Categoria: Giurisprudenza amministrativa (CdS, TAR)
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T.A.R. Piemonte Torino, Sez. I, 17 aprile 2015, n. 659 - Missione militare: patologia ed equo indennizzo


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA


sul ricorso numero di registro generale 1434 del 2014, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avv.ti Miretta Malanot e Alessandra Cavagnetto, con domicilio eletto presso quest'ultima in Torino, corso San Martino, 4;
contro
Ministero della Difesa e Ministero dell'Economia e Finanze, in persona dei rispettivi Ministri pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliati in Torino, corso Stati Uniti, 45;
per l'annullamento
- del decreto n. 146 Posizione N. 74197/20^ del Ministero della Difesa, Direzione Generale della Previdenza Militare e della Leva, I Reparto - 4^ Divisione Servizio Speciali Benefici, a firma del Direttore della Divisione, in data 20 agosto 2014, successivamente notificato, con cui è stata respinta l'istanza per ottenere la concessione dei benefici previsti dal D.P.R. n. 243 del 2006;
- degli atti tutti antecedenti, preordinati, consequenziali e comunque connessi al relativo procedimento, in particolare:
- il rapporto informativo resi ai sensi del D.P.R. n. 243 del 2006;
- il parere del comitato di verifica per le cause di servizio, Ministero dell'Economia delle Finanze posizione n. 23702/2013 reso nell'adunanza n. 342/2013 in data 12 settembre 2013;
- la comunicazione M-D PREV/74197/20^/SBAFg. prot. n. 079538 in data 15 novembre 2013;
- la richiesta di ulteriore supporto istruttorio formulata dal Comitato di verifica per le cause di servizio in data 3 marzo 2014;
- il parere di riesame del Comitato di verifica per le cause di servizio, Ministero dell'Economia e delle Finanze, Posizione n. 23830/2013, reso nell'adunanza n. 195/2014 in data 24 giugno 2014.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa e Ministero dell'Economia e Finanze;
Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 22 D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, comma 8;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 aprile 2015 il dott. Giovanni Pescatore e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
 

Fatto


1. Con atto notificato in data 15 novembre 2014 e depositato in data 11 dicembre 2014, il ricorrente, militare di carriera dal 1997 dell'esercito italiano, ha impugnato i pareri del Comitato di verifica e il successivo Decreto del Ministero della Difesa, che hanno escluso la dipendenza da causa di servizio - ai fini della concessione dei benefici di cui al D.P.R. n. 243 del 2006 - dell'infermità diagnosticatagli nel corso del 2011 (-OMISSIS-) al rientro da una missione militare all'estero.
2. Nel corso della sua carriera il ricorrente è stato assegnato dapprima alla sede di Taranto, quindi a Frosinone, Cassino, Verona, e da ultimo a -OMISSIS-e -OMISSIS-, alloggiando a suo dire presso caserme costruite con materiali contenenti amianto.
Ha inoltre svolto diverse missioni all'estero.
In particolare, dal 18 dicembre 2001 al 16 aprile 2002 è stato in missione in Kosovo - Peje, svolgendo attività di -OMISSIS-. Nel periodo in questione ha prestato spesso servizio fuori dalla base militare, rimanendo esposto ad intemperie ed entrando in contatto con un ambiente devastato dai bombardamenti e contaminato da esalazioni, rifiuti tossici derivanti dalla combustione ed ossidazione dei metalli pesanti causati dall'impatto e dall'esplosione delle munizioni utilizzate per le operazioni belliche.
Dal 29 luglio 2008 al febbraio 2009 ha svolto una missione in Libano, prestando servizio di - OMISSIS- e all'occorrenza - OMISSIS -. Anche in tale missione sovente il ricorrente ha prestato servizio fuori dalla base militare. Infine, dal 5 aprile 2011 al 4 ottobre 2011 ha svolto la sua ultima missione in Afghanistan, come addetto mensa.
