Cassazione Penale, Sez. 4, 28 gennaio 2021, n. 3494 - Trauma da schiacciamento e amputazione degli arti inferiori. Responsabilità del legale rappresentante della società che ha concesso in uso al datore di lavoro dell'infortunato un macchinario non sicuro


 

Con riguardo al rilievo secondo il quale il contratto di comodato prevedeva il totale esonero da responsabilità del comodante «in merito al funzionamento ed alle modalità di utilizzo dei macchinari, soprattutto se oggetto di modifica e utilizzate in linea di produzione», va osservato che la responsabilità penale del ricorrente non è fondata sulla previsione dell'art.113 cod. pen. ma sulla contestata violazione degli artt.41, 590, commi 1,2, e 3,583, comma 2, n.3 cod. pen. in relazione all'art. 23, comma 1, d. lgs. n.81/2008. La condotta del comodante si pone, in altre parole, in diretto nesso causale con l'infortunio occorso al lavoratore in virtù della specifica previsione dell'art.23 d. lgs. n.81/2008. Tale norma individua un particolare divieto a carico di colui che concede in uso macchinari ed attrezzature di lavoro non conformi alle prescrizioni antinfortunistiche, dalla cui violazione derivano conseguenze di rilievo penale che non possono essere eluse con una clausola di esonero da responsabilità contenuta in un contratto, che comporta effetti civili oltretutto limitati alle parti dell'accordo, secondo il principio generale dettato dall'art. 1372 cod. civ..


 

Presidente: PICCIALLI PATRIZIA
Relatore: SERRAO EUGENIA Data Udienza: 08/01/2021
 

Fatto
 



1. La Corte di Appello di Roma, con la sentenza in epigrafe, ha parzialmente confermato la sentenza del Tribunale di Tivoli del 3/03/2017 nella parte in cui M.F. è stato ritenuto responsabile del reato di cui al capo A (reato di cui agli artt. 41,590 commi 1,2 e 3, e 583 comma 2 n.3, cod. pen.) per aver cagionato al lavoratore A.C.V. una lesione personale gravissima consistita in un trauma da schiacciamento compressivo da pressa con conseguente amputazione degli arti inferiori. In Tivoli il 30 dicembre 2012.

2. Con particolare riferimento alla posizione di M.F., la sentenza impugnata ha ritenuto provato che l'imputato, quale amministratore della Innocenti s.r.l., avesse concesso in uso all'impresa datrice di lavoro dell'infortunato una pressa e nastro trasportatore nonché i dispositivi di protezione individuali non rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro. La Corte di Appello, in particolare, ha precisato che, diversamente da quanto indicato nel capo di imputazione e nella sentenza di primo grado, la persona giuridica che aveva fornito il macchinario, della quale l'imputato era amministratore, fosse la Innocenti s.r.l. piuttosto che il Consorzio Rolando Innocenti.

3. Il fatto è così ricostruito nella sentenza impugnata: nel mese di dicembre 2012 la Cooperativa Sociale Servizio Ambiente aveva assunto alle proprie dipendenze A.C.V. con le mansioni di incaricato alla selezione ed allo smistamento dei rifiuti; domenica 30 dicembre dello stesso anno il lavoratore era stato convocato da un superiore presso la sede di lavoro, nonostante fosse il suo giorno di riposo, ed era stato destinato al compimento di attività da lui mai svolte in precedenza, consistenti nell'inserimento della carta da riciclare sul nastro che 'l'avrebbe poi trasportata alla pressa schiaccia-rifiuti; alle 13:30 la pressa si era bloccata a causa dell'eccessivo volume di carta inserita e un collega aveva incaricato l'A.C.V. di sbloccare la pressa; tale operazione era stata eseguita, secondo le istruzioni impartite dal collega, mediante posizionamento del lavoratore con i piedi direttamente sulla carta bloccata; sebbene il lavoratore avesse preventivamente spento l'interruttore del nastro trasportatore, una volta salito con entrambi i piedi sul bocchettone della pressa, l'improvviso sblocco del macchinario lo aveva fatto scivolare al suo interno con amputazione di entrambi gli arti inferiori; l'ispettore della Asl aveva riscontrato che il macchinario era stato arbitrariamente assemblato in un unico percorso produttivo, cosicché il nastro era privo di attrezzature di protezione e lo spegnimento del nastro non interrompeva la lavorazione della pressa, né vi erano postazioni per intervenire sulla pressa al fine di sbloccare l'intasamento della carta; lo stesso ispettore aveva accertato che il macchinario era stato fornito dalla Innocenti s.r.l. con contratto del 19 dicembre 2012.

