Categoria: Cassazione penale
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Cassazione Penale, Sez. 4, 20 aprile 2021, n. 14639 - Rischio di investimento durante le manovre dei mezzi meccanici. Responsabilità del direttore tecnico di cantiere e dell'escavatorista


 

 

Presidente: CIAMPI FRANCESCO MARIA Relatore: FERRANTI DONATELLA

Data Udienza: 06/04/2021
 

Fatto


1. Con la sentenza in epigrafe, la Corte di Appello di Milano, in riforma della sentenza del Tribunale di Monza del 07.05.2018, ha ridotto la pena applicata a S.M., a mesi quattro di reclusione, ha confermato nel resto la sentenza impugnata, ritenendo la responsabilità penale di entrambi gli imputati, S.M. e S.A., in ordine al reato di cui agli artt. 113, 590 comma 1,2 e 3 cod. pen. per aver, per colpa, quale direttore tecnico il primo, del cantiere della società Gruppo Acque con sede in Casoria e il secondo, quale escavatorista dipendente della impresa Acque e servizi s.r.l. di Casoria, nel cantiere stradale sito in Cusano Milanino, cagionato il 6.10.2011, al lavoratore G.G., dipendente delle Acque e Servizi s.r.l. e impiegato presso la ditta Gruppo Acque s.r.l., lesioni personali giudicate guaribili in 90 giorni. A S.M. cl. 75, si contesta la violazione dell'art. 19 lett. I comma a) D.Lvo 81/2008, e in particolare, di non aver fatto rispettare le specifiche norme organizzative e di prevenzione previste nel piano operativo di sicurezza ( POS), incaricando il lavoratore di operare in una zona a rischio investimento ad opera di mezzi in manovra, nella specie dando disposizioni al G.G. di guidare la manovra di avvicinamento del camion Iveco e dell'escavatore, presenti in cantiere del Gruppo acque; a S.A., escavatorista, si contesta di aver operato in violazione dell'art. 20 comma 2 lett. g) D.Lvo 81/2008, perchè alla guida del mezzo meccanico contravveniva alla misure di sicurezza e, mentre il G.G. si trovava a 10 metri dall'escavatore e stava iniziando a guidare la manovra di avvicinamento del camion guidato da B.C., lo investiva con l'escavatore in movimento.
In Cusano Milanino il 6.10.2011
2. L'infortunio, secondo la ricostruzione della Corte territoriale, che riporta puntualmente le risultanze dibattimentali del giudizio di primo grado, avveniva con le seguenti modalità: il cantiere in cui si è verificato l'infortunio si trovava in Cusano Milanino e riguardava la sistemazione della rete idrica mediante l'utilizzo di mezzi di scavo e asportazione di terra, posa delle conduttore e ripristino; il lavoratore infortunato era dipendente della Società Acque e servizi s.r.l. ma in quel periodo era distaccato presso il Gruppo Acque s.r.l. di cui era amministratore S.M. cl. 74, mentre il direttore di cantiere era S.M. cl 75, imputato; il G.G. aveva ricevuto dal direttore di cantiere, che svolgeva anche compiti di fatto di capo cantiere e comunque si occupava dell'organizzazione del lavoro, il compito di tagliare l'asfalto, di pulitura stradale con asportazione dei materiali di risulta, di posa delle tubature, di ripristino del manto stradale, di montaggio delle barriere a protezione delle scavo, della segnaletica oltre che delle luci notturne. La mattina del 6.11.2011 era stato comandato, sempre dallo S., direttore tecnico, di interrompere le sue mansioni e di dirigere le operazioni di manovra di retromarcia del camion Iveco Trakker guidato dal dipendete B.C., che doveva posizionarsi vicino all'escavatore; veniva rassicurato che non vi erano pericoli in quanto l'escavatorista, S.A., sapeva di non doversi muovere e di rimanere fermo fin tanto che la manovra non era stata completata; contrariamente alle previsioni, ad un certo punto, l'escavatore guidato dallo S.A. si era messo in moto, investendo il G.G., che veniva schiacciato dalle ruote della pala gommata.

3. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione gli imputati, a mezzo del difensore di fiducia, deducendo i motivi di seguito riportati.
3.1. Per S.A.:
I) Vizio per difetto di motivazione in quanto la sentenza impugnata si limita a fornire una motivazione per relationem, senza valutare le specifiche doglianze del gravame, che riguardavano in particolare il fatto che la responsabilità dell'escavatorista è stata attribuita sulla base di testimonianze dei lavoratori B.C. e M. che hanno assistito solo ad alcune fasi della manovra; senza considerare che l'imputato ha ricevuto un segnale di avvio della manovra di avvicinamento al camion.

II) Vizio per manifesta illogicità della motivazione in punto di scelta della sanzione detentiva in luogo di quella pecuniaria, sulla base di un grado di colpa ritenuto elevato ma indimostrato e di una colpa concorrente della persona offesa non adeguatamente considerata.

