La Corte d'appello di Firenze, respingendo l'appello, ha confermato la sentenza di primo grado che, accertata la responsabilità di Poste Italiane nell'infortunio occorso alla sportellista R.R., che aveva battuto la schiena cadendo a terra dallo sgabello a causa dell'improvvisa rottura dello schienale, aveva condannato la società al danno (differenziale) biologico e morale.
La Corte ha ritenuto che Poste Italiane avesse violato l'obbligo di sicurezza sancito dall'art. 2087 c.c., in quanto dall'espletata istruttoria era emerso che la datrice di lavoro aveva consentito l'uso di sgabelli in stato di pessima conservazione, provvedendo a sostituirne solo alcuni (e non quello che causò l'infortunio).
Quanto al risarcimento, la Corte ha evidenziato che non vi era contestazione sul grado di invalidità permanente (15%) e che il danno morale va risarcito a prescindere dall'effettivo accertamento in sede penale del reato.

Avverso questa decisione Poste Italiane s.p.a. ricorre per cassazione - Rigetto.
La Corte, nel ritenere perfettamente logico e coerente il ragionamento della Corte d'appello, afferma che: "risulta di tutta evidenza che la Corte di merito ha ritenuto sussistente la responsabilità di Poste ai sensi dell'art. 2087 c.c., per non avere garantito la sicurezza dell'ambiente di lavoro, in particolare l'integrità delle attrezzature di lavoro.
Tale negligenza, concretatasi nella mancata sostituzione del vetusto sgabello in dotazione allo sportello ove operava la R., fu causa del cedimento dello schienale e della conseguente caduta della lavoratrice.
L'evento non fu nè accidentale nè imprevedibile, perchè Poste era o doveva essere a conoscenza delle precarie condizioni degli sgabelli, che solo in parte aveva sostituito.
Era altresì evitabile, perchè non si sarebbe verificato se Poste, tenuta a vigilare sull'efficienza dell'arredo, avesse provveduto a sostituirlo tempestivamente.

Per quanto concerne il secondo motivo di ricorso, la società sostiene che, non ricorrendo alcun comportamento della datrice di lavoro costituente reato, il danno morale non era risarcibile.

Anche questo motivo è manifestamente infondato.
"A prescindere dal fatto che la condotta negligente di Poste, innanzi evidenziata, e le conseguenze che ne sono derivate sull'integrità fisica della R. integrano il reato di lesioni colpose, il danno morale, quando inerisca ad una lesione di un interesse della persona costituzionalmente garantito, come la salute, e risarcibile indipendentemente dal fatto che la condotta illecita che lo ha determinato costituisca reato".

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BATTIMIELLO Bruno - rel. Presidente -
Dott. LAMORGESE Antonio - Consigliere -
Dott. D'AGOSTINO Giancarlo - Consigliere -
Dott. CURCURUTO Filippo - Consigliere -
Dott. TOFFOLI Saverio - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 16220/2008 proposto da:
POSTE ITALIANE SPA in persona del Responsabile della Direzione Centrale Risorse Umane ed Organizzazione di Poste Italiane SpA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PO 25/B, presso lo studio dell'avvocato PESSI ROBERTO, che la rappresenta e difende, giusta
delega a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro R.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTELLO, 30, presso lo studio dell'avvocato QUARANTA PAOLA M., rappresentata e difesa dagli avvocati FABBRI ANDREA, FIORI CLAUDIO, giusta procura speciale a margine del controricorso;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 363/2008 della CORTE D'APPELLO di FIRENZE del 4.3.08, depositata l'11/03/2008;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/10/2009 dal Presidente e Relatore Dott. BATTIMIELLO BRUNO.
E' presente il P. G. in persona del Dott. FEDELI MASSIMO.

Fatto

La Corte d'appello di Firenze, con sentenza n. 363/2008 depositata il1.3.2008, respingendo l'appello, ha confermato la sentenza di primo grado che, accertata la responsabilità di Poste Italiane nell'infortunio occorso il (OMISSIS) alla sportellista R.R., che aveva battuto la schiena cadendo a terra dallo sgabello a causa dell'improvvisa rottura dello schienale, aveva condannato la società al danno (differenziale) biologico e morale.
La Corte ha ritenuto che Poste Italiane avesse violato l'obbligo di sicurezza sancito dall'art. 2087 c.c., in quanto dall'espletata istruttoria era emerso che la datrice di lavoro aveva consentito l'uso di sgabelli in stato di pessima conservazione, provvedendo a sostituirne solo alcuni (e non quello che causò l'infortunio).
Quanto al risarcimento, la Corte ha evidenziato che non vi era contestazione sul grado di invalidità permanente (15%) e che il danno morale va risarcito a prescindere dall'effettivo accertamento in sede penale del reato.
Avverso questa decisione Poste Italiane s.p.a. ricorre per cassazione con due motivi.
R.R. resiste con controricorso.
A seguito di relazione ex art. 380 bis c.p.c. è stata fissata l'adunanza della Corte per la decisione del ricorso in camera di consiglio.
Poste ha depositato memoria.
Diritto

