Categoria: Cassazione civile
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Cassazione Civile, Sez. 6, 20 maggio 2021, n. 13783 -  Responsabilità e risarcimento del danno a seguito di infortunio sul lavoro


 

Presidente: LEONE MARGHERITA MARIA
Relatore: ESPOSITO LUCIA Data pubblicazione: 20/05/2021
 

Rilevato che

La Corte d'appello di Milano, in parziale riforma della decisione di primo grado che aveva dichiarato la responsabilità solidale di Fall. Natura Verde SAS di Valter P. & c., nonché di Valter P., M.B. e G.B., nella causazione dell'infortunio sul lavoro subito da K.B. il 28/11/2005, rideterminava in aumento l'importo già liquidato a quest'ultimo a titolo di risarcimento dei danni;

avverso la sentenza propone ricorso per cassazione K.B. sulla base di quattro motivi;

resistono M.B. e G.B., nonché, autonomamente, Società Cattolica di Assicurazioni, mentre il Fallimento non ha svolto attività difensiva;

la proposta del relatore, unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza camerale non partecipata è stata notificata alla controparte.

 

Considerato che


con il primo motivo il ricorrente deduce nullità della sentenza per violazione dell'art. 132 c. II n. 4 c.p.c., in ragione della motivazione inesistente o comunque apparente e perplessa in relazione alle osservazioni critiche del c.t.p. di parte appellante, osservando che la Corte territoriale non aveva fornito alcuna concreta indicazione né degli elementi da cui aveva tratto il convincimento che il CTU si fosse fatto carico delle osservazioni critiche dei consulenti di parte, né di quelli da cui aveva tratto il convincimento che le predette osservazioni critiche fossero infondate;

con il secondo motivo deduce nullità della sentenza per violazione dell'art. 132 c.p.c., in ragione della motivazione inesistente o comunque apparente e perplessa in relazione ai rilievi critici della difesa di parte appellante;

con il terzo motivo deduce omesso esame di fatti decisivi per il giudizio che siano stati oggetto di discussione tra le parti, in relazione alle lesioni organiche permanenti riscontrate anche in sede INAIL, lamentando l'acritica adesione della Corte territoriale alle consulenze espletate in primo grado e in appello, in sede di rinnovo;

con il quarto motivo deduce la nullità della sentenza per violazione dell'art. 132 II c. n. 4 c.p.c., per carente motivazione sulla quantificazione del danno biologico permanente, determinato nella misura del 21% in base alle tabelle ex D.lgs. 38/2000, mentre il CTU aveva valutato il danno in sede civilistica nella misura del 20-22%;

i primi due motivi di ricorso, da trattare congiuntamente per la loro intima connessione, sono infondati;

risulta, infatti, che la Corte territoriale, a seguito delle osservazioni mosse dai consulenti di parte alla relazione di consulenza, ha disposto la rinnovazione della ctu medico legale, incaricando nuovo consulente, il quale, sulla base della valutazione delle critiche mosse, ha sostanzialmente confermato le conclusioni già rese dal primo consulente. In siffatta situazione, deve ritenersi operante il consolidato orientamento della Corte di legittimità (Cass. n. 15147 del 11/06/2018), secondo il quale, qualora il giudice del merito aderisca al parere del consulente tecnico d'ufficio, tanto più quando reso in sede di rinnovo della consulenza, a seguito delle osservazioni mosse dalle parti alla prima, non è tenuto ad esporne in modo specifico le ragioni, poiché l'accettazione del parere, delineando il percorso logico della decisione, ne costituisce adeguata motivazione, non suscettibile di censure in sede di legittimità, ben potendo il richiamo, anche "per relationem" dell'elaborato, implicare una compiuta positiva valutazione del percorso argomentativo e dei principi e metodi scientifici seguiti dal consulente. Né risultano allegate critiche specifiche e circostanziate riguardanti la seconda consulenza tali da determinare l'obbligo per il giudice di illustrare le ragioni del suo dissenso;

la motivazione, anche per relationem, pertanto, appare congrua e adeguata a esplicitare l'iter argomentativo a fondamento della decisione, nei termini enunciati da Cass. n. 8053 del 07/04/2014, tanto più che la nozione di motivazione apparente è circoscritta al caso in cui la stessa non consenta alcun controllo sull'esattezza e la logicità del ragionamento decisorio, così da non attingere la soglia del "minimo costituzionale" richiesto dall'art. 111 comma 6 Cost. n. 13248 del 30/06/2020;

con il terzo motivo il ricorrente deduce omesso esame di fatti decisivi per il giudizio che siano stati oggetto di discussione tra le parti, in relazione alle lesioni organiche permanenti riscontrate anche in sede INAIL, lamentando l'acritica adesione della Corte territoriale alle consulenze espletate in primo grado e in appello, in sede di rinnovo;

la censura, per come formulata, investe le risultanze istruttorie (con specifico riferimento ad alcuni documenti medici prodotti che si assumono non esaminati dal ctu), con la conseguenza che non può ritenersi sussistente il vizio prospettato (cfr. Cass. n. 28887 del 08/11/2019: "L'omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, censurabile ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie, sicché il fatto storico non può identificarsi con il difettoso esame dei parametri della liquidazione dell'indennità ex art. 32, comma 5, della I. n. 183 del 2010, sui quali il giudice di merito conduce la valutazione ai fini della liquidazione della stessa"), mentre in relazione al presunto omesso esame di specifici documenti, dei medesimi non risulta allegata la decisività;

del pari infondato è l'ultimo motivo, perché, richiamata la nozione di motivazione apparente come sopra delineata con riferimento ai primi due motivi di ricorso, risulta comprensibile la motivazione che quantifica il danno secondo i criteri di computo civilistici, in misura comunque superiore a quella minima indicata dal ctu;

in base alle svolte argomentazioni in ricorso va complessivamente rigettato e le spese sono liquidate secondo soccombenza nei confronti della controparte costituita;

in considerazione della statuizione, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso;

 

P. Q. M.
 


La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore di Casali Antonella, liquidate in complessivi €2.500,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nell'adunanza camerale del 28 GENNAIO 2021