3. 2.Per S.M. .
!)Violazione di legge e vizio di motivazione in quanto nessuna responsabilità poteva essere addebitata all'imputato in quanto l'attività di retromarcia dei mezzi era espressamente prevista dal POS, con la indicazione del comportamento che ciascun lavoratore doveva tenere e cioè tenersi a distanza dai mezzi e prestare attenzione alle segnalazioni acustiche. L'infortunio era addebitabile solo allo S.A., operatore addetto allo escavatore e al G.G. stesso, che non avevano prestato l'attenzione dovuta nello svolgimento del lavoro; il preposto e responsabile del corretto svolgimento della manovra doveva considerarsi B.C., indicato quale capo cantiere, il quale era anche l'autista del camion interessato. La Corte territoriale ha confuso e sovrapposto la posizione del direttore tecnico e quella del capo cantiere di fatto, desumendo tale qualifica dalla circostanza che il ricorrente si occupava dell'organizzazione del cantiere e di impartire ordine ai lavoratori, mentre tale compito di vigilare l'esecuzione in concreto della prestazione lavorativa doveva

attribuirsi allo stesso lavoratore o al capo cantiere non certo al dirigente e cioè al direttore tecnico S..
II) Vizio di motivazione in ordine alla concessione delle attenuanti generiche sulle quali la Corte territoriale ha omesso di argomentare in modo esplicito.

4.11 Procuratore generale in sede con requisitoria scritta ha chiesto l'annullamento senza rinvio ai fini penali per essere il reato estinto per prescrizione; rigetto del ricorso agli effetti civili.

 

Diritto


1. Va premesso che è pacifica acquisizione della giurisprudenza di questa Suprema Corte che deve essere ritenuto inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che riproducono le medesime ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del motivo, infatti, va valutata e ritenuta non solo per la sua genericità, intesa come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione, dal momento che quest'ultima non può ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità che conduce, a norma dell'art. 591 comma I, lett. c) cod. proc. pen., alla inammissibilità della impugnazione (in tal senso Sez. 2, n. 29108 del 15.7.2011, Cannavacciuolo non mass.; conf. Sez. 5, n. 28011 del 15.2.2013, Sammarco, rv. 255568; Sez.4, n. 18826 del 9.2.2012, Pezzo, rv. 253849; S ez. 2, n. 19951 del 15.5.2008, Lo Piccolo, rv. 240109; Sez. 4, n. 34270 del 3.7.2007, Scicchitano, rv. 236945; Sez. 1, n. 39598 del 30.9.2004, Burzotta, rv. 230634; Sez.4, n. 15497 del 22.2.2002, Palma, rv. 221693). Ancora di recente, questa Corte di legittimità ha ribadito come sia inammissibile il ricorso per cassazione fondato sugli stessi motivi proposti con l'appello e motivatamente respinti in secondo grado, sia per l'insindacabilità delle valutazioni di merito adeguatamente e logicamente motivate, sia per la genericità delle doglianze che, così prospettate, solo apparentemente denunciano un errore logico o giuridico determinato (Sez. 3, n.44882 del 18.7.2014, Carialo e altri, rv. 260608).

2. Il ricorso di S.M. è manifestamente infondato oltre che generico perciò inammissibile.

2.1. Va innanzitutto ribadito il principio affermato da questa Corte che in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il direttore tecnico ed il "capo cantiere" sono titolari di autonome posizioni di garanzia in quanto egualmente destinatari, seppure a distinti livelli di responsabilità, dell'obbligo di dare attuazione alle norme dettate in materia di sicurezza sul lavoro. Ne consegue che la nomina di un "capo cantiere" non implica di per sé il trasferimento a quest'ultimo della sfera di responsabilità propria del direttore tecnico ( Sez. 4, n. 39606 del 28/06/2007 Ud. (dep. 26/10/2007 ) Rv. 237878 - 01 ).

Inoltre, quanto al primo motivo, va evidenziato che i Giudici di merito hanno accertato tramite l'esame documentale e testimoniale dell'Ufficiale di Pg delegato alle indagini dal Pubblico Ministero che il POS e il piano di sicurezza e coordinamento ponevano, con riferimento al rischio specifico derivante dalla presenza delle macchine operatrici, di tenersi a distanza ove fossero in movimento, in particolare, era vietata la presenza di persone in prossimità delle manovre di retromarcia. Si è inoltre accertato, alla luce delle testimonianze acquisite e sostanzialmente non contestate che lo S., direttore tecnico, era responsabile della sicurezza del cantiere e impartiva ordini ai lavoratori, svolgendo di fatto le mansioni di preposto capo-cantiere, tanto è vero che colui che formalmente rivestiva la qualifica di capocantiere, il B.C., secondo le deduzioni difensive, in realtà era addetto alla guida del camion e certo non avrebbe potuto svolgere alcun controllo sulla corretta e sicura esecuzione della manovra da parte degli altri lavoratori che operavano da terra, compreso chi guidava l'escavatore. L'imputato rivestiva la qualifica di direttore tecnico del cantiere ed era dunque titolare di una autonoma posizione di garanzia in considerazione del suo ruolo dirigenziale; inoltre esercitava di fatto anche le funzioni di preposto, sovrintendendo alle attività e quindi svolgendo funzioni di supervisione e controllo sulle attività lavorative concretamente svolte; impartiva ordini e il giorno dell'infortunio fu lui a incaricare il G.G. di sospendere le mansioni che gli erano state attribuite e di dedicarsi alla rischiosa attività di dirigere le manovre di retromarcia del camion mentre era presente l'escavatore.