Con il primo motivo la società ricorrente sostiene che il cedimento della spalliera costituì un evento accidentale non prevedibile.
Ciò determinerebbe il venir meno del nesso causale tra l'evento e la condotta dell'azienda.
La sentenza nulla avrebbe motivato su tale relazione.
Il motivo si conclude con il seguente quesito di diritto:
"dica la Corte se in forza del disposto di cui all'art. 2087 c.c. incombe sul lavoratore che lamenti di aver subito, a causa dell'attività lavorativa svolta, un danno alla salute, l'onere di provare l'antigiuridicità della condotta, l'esistenza di tale danno, nonchè il nesso tra l'asserito danno e la condotta asseritamento antigiuridica tenuta dal datore di lavoro".
Il motivo è manifestamente infondato.
Per vero, la sentenza è esaurientemente e logicamente motivata.
In fatto, la Corte d'appello ha accertato "dica denunciata incuria di Poste Italiane nell'attrezzare adeguatamente l'ufficio postale ove ha prestato attività la signora R. (i testi hanno concordemente dedotto la risalente condizione di notevole usura e di giù avvenuta rottura di alcuni degli sgabelli in dotazione all'ufficio e di come fosse stata in più occasioni richiesta la sostituzione di tutti essi, per l'evidente inadeguatezza a garantire la sicurezza degli addetti, ma che soltanto alcuni fossero stati sostituiti all'epoca dell'incidente subito dalla lavoratrice e non quello ove costei stava operando)" per poi concludere che sussisteva "il nesso di causalità tra i danni a bacino e schiena della lavoratrice e tale situazione di negligente approntamento delle attrezzature necessarie allo svolgimento del lavoro".
Quindi risulta di tutta evidenza che la Corte di merito ha ritenuto sussistente la responsabilità di Poste ai sensi dell'art. 2087 c.c., per non avere garantito la sicurezza dell'ambiente di lavoro, in particolare l'integrità delle attrezzature di lavoro.
Tale negligenza, concretatasi nella mancata sostituzione del vetusto sgabello in dotazione allo sportello ove operava la R., fu causa del cedimento dello schienale e della conseguente caduta della lavoratrice. L'evento non fu nè accidentale nè imprevedibile, perchè Poste era o doveva essere a conoscenza delle precarie condizioni degli sgabelli, che solo in parte aveva sostituito. Era altresì evitabile, perchè non si sarebbe verificato se Poste, tenuta a vigilare sull'efficienza dell'arredo, avesse provveduto a sostituirlo tempestivamente.
Con il secondo motivo la società sostiene che, non ricorrendo alcun comportamento della datrice di lavoro costituente reato, il danno morale non era risarcibile.
Quindi formula il seguente quesito di diritto: "dica la Corte se in forza del disposto di cui all'art. 2059 c.c. e dell'art. 185 c.p., il danno morale possa essere vantato solo nei confronti di colui che abbia cagionato un danno riconducibile ad una fattispecie di reato, di cui controparte abbia fornito la prova rigorosa e solo nel caso in cui venga dimostrata la condotta antigiuridica del presunto danneggiante".
Il motivo è manifestamente infondato.
A prescindere dal fatto che la condotta negligente di Poste, innanzi evidenziata, e le conseguenze che ne sono derivate sull'integrità fisica della R. integrano il reato di lesioni colpose, il danno morale, quando inerisca ad una lesione di un interesse della persona costituzionalmente garantito, come la salute, e risarcibile indipendentemente dal fatto che la condotta illecita che lo ha determinato costituisca reato (Cass. Sez. un. n. 26972/2008; n. 29832/2008, n. 25157/2008).

Il ricorso va pertanto rigettato, con le conseguenze di legge in ordine alle spese.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente alle spese, in Euro 30,00, per esborsi e in Euro 3.000,00, (tremila) per onorario, oltre a spese generali, IVA e CPA. Così deciso in Roma, il 16 ottobre 2009.
Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2009