Cassazione Penale, Sez. 3, 12 marzo 2021, n. 9925 - Reati afferenti la sicurezza sul lavoro e vincolo della continuazione. Carenza di elementi sull'identità del disegno criminoso


 

Presidente: SARNO GIULIO
Relatore: GALTERIO DONATELLA
Data Udienza: 09/02/2021

 

Fatto


1.Con ordinanza in data 17.9.2020 il Tribunale di Genova, adito in sede di esecuzione, ha rigettato la richiesta di riconoscimento del vincolo della continuazione in relazione a tre reati afferenti la materia della sicurezza sul lavoro, commessi tra il giugno 2012 e l’aprile 2013, oggetto di altrettanti decreti di condanna pronunciati nei confronti di G.A. tra il giugno ed il novembre 2014, ritenendo che la configurabilità di un'ideazione unitaria delle singole violazioni non potesse essere tratta dal fatto che le stesse concernessero il medesimo settore.
2. Avverso il suddetto provvedimento l’istante ha proposto, per il tramite del proprio difensore, ricorso per cassazione articolando un unico motivo con il quale lamenta la mancanza di motivazione, resa in forma soltanto apparente, in ordine all'insussistenza di un medesimo disegno criminoso tra le tre violazioni, esclusa per il sol fatto che l'imputato non avrebbe potuto pianificare nei minimi dettagli ab initio le singole condotte, contingenza questa esclusa dalla continuazione interna riconosciuta con il primo decreto pronunciato in data 1.9.2014 in relazione a due diverse violazioni nella stessa materia della sicurezza del lavoro, senza sondare gli elementi concreti da cui si sarebbe dovuto evincere l'identità del disegno, tenuto conto che si trattava di fatti analoghi, riguardanti la mancata formazione dei lavoratori in materia di prevenzione e l'omessa visita medica, nonché la mancata verifica tecnico professionale di due ditte cui aveva subappaltato dei lavori deduce, e che le tre violazioni erano state commesse in un arco temporale del tutto ristretto, pari ad appena un anno.

 

Diritto

 


Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, risolvendosi in generiche censure che non si confrontano con la carenza degli elementi sintomatici dell'identità del disegno criminoso su cui si fonda la pronuncia del G.E..
Il ricorrente tralascia invero di considerare che, vertendosi nella fase esecutiva, incombe sul condannato che invochi l'applicazione della disciplina della continuazione l'onere di allegare elementi sintomatici della riconducibilità delle violazioni ad unico disegno criminoso, incombente questo che si traduce in oneri ben più stringenti di quelli che informano la parallela richiesta nel processo di cognizione che, in quanto improntato al principio di non colpevolezza, che si traduce nell'impossibilità per l'imputato di autoaccusarsi fornendo elementi a sé sfavorevoli quale sarebbe la confessione di un disegno criminoso perseguito nell'esecuzione delle condotte contestategli, consente una ben più ampia verifica officiosa da parte del giudice
E' stato perciò escluso che il mero riferimento alla contiguità cronologica degli addebiti ovvero all'identità dei titoli di reato sia sufficiente, trattandosi di indici non univoci di attuazione di un programma criminoso unitario in quanto comuni all'abitualità a delinquere, propria di un sistema di vita tendente alla sistematica e contingente consumazione di illeciti, a delineare i presupposti per la configurabilità del reato continuato (Sez. 1, n. 35806 del 20/04/2016 - dep. 30/08/2016, D'Amico, Rv. 267580; Sez. 7, n. 5305 del 16/12/2008 - dep. 06/02/2009, D'Amato, Rv. 242476), occorrendo per contro la dimostrazione da parte del condannato di una preventiva programmazione unitaria anche per i reati successivi al primo, onde evitare che il meccanismo sanzionatorio di cui all'art. 81, comma secondo, cod. pen. si traduca in un automatico beneficio premiale conseguente alla mera reiterazione del reato, rendendo evanescente la linea di demarcazione tra continuazione e abitualità a delinquere (Sez. 3, Sentenza n. 17738 del 14/12/2018 - dep. 29/04/2019, Bencivenga Rv. 275451).
Nella specie per contro l'istante, tralasciando i puntuali rilievi spesi dal G.E., si limita a reiterare la prossimità cronologica tra le tre violazioni e la sostanziale analogia delle condotte ascrittegli, che se di per sé è allegazione insufficiente a configurare la continuazione invocabile ai sensi dell'art. 671 cod. proc. pen., lo diventa a maggior ragione ove si consideri che trattandosi di violazioni in materia di sicurezza sul lavoro integranti fattispecie omissive contravvenzionali, non emerge alcunchè dalla sentenza impugnata in ordine a profili di dolo caratterizzanti le contravvenzioni in esame che possano essere compatibili con un disegno criminoso unitario, contraddistinto dalla matrice dolosa.
Segue all'esito del ricorso la condanna del ricorrente, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo elementi, alla luce della sentenza del 13 giugno 2000 n.186, per ritenere che abbia proposto la presente impugnativa senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento di una somma equitativamente liquidata in favore della Cassa delle Ammende

 

P.Q.M.

 


Dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di€ 3.000 in favore della Cassa delle Ammende
Così deciso il 9.2.2021