Cassazione Penale, Sez. 3, 11 maggio 2021, n. 18136 - Rapporto tra luce naturale e area dei locali ove si svolge l'attività di controllo dei tessuti. Interpretazione normativa


 

 

Presidente: ANDREAZZA GASTONE Relatore: MACRI' UBALDA
Data Udienza: 11/12/2020
 

 

Fatto


1. Con sentenza in data 18 dicembre 2019 il Tribunale di Como ha condannato D.D.R. alle pene di legge per la violazione dell'art. 68, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 81 del 2008, in relazione all'art. 64, comma 1, lett. a) e al punto 1.10.1 dell'allegato IV del d.lgs. n. 81 del 2008, poiché, in qualità di delegato in materia antinfortunistica della ditta Extris S.r.|., aveva omesso di provvedere affinché i locali ove veniva svolta l'attività di controllo dei tessuti con apposite specole fossero provvisti di sufficiente luce naturale, secondo il rapporto tra la superficie illuminante e l’area del pavimento previsto dal regolamento di igiene locale, in Colverde fino al 26 gennaio 2015.
2. L'imputato presenta quattro motivi di ricorso.
Con il primo lamenta la violazione di legge con riferimento all'individuazione nel regolamento locale di igiene della norma integrativa del precetto penale di cui all'art. 68, comma 1, lett. b), d.lgs, n. 81 del 2008. Espone che la norma primaria non rinviava ai regolamenti locali di igiene e che quindi il Giudice, sulla base della relazione illustrativa al decreto legislativo, avrebbe dovuto far riferimento alle norme tecniche, alle buone prassi, alle linee-guida. Precisa che gli indicatori fondamentali erano la norma tecnica UNI EN 12464-1; la procedura standardizzata di effettuazione dei rischi di cui all'art. 29, comma 5, d.lgs. n. 81 del 2008; le linee-guida del Coordinamento tecnico Stato-Regioni, adottate dall'Istituto superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del lavoro del 1° giugno 2006.
Con il secondo denuncia il vizio di motivazione perché il Giudice non aveva indagato se la norma contestata o i suoi decreti attuativi richiamavano espressamente i regolamenti locali; non aveva spiegato le ragioni per le quali non aveva preso in esame le norme tecniche, le buone prassi e le linee-guida per valutare la sufficienza della luce naturale; non aveva spiegato le ragioni per le quali non aveva considerato le Linee guida dell'ISPELS e la Circolare dell'ATS Insubria, tutti temi devoluti nel processo e su cui non vi era stata risposta.
Con il terzo deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine alla sussistenza dell'elemento soggettivo. Sostiene la buona fede e ricorda che la sua società era conduttrice di alcuni locali che sorgevano nell'area industriale di Gironico e che erano stati giudicati dalle autorità preposte perfettamente idonei allo svolgimento dell'attività produttiva. In particolare, era stata rilasciata la dichiarazione di agibilità di edifici destinati ad attività economiche e la relazione tecnica allegata recitava che sussistevano "le condizioni di sicurezza, igiene, salubrità...degli edifici e degli impianti di cui alla normativa vigente". La stessa relazione presentata per la SCIA non aveva rilevato alcuna criticità riguardo ai rapporti aero-illuminanti. Richiama altresì la relazione tecnica del consulente di parte depositata in giudizio.
Con il quarto contesta la pena che non era coerente con l'accertamento di un fatto dalla gravità contenuta.

 

Diritto



3. Il ricorso è fondato.
Il Giudice è pervenuto all'accertamento di responsabilità considerando il rapporto tra la luce naturale e l'area dei locali ove è svolta l'attività di controllo dei tessuti, senza tener conto ovviamente degli apparecchi illuminanti artificiali. Tuttavia, nel far ciò, si è basato sul regolamento locale d'igiene senza spiegare, nonostante la specifica devoluzione del tema, per quale motivo avesse individuato come norma integrativa dell'art. 68 d.lgs. 81 del 2008 il regolamento di igiene e non invece le norme tecniche, le buone prassi e le linee - guida.
Il Giudice si è basato su quanto dichiarato dall'operante, abdicando al compito di verificare la correttezza dell'interpretazione normativa.
A ciò si aggiunge che non ha offerto alcuna motivazione sulla documentazione tecnica sottoposta al suo esame e relativa all'idoneità dei locali all'esercizio dell'attività produttiva in oggetto, il che è rilevante nella prospettiva difensiva ai fini dell'esclusione dell'elemento soggettivo.
La sentenza andrebbe dunque annullata con rinvio per mancanza di motivazione su due profili decisivi del tema di prova, ma tale epilogo decisorio è precluso dall'assorbente circostanza dell'intervenuta estinzione del reato per prescrizione (maturata in data 9 febbraio 2020). Le Sezioni unite hanno infatti affermato e ribadito che, in presenza di una causa di estinzione del reato, non sono rilevabili in sede di legittimità vizi di motivazione della sentenza impugnata in quanto il giudice del rinvio avrebbe comunque l'obbligo di procedere immediatamente alla declaratoria della causa estintiva (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244275)

 

P.Q.M.
 


Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione
Così deciso, l'11 dicembre 2020