- Datore di Lavoro
- Dirigente e Preposto
Responsabilità della legale rappresentante di un ristorante perchè alcuni cibi erano in cattivo stato di conservazione (perchè congelati senza l'osservanza delle corrette norme, invasi da brina ed in contenitori non adatti agli alimenti).
Il Tribunale ha rilevato come la nomina di un preposto non fosse provata e, comunque, inidonea a trasferire la responsabilità penale ad altro soggetto in relazione alle modeste dimensioni del ristorante della imputata.
Per l'annullamento della sentenza, la T. ha proposto ricorso per Cassazione - Rigetto.
"L'imputata pone la questione - che normalmente si agita nel diritto penale del lavoro - inerente alla individuazione della persona cd garante nel reato proprio.
Alcuni ritengono che necessiti rifarsi alla norma che individua il soggetto attivo richiedendo il possesso di un specifico status giuridico; altri reputano che occorra avere riguardo al concreto esercizio dei poteri previsti dalla norma penale.
Per il primo orientamento, destinatario del precetto, che assume la posizione di garanzia, è l'imprenditore, mentre per il secondo è la persona che di fatto esercita le funzioni connesse alla qualifica richiesta dal Legislatore.
La teoria funzionalistica è stata parzialmente recepita nel nuovo TU n. 81 del 2008 sulla salute e sicurezza dei luoghi di lavoro (che all'art. 299 estende la posizione di garanzia ai "soggetti sprovvisti di regolare investitura" e che esercitano di fatto dei poteri direttivi) ed ha trovato conforto in alcune decisioni di questa Corte in tema di individuazione dei destinatari degli obblighi di prevenzione e protezione dei lavoratori.
La complessa problematica sollevata dai motivi di ricorso avrebbe una sua plausibilità, e sarebbe meritevole di approfondimento, se fosse ancorata a dati fattuali che la rendano attuale nel caso concreto".
"La imputata non ha provato nel giudizio di merito che nella sua azienda vi fosse una ripartizione di settori (nel senso, ad esempio, che lei si occupava di quello amministrativo ed il padre a quello della ristorazione).
In tale contesto, come legale rappresentante della impresa e datrice di lavoro, la T. era gravata dall'obbligo di impartire al collaboratore precise e valide direttive - e di verificarne la esecuzione - sul metodo di conservazione e refrigerazione degli alimenti.
Di conseguenza, del reato deve rispondere la imputata a titolo di culpa in vigilando.
Anche nel merito, le censure sono prive di fondamento.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GRASSI Aldo - Presidente
Dott. CORDOVA Agostino - Consigliere
Dott. PETTI Ciro - Consigliere
Dott. SQUASSONI Claudia - rel. Consigliere
Dott. AMORESANO Silvio - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
1) T.G. N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 523/2007 TRIB.SEZ.DIST. di ISCHIA, del 16/03/2009;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 04/11/2009 la relazione fatta dal Consigliere Dott. SQUASSONI Claudia;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. FRATICELLI Mario che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Con sentenza 16 marzo 2009, il Tribunale di Napoli ha ritenuto T.G. responsabile del reato previsto dalla L. n. 283 del 1962, art. 5, sub b e l'ha condannata alla pena di giustizia.
Per giungere a tale conclusione, il Giudice ha ritenuto che, nell' esercizio di cui era titolare l'imputata, alcuni cibi erano in cattivo stato di conservazione (perchè congelati senza l'osservanza delle corrette norme, invasi da brina ed in contenitori non adatti agli alimenti).
Il Tribunale ha rilevato come la nomina di un preposto non fosse provata e, comunque, inidonea a trasferire la responsabilità penale ad altro soggetto in relazione alle modeste dimensioni del ristorante della imputata.
Per l'annullamento della sentenza, la T. ha proposto ricorso per Cassazione deducendo difetto di motivazione e violazione di legge.
Nel merito, la ricorrente nega la sussistenza della contravvenzione rilevando, tra l'altro, che nei ristoranti, a differenza delle industrie, è possibile adottare il metodo di congelamento che si ritiene più opportuno.
L'imputata pone la questione - che normalmente si agita nel diritto penale del lavoro - inerente alla individuazione della persona cd garante nel reato proprio.
La teoria funzionalistica è stata parzialmente recepita nel nuovo TU n. 81 del 2008 sulla salute e sicurezza dei luoghi di lavoro (che all'art. 299 estende la posizione di garanzia ai "soggetti sprovvisti di regolare investitura" e che esercitano di fatto dei poteri direttivi) ed ha trovato conforto in alcune decisioni di questa Corte in tema di individuazione dei destinatari degli obblighi di prevenzione e protezione dei lavoratori.
La complessa problematica sollevata dai motivi di ricorso avrebbe una sua plausibilità, e sarebbe meritevole di approfondimento, se fosse ancorata a dati fattuali che la rendano attuale nel caso concreto: la tesi della difesa, secondo la quale un collaboratore si occupava del settore alimentazione, non è provata ed, anzi, è stata squalificata delle dichiarazioni di un teste, come risulta dalla impugnata sentenza.
Le emergenze probatorie sono in sintonia con la circostanza che l'imputata gestiva un piccolo ristorante che non necessitava di una complessa struttura organizzativa con diversificazioni di competenze tanto è vero che non ha ritenuto opportuno rilasciare una formale delega di funzioni ad altri soggetti.
La imputata non ha provato nel giudizio di merito che nella sua azienda vi fosse una ripartizione di settori (nel senso, ad esempio, che lei si occupava di quello amministrativo ed il padre a quello della ristorazione).
In tale contesto, come legale rappresentante della impresa e datrice di lavoro, la T. era gravata dall'obbligo di impartire al collaboratore precise e valide direttive - e di verificarne la esecuzione - sul metodo di conservazione e refrigerazione degli alimenti.
Anche nel merito, le censure sono prive di fondamento.
Sul punto, la censura della imputata - che osserva come i ristoratori non debbano munirsi di abbattitore di temperatura - non coglie nel segno; la ricorrente, anche se non gravata dall'obbligo di utilizzare il ricordato abbattitore, avrebbe dovuto verificare che il suo frigo- congelatore fosse idoneo a conservare in modo corretto gli alimenti.
Per le esposte considerazioni, il ricorso deve essere rigettato con le conseguenze di legge.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 4 novembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2009