2.2. Va osservato che le deduzioni in ordine alla dimostrazione del nesso causale sono manifestamente infondate. La sentenza pone in luce da un lato che l'evento fu determinato dalla mancata vigilanza e dal mancato rispetto proprio delle prescrizioni di sicurezza previste dal POS per evitare il rischio di investimento nel cantiere durante le manovre dei mezzi meccanici; e, dall'altro, che l'imputato aveva il compito istituzionale di vigilare sulla sicurezza del cantiere. Da tale valutazione la pronunzia desume l'esistenza, con evidenza, sia della colpa che del nesso causale. Infatti, si desume dal ragionamento probatorio che se lo S.M. avesse esercitato le sue funzioni istituzionali di vigilanza e direzione, nel rispetto delle prescrizioni del POS, le lavorazioni certamente non si sarebbero svolte nel modo deprecato descritto in motivazione: sarebbero state cioè adottate da parte dei lavoratori dipendenti misure precauzionali volte proprio ad evitare il rischio di investimento.

3. Il ricorso di S.A. è generico e manifestamente infondato, perciò inammissibile.
3.1. Quanto al primo motivo, si osserva che nel caso di specie, la Corte d'appello, lungi dall'effettuare una acritica trascrizione, totale o parziale, del testo della motivazione della sentenza di primo grado, o un mero rinvio, dopo aver valutato la sentenza impugnata immune da vizi logici e saldamente ancorata ai risultati probatori acquisiti durante l'esaustiva istruttoria dibattimentale, ha riportato le risultanze considerate essenziali dalla Corte territoriale, ai fini del proprio convincimento, sottolineandone la significazione dimostrativa, sottoponendole ad un penetrante vaglio ed evidenziando come S.A. mentre era in atto la manovra di retromarcia del camion ha messo in moto il mezzo che guidava l'escavatore senza accertarsi della presenza di persone sulla propria traiettoria, contravvenendo la precise disposizioni indicate nel POS oltre che dalle regole di normale prudenza. La Corte d'appello ha dunque dimostrato di avere criticamente esaminato e valutato i contenuti della motivazione della sentenza di primo grado, facendoli propri, all'esito di una accurata analisi.
Del resto, è nota in giurisprudenza la possibilità di procedere all'integrazione delle sentenze di primo e di secondo grado, così da farle confluire in un corpus unico, cui il giudice di legittimità deve fare riferimento (Cass., Sez. 6, n. 26996 del 8-5-2003), a condizione che le due pronunce abbiano adottato criteri omogenei e un apparato logico-argomentativo uniforme (Cass., Sez. 3, n. 10163 del 1-2-2002, Lombardozzi).

4. Quanto al secondo motivo di entrambi i ricorsi, afferente alla tipologia e alla dosimetria della pena, si osserva che la valutazione dei vari elementi per la concessione delle attenuanti generiche- ovvero in ordine al giudizio di comparazione delle circostanze, nonché per quanto riguarda in generale la dosimetria della pena­ rientra nei poteri discrezionali del giudice il cui esercizio se effettuato nel rispetto dei parametri valutativi di cui all'articolo 133 c.p. è censurabile in cassazione solo quando sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico. Ciò che qui deve senz'altro escludersi avendo il giudice motivato la scelta della pena detentiva, con riferimento agli specifici e reiterati precedenti dello S.A. ( fol 9) in relazione alla gravità del fatto; mentre con riferimento a S.M. tenendo presente il grado di colpa e la incensuratezza ha accolto i motivi di appello e ha ridotto di un terzo la pena originariamente irrogata( fol 11).

5. Va, infine, ribadito che l'inammissibilità del ricorso per cassazione preclude la possibilità di rilevare d'ufficio, ai sensi degli artt. 129 e 609 comma secondo, cod. proc. pen., l'estinzione del reato per prescrizione maturata in data successiva alla pronuncia della sentenza di appello, in quanto l'art. 129 cod. proc. pen. non riveste una valenza prioritaria rispetto alla disciplina della inammissibilità, attribuendo al giudice dell'impugnazione un autonomo spazio decisorio svincolato dalle forme e dalle regole che presidiano i diversi segmenti processuali, ma enuncia una regola di giudizio che deve essere adattata alla struttura del processo e che presuppone la proposizione di una valida impugnazione.

6. Alla dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della. somma di euro 3000,00 a favore della Cassa delle ammende come indicato nel dispositivo.

 

P.Q.M.
 

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 6.04.2021