Cassazione Penale, Sez. 4, 15 febbraio 2021, n. 5796 - Macchina segaossi utilizzata con la protezione disabilitata. Responsabilità del preposto


 

 

Presidente: MENICHETTI CARLA
Relatore: TANGA ANTONIO LEONARDO
Data Udienza: 26/01/2021
 

Fatto

 

1. Con sentenza n. 3166 in data 01/07/2016, il Tribunale di Bologna condannava B.F. alla pena ritenuta di giustizia in relazione al reato di cui all'art. 590, comma 2, c.p. e alla relativa contravvenzione a norme antinfortunistiche.
1.1. Con la sentenza n. 294/19 del giorno 17/01/2019, la Corte di Appello di Bologna, adita dall'imputato, in parziale riforma dell'impugnata sentenza, dichiarava non doversi procedere nei confronti dell'appellante in ordine alla contravvenzione a lui ascritta perché estinta per sopravvenuta prescrizione e confermava nel resto.

2. Avverso tale sentenza d'appello propone ricorso per cassazione B.F., a mezzo del proprio difensore, lamentando (in sintesi giusta il disposto di cui all'art.173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.):
I) violazione di legge e vizi motivazionali in relazione agli artt. 590, commi 1, 2 e 3, c.p. e 55, comma 3, D.lgs. 81/2008. Deduce che, dalla disamina delle trascrizioni del verbale di udienza del 17.3.2016, in particolare nella fogliazione 28, il R. non pare che abbia con certezza individuato una sorta di carenza di vigilanza da parte del B.F. mentre ammette di essersi tagliato non avendo utilizzato la protezione escludendo, nel contempo, che al momento dell'infortunio il B.F. fosse presente. Sostiene che le argomentazioni della Corte di appello secondo cui inequivocamente il B.F. era a conoscenza della prassi di disattivare il dispositivo di sicurezza appaiono prive di riscontro probatorio. Assume che, alla luce della documentazione prodotta, nonché delle stesse dichiarazioni della parte offesa, pare evidente che gli obblighi assunti dal B.F. nella veste di preposto, di cui all'art. 19 D.Lgs. 81/2008 siano stati rispettati, non potendo il medesimo prevenire un'azione consapevolmente attuata dal lavoratore pur sapendo il medesimo di violare le direttive aziendali e le prescrizioni del manuale d'uso della macchina taglia ossa.
II) violazione di legge e vizi motivazionali in relazione agli artt. 62-bis e 69 c.p. Deduce che la Corte d'Appello, in ordine alla richiesta difensiva di veder riconosciuta la prevalenza delle circostanze generiche ex art 62-bis c.p. rispetto alle contestate aggravanti di cui al capo C), si è limitata ad affermare in modo generico ed apodittico che "la gravità della condotta colposa commessa e l'assenza di incensuratezza non consentono di effettuare il richiesto giudizio di prevalenza, essendo peraltro la modesta pena inflitta adeguata e congrua al fatto commesso ed alla personalità dell'imputato" non chiarendo quali specifici elementi concernenti il fatto e/o la personalità dell'imputato sono stati ponderati al fine di confermare le circostanze attenuanti soltanto in via di equivalenza e quali elementi sono stati usati per determinare la pena base del trattamento sanzionatorio.
III) violazione di legge e vizi motivazionali in relazione all'art. 133 c.p. Deduce che la motivazione della Corte d'appello di adeguatezza della sanzione penale inflitta si rivela assolutamente lacunosa.

 

