Cassazione Civile, Sez. Lav., 13 agosto 2021, n. 22873 - Domanda di rendita per malattia relativa al tratto cervicale della colonna vertebrale. Necessaria la "probabilità qualificata"


 

 

Presidente: MANNA ANTONIO
Relatore: CALAFIORE DANIELA
Data pubblicazione: 13/08/2021
 

 

Rilevato che:

con sentenza n. 561 del 2015, la Corte d'appello di L'Aquila, accogliendo l'impugnazione proposta dall'Inail avverso la sentenza di primo grado, ha rigettato la domanda proposta da R.DF., accolta dal primo giudice, volta alla condanna dell'Inail alla costituzione di una rendita per malattie professionali (spondilouncoartrosi del tratto cervicale e lombare, focalità erniaria paramediana dx C5-C6 e protrusioni discali multiple di origine professionale) che il R.DF. assumeva di aver contratto in occasione dell'attività di lavoro svolta alle dipendenze di Enel s.p.a.;
ad avviso della Corte d'appello, quanto agli accertamenti in fatto, dagli esiti della consulenza tecnica espletata era emerso il pacifico svolgimento da parte del R.DF. dell'attività di operaio elettricista Enel impegnato nel montaggio, manutenzione e riparazione di elettrodotti e da ciò si poteva presumere che l'appellato nel corso della sua attività lavorativa aveva movimentato pesi in assenza di ausili meccanici anche con l'assunzione di posture incongrue ed era stato esposto a vibrazioni estese a tutto il corpo connesse all'utilizzo di mezzi meccanici;
tuttavia, a prescindere dalle considerazioni relative alla effettiva esposizione al rischio lavorativo, non risultava essere stato oggetto di denuncia all'INAIL alcuna malattia relativa al tratto cervicale della colonna vertebrale ma bensì quelle relative al distretto lombo-sacrale e tali ultime non potevano ritenersi di natura professionale in ragione del fatto che il lavoratore aveva lavorato alle dipendenze dell'ENEL sino al dicembre 2001 e dal referto RX del rachide dallo stesso prodotto risalente al maggio 2002 si era evidenziata la riduzione della fisiologica lordosi, l'assenza delle alterazioni strutturali focali dei metameri esaminati, iniziali alterazioni spondilosiche associate a riduzione dello spazio intersomatico L5-S1; pertanto, andavano condivise le conclusioni del c.t.u. che aveva ritenuto il quadro radiologico conforme a quello della popolazione media avente età corrispondente (57 anni);
per la cassazione di tale sentenza, ricorre R.DF. sulla base di due motivi, successivamente illustrato da memoria: 1) relativo alla violazione e falsa applicazione degli artt. 51 e 63 c.p.c. in relazione al rigetto dell'istanza di ricusazione del c.t.u. nominato in appello fondata sulla affermata grave inimicizia tra lo stesso e l'avvocato del ricorrente; 2) violazione e falsa applicazione degli artt. 40 e 41 c.p., degli articoli 112,115, 191 e 194 c.p.c., degli artt. 3,53, 79 ed art. 84 d.P.R. n. 1124/1965 della voce 193 D.M. 12/7/2000 (posto che la sentenza non aveva dato rilievo alla sintomatologia lamentata, sintetizzata nelle "discopatie multiple" nell' individuare la malattia denunciata), nonché la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. sulla valutazione delle prove e dell'art. 149 disp. att. c.p.c. per l'omessa valutazione degli elementi acquisiti in corso di causa;
resiste l'Inail con controricorso.

Considerato che:

il primo motivo è inammissibile;
il ricorrente si duole del rigetto dell'istanza di ricusazione che era stata presentata in quanto tra il difensore del meidesimo ed il c.t.u. nominato in grado d'appello esisteva, a suo dire, grave inimicizia personale maturata nel corso di diverse cause (appartenenti ad unico filone di dipendenti Enel);
in particolare, si denuncia che la Corte d'appello, dopo aver ascoltato il c.t.u. ed essersi ritirata in camera di consiglio anche per decidere sull'istanza, aveva rigettato la stessa affermando l'insussistenza di una causa di ricusazione senza tenere in considerazione le gravi ragioni addotte;
va messo in evidenza che nella fattispecie, lamentandosi nella sostanza la violazione di norme sul processo - con esplicito richiamo anche all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 - si sarebbe dovuto argomentare circa la dedotta incidenza della loro violazione sull'esistenza stessa della sentenza, atteso che gli errores in procedendo contemplati dalla citata norma sono appunto solo quelli dai quali derivi per discendenza diretta la nullità della sentenza e non già quelli, che pur consistendo - secondo allegazione - in un mancato rispetto delle norme procedimentali, non abbiano di per sé effetti sulla struttura e sulla legittimità della sentenza ma solo sulla formazione dell'iter logico seguito dal giudice;

infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte di cassazione, (Cass. 4532 del 1996; Cass. 25651 del 2017 ) atteso che - ai sensi del combinato disposto degli art. 53, 54 e 63 c.p.c. - la decisione sulla ricusazione del consulente tecnico è adottata con ordinanza non impugnabile, il ricorso per cassazione avverso la sentenza del giudice d'appello (con il quale si censura la decisione impugnata per la ritenuta incompatibilità tra consulente tecnico e difensore della parte) deve essere fondato su ragioni, sorrette da adeguate argomentazioni, tendenti a dimostrare che la predetta "incompatibilità" ha in effetti inciso sulla valutazione delle risultanze cliniche e strumentali, così da determinare un vizio di motivazione della sentenza (sussistenza del requisito della decisività);

