Cassazione Penale, Sez. 4, 14 maggio 2021, n. 18951 - Operaio precipita con una autobetonpompa nella scarpata: responsabilità del coordinatore che non prevede nel PSC il rischio inerente la posa del calcestruzzo percorrendo strade con dislivelli 


 

 

Presidente: PICCIALLI PATRIZIA
Relatore: PAVICH GIUSEPPE Data Udienza: 29/04/2021
 

 

Fatto




1. La Corte d'appello di Venezia, in data 4 ottobre 2018, ha parzialmente riformato la sentenza con la quale il Tribunale di Vicenza, in data 23 novembre 2016, aveva condannato M.L. alla pena ritenuta di giustizia per il delitto di omicidio colposo con violazione di norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro ed aveva assolto MA. T. e M.T. dallo stesso reato per non aver commesso il fatto; la Corte lagunare, per l'esattezza, ha confermato la condanna del M.L. e ha condannato anche MA. T. e M.T. per lo stesso reato, così ribaltando quanto a costoro il giudizio assolutorio di primo grado.
1.1. Oggetto del processo é un infortunio sul lavoro verificatosi in un cantiere sito in Molvena il 22 luglio 2010, ove si stava realizzando una piscina. Nell'ambito del cantiere, ove operavano più ditte appaltatrici, il M.L. svolgeva mansioni di coordinatore per la progettazione e per l'esecuzione dei lavori (formalmente nominato il 19 luglio 2010); Ma. e M. T. erano titolari della ditta esecutrice dei lavori (la Edil TM s.n.c.). Durante le lavorazioni, uno dei dipendenti di altra ditta impegnata nel cantiere (T.M., dipendente della Vibeton s.p.a.), che svolgeva mansioni di autista, veniva incaricato di effettuare una gettata di calcestruzzo e a tal fine percorreva, con la sua autobetonpompa (avente un braccio di 28 metri), una strada sterrata caratterizzata da marcata pendenza trasversale; a causa di tale dislivello, stimato in 42 cm., il mezzo si rovesciava sotto il peso del calcestruzzo trasportato e precipitava nella scarpata sottostante; il T.M. decedeva sul colpo.
Al M.L., nella sua qualità di coordinatore, si rimprovera di non avere redatto un PSC che tenesse conto dei rischi attinenti la posa del calcestruzzo percorrendo, con le autobetonpompe, strade caratterizzate da dislivelli come quello che aveva cagionato il sinistro; a Ma. e M. T. viene addebitata l'omessa predisposizione di opportuni segnalamenti e divieti di accesso su aree caratterizzate da pericolosi dislivelli, nonché la mancata redazione di idoneo POS che contemplasse i rischi inerenti alla fase preliminare della stesa del calcestruzzo, compreso quello nella specie concretizzatosi.
1.2. La Corte di merito, pur dando atto che fra le cause del sinistro vi era sicuramente il comportamento avventato del T.M. - il quale si era avventurato nella strada sterrata senza prima sincerarsi delle sue condizioni e della compatibiità della stessa con le operazioni di getto di calcestruzzo a lui richieste - , ha ritenuto che non solo il M.L. (nella sua qualità di CSE), ma anche i due T. (nella loro qualità) avessero omesso di governare il rischio di cui essi erano comunque garanti: quanto al M.L., il PSC, che da lui sarebbe stato redatto previo sopralluogo effettuato al momento del conferimento dell'incarico, era in realtà un documento costruito a tavolino e risultante dall'assemblaggio di fogli diversi, laddove nella seconda pagina del documento si legge che esso era stato redatto nel mese di giugno 2010; per di più, nel POS dei fratelli T., redatto il 28 giugno, si legge che a tale data il M.L. svolgeva già le funzioni di CSE. In aggiunta a ciò, il testo del PSC risulta del tutto carente proprio nelle valutazioni dei rischi per i lavoratori delle imprese operanti, e rende evidenti alcune incongruità che ne rivelano il carattere improvvisato e fittizio; del pari il c.d. cronoprogramma contenuto nel PSC viene definito dalla Corte di merito come un pro-forma. Quanto al fatto che non era stata disposta la sospensione dell'attività del cantiere dopo la c.d. posa del "magrone", esso sta a significare che la successiva posa del calcestruzzo (ossia l'operazione in corso di svolgimento a cura della persona offesa) non poteva dirsi imprevedibile o inaspettata. Quanto a Ma. e M. T., il POS da loro redatto non si occupa della recinzione del cantiere, degli accessi e della viabilità interna, facendo rinvio a un "riferimento planimetrico" e alle previsioni del PSC che doveva essere redatto dal M.L., mentre la segnaletica di sicurezza indicata come "installata" era in realtà mancante; dunque anche costoro, secondo la Corte di merito, hanno omesso di confrontarsi con i rischi connessi all'accesso su percorsi pericolosi da parte dei lavoratori delle ditte presenti in cantiere.