In vista di ciascuna di tali missioni gli sono stati somministrati consistenti dosi di vaccini, che ne hanno indebolito le difese immunitarie. Ulteriore fattore di rischio per la salute è derivato dal fatto che i cibi somministrati nei campi militari risultavano congelati e di dubbia provenienza, e comunque probabilmente scaduti, contaminati o deteriorati. Anche in Afghanistan il ricorrente è entrato in contatto con un ambiente potenzialmente inquinato da nano particelle di metalli pesanti (specialmente uranio impoverito altamente cancerogeno). In quel contesto ha accusato i primi malesseri, sotto forma di fitte al fianco destro e all'addome.
Al rientro, si è sottoposto ad accertamenti medici e gli è stata diagnosticata la patologia "insuloma maligno pancreatico metastico a livello epatico", per cui, è stato sottoposto ad un primo intervento di resezione (in data 30 gennaio 2012) e successivamente a termo ablazione delle lesioni epatiche con radiofrequenza (in data 29 febbraio 2012).
Nel corso della malattia si sono alternate fasi di stabilizzazione e di aggravamento, che hanno costretto il degente a subire plurimi interventi chirurgici e ripetuti cicli di cure e di chemioterapia. A causa delle conseguenze della malattia, il ricorrente (soggetto giovane senza familiarità neoplastiche) a tutt'oggi risulta sottoposto a continue cure ospedaliere ed è impossibilitato a camminare.
3. Esaminando la domanda di riconoscimento della dipendenza dalla causa di servizio inoltrata in data il 18 maggio 2012, la CMO di Torino, con verbale del 4 marzo 2013, ha giudicato il ricorrente affetto dalla infermità "-OMISSIS-".

Con parere n. 23702/2013 del 12 settembre 2013, il Comitato di verifica per le causa di servizio ha ritenuto l'infermità non dipendente da causa di servizio, motivando che "dall'esame degli atti non si evidenziano condizioni ambientali ed operative di missione comunque implicanti l'esistenza o il sopravvenire di circostanze straordinarie e fatti di servizio che abbiano esposto il dipendente a maggiori disagi o fatiche, in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di istituto e che si pongano quale causa ovvero concausa efficiente e determinante dell'infermità in questione". Detta valutazione è stata confermata dal successivo parere reso in data 24 giugno 2014, emesso a seguito delle osservazioni presentate dal ricorrente in data 28 novembre 2013, recepito nel decreto n. 146 del 20 agosto 2014 di reiezione dell'istanza di concessione dei benefici di cui al D.P.R. n. 243 del 2006.
4. Il secondo parere del Comitato di Verifica (datato 24 giugno 2014) recita testualmente: "nelle osservazioni presentate dall'interessato non si rilevano elementi di valutazione tali da modificare il precedente giudizio espresso".
5. Va ulteriormente segnalato che con le osservazioni del 28 novembre 2013 il ricorrente ha fornito una dettagliata ricostruzione dell'attività prestata nel corso degli anni di servizio, segnatamente durante le missioni estere a cui ha preso parte, evidenziando le particolari condizioni ambientali ed operative nelle quali si è trovato ad operare. Lo stesso ricorrente ha prodotto (unitamente alla precitata memoria di osservazioni) completa documentazione medica (in particolare la relazione medica a firma del Prof. Gagna) al fine di ulteriormente comprovare che l'accertata infermità di cui soffre è riconducibile alle particolari condizioni ambientali od operative di missione.
6. Avverso gli atti indicati in epigrafe e qui impugnati, sono stati dedotti i seguenti motivi di censura:
Violazione e/o erronea applicazione del D.P.R. n. 243 del 2006, dell'art. 1. commi 563, 564, 565 della L. n. 266 del 2005 (c.d. Finanziaria 2006); violazione e/o erronea applicazione della L. n. 466 del 1980; violazione e/o erronea applicazione della L. n. 206 del 2004. Violazione e/o erronea applicazione del D.P.R. n. 461 del 2001. Violazione dei principi di legalità, imparzialità e buon andamento dell'azione amministrativa ex art. 97 Cost. Eccesso di potere per erronea e/o mancata valutazione dei presupposti in fatto ed in diritto; manifesta illogicità, irragionevolezza grave e manifesta, travisamento, contraddittorietà. Difetto e/o insufficienza di istruttoria da valersi, altresì, quale violazione di legge ai sensi dell'art. 6, comma 1, lettera a) e b) della L. n. 241 del 1990. Difetto e/o insufficienza di motivazione (da valersi, altresì, quale violazione di legge ai sensi dell'art. 3 della L. n. 241 del 1990). Violazione dell'art. 10 bis della L. n. 24 novembre 1990. Disparità di trattamento: ingiustizia manifesta.
