Categoria: Giurisprudenza civile di merito
Visite: 6966

Tribunale Roma, Sez. IV Lavoro, 8 marzo 2021 - Richiesta di smart working al 100% non accolta dalla Azienda. Ricorso ex art. 700 cpc respinto

 

TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA
IV SEZIONE LAVORO

Il Tribunale di Roma, in funzione di giudice del lavoro, in persona del giudice *** ha pronunciato, a scioglimento della riserva adottata all'udienza del 17 febbraio 2021, la seguente

ORDINANZA

nella causa in materia di lavoro, iscritta al n. 30300/2020 r.g.l., vertente tra *** (ricorrente), con gli avv.ti ***, e *** S.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore (resistente), con l'avv. ***

 

FATTO E DIRITTO

Con ricorso ex art. 700 c.p.c., depositato il 5.11.2020, *** ha esposto quanto segue:
- egli è dipendente di *** S.p.a. dal 1.4.1998 "ed è munito del titolo di "Avvocato";
- fino al 2.3.2020, egli ha prestato la propria attività lavorativa presso la Direzione Legale-Albo Speciale, occupandosi dei vari procedimenti giudiziari che hanno interessato l'azienda dopodiché è stato trasferito, senza alcuna motivazione e in difetto di una preventiva comunicazione scritta, all'Ufficio "Sosta";
- egli ha impugnato sia il provvedimento di revoca della procura speciale a lui conferita sia il provvedimento di trasferimento senza ottenere, tuttavia, alcun riscontro;
- egli è coniugato con l'avv. ***, anch'essa dipendente di *** S.p.a. e addetta alla Direzione Legale-Albo Speciale, la quale ha promosso un giudizio nei confronti dell'azienda per riconoscimento di qualifica superiore, attualmente pendente innanzi al Tribunale di Roma;
- il proprio figlio minore, *** nato ***, è portatore di handicap in situazione di gravità ex art. 3, comma 3, L. 104/1992, come da verbale della Commissione medica territorialmente competente che si deposita;
- in ragione di ciò, egli ha reiteratamente richiesto di poter svolgere le proprie mansioni in regime di smart working integrale come previsto dall'art. 39 del D.L. 18/2020, convertito con modificazioni dalla L. 27/2020, secondo cui i lavoratori dipendenti disabili nelle condizioni di cui all'articolo 3, comma 3, della L. 104/1992 ovvero che "abbiano nel proprio nucleo familiare una persona con disabilità nelle condizioni di cui all'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, hanno diritto a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile ai sensi dagli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81, a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione";
- in sede di conversione del D.L., l'efficacia della norma è stata prorogata fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVlD-19, attualmente fissata al 31.1.2021, come da delibera del Consiglio dei Ministri del 7.10.2020 pubblicata sulla GU Serie Generale n. 248 del 07-10-2020;
- ai sensi dell'art. 90 del D