2. Avverso la prefata sentenza ricorrono sia il M.L., sia Ma. e M. T..

3. Il ricorso del M.L. consta di un unico motivo, nel quale il ricorrente lamenta violazione di legge e vizio di motivazione, censurando la sentenza impugnata laddove essa esclude che causa esclusiva del sinistro fosse il comportamento della persona offesa: la sua macroscopica distrazione nell'avere omesso di ispezionare preventivamente la carrareccia ove avvenne l'incidente doveva qualificarsi come comportamento eccezionale, esorbitante e abnorme, laddove egli, una volta constatata la pericolosità del percorso, avrebbe dovuto sospendere la propria prestazione e avvertirne i responsabili del cantiere. Quanto poi alla recinzione da apporre sul sito, essa in realtà era contemplata dal PSC redatto dal M.L. (allegato n. 10) e comunque doveva essere prevista dal datore di lavoro della ditta esecutrice senza input esterni. Contesta poi il ricorrente che il M.L. avesse assunto l'incarico di CSE in data antecedente il 19 luglio 2010, richiamando le dichiarazioni in tal senso del teste V. ed osservando che il PSC fu consegnato in cantiere in data certa (il 21 luglio); il M.L. assunse l'incarico quando i lavori erano già stati intrapresi e vi era già stata la prima gettata di calcestruzzo, dunque il PSC andava predisposto con urgenza. Inoltre il M.L. aveva previsto e indicato a tutte le ditte coinvolte nel cantiere che i lavori di getto del calcestruzzo dovevano essere interrotti per tutto il tempo necessario all'accantieramento e al posizionamento dei presidi di sicurezza, tra cui la rete di protezione delimitante l'area pavimentata da non oltrepassare. Perciò il T.M., il giorno dell'incidente, non doveva trovarsi in cantiere né tanto meno effettuare la gettata di calcestruzzo.

4. Il ricorso di Ma. e M. T. consta di quattro motivi.
4.1. Con il primo motivo i ricorrenti lamentano vizio di motivazione con riguardo al fatto che la Corte di merito ha escluso la responsabilità del datore di lavoro del T.M., reputando che il POS della Vibeton (da cui il T.M. dipendeva) avesse convenientemente previsto e disciplinato il rischio concretizzatosi e concludendo che il T.M. avesse violato le regole di cautela correlate a tale rischio; ma non ha tratto le debite conclusioni con riguardo ai responsabili delle altre ditte presenti sul cantiere.
4.2. Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano vizio di motivazione in ordine alla natura della condotta del T.M., che essi giudicano abnorme anche perché costui disattese le indicazioni di fermarsi impartitegli gestualmente da Ma. T. (in sostituzione della mancanza di un cartello di accesso); quanto all'assenza di recinzione, essa era stata prevista dal geom. M.L. solo in caso di cantiere incustodito.
4.3. Con il terzo motivo si denunciano violazione di legge e vizio di motivazione con riguardo alla mancata ottemperanza dell'obbligo di rinnovazione dell'istruzione dibattimentale ex art. 603, comma 3-bis, cod.proc.pen.: a differenza di quanto affermato dalla Corte di merito, il ribaltamento in appello della decisione assolutoria é dipeso da fonti di prova orale risultate decisive, per esse dovendosi indicare quelle che riferirono proprio del cenno con la mano fatto a distanza da Ma. T., sostenendo che tale cenno poteva non essere stato notato dal T.M..
4.4. Con il quarto motivo si denuncia vizio di motivazione con riguardo al fatto che, in base alle omissioni poste in essere dal geom. M.L. nel redigere il PSC (con riguardo al divieto d'accesso alla carrareccia e all'omesso ordine di sospensione del cantiere), gli asseriti inadempimenti addebitati ai T. devono ritenersi esclusi per mancanza dell'elemento soggettivo, in base al principio di affidamento.

