla quale saranno fomiti i necessari chiarimenti.
Come già chiarito con circ. n. 18/2012, la prescritta comunicazione, anche se effettuata lo stesso giorno in cui viene resa la prestazione lavorativa, dovrà intervenire prima dell’inizio della stessa. La comunicazione potrà inoltre essere modificata o annullata attraverso l'invio di una successiva comunicazione di rettifica da inviare sempre prima dell'inizio della prestazione ovvero, nel caso in cui il lavoratore non si presenti, entro le 48 ore successive al giorno in cui la prestazione doveva essere resa.
In assenza di modifiche, come già chiarito con la circ. n. 18/2012, si ritiene invece evidenziata una prestazione lavorativa effettivamente resa, sulla quale graveranno i connessi obblighi retributivi e contributivi.
In ordine alla comunicazione del "ciclo integrato di prestazioni di durata non superiore a trenta giorni". a fronte di primissimi riscontri, sul piano applicativo, dell'obbligo in questione, si ritiene di poter aderire ad una interpretazione del dato normativo più "flessibile”. In particolare si ritiene che i 30 giorni possano essere considerati quali giorni di chiamata di ciascun lavoratore e non più come arco temporale massimo all'interno del quale individuare i periodi di attività dello stesso. Potranno pertanto essere effettuate comunicazioni che prendano in considerazione archi temporali anche molto ampi purché, all’interno di essi, i periodi di prestazione non superino i 30 giorni per ciascun lavoratore. Si riportano di seguito alcuni esempi di comunicazione:
- lavoratore ... 15 agosto, 20 agosto, 12 settembre, 30 settembre, 4 ottobre, 5 novembre, 25 dicembre (per un totale di giorni lavorativi pari a 7);
- lavoratore ... dal 1° agosto al 14 agosto (per un totale di giorni lavorativi pari a 12 più due giorni di riposo);
- lavoratore ... dal 1° al 5 agosto, dal 1° al 5 settembre, dal 1° al 5 ottobre, dal 1° al 5 dicembre, dal 1° al 5 gennaio 2013, dal 1° al 5 febbraio 2013 (per un totale di giorni lavorativi pari a 30);
- lavoratore 1, lavoratore 2, lavoratore 3 dal 1 ° al 15 agosto, dal 1 ° al 15 settembre (per un totale di giorni lavorativi pari a 26 più 4 giorni di riposo); lavoratore 4, lavoratore 5, lavoratore 6 dal 1° al 15 ottobre e dal 1° al 15 novembre (per un totale di giorni lavorativi pari a 26 più 4 giorni di riposo).
Da ultimo si segnala che, qualora uno o più lavoratori siano chiamati a svolgere prestazioni di durata superiore a 30 giorni (continuativi o frazionati), occorrerà evidentemente inoltrare più di una comunicazione.

Regime transitorio
Ai sensi dell’art. 1, comma 22, L. n. 92/2012, i contratti di lavoro a chiamata stipulati precedentemente alla data del 18 luglio 2012 e che non siano compatibili con fattuale quadro regolatorio dell'istituto, cessano di produrre effetti decorsi 12 mesi dall’entrata in vigore della Riforma. In sostanza, pertanto, a far data dal 19 luglio 2013, i contratti di lavoro intermittente (sia a tempo determinato che a tempo indeterminato) non conformi all’attuale campo applicativo dell’istituto si riterranno cessati ex lege. Pertanto - si ribadisce - a partire dal 18 luglio non è possibile stipulare contratti di lavoro intermittente secondo la previgente disciplina, ovvero con soggetti che abbiano compiuto 24 anni o con età inferiore a 55, nonché per prestazioni da rendersi ai sensi dell'abrogato art. 37 D.Lgs. n. 276/2003.
Rispetto a quanto già chiarito con circ. n. 18/2012, va ulteriormente specificato che i contratti stipulati prima del 18 luglio 2012 sia in forza dei “vecchi” requisiti soggettivi (soggetti con meno di 25 anni o più di 45 anni di età) che per i periodi predeterminati ex art. 37, potranno continuare ad operare sino al 18 luglio 2013 (compreso) secondo le previgenti causali.

Attività di vigilanza
Le novità apportate dalla c.d. Riforma lavoro suggeriscono ulteriori indicazioni di carattere operativo agli organi di vigilanza, al fine di una attenta valutazione delle diverse fattispecie di irregolarità riscontrabili.
Va anzitutto evidenziato che il personale ispettivo dovrà verificare se la fattispecie concreta sia riconducibile ad una delle ipotesi di legittimo utilizzo dello schema contrattuale del lavoro a chiamata, prestando attenzione ai contratti stipulati prima della data del 18 luglio per i quali, per un anno, sarà possibile utilizzare il lavoratore secondo la previgente disciplina.
Come già chiarito con circolare n. 18/2012, in caso di assenza delle richiamate condizioni legittimanti la stipulazione del contratto, nonché in caso di violazione dei divieti indicati dall’art. 34, comma 3, del D.Lgs. n. 276/2003, i rapporti di lavoro saranno considerati a tempo pieno e indeterminato.
In relazione alla comunicazione prevista dall’art. 35, comma 3 bis, del D.Lgs. n. 276/2003 si ribadisce invece la necessità di valutare con estrema attenzione l'esigenza di verificare il corretto adempimento di tale obbligo atteso che, nelle more della implementazione delle modalità di comunicazione, una vigilanza su tale specifico aspetto si può ritenere opportuna solo nelle ipotesi in cui sia presumibile un utilizzo improprio dell’istituto.
 

Il Direttore generale per l’Attività Ispettiva
(Dott. Paolo Pennesi)