In sintesi, i punti di doglianza si concentrano sui seguenti profili:
a) l'Amministrazione ha omesso di valutare i fattori specifici di rischio, evidenziati invece nelle relazioni mediche, ed in particolare la circostanza che il ricorrente, dopo massicce somministrazioni di vaccini, si sia trovato ad operare in siti devastati dai bombardamenti, senza essere munito di adeguata protezione, quindi in ambienti altamente inquinati vuoi da esalazioni e residui tossici (uranio impoverito) derivanti dalla combustione e dalla ossidazione dei metalli pesanti nell'ambito delle operazioni belliche; vuoi dall'amianto presente negli ambienti e negli indumenti in dotazione ai militari, così esponendosi in ogni momento all'inquinamento atmosferico causato dalle suddette contaminazioni tossiche;
b) sussistono i requisiti per riconoscere l'indennizzabilità, atteso che le circostanze straordinarie nelle quali è stato espletato il servizio risultano idonee ad integrare causa o concausa efficiente della infermità;
c) il riconoscimento della indennità non richiede la certezza di dimostrazione del nesso causale, mentre spetta all'Amministrazione fornire la prova che gli specifici elementi del servizio svolto dal ricorrente non abbiano determinato l'insorgere della patologia, attraverso un'adeguata confutazione dei dati scientifici di segno contrario offerti dalla parte nel corso del procedimento;
d) nel caso di specie non risulta che fra i componenti del Comitato di Verifica vi fossero soggetti esperti della materia, ovvero medici specializzati in oncologia, il che accresce la segnalata carenza di adeguata istruttoria;
e) il Comitato di Verifica non ha svolto alcun approfondimento istruttorio neppure dopo la produzione da parte del ricorrente, nel corso del procedimento, di osservazioni tecniche e di documentazione medica;
f) da ciò consegue anche un profilo di illegittimità per difetto di motivazione, stante la genericità delle locuzioni adottate a giustificazione del provvedimento di rigetto dell'istanza.
7. Si è ritualmente costituita in giudizio l'amministrazione intimata, deducendo argomenti in replica a quelli avversari e chiedendo la reiezione delle domande avanzate.
8. All'esito della pubblica udienza del 2 aprile 2015, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
 

Diritto


1. Il ricorrente ha impugnato i due pareri del Comitato di Verifica per le causa di servizio, che hanno negato la dipendenza della patologia da lui sofferta dal servizio prestato. Il secondo parere costituisce mera conferma del primo.
Unitamente a tali atti presupposti è stato impugnato il consequenziale decreto di reiezione dell'istanza di concessione dei benefici di cui al D.P.R. n. 243 del 2006.
2. In ordine alla disamina dei motivi proposti avverso il parere reso nell'Adunanza n. 342/2013 in data 12 settembre 2013, giova premettere che, per giurisprudenza costante, gli accertamenti sulla dipendenza da causa di servizio, anche in relazione all'equo indennizzo, rientrano nella discrezionalità tecnica del Comitato di Verifica per le cause di servizio, che perviene alle relative conclusioni assumendo a base cognizioni di scienza medica e specialistica, con la conseguenza che il sindacato giurisdizionale su tali decisioni è ammesso esclusivamente nelle ipotesi di vizi logici desumibili dalla motivazione degli atti impugnati, dai quali si evidenzi la inattendibilità metodologica delle conclusioni cui è pervenuta l'Amministrazione, ovvero nelle ipotesi di irragionevolezza manifesta, palese travisamento dei fatti, omessa considerazione di circostanze di fatto, tali da poter incidere sulla valutazione finale, nonché di non correttezza dei criteri tecnici e del procedimento seguito (in termini, tra le tante, Cons. Stato, sez. IV, 25 marzo 2014, n. 1454).