 

Diritto




1. Il ricorso del M.L. é infondato, ponendosi anzi al limite della manifesta infondatezza.

E' noto che il coordinatore per la progettazione risponde per l'infortunio riconducibile all'inadeguata valutazione, nel piano di sicurezza e di coordinamento, del rischio interferenziale, e alla mancata previsione di misure di sicurezza idonee a prevenirlo (Sez. 4, Sentenza n. 17213 del 15/02/2019, Danzi, Rv. 275713); del pari é noto che al coordinatore della sicurezza per l'esecuzione dei lavori spettano compiti di "alta vigilanza", consistenti: a) nel controllo sulla corretta osservanza, da parte delle imprese, delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento, nonché sulla scrupolosa applicazione delle procedure di lavoro a garanzia dell'incolumità dei lavoratori; b) nella verifica dell'idoneità del piano operativo di sicurezza (POS) e nell'assicurazione della sua coerenza rispetto al piano di sicurezza e coordinamento; c) nell'adeguamento dei piani in relazione all'evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute, verificando, altresì, che le imprese esecutrici adeguino i rispettivi POS (Sez. 4, Sentenza n. 45862 del 14/09/2017, Prina, Rv. 271026).
Ora, la descrizione di come e con quali cadenze temporali sia stato in realtà redatto il PSC da parte del M.L., operata dalla Corte di merito, risulta puntuale e argomentata e depone per una frettolosa formalizzazione dell'assunzione dell'incarico, da parte del ricorrente, pochi giorni prima dell'incidente, laddove invece risulta da altri atti (v. POS T.) che il M.L. aveva già assunto la qualifica almeno dal giugno precedente. L'assemblaggio caotico del PSC, rimarcato nella sentenza impugnata, disvela che almeno una parte di esso era stata già redatta nel mese di giugno, a fronte della formale assunzione dell'incarico da parte del M.L. il 19 luglio, 3 giorni prima dell'incidente. Né ha pregio quanto asserito dallo stesso ricorrente circa il fatto che incombesse ai T. disciplinare nel loro POS, senza input esterni, la recinzione e la segnalazione delle aree a rischio, atteso che la posizione di garanzia di costoro non esclude certo quella del M.L. quale CSE, essendo noto che, qualora vi siano più titolari della posizione di garanzia, ciascuno é per intero destinatario dell'obbligo di tutela impostogli dalla legge fin quando si esaurisce il rapporto che ha legittimato la costituzione della singola posizione di garanzia, per cui l'omessa applicazione di una cautela antinfortunistica é addebitabile ad ognuno dei titolari di tale posizione (Sez. 4, Sentenza n. 18826 del 09/02/2012, Pezzo, Rv. 253850; Sez. 4, Sentenza n. 6507 del 11/01/2018, Caputo, Rv. 272464).
Parimenti privo di pregio é l'argomento - comune sia al ricorso del M.L. che a quelli dei T. - volto a sostenere la natura abnorme, eccezionale e imprevedibile del comportamento della vittima: comportamento che la stessa sentenza d'appello (v. pp. 7 - 9) descrive correttamente come imprudente, oltreché inosservante delle regole di prudenza introdotte con il DVR della Vibeton e con il POS redatto dalla stessa ditta. Ma, come noto, altro é il comportamento caratterizzato da imprudenza anche grave, come nell'occorso, ed altro é il comportamento abnorme, o comunque eccezionale e imprevedibile, come tale interruttivo del nesso di causalità. In proposito va ribadito il principio, affermato dalla sentenza a Sezioni Unite n. 38343/2014 (Espenhahn ed altri, c.d. sentenza Thyssenkrupp), in base al quale, in tema di prevenzione antinfortunistica, perché la condotta colposa del lavoratore possa ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l'evento lesivo, é necessario non tanto che essa sia imprevedibile, quanto, piuttosto, che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia (negli stessi termini vds. anche Sez. 4, n. 15124 del 13/12/2016 - dep. 2017, Gerosa e altri, Rv. 269603; cfr. in termini sostanzialmente identici Sez. 4, n. 15174 del 13/12/2017 - dep. 2018, Spina e altro, Rv. 273247).
Ora, é di tutta evidenza che nell'ambito di tale sfera di rischio rientrava certamente quello di condurre l'autobetonpompa per procedere al getto di calcestruzzo in vista della posa in opera della piscina; il fatto che il M.T. abbia scelto di percorrere una carrareccia scoscesa non per ragioni estemporanee, ma per gettare il calcestruzzo ed anche per avvicinarsi ai responsabili del cantiere (i T.) onde poter svolgere il lavoro affidatogli nelle condizioni più favorevoli, non era certo condotta eccentrica rispetto alle mansioni affidategli, né rispetto al rischio governato dai diversi garanti presenti sul cantiere: tant'é che ad esempio il POS della Vibeton aveva monitorato il rischio prescrivendo che l'autista procedesse alla "previa verifica dello stato di conservazione delle piste e delle aree che devono essere frequentate dai mezzi della Ditta". E' chiaro poi che, come sostenuto dai giudici di merito, la mancata recinzione e il mancato segnalamento delle aree pericolose hanno costituito un ulteriore fattore di rischio che si é associato all'imprudenza dell'autista e che si é inserito nella serie causale senza in alcun modo venirne escluso dalla condotta colposa della vittima.

