Categoria: Cassazione penale
Visite: 2987

Cassazione Penale, Sez. 4, 14 maggio 2021, n. 18960 - Sfruttamento del lavoro da parte dell'imprenditore agricolo


 

Presidente: MENICHETTI CARLA
Relatore: CENCI DANIELE Data Udienza: 26/01/2021
 

 

Fatto
 



1. Il Tribunale per il riesame di Catanzaro, adito ai sensi dell'art. 309 cod. proc. pen., il 25 giugno - 23 luglio 2020 ha rigettato la richiesta di riesame avverso l'ordinanza con cui il G.i.p. del Tribunale di Castrovillari il 22 maggio 2020 ha applicato a G.F., nato a Policoro (MT) il 22 maggio del 1969, indagato per violazione dell'art. 603-bis cod. pen., la misura cautelare degli arresti domiciliari.

2. Secondo la prospettazione della pubblica accusa, recepita dai decidenti di merito, il ricorrente, svolgendo sostanzialmente attività di imprenditore agricolo, avrebbe assunto, impiegato ed utilizzato più lavoratori - in numero superiore a tre - indicati nel capo di accusa, sottoponendoli a condizioni di sfruttamento, approfittando dello stato di bisogno.
Il Tribunale di Catanzaro ha ritenuto sussistente l'esigenza cautelare di evitare il rischio di recidiva e necessaria, adeguata e proporzionata la misura degli arresti domiciliari applicata all'indagato dal G.i.p.

3. Ricorre per la cassazione dell'ordinanza G.F., tramite difensore di fiducia, affidandosi ad una pluralità di motivi, con i quali denunzia promiscuamente violazione di legge e vizio motivazionale, anche per mancanza della stessa.
Preliminarmente si sottolinea la circostanza che, avendo la difesa di Ga.F., padre di G.F., adito il Tribunale per il riesame di Cosenza ex art. 324 cod. proc. pen., con ordinanza del 1°-6 luglio 2020, che si richiama e si allega (all. n. 3 al ricorso), è stato annullato il provvedimento di sequestro del compendio aziendale della ditta individuale "Ga.F. ", in cui collabora il figlio G.F., per mancanza del fumus del reato contestato.
Si duole della circostanza che l'ordinanza sia nulla perché carente degli elementi essenziali, per palese violazione di legge, oltre che priva di motivazione o assistita da motivazione meramente apparente e, comunque, insufficiente, facendo la stessa riferimento ad elementi di fatto che si riferiscono a posizioni diverse da quella del ricorrente, in realtà non risultando essere state corrisposte ai lavoratori retribuzioni in maniera palesemente difforme dai contratti collettivi ovvero sproporzionate rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato né essendovi stata reiterata violazione della normativa sull'orario di lavoro, sui periodi di riposo, sul riposo settimanale, sulle ferie né violazioni delle norme in materia di sicurezza ed igiene nei luoghi di lavoro né sottoposizione a condizioni di lavoro, metodi di sorveglianza o situazioni di alloggio degradanti.