tali caratteristiche non si ravvisano nel caso di specie, giacché il ricorrente avrebbe dovuto evidenziare il vizio della motivazione indicando in quale modo la relazione di c.t.u. avrebbe veicolato nella decisione impugnata, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., riformulato dall'art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, il vizio specifico denunciabile per cassazione relativo all'omesso esame di un fatto storico, principale o secondario decisivo per la formulazione del giudizio; il motivo, invero, si risolve nella elencazione di situazioni processuali significative, a dire della parte, della inimicizia e dell'accanimento del c.t.u. nei confronti del procuratore e nella indicazione di erronee valutazioni dei referti medici e degli esami clinici sui quali il giudizio medico legale risultava basato;
inoltre, è denunciabile in cassazione solo l'anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all'esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; tale anomalia si esaurisce nella "mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico ", nella "motivazione apparente", nel "contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili" e nella "motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile", esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di "sufficienza" della motivazione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014; Cass. n. 21257 del 2014; Cass . n. 23828 del 2015; Cass. n. 23940 del 2017; Cass. n. 22598 del 2018;
è evidente che la motivazione addotta nella sentenza impugnata soddisfa il minimo costituzionale richiesto per non incorrere nel vizio denunciato, dal momento che , esaminando direttamente la documentazione acquisita anche dal c.t.u., ha rilevato, oltre al pacifico svolgimento da parte del R.DF. dell'attività di operaio elettricista Enel impegnato nel montaggio, manutenzione e riparazione di elettrodotti, da cui si poteva presumere che l'appellato nel corso della sua attività lavorativa aveva movimentato pesi in assenza di ausili meccanici anche con l'assunzione di posture incongrue ed era stato esposto a vibrazioni estese a tutto il corpo connesse all'utilizzo di mezzi meccanici, comunque, non risultava essere stato oggetto di denuncia all'INAIL alcuna malattia relativa al tratto cervicale della colonna vertebrale ma bensì quelle relative al distretto lombo-sacrale e tali ultime non potevano ritenersi di natura professionale in ragione del fatto che il lavoratore aveva lavorato alle dipendenze dell'ENEL sino al dicembre 2001 e dal referto RX del rachide dallo stesso prodotto risalente al maggio 2002 si era evidenziata la riduzione della fisiologica lordosi, l'assenza delle alterazioni st rut turali focali dei metameri esaminati, iniziali alterazioni spondilosiche associate a riduzione dello spazio intersomatico L5-S1;
anche il secondo motivo è infondato;
le tabelle Inail riportano le spondilodiscopatie, assieme all'ernia, nel gruppo 2 dell'elenco delle malattie per denuncia sanitaria ex art. 139 TU di cui al decreto 11.12.2009 dal Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali): nella Lista I (origine lavorativa di elevata probabilità) per "Movimentazione manuale dei carichi eseguita con continuità durante il turno lavorativo" e nella Lista II (origine lavorativa di limitata probabilità) per "Vibrazioni trasmesse al corpo intero per le attività di guida di guida di automezzi pesanti e conduzione di mezzi meccanici";
è appena il caso di ricordare che, per la consolidata giurisprudenza di questa Corte di legittimità, nell'ipotesi di malattia ad eziologia multifattoriale, quale è la discopatia multipla denunciata, il nesso di causalità relativo all'origine professionale di essa non può essere oggetto di semplici presunzioni tratte da ipotesi tecniche teoricamente possibili, ma necessita di una concreta e specifica dimostrazione, che può essere, peraltro, data anche in via di probabilità, ma soltanto ove si tratti di "probabilità qualificata", da verificare attraverso ulteriori elementi idonei a tradurre in certezza giuridica le conclusioni in termini probabilistici del consulente tecnico" (v. Cass. 24 novembre 2015, n. 23951; Cass. 5 agosto 2010, n. 18270, Cass. 20 maggio 2004, n. 9634);
nello stesso quadro questa Corte ha altresì precisato che, in tema di malattia professionale, derivante da lavorazione non tabellata o ad eziologia multifattoriale, la prova della causa di lavoro grava sul lavoratore e deve essere valutata in termini di ragionevole certezza, nel senso che, esclusa la rilevanza della mera possibilità dell'origine professionale, questa può essere ravvisata in un rilevante grado di probabilità da accertare in relazione all'entità dell'esposizione del lavoratore ai fattori di rischio, potendosi desumere, con elevato grado di probabilità, la natura professionale della malattia dalla tipologia della lavorazione, dalle caratteristiche dei macchinari presenti nell'ambiente di lavoro, dalla durata della prestazione stessa, nonchè dall'assenza di altri fattori causali extralavorativi alternativi o concorrenti" (v. Cass., n. 23951/2015, cit.; Cass. 12 ottobre 2012, n. 17438);
tali principi vanno qui ribaditi, con l'ulteriore precisazione che la verifica del grado rilevante di probabilità costituisce accertamento di fatto riservato al giudice del merito ed insindacabile in questa sede di legittimità se, come nel caso di specie, motivato nei sensi sopra chiariti in definitiva, il ricorso va rigettato;

le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.


 

P.Q.M.
 


La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 1700,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, spese forfetarie nella misura del 15% e spese accessorie di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 16 marzo 2021.