Diritto




3. Il ricorso è inammissibile.


4. Innanzitutto va evidenziato che, nel caso di c.d. "doppia conforme", le motivazioni della sentenza di primo grado e di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione.
4.1. Occorre, inoltre, rimarcare che il ricorrente ignora le analitiche ragioni esplicitate dal giudice di appello per rigettare analoghi motivi di gravame.
4.2. La Corte territoriale ha, in vero, fornito adeguata spiegazione del ragionamento posto a base della propria sentenza procedendo alla coerente e corretta disamina di ogni questione di fatto e di diritto.
4.3. Sul punto va ricordato che il controllo del giudice di legittimità sui vizi della motivazione attiene alla coerenza strutturale della decisione di cui si saggia la oggettiva tenuta sotto il profilo logico argomentativo, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (tra le varie, cfr. Sez. 4, n. 31224 del 16/06/2016).
4.4. Ancora, la giurisprudenza ha affermato che l'illogicità della motivazione per essere apprezzabile come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché -come nel caso in esame- siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento (cfr. Sez. 3, n. 35397 del 20/6/2007; Sez. Unite n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794). Più di recente è stato ribadito come ai sensi di quanto disposto dall'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), il controllo di legittimità sulla motivazione non attiene né alla ricostruzione dei fatti né all'apprezzamento del giudice di merito, ma è circoscritto alla verifica che il testo dell'atto impugnato risponda a due requisiti che lo rendono insindacabile: a) l'esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; b) l'assenza di difetto o contraddittorietà della motivazione o di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento. (cfr. Sez. 2, n. 21644 del 13/2/2013, Badagliacca e altri, Rv. 255542).
4. 5. Il sindacato demandato a questa Corte sulle ragioni giustificative della decisione ha dunque, per esplicita scelta legislativa, un orizzonte circoscritto. Non c'è, in altri termini, come richiesto nel ricorso in scrutinio, la possibilità di andare a verificare se la motivazione corrisponda alle acquisizioni processuali. Il giudice di legittimità non può procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito.
4.6. In realtà il ricorrente, sotto il profilo del vizio di motivazione e dell'asseritamente connessa violazione nella valutazione del materiale probatorio, tenta di sottoporre a questa Corte di legittimità un nuovo giudizio di merito. In sostanza, in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo; per cui sono inammissibili tutte le doglianze che "attaccano" la persuasività, l'inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell'attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (cfr. Sez. 2, n. 38393 del 20/07/2016; Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, Rv. 262965).
4.7. Non va, infine, pretermesso che, in tema di motivi di ricorso per cassazione, il vizio di travisamento della prova, desumibile dal testo del provvedimento impugnato o da altri atti del processo purché specificamente indicati dal ricorrente, è ravvisabile ed efficace solo se l'errore accertato sia idoneo a disarticolare l'intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa del dato processuale/probatorio, fermi restando il limite del "devolutum" in caso di cosiddetta "doppia conforme" e l'intangibilità della valutazione nel merito del risultato probatorio (cfr. Sez. 6, Sentenza n. 5146 del 16/01/2014 Ud. -dep. 03/02/2014- Rv. 258774): ipotesi che, nella specie, deve escludersi.