4. M.F. propone ricorso per cassazione deducendo, con un primo motivo di ricorso, violazione di legge sotto il profilo dell'inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità, segnatamente gli artt.521, comma 2, e 522 cod, proc. pen" sul presupposto che nella sentenza della Corte d'Appello la responsabilità penale dell'imputato sia stata affermata in relazione alla sua qualità di amministratore della società Innocenti s.r.l., laddove sia nel capo di imputazione che nella sentenza di primo grado egli era imputato e condannato in qualità di amministratore del Consorzio Rolando Innocenti.
4.1. Con un secondo motivo il ricorrente deduce difetto di motivazione, omesso confronto con elementi prospettati nel secondo motivo di appello e travisamento della prova in quanto la Corte d'Appello non avrebbe esaminato i dati fattuali specificamente dedotti dalla difesa nell'atto di impugnazione: in particolare, il contratto di consegna di macchinari del 19 dicembre 2012 avrebbe dovuto costituire oggetto, secondo il ricorrente, di un più rigoroso, effettivo e completo esame, sia perché aveva ad oggetto separatamente la pressa e il nastro trasportatore, sia perché il contratto di comodato esonerava la Innocenti s.r.l. da ogni responsabilità in merito al funzionamento ed alle modalità di utilizzo dei macchinari, soprattutto se oggetto di modifica e di utilizzo "in linea di produzione", da ciò desumendosi che l'assemblaggio in un unico processo produttivo r,or:, fosse riconducibile al cedente e che, singolarmente considerati, i due macchinari erano a norma, come chiaramente ammesso dall'ispettore del lavoro nel corso dell'esame del 25 settembre 2015.
4.2. Con il terzo motivo deduce motivazione contraddittoria in merito agli argomenti svolti sul nesso causale tra concessione dei macchinari, obblighi del datore di !avaro ed evento verificatosi. In particolare, il ricorrente deduce che con l'atto di appello aveva indicato come assolutamente inconciliabili la concessione di nastro e pressa in comodato singolarmente individuati, li modifica nel sistema di utilizzo dei predetti macchinari da parte del datore di lavoro e le conseguenze di tale modifica a danno del lavoratore.
4.3. Con il quarto motivo deduce erronea applicazione di legge penale e manifesta illogicità della motivazione per il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, con particolare riferimento, da un lato, all'omesso esame della critica mossa all'equiparazione della posizione di M.F. a quella del datore di lavoro e, dall'altro, all'immotivata sanzione da parte del Tribunale della legittima scelta processuale del ricorrente di rimanere contumace. Con riguardo ai parametri indicati dall'art.133 cod. pen., il ricorrente si duole del fatto che la Corte di Appello abbia tralasciato di valutare il grado della colpa, l'esigibilità della condotta rispetto a quella del datore di lavoro, la condotta della vittima e la capacità a delinquere del reo ed, in particolare, l'assenza di precedenti penali.

5. Il difensore della persona offesa A.C.V. ha depositato memoria, sostenendo l'inammissibilità del ricorso.

6. Con memoria del 29 dicembre 2020 il difensore del ricorrente ha insistito nei motivi di ricorso.

 

Diritto




1. Considerazione preliminare è quella che concerne il termine di prescrizione del reato, commesso in data 30 dicembre 2012; il predetto termine non è alla data della decisione spirato in quanto, anche a prescindere dalla sospensione operante a norma dell'art. 83, comma 2, d.l. 17 marzo 2020, n. 18, conv. con modif. dalla L. 24 aprile 2020, n. 27, è stato sospeso dal 17 dicembre 2018 al 15 luglio 2019 con provvedimento reso in data 17/12/2018 e 11/04/2019 per adesione dei difensori all'astensione dalle udienze (Sez. 3, n. 11671 del 24/02/2015, Spignoli, Rv. 26305201).

