Cassazione Civile, Sez. 6, 22 aprile 2021, n. 10607 - Nesso causale tra infortunio sul lavoro e intervento di protesizzazione dell'anca
Presidente: LEONE MARGHERITA MARIA
Relatore: PONTERIO CARLA Data pubblicazione: 22/04/2021
Rilevato che:
1. con sentenza n. 3451 pubblicata il 3.10.18 la Corte d'Appello di Roma, in parziale accoglimento dell'appello proposto da S.M., ha dichiarato che nulla era dovuto dal predetto per le spese di lite del primo grado di giudizio; ha confermato la decisione del tribunale nella parte in cui aveva respinto la domanda del S.M. di riconoscimento dell'indennizzo correlato ad una menomazione della integrità psicofisica, conseguente all'infortunio occorso il 22.7.08, di percentuale maggiore rispetto a quella già riconosciuta dall'Inail come pari al 6%;
2. la Corte territoriale, disposta una nuova c.t.u. e in base all'esito della stessa, ha ritenuto non dimostrato il nesso causale tra l'infortunio suddetto e l'intervento di protesizzazione dell'anca a cui l'appellato era stato sottoposto nel 2010;
3. avverso tale sentenza S.M. ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, illustrato da successiva memoria; l'INAIL ha resistito con controricorso;
4. la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza camerale, ai S.M. dell'art. 380 bis cod. proc. civ..
Considerato che:
5. con l'unico motivo di ricorso è dedotta, ai S.M. dell'art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., nullità della sentenza per motivazione apparente o perplessa in relazione all'art. 132, n. 4 cod. proc. civ.;
6. si censura la sentenza d'appello laddove, aderendo alle valutazioni e conclusioni del consulente medico legale d'ufficio, ha affermato che "l'intervento di artroprotesi si sarebbe comunque reso necessario nei medesimi termini cronologici", risultando irrilevanti rispetto ad esso gli esiti dell'infortunio occorso nel 2008; si sostiene come manchino nella sentenza le argomentazioni scientifiche e medico legali atte a supportare tale conclusione;
7. il motivo di ricorso è infondato;
8. sul denunciato difetto di motivazione, le Sezioni Unite di questa Corte (sentenze nn. 8053, 8054 del 2014) hanno precisato che, a seguito della modifica dell'art. 360, comma 1°, n. 5, c.p.c., il vizio di motivazione si restringe a quello di violazione di legge e, cioè, dell'art. 132 c.p.c., che impone al giudice di indicare nella sentenza "la concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione", secondo quello che è stato definito il "minimo costituzionale" della motivazione;
9. nel caso di specie, non si è in presenza di un vizio così radicale da comportare, con riferimento a quanto previsto dall'art. 132, n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza per mancanza di motivazione, dal momento che la motivazione non solo è formalmente esistente come parte del documento, ma le argomentazioni sono svolte in modo assolutamente coerente, sì da consentire di individuare con chiarezza la «giustificazione del decisum»;
10. con riferimento alla sentenza che abbia prestato adesione alle conclusioni del consulente tecnico d'ufficio, il vizio, denunciabile in sede di legittimità, è ravvisabile solo in caso di palese devianza dalle nozioni correnti della scienza medica, la cui fonte va indicata, o nell'omissione degli accertamenti strumentali dai quali, secondo le predette nozioni, non può prescindersi per la formulazione di una corretta diagnosi, mentre al di fuori di tale ambito la censura costituisce mero dissenso diagnostico che si traduce in un'inammissibile critica del convincimento del giudice, pretendendo da questa Corte un sindacato di merito inammissibile (v. Cass., orci. 3 febbraio 2012, n. 1652); un mero dissenso diagnostico è quello che costituisce oggetto delle censure in esame;
11. nella memoria depositata ai S.M. dell'art. 380 bis c.p.c., la parte ricorrente ha allegato di aver ricevuto la notifica, a mezzo p.e.c., del controricorso INAIL incompleto, costituito esclusivamente dalla prima facciata, ed ha chiesto, data l'impossibilità di contraddire agli argomenti avversari, la compensazione delle spese di lite;
12. gli atti allegati alla memoria di parte ricorrente non valgono a dimostrare l'irregolarità della notifica del controricorso, depositato dall'Istituto in versione integrale, unitamente alle rituali ricevute di accettazione e consegna;
13. per le considerazioni svolte il ricorso deve essere respinto;
14. le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo;
15. si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui all'art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, introdotto dall'art. 1, comma 17, della L. 24 dicembre 2012 n. 228;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 2.500,00 per compensi professionali, in euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai S.M. dell'art. 13, comma 1-quater, del d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nell'adunanza camerale del 28.1.2021