2. Anche i ricorsi dei T. sono infondati.
2.1. In aggiunta a quanto già visto a proposito della non abnormità della condotta del M.T. (v. secondo motivo dei ricorsi), va detto che non ha pregio quanto sostenuto nel primo motivo, laddove si afferma che la mancata previsione del rischio nel POS della Edil TM sarebbe priva di rilievo in relazione al fatto che tale rischio era stato invece convenientemente previsto nel POS della Vibeton (da cui il M.T. dipendeva); i T. erano infatti garanti dei rischi connessi al cantiere di cui essi erano responsabili (quali titolari della ditta esecutrice dei lavori) non certo meno di quanto lo fosse la Vibeton, ed era ad essi che incombeva il compito di regolamentare la recinzione del cantiere, gli accessi e la viabilità interna (di cui il POS rimanda alla disciplina prevista nel PSC, che invece era mancante) ed anche quello di curare la presenza della segnaletica di sicurezza all'interno del cantiere stesso (segnaletica di cui però non vi era traccia né al momento del sinistro, né quando il tecnico SPISAL eseguì l'accesso sui luoghi dell'incidente). Vale in ogni caso quanto si é detto a proposito delle ipotesi di pluralità di garanti, in relazione alle quali ciascuno di essi rimane per intero destinatario dell'obbligo di sicurezza connesso alla posizione di garanzia.
2.2. Neppure coglie nel segno l'assunto sostenuto nel terzo motivo a proposito della mancata rinnovazione dell'istruzione dibattimentale a fronte del ribaltamento in peius della sentenza assolutoria che in primo grado era stata emessa nei confronti dei T.: le prove orali "decisive" cui essi fanno riferimento per inferirne che la rivalutazione delle stesse in appello avrebbe imposto una nuova audizione avanti la Corte distrettuale si riducono alle dichiarazioni degli stessi T., i quali assumono di avere impartito al T.M. disposizioni gestuali facendogli cenno di fermarsi; ma sul punto la Corte di merito é chiara nel ravvisare l'infungibilità di tali generiche, presunte segnalazioni gestuali rispetto alla prescritta (e mancante) segnaletica di sicurezza (pag. 11 sentenza impugnata); con ciò che ne consegue in punto di decisività delle prove di cui si lamenta la mancata riassunzione.
2.3. Infine é infondato il quarto motivo di ricorso. E' noto che, da sempre, le figure dei coordinatori per la progettazione e per la sicurezza non si sovrappongono a quelle degli altri soggetti responsabili nel campo della sicurezza sul luogo di lavoro, ma ad esse si affiancano per realizzare, attraverso la valorizzazione di una figura unitaria con compiti di coordinamento e controllo, la massima garanzia dell'incolumità dei lavoratori (principio affermato già sotto il vigore delle disposizioni previgenti, ma valido anche con l'attuale normativa: vds. Sez. 4, Sentenza n. 7443 del 17/01/2013, Palmisano e altri, Rv. 255102). Si ricorda inoltre che la funzione di alta vigilanza che grava sul coordinatore per l'esecuzione dei lavori ha ad oggetto esclusivamente il rischio c.d. generico, relativo alle fonti di pericolo riconducibili all'ambiente di lavoro, al modo in cui sono organizzate le attività, alle procedure lavorative ed alla convergenza in esso di più imprese; ne consegue che il coordinatore non risponde degli eventi riconducibili al c.d. rischio specifico, proprio dell'attività dell'impresa appaltatrice o del singolo lavoratore autonomo (Sez. 4, Sentenza n. 3288 del 27/09/2016, dep. 2017, Belletti e altro, Rv. 269046). Per tali ragioni, le accertate inottemperanze del geom. M.L. nel redigere il PSC non sollevavano i T. dal disciplinare, con il POS da loro redatto, i rischi per la sicurezza nel cantiere rappresentati dall'accessibilità a luoghi pericolosi, mediante le opportune chiusure e gli opportuni segnalamenti.

3. Al rigetto dei ricorsi segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

 

P.Q.M.

 


rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma il 29 aprile 2021.