Il sindacato giurisdizionale si incentra dunque prevalentemente sul difetto di motivazione o di istruttoria inficiante il parere espresso dal Comitato di Verifica, unico organo competente, ai sensi dell'art. 11 del D.P.R. 29 ottobre 2001, n. 461 (Regolamento recante semplificazione dei procedimenti per il riconoscimento della dipendenza delle infermità da causa di servizio) ad esprimere un giudizio conclusivo circa il riconoscimento della dipendenza ontologica e giuridica di una infermità da causa di servizio.
3. Nel caso in esame ritiene il Collegio - in applicazione di principi già enunciati da questa Sezione con la pronuncia del 6 marzo 2015, n. 429 - che la peculiarità del caso meriti particolare considerazione, venendo in rilievo non già affezioni tipiche da attività usuranti o svolte all'aperto, ma una grave e rara patologia, insorta in un giovane di 37 anni senza familiarità neoplastica.
4. Sulla problematica del nesso eziologico fra le vaccinazioni, le conseguenze da esposizione ad "uranio impoverito" e l'insorgenza dei tumori, nei militari che, come il ricorrente, hanno partecipato a missioni di pace svolte dalle Forze Armate Nazionali, è in via di formazione un orientamento giurisprudenziale, al quale questa Sezione ha aderito con la richiamata sentenza n. 429/2015, ben rappresentato dalla pronuncia resa dal T.A.R. Catanzaro, sez. II, 02 ottobre 2014 n. 1568, che ha approfonditamente esaminato la possibile correlazione tra alcune patologie tumorali e l'attività militare svolta in determinati ambienti, contaminati da uranio impoverito.
Si afferma della menzionata pronuncia che "sono state svolte diverse indagini e studi da parte di organismi internazionali - sulla base dei quali sono state adottate specifiche misure di protezione dal Governo degli Stati Uniti, l'ONU e la NATO, conosciute dallo Stato Italiano sin dal 1992 (relazione di Eglin relativa alla Ricerca condotta nel 1977-78; rapporto US Army Mobility Equipmente Research and Development Command del 1979; Conferenza di Bagnoli del 1995), che hanno indotto l'ONU a vietare l'utilizzo di armi contenenti uranio impoverito (risoluzione n. 1996/16) e diversi Paesi hanno assunto misure di protezione e precauzione a favore dei militari impiegati nelle operazioni NATO (in particolare, Direttiva del Ministero della Difesa del 26.11.99).
In Italia, sono stati condotti studi epidemiologici che hanno riscontrato, tra i militari impiegati nelle missioni all'estero con esposizione a polveri di uranio impoverito, l'insorgenza del linfoma (Rapporto del 2001 della cd. Commissione Mandelli), con un tasso di correlazione statisticamente significativo, particolarmente per quanto concerne i casi di "Linfoma di Hodgkin", che hanno evidenziato numeri triplicati, rispetto a quelli attesi.
A seguito dell'entrata in vigore della L. 28 febbraio 2001, n. 27 ("Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 29 dicembre 2000, n. 393, recante proroga della partecipazione militare italiana a missioni internazionali di pace, nonché dei programmi delle Forze di polizia italiane in Albania"), è stata avviata, con Decreto del 2.10. 2002 del Ministero della Salute e con la Direttiva del Ministero della Difesa - Direzione Generale della sanità Militare del 23 luglio 2004, una campagna di monitoraggio sulle condizioni sanitarie dei militari impiegati nei territori interessati, i cui risultati sono riportati nella relazione della "Commissione Parlamentare d'inchiesta sui casi di morte e gravi malattie che hanno colpito il personale italiano impiegato nelle missioni militari all'estero, nei poligoni di tiro e nei siti in cui vengono stoccati munizionamenti, nonché le popolazioni civili nei teatri di conflitto e nelle zone adiacenti le basi militari sul territorio nazionale, con particolare attenzione agli effetti dell'utilizzo di proiettili all'uranio impoverito e della dispersione nell'ambiente di nanoparticelle di minerali pesanti prodotte dalle esplosioni di materiale bellico", istituita con deliberazione del Senato dell'11 ottobre 2006.