3.1. In particolare, con il primo motivo si lamenta la violazione dell'art. 603-bis cod. pen. perché non sussisterebbero elementi denotanti lo "sfruttamento" previsto dalla norma incriminatrice ma, al più, mere irregolarità tutelabili innanzi al giudice del lavoro. Si richiamano al riguardo, trascrivendone integralmente il testo in nota ed anche mediante allegazione all'atto di impugnazione (sub n. 2), condividendole, le motivazioni dell'ordinanza con cui il Tribunale per il riesame dei provvedimenti reali di Cosenza il 1°-6 luglio 2020 ha annullato, per mancanza del fumus, il provvedimento di sequestro.
3.2. Con il secondo motivo si censura la ritenuta violazione dell'art. 292, comma 2, lett. c), cod. proc. pen. e mancanza di motivazione quanto all'attualità delle esigenze cautelari in relazione al tempo trascorso dalla commissione del reato.
Richiamati i principi che governano la materia cautelare ed alcune sentenze di legittimità stimate pertinenti al riguardo, si assume avere il giudice di merito desunto la sussistenza delle esigenze cautelari soltanto dalla ritenuta gravità indiziaria riferita a fatti risalenti a due anni e mezzo or sono, essendo peraltro l'indagato persona dalla condotta irreprensibile.
3.3. Mediante l'ulteriore motivo G.F. si duole della violazione dell'art. 275, comma 2, cod. proc. pen. e di mancanza del requisito fisico della motivazione, quanto al rispetto dei principi di proporzionalità ed adeguatezza nella scelta della misura cautelare.
3.4. Infine, denuncia la mancanza di motivazione quanto alla prognosi della pericolosità in riferimento ai "comportamenti concreti" ed ai "precedenti penali", trascurando che il padre Ga.F., dopo i fatti colpito da tumore maligno (si allegano certificazioni del 16 giugno 2020, del 18 febbraio 2020 e del 15 ottobre 2019, ali. nn. 2-3 alla originaria richiesta al riesame di Catanzaro, in cui alla p. 5 si segnala la grave situazione di salute del padre Ga.F.), è invalido al 100% e che ha dato in affitto l'azienda al figlio G.F. a partire dal 9 gennaio 2020 (come risulta dall'allegato al ricorso, già ali. n. 7 al riesame).
Peraltro, dalla documentazione difensiva (ali. sub n. 9) emergerebbe che lavoratori di cui all'imputazione sono tutti regolarmente assunti e regolarmente retribuiti con busta paga, alla stessa stregua degli altri lavoratori dipendenti della ditta G.F..
Si chiede, dunque, l'annullamento dell'ordinanza impugnata.


4. Il Procuratore Generale della S.C. nelle proprie conclusioni scritte dell'8 gennaio 2021 (rassegnate ai sensi dell'art. 23, comma 8, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176) ha chiesto il rigetto del ricorso.
 

Diritto



1.Il ricorso è infondato e deve essere rigettato, per le seguenti ragioni.


