Cassazione Civile, Sez. Lav., 10 febbraio 2021, n. 3268 - Domanda per il riconoscimento del carattere professionale della malattia


 

 

Presidente: MANNA ANTONIO
Relatore: CAVALLARO LUIGI Data pubblicazione: 10/02/2021
 

Fatto


che, con sentenza depositata il 3.10.2014, la Corte d'appello di Bologna ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva accolto la domanda di G.T. volta al riconoscimento del carattere professionale della malattia da cui era affetto, condannando l'INAIL a corrispondergli le provvidenze di legge;
che avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione l'INAIL, deducendo un motivo di censura, successivamente illustrato con memoria;
che G.T. ha resistito con controricorso e che, in vista dell'adunanza camerale, è stato depositato certificato attestante il suo decesso;
 

Diritto


che, avuto riguardo al decesso della parte controricorrente, va preliminarmente ribadito il principio secondo cui nel processo di cassazione opera il principio dell'impulso d'ufficio e non trovano, pertanto, applicazione i comuni eventi interruttivi del processo contemplati in via generale dalla legge (così, tra le più recenti, Cass. n. 7477 del 2017);
che, con l'unico motivo di censura, l'INAIL denuncia nullità della sentenza per contrasto tra dispositivo e motivazione, atteso che la Corte territoriale, pur dando atto in parte motiva delle conclusioni del CTU nominato in grado di appello, che aveva «escluso [ ...] che allo stato attuale delle conoscenze il linfoma di Hodgkin possa avere origine in esposizioni occupazionali» e che «la malattia che ha colpito il signor G.T. [ ...] rientri nella tabella delle malattie professionali [...] per le quali opera la presunzione legale d'origine» (così la sentenza impugnata, pag. 2, punto 4), ha nondimeno rigettato l'appello dell'Istituto;
che costituisce orientamento consolidato di questa Corte il principio secondo cui, nel rito del lavoro, il dispositivo letto in udienza è atto processuale a rilevanza esterna che racchiude tutti gli elementi del comando giudiziale, i quali, oltre a poter essere portati immediatamente ad esecuzione nei casi previsti dalla legge, non possono essere mutati in sede di redazione della motivazione, onde il contrasto insanabile fra motivazione e dispositivo determina la nullità della sentenza, con conseguente impossibilità di applicare il procedimento di correzione ex art. 287 c.p.c. (cfr. tra le numerose Cass. nn. 22661 del 2007, 7698 del 2008, 8894 del 2010);
che, nel caso di specie, il contrasto appare assoluto, non potendo giustificarsi la reiezione dell'appello con le considerazioni svolte nella parte motiva della sentenza, univocamente orientate al riconoscimento della tesi dell'Istituto allora appellante circa l'insussistenza di un nesso di causalità tra l'attività lavorativa svolta dalla parte controricorrente e la malattia di cui era portatore;
che tale contrasto non è suscettibile di essere risolto per via interpretativa, come suggerito a pag. 4 del controricorso, dal momento che le considerazioni svolte nella sentenza circa «le difficoltà di accertamento medico legale in relazione a patologie multifattoriali, come quella in esame» (cfr. pag. 2, punto 5, della sentenza impugnata) appaiono manifestamente rivolte a giustificare la compensazione delle spese del grado, non già preordinate alla reiezione del gravame;
che, pertanto, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata alla Corte d'appello di Bologna, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione;
 

P. Q. M.
 

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d'appello di Bologna, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nell'adunanza camerale del 21.10.2020