Nelle relazioni delle Commissioni Parlamentari di inchiesta, approvate nelle sedute del 12.2.2008 e del 9.1.2013, vengono richiamati i risultati dei diversi studi che hanno evidenziato gli effetti nocivi derivanti dall'esposizione all'uranio impoverito, i dati dell'Osservatorio Epidemiologico della Difesa nonché i dati dell'Istituto Superiore della Sanità, che hanno confermato le conseguenze patogene dell'esposizione a tale sostanza, l'abbassamento delle difese immunitarie indotto dai vaccini cui vengono sottoposti i militari destinati all'estero (in particolare, l'ingente numero di militari malati, ammontanti 70.000 casi, anche tra quelli mai inviati all'estero), per cui è stata ipotizzata la possibile azione concausale dei vaccini a questi somministrati, per via dell'effetto immunodeprimente.
Conseguentemente, la Commissione Parlamentare di inchiesta istituita con Deliberazione del Senato del 16.3.2010, nella relazione del 9.1.2013, ha ritenuto che gli studi in questione vadano estesi anche all'effetto di tali inquinanti nei poligoni di tiro".
5. Il parere qui impugnato, che ha escluso il nesso eziologico fra la grave infermità contratta dal ricorrente ed il servizio dallo stesso prestato, non ha fatto alcun cenno ai dati e alle indagini sopra citate.
Dati e risultati che hanno portato il legislatore a riconoscere l'esistenza del rischio specifico, correlato all'impiego di militari nei principali Teatri Operativi, quali i Balcani, l'Iraq, l'Afghanistan e il Libano, e a prevedere la concessione di appositi benefici economici in favore del personale che abbia contratto patologie tumorali a causa dell'esposizione all'uranio impoverito ed alla dispersione nell'ambiente di nanoparticelle di minerali pesanti, prodotte da esplosione di materiale bellico (art. 1079 comma 1 del D.P.R. n. 90 del 2010 - e già con l'abrogato art. 2 D.P.R. n. 37 del 2009 emanato in attuazione dell'art. 2, commi 78 e 79 della L. n. 244 del 2007).
Oltre alla sentenza sopra citata, si devono richiamare le ulteriori decisioni relative a fattispecie caratterizzate dalla contrazione di patologie tumorali durante le missioni di pace all'estero, in cui la domanda di riconoscimento di invalidità per causa di servizio è stata accolta (T.A.R. Friuli, 19 giugno 2014 n. 308; Cons. Stato, sez. IV, 4 settembre 2013, n. 4440; T.A.R. Lazio, sez. I bis, 16 agosto 2012, n. 7363; T.A.R. Salerno, sez. I, 10 ottobre 2013, n. 2034).
5.1 Il Collegio condivide, dunque, l'orientamento giurisprudenziale prevalente, il quale afferma che a causa sia dell'impossibilità di stabilire, sulla base delle attuali conoscenze scientifiche, un nesso diretto di causa-effetto, sia del concorso di altri fattori collegati a contesti ambientali fortemente degradati ed inquinati, non deve essere richiesta la dimostrazione dell'esistenza del nesso causale con un grado di certezza assoluta, essendo sufficiente la dimostrazione in termini probabilistico-statistici, come indicato nella Relazione della Commissione Parlamentare di Inchiesta approvata nella seduta del 12 febbraio 2008 ed in quella approvata nella seduta del 9 gennaio 2013, con riferimento ai Teatri Operativi principali, quali i Balcani, l'Iraq, l'Afghanistan e il Libano (conf.: T.A.R. Salerno, sez. I, 10 ottobre 2013, n. 2034).
5.2 Nella medesima ottica, è stato ritenuto che il verificarsi dell'evento costituisca un dato sufficiente ex se, secondo il cosiddetto "criterio di probabilità", a determinare il diritto per le vittime delle patologie e per i loro familiari agli strumenti indennitari, previsti dalla legislazione vigente in tutti quei casi in cui, accertata l'esposizione del militare all'inquinante in parola, la P.A. non riesca a dimostrare che essa non abbia determinato l'insorgenza della patologia e che questa dipenda, invece, da fattori esogeni, dotati di autonoma ed esclusiva portata eziologica e determinanti per l'insorgere dell'infermità (T.A.R. Palermo, sez. I, 10 febbraio 2012, n. 321; Id., sez. I, 04 marzo 2014, n. 649).
