Cassazione Civile, Sez. Lav., 02 settembre 2021, n. 23815 - Infortunio dell'operaio giardiniere. Risarcimento e stato passivo
Presidente: BALESTRIERI FEDERICO Relatore: GARRI FABRIZIA
Data pubblicazione: 02/09/2021
Rilevato che
1. Il Tribunale di Monza, sezione fallimentare ha rigettato l'opposizione allo stato passivo proposta da B.K. con la quale era chiesta l'ammissione al passivo del credito risarcitorio, quantificato in € 1.024.518,85 , connesso all'infortunio sul lavoro sofferto dal lavoratore.
2. Il Tribunale ha accertato che nel corso del giudizio di opposizione era intervenuta la sentenza del giudice del lavoro che aveva accertato il credito anche nei confronti degli altri coobbligati.
3. Ha poi ritenuto che l'ammontare del risarcimento spettante era quello correttamente quantificato con ordinanza ex art. 423 cod. proc. civ. dal giudice del lavoro in€ 154.937,07 e tale importo era stato già ammesso al passivo dal giudice delegato.
4. Ha ritenuto infatti che la consulenza tecnica disposta dal giudice del lavoro aveva esattamente individuato gli esiti dell'infortunio e la durata dell'inabilità temporanea escludendo invece una inabilità permanente.
5. Per la cassazione della sentenza propone ricorso B.K. che articola un unico motivo con il quale deduce l'omesso esame di fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti in relazione all'art. 360 primo comma n. 5 cod. proc. civ.. Ha resistito con controricorso il Fa***de s.a.s. di Val. P.. Il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
Considerato che
6. Con un unico motivo di ricorso è denunciato l'omesso esame di fatti decisivi oggetto di discussione tra le parti ai sensi dell'art. 360 primo comma n. 5 cod. proc. civ..
6.1. Deduce il ricorrente che il Tribunale, nel respingere l'opposizione, si è fondato su di una consulenza tecnica, disposta dal giudice delegato, che era stata redatta affidandosi esclusivamente alle considerazioni svolte da un ausiliare del consulente tecnico ( non medico ma iscritta all'ordine degli psicologi) recepite nella relazione peritale, senza alcuno specifico apporto medico e trascurando, così, l'incidenza avuta dalle lesioni organiche riportate da un punto di vista neurologico psichiatrico.
Sostiene che il consulente avrebbe apoditticamente affermato che dalla craniotomia franto parietale sinistra era residuato un deficit cognitivo di grado modesto e turbe psico comportamentali di lieve - moderata entità, quantificando il danno permanente nella misura del 20% ed escludendo una significativa incidenza sulla capacità lavorativa di operaio giardiniere dell'infortunato. Deduce che erano stati trascurati gli esiti lesivi di natura organica dell'infortunio ai quali avrebbe dovuto essere ricollegato un danno biologico permanente, che erroneamente era stato escluso sul presupposto di una evoluzione favorevole delle patologie. Evidenzia, al contrario, che anche l'INAIL aveva accertato esiti anatomici di lesione parenchimale cerebrale con un grado del 10%. Aggiunge poi che il Tribunale avrebbe trascurato di considerare che le lesioni organiche cumulate con quelle psichiche e psichiatriche erano state valutate dal consulente di parte nella misura del 60%.
7. Il ricorso non può essere accolto.
7.1. Come è noto per effetto della riformulazione dell'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. da parte dell'art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, è stato introdotto nell'ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all'omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Tuttavia resta fermo che l'omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (cfr. per tutte Cass. sez. U. 07/04/2014).
7.2. Va inoltre considerato che qualora il giudice del merito aderisca al parere del consulente tecnico d'ufficio, non è tenuto ad esporne in modo specifico le ragioni poiché l'accettazione del parere, delineando il percorso logico della decisione, ne costituisce adeguata motivazione, non suscettibile di censure in sede di legittimità, ben potendo il richiamo, anche "per relationem" dell'elaborato, implicare una compiuta positiva valutazione del percorso argomentativo e dei principi e metodi scientifici seguiti dal consulente. Ove poi alle risultanze della consulenza tecnica d'ufficio siano state avanzate critiche specifiche e circostanziate, sia dai consulenti di parte che dai difensori il giudice del merito, per non incorrere nel vizio ex art. 360 n. 5 c.p.c., è tenuto a spiegare in maniera puntuale e dettagliata le ragioni della propria adesione all'una o all'altra conclusione ( Cass. 11/06/2018 n. 15147).
7.3. Nella specie il Tribunale ha preso in esame i rilievi critici mossi dall'odierno ricorrente alla Consulenza d'ufficio, ha sentito a chiarimenti l'ausiliare ed ha dato conto delle ragioni che l'hanno determinato nel ritenere che nel danno non potevano essere ricompresi esiti permanenti sulla capacità lavorativa in misura diversa da quella già accertata dal giudice del lavoro in sede di attribuzione di somme non contestate.
7.4. Con il ricorso, pur denunciandosi un omesso esame di fatto decisivo, si pretende piuttosto di avvalorare una diversa ricostruzione dei fatti la cui valutazione tuttavia non è stata affatto omessa ma, piuttosto, proprio all'esito dell'esame della complessa situazione sottopostagli ha convinto il Tribunale a pervenire ad una quantificazione degli esiti aderente, tenuto conto anche della risposta ai rilievi formulati alla perizia, a quella proposta dal consulente d'ufficio.
8. Escluso perciò il vizio di motivazione denunciato la censura si risolve in una inammissibile richiesta di rivisitazione e diversa valutazione dei fatti che nn è consentita in sede di legittimità.
9. In conclusione il ricorso deve essere rigettato e le spese, liquidate in dispositivo, vanno regolate secondo il criterio della soccombenza. Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002,infine, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell'art.13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in € 7.000,00 per compensi professionali,€ 200,00 per esborsi, 15% per spese forfetarie oltre agli accessori dovuti per legge.
Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell'art.13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.
Così deciso nella Adunanza camerale del 27 ottobre 2020