2. Le censure difensive in tema di gravità indiziaria sono essenzialmente incentrate sul richiamo al precedente difforme emesso dal Tribunale di Cosenza, in funzione di giudice delle impugnazioni avverso i provvedimenti cautelari reali, in data 1-6 luglio 2020, cioè successivamente all'ordinanza impugnata, adottata il 25 giugno - 23 luglio 2020.
Il richiamato provvedimento, in effetti, legge in maniera nettamente diversa gli indizi, ritenendo insussistente il grave sfruttamento che è alla base della incriminazione per "caporalato" (v. terzultima, penultima ed ultima pagina del provvedimento) e giungendo a ritenere insussistente il fumus per il sequestro, che annulla. Situazione enfaticamente narrata dalla difesa come «situazione di violento contrasto [...] nei Tribunali calabresi» (così p. 1 dell'impugnazione).
Si impongono al riguardo le seguenti considerazioni.
In primo luogo, non può certo attribuirsi aprioristica prevalenza alle valutazioni svolte da un Ufficio giurisdizionale di merito rispetto a quelle di altro Ufficio, entrambi chiamati a breve distanza di tempo, per effetto delle diverse regole procedurali in tema di cautele reali e personali, ad occuparsi di una vicenda che è - sì - unitaria ma su impugnazione promosse da parti diverse e sotto angoli prospettici diversi.
Assume, poi, rilievo tranciante la constatazione che il provvedimento favorevole alla difesa è cronologicamente successivo a quello impugnato. Con due importanti conseguenze: la prima, il Tribunale per il riesame di Catanzaro, riservata la decisione all'udienza camerale del 25 giugno 2020, nulla poteva sapere circa le determinazioni che avrebbe adottato il Tribunale di Cosenza all'udienza che si sarebbe tenuta sei giorni dopo, il 1° luglio 2020; la seconda, l'impugnazione mira - ma inammissibilmente - ad introdurre per la prima volta nel giudizio di legittimità un documento (cioè l'ordinanza del Tribunale per il riesame di Cosenza, il cui contenuto argomentativo appare favorevole alla difesa) che non è stato sottoposto, perché non ancora esistente, alla valutazione del giudice la cui decisione si contesta.
Nel merito, l'ordinanza relativa a G.F. in punto di gravità indiziaria evidenzia (pp. 4-8) che il ricorrente ed il padre Ga.F. si rivolgerebbero a tre "caporali", tra cui la signora E.S. ed il sig. K.E., per reclutare braccianti per la raccolta della frutta; e che E.S. in due conversazioni intercettate, del 24 marzo 2018 e del 10 aprile 2018, fa riferimento alla ditta G.F., presso la quale - dice - sì troverebbe il giorno 10 aprile 2018; da una conversazione di quattro giorni dopo ì giudici di merito traggono la circostanza che G.F. prende appuntamento con E.S., con un furgone, per le 6.00 della mattina dopo, per raccogliere. A ciò deve aggiungersi che il 4 aprile 2018 la Guardia di Finanza ha trovato i braccianti ed E.S. sul campo dei G.F. intenti a raccogliere fragole e che il 9 aprile 2018 ha controllato un furgone sul quale erano stati fatti salire lavoratori che dichiaravano di essere stati reclutati da E.S. e di avere lavorato per l'azienda agricola di Ga.F. di Polìcoro.
Quanto alle condizioni di sfruttamento dei lavoratori, il provvedimento impugnato valorizza l'essere gli operai pagati meno del compenso previsto dai contratti collettivi e l'affermazione - captata il 24 marzo 2018 - di E.S., secondo la quale non è possibile negare un acconto ai braccianti, altrimenti essi, non avendo denaro per mangiare, potrebbero svenire sui campi; inoltre avrebbero lavorato una domenica ed il 1° maggio, festa nazionale (v. p. 6 dell'ordinanza del Tribunale per il riesame).
La situazione dei lavoratori - osservano i giudici di merito (alla p. 7) - non poteva essere ignota a G.F. perché, pur essendo privo sino al gennaio 2020 della qualifica formale di imprenditore e pur essendosi avvalso della intermediazione di terzi, era, comunque, materialmente presente sul terreno al momento della raccolta ed impartiva direttiva ad E.S., con ciò dimostrando consapevolezza e compartecipazione.
Si tratta di motivazione sufficiente, logica e congrua, non specificamente confutata nel ricorso, che si limita a prospettaziont avversative.

3. In tema di esigenze cautelari, si osserva che il ricorso nell'interesse di G.F. è contenutisticamente generico, essendo per lo più incentrato sulle condizioni di salute del padre.
In ogni caso, l'ordinanza impugnata evidenzia (alla p. 8) la gravità del fatto, il non avere il ricorrente compreso il disvalore delle proprie azioni e la circostanza che, gestendo stabilmente e professionalmente l'azienda di famiglia, appare probabile la reiterazione per la raccolta delle colture dì stagione; si osserva inoltre che, in epoca successiva ai fatti, dal conto corrente del "caporale" K.E., che sì ritiene essere stabilmente impiegato dai due G.F., sono stati fatti cospicui prelievi, per circa complessivi 70.000,00 euro in un anno mezzo, prelievi che si spiegherebbero con la retribuzione dei braccianti impiegati presso l'azienda.

Quanto alla adeguatezza della misura, si sottolinea (p. 8) che gli arresti domiciliari risultano necessari, risiedendo G.F. nello stesso Comune - Policoro - in cui sono i terreni.
Anche in questo caso, il provvedimento resiste alle vaghe censure difensive, strutturate mediante il richiamo di principi generali, non calati, tuttavia, nel concreto contesto in esame.

4. Consegue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente, per legge, al pagamento delle spese processuali.

 

P.Q.M.




Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 26/01/2021.