5.2 Ai medesimi fini occorre verificare se la Direttiva del Comando Generale, che prescrive che i mezzi impiegati nei TT.OO siano bonificati prima del rientro in Patria, sia stata effettivamente rispettata, poiché l'omesso apprestamento delle doverose misure di precauzione è stato posto a fondamento di numerose sentenze di accoglimento di azioni risarcitorie fondate sulla violazione degli obblighi di cui all'art. 2087 cod. civ. (conf.: Trib. Civ. Roma, Sez. XII, nr 19437/2010 e n. 10413/2009) e di riconoscimento della pensione privilegiata ordinaria da parte del Giudice contabile (conf.: Corte dei Conti Lazio sent. 369/13, Corte Conti, Veneto, n. 736/2010, Abruzzo n. 290/2012).

6. In applicazioni di questi principi, il ricorso deve essere accolto, in considerazione dell'evidente difetto di istruttoria e di motivazione: il Comitato si è limitato a respingere la richiesta affermando che "dall'esame degli atti non si evidenziano condizioni ambientali ed operative di missione comunque implicanti l'esistenza o il sopravvenire di circostanze straordinarie e fatti di servizio che abbiano esposto il dipendente a maggiori disagi o fatiche, in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di istituto e che si pongano quale causa ovvero concausa efficiente e determinante dell'infermità in questione".
E' indubbio che il ricorrente abbia vissuto in ambiti contaminati e abbia svolto la missione senza le necessarie protezioni, così come è fatto notorio che in quegli ambiti è presente l'uranio impoverito: vi è quindi un alto grado di probabilità che la patologia sia insorta a causa dell'esposizione alle polveri sottili e ultra sottili.
L'Amministrazione non ha dimostrato che l'attività svolta dal ricorrente non comportasse esposizione all'uranio impoverito, ovvero si svolgesse in condizioni "di sicurezza" con l'adozione di forme e sistemi di protezione, considerato che già al momento della prima missione gli effetti dell'uranio impoverito erano conosciuti.
Ne consegue anche la violazione dell'obbligo generale di motivazione, dal momento che il diniego della richiesta del ricorrente non tiene conto della particolare situazione rappresentata al fine di ottenere il beneficio richiesto, né contesta le certificazioni mediche con dati scientifici.
Anche secondo un'interpretazione costituzionalmente orientata della fattispecie, in funzione della tutela del diritto alla salute, garantito dall'art. 32 Cost, deve essere disposta la rinnovazione del parere infraprocedimentale del Comitato di Verifica per le Cause di Servizio, e della relativa istruttoria, affinché la fattispecie possa essere riesaminata, tenendo conto delle più recenti scoperte scientifiche, delle più aggiornate indagini sul punto, di tutta la copiosa documentazione medica versata in atti dal ricorrente, della sua storia clinica, della sua anamnesi personale e familiare, della sua anamnesi patologica, nonché di ogni altro elemento ritenuto opportuno.
7. Alla luce delle considerazioni svolte, il ricorso principale va accolto, con conseguente annullamento del decreto impugnato e dei pareri presupposti, facendo obbligo alla P.A. di riesaminare la fattispecie, tenendo conto dei criteri illustrati nella presente sentenza.
8. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
 

P.Q.M.
 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l'effetto, annulla il provvedimento di diniego impugnato e i pareri presupposti, facendo obbligo alla P.A. di riesaminare la fattispecie, ai sensi di cui in motivazione.
Condanna l'Amministrazione resistente a liquidare in favore del ricorrente le spese di giudizio, quantificate in Euro 3.000,00 (tremila), oltre oneri di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del provvedimento, all'oscuramento delle generalità nonchè di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque citate nel provvedimento.
Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 2 aprile 2015 con l'intervento dei magistrati:
Lanfranco Balucani, Presidente
Ariberto Sabino Limongelli, Primo Referendario Giovanni Pescatore, Referendario, Estensore