5. Ciò posto, in replica alla doglianza sub I), occorre, subito, rammentare che nell'ambito della sicurezza sul lavoro emerge la centralità del concetto di rischio, in un contesto preposto a governare ed evitare i pericoli connessi al fatto che l'uomo si inserisce in un apparato disseminato di insidie.
Rispetto ad ogni area di rischio esistono distinte sfere di responsabilità che quel rischio sono chiamate a governare; il "garante è il soggetto che gestisce il rischio" e, quindi, colui al quale deve essere imputato, sul piano oggettivo, l'illecito, qualora l'evento si sia prodotto nell'ambito della sua sfera gestoria. Proprio nell'ambito in parola (quello della sicurezza sul lavoro) il D.Lgs. n. 81 del 2008 (così come la precedente normativa in esso trasfusa) consente di individuare la genesi e la conformazione della posizione di garanzia, e, conseguentemente, la responsabilità gestoria che, in ipotesi di condotte colpose, può fondare la responsabilità penale. Nel caso che occupa l'imputato (quale onerato della "posizione di garanzia" nella materia prevenzionale, come spiegato dai Giudici del merito) era il gestore del rischio e l'evento si è verificato nell'alveo della sua sfera gestoria (cfr. Sez. Un., n. 38343 del 24/04/2014, Rv. 261108). La eventuale ed ipotetica condotta abnorme del R. non può considerarsi interruttiva del nesso di condizionamento poiché essa non si è collocata al di fuori dell'area di rischio definita dalla lavorazione in corso. In altri termini la complessiva condotta del R. non fu eccentrica rispetto al rischio lavorativo che il garante (il ricorrente) era chiamato a governare (cfr. Sez. Un., n. 38343 del 24/04/2014, cit.); nella condotta del R. non si possono, in vero, riscontrare i requisiti di eccezionalità ed imprevedibilità poiché trattasi di manovra realizzata nel contesto della lavorazione cui lo stesso era addetto e finalizzata (sia pure imprudentemente) a velocizzare la prosecuzione del ciclo lavorativo. Più esattamente, in tema di prevenzione antinfortunistica, perché la condotta colposa del lavoratore possa ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l'evento lesivo, è necessario non tanto che essa sia imprevedibile quanto, piuttosto, che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia, e ciò -nella specie- non è (cfr. Sez. 4, n. 15124 del 13/12/2016 Ud. -dep. 27/03/2017- Rv. 269603). Nulla, poi, è emerso che possa lasciar presumere che il rispetto delle norme cautelari violate non fosse concretamente esigibile dal ricorrente, nelle condizioni date.
5.1. Correttamente -quanto ineccepibilmente in questa sede- la Corte territoriale, dopo aver ampiamente motivato in ordine alla credibilità della persona offesa, ha ritenuto che «dalle inequivoche dichiarazioni della persona offesa è emerso che la manovra di utilizzo della macchina senza l'apposita protezione era abituale per lui e per i suoi colleghi, nonché visivamente constatata dall'imputato, il quale MAI aveva sollevato obiezioni, né tantomeno imposto un corretto utilizzo della stessa [ ... ] esattamente il primo giudice ha ritenuto sufficientemente provato che il B.F. era a conoscenza della prassi del R. (e degli altri dipendenti) all'esito della quale la macchina segaossi veniva utilizzata con la protezione disabilitata e, pur avendo proprio questo incarico, nulla ha mai fatto per impedire tale scorretto e pericoloso utilizzo [ ... ] Nel caso di specie non solo non sussiste alcun comportamento anomalo assolutamente estraneo al processo produttivo o alle mansioni attribuite da parte del lavoratore, ma si è in presenza di una manovra prevedibilissima ed addirittura constatata dall'imputato».

6. In ordine alla censura sub Il), occorre solo ribadire che, in tema di concorso di circostanze, il giudizio di comparazione risulta sufficientemente motivato quando il giudice, nell'esercizio del potere discrezionale previsto dall'art. 69 c.p. scelga la soluzione dell'equivalenza, anziché della prevalenza delle attenuanti, ritenendola quella più idonea a realizzare l'adeguatezza della pena irrogata in concreto (cfr. Sez. 2, n. 31531 del 16/05/2017 Ud. -dep. 26/06/2017- Rv. 270481).
6.1. Giova, infine, rammentare che la valutazione dei vari elementi rilevanti ai fini della dosimetria della pena rientra nei poteri discrezionali del giudice il cui esercizio (se effettuato nel rispetto dei parametri valutativi di cui all'art. 133 c.p., come nel caso di specie) è censurabile in cassazione solo quando sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico. Ciò che qui deve senz'altro escludersi (cfr. Sez. 2, n. 31531 del 16/05/2017 Ud. -dep. 26/06/2017- Rv. 270481; Sez. 2, n. 45312 del 03/11/2015; Sez. 4 n. 44815 del 23/10/2015). Nella specie, infatti, il Collegio territoriale ha incensurabilmente ritenuto che «la gravità della condotta colposa commessa e l'assenza di incensuratezza non consentono di effettuare il richiesto giudizio di prevalenza».

7. Quanto alla doglianza sub III), mette conto, ancora, riaffermare quanto appena esposto al punto che precede. A ciò deve aggiungersi che non è neppure necessaria una specifica e dettagliata motivazione del giudice nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto della media edittale (cfr. Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019 Ud. -dep. 09/07/2019- Rv. 276288). Preme evidenziare che, nel caso che occupa, i giudici del merito hanno fissato la pena in prossimità del minimo edittale, motivando sul punto in maniera logica e congrua, «essendo peraltro la modesta pena inflitta adeguata e congrua al fatto commesso ed alla personalità dell'imputato».

8. Ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché -non ravvisandosi motivi di esclusione (cfr . Corte costituzionale sentenza n. 186 del 2000)- al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una somma che si stima equo determinare in€ 3.000,00.

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della cassa delle ammende.

Così deciso il 26/01/2021