2. Fatta tale premessa, deve esaminarsi il primo motivo di ricorso, che è infondato.
2.1. Per ritenere sussistente la violazione del principio di correlazione di cui all'art. 521 cod. proc. pen., non è sufficiente qualsiasi modificazione dell'accusa originaria, ma è necessario che il fatto ritenuto in sentenza si trovi rispetto a quello contestato in rapporto di eterogeneità e di incompatibilità sostanziale, nel senso che si sia verificata una vera e propria trasformazione, sostituzione o variazione del contenuto essenziale dell'addebito nei confronti dell'imputato, il quale si troverebbe sottoposto a sorpresa di fronte ad un fatto del tutto nuovo senza avere la possibilità di apprestare adeguata difesa. Il principio non risulta, al contrario, violato quando nei fatti, così come contestati, ovvero ritenuti nella decisione del giudice di merito, si possa parimenti individuare un nucleo comune, costituito nel caso concreto dalla qualifica, attribuita a M.F., di legale rappresentante della persona giuridica che ha concesso in uso al datore di lavoro dell'infortunato un macchinario non rispondente alle disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro, in violazione dell'art. 23, comma 1, d.lgs. 9 aprile 2008, n.81 ritualmente contestato.
2.2. La dedotta violazione non sussiste in ragione del fatto che, nel capo di imputazione, sono stati contestati gli elementi fondamentali idonei a porre l'imputato in condizioni di difendersi dal fatto successivamente ritenuto in sentenza, da intendersi come accadimento storico oggetto di qualificazione giuridica da parte della legge penale, individuato dal giudice nei suoi esatti contorni. Tale orientamento interpretativo, oltre che del tutto conforme ai principi costituzionali racchiusi nella norma di cui al novellato art.111 Cost. è conforme all'art. 6 della Convenzione E.D.U., siccome interpretato, in base alla sua competenza esclusiva, dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, a partire dalla nota pronuncia della Corte di Strasburgo, nel caso Drassich v. Italia (Sez. 5, n. 19380 del 12/02/2018, Adinolfi, Rv. 27320401). Una corretta applicazione dì tali principi rende del tutto evidente come, nel caso in esame, difetti una lesione del diritto di difesa, alla cui salvaguardia il principio di correlazione è direttamente funzionale, neppure apprezzandosi un rapporto di eterogeneità del fatto ritenuto dal giudice di appello rispetto a quello contestato (Sez.6, n. 422 del 19/11/2019, dep.2020, Petittoni Charly, Rv. 27809301), avendo peraltro il ricorrente approntato la sua difesa con specifico riferimento ai contenuti del contratto di comodato d'uso datato 19 dicembre 2012.

3. Il secondo motivo di ricorso è infondato.
3.1. Secondo quanto si evince dalla lettura delle sentenze di merito, tali pronunce sono conformi con specifico riguardo al fatto, dirimente, che la persona giuridica di cui il ricorrente era legale rappresentante avesse concesso in uso al datore di lavoro dell'A.C.V. un macchinario non conforme alla normativa antinfortunistica.
3.2. L'argomento secondo il quale la pressa ed il nastro trasportatore fossero a norma e fossero stati successivamente assemblati dalla Società Cooperativa Servizio Ambiente, che il ricorrente ritiene travisato e trascurato dal giudice di appello, era stato già espressamente affrontato e sconfessato nella sentenza di primo grado, sul presupposto che il macchinario fosse stato concesso in uso appena nove giorni prima dell'infortunio. Su tale particolare rilievo, non erano state mosse censure di sorta nell'atto di appello. Trova, quindi, applicazione un principio interpretativo consolidato nella giurisprudenza della Corte di Cassazione, secondo il quale, ai fini del controllo di legittimità sul vizio di motivazione, quando la sentenza di appello, nella sua struttura argomentativa, si salda con quella di primo grado sia attraverso ripetuti richiami a quest'ultima sia adottando gli stessi criteri utilizzati nella valutazione delle prove, le due sentenze possono essere lette congiuntamente costituendo un unico complessivo corpo decisionale (Sez. 2, n.37295 del 12/06/2019, E., Rv. 27721801).
3.3. Giova, inoltre, evidenziare la genericità del motivo di ricorso in esame nella parte in cui suggerisce un collegamento logico tra il dedotto vizio di motivazione e l'esercizio del diritto di difesa sollecitato dall'attribuzione della responsabilità al M.F. quale legale rappresentante della Innocenzi s.r.l. anziché del Consorzio Rolando Innocenti.
3.4. Con riguardo al rilievo secondo il quale il contratto di comodato prevedeva il totale esonero da responsabilità del comodante «in merito al funzionamento ed alle modalità di utilizzo dei macchinari, soprattutto se oggetto di modifica e utilizzate in linea di produzione», va osservato che la responsabilità penale del ricorrente non è fondata sulla previsione dell'art.113 cod. pen. ma sulla contestata violazione degli artt.41, 590, commi 1,2, e 3,583, comma 2, n.3 cod. pen. in relazione all'art. 23, comma 1, d. lgs. n.81/2008. La condotta del comodante si pone, in altre parole, in diretto nesso causale con l'infortunio occorso al lavoratore in virtù della specifica previsione dell'art.23 d. lgs. n.81/2008. Tale norma individua un particolare divieto a carico di colui che concede in uso macchinari ed attrezzature di lavoro non conformi alle prescrizioni antinfortunistiche, dalla cui violazione derivano conseguenze di rilievo penale che non possono essere eluse con una clausola di esonero da responsabilità contenuta in un contratto, che comporta effetti civili oltretutto limitati alle parti dell'accordo, secondo il principio generale dettato dall'art. 1372 cod. civ..

4. Il terzo motivo di ricorso è manifestamente infondato. La censura muove dal presupposto che al datore di lavoro fosse ascritta la modifica del macchinario; si tratta di assunto che non trova conferma negli atti. Il datore di lavoro dell'A.C.V. è stato, pacificamente, ritenuto responsabile di aver messo a disposizione dei dipendenti un'attrezzatura costituita da pressa e nastro trasportatore assemblati in un unico processo produttivo «indipendentemente da chi avesse materialmente compiuto l'assemblaggio dei macchinari», con motivazione logicamente compatibile con l'attribuzione alla parte comodante della condotta contestata.

5. Il quarto motivo di ricorso è manifestamente infondato. Si osserva che la decisione impugnata risulta sorretta da conferente apparato argomentativo, che rispetta appieno la previsione normativa, anche per quanto concerne la determinazione del trattamento sanzionatorio. E' appena il caso di considerare che in tema di valutazione dei vari elementi per la concessione delle attenuanti generiche, ovvero in ordine al giudizio di comparazione e per quanto riguarda la determinazione della pena ed i limiti del sindacato di legittimità su detti punti, la giurisprudenza di questa Suprema Corte non solo ammette la cosiddetta motivazione implicita (Sez. 6, n. 36382 del 04/07/2003, Dell'Anna, Rv. 22714201) o con formule sintetiche (tipo «si ritiene congrua», Sez. 4, n. 23679 del 23/04/2013, Viale, Rv. 25620101; Sez. 6, n. 9120 del 02/07/1998, Urrata, Rv. 21158301), ma afferma anche che la ratio della disposizione di cui all'art. 62 bis cod. pen. non impone al giudice di merito di esprimere una valutazione circa ogni singola deduzione difer:,siva, essendo, invece, sufficiente l'indicazione degli elementi di -preponderante rilevanza ritenuti ostativi alla concessione delle attenuanti, indicati dalla Corte di Appello nel caso in esame nella circostanza che l'imputato non avesse manifestato alcun segno di resipiscenza, trascurando di comparire nelle aule di giustizia e non offrendo soluzioni risarcitorie ad una persona offesa così gravemente danneggiata (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 27126901; Sez.2, n. 3896 del 20/01/2016, De Cotiis, Rv. 26582601). Sebbene la contumacia non possa considerarsi di per sé elemento ostativo alla concessione delle circostanze attenuanti generiche, è evidente che nel caso di specie la mancata comparizione dell'imputato nelle aule di giustizia sia stata valutata come indice sintomatico dell'assenza di un esame critico della propria condotta da parte dell'imputato, anche in vista di un obiettivo di riparazione del danno.

6. Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato. In applicazione dell'art. 616 cod. proc. pen., al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile costituita A.C.V. in questo giudizio di legittimità liquidate come in dispositivo.

 

P.Q.M.



Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese sostenute in questo giudizio di legittimità dalla parte civile costituita A.C.V., che liquida in complessivi euro tremila, oltre accessori di legge.

Così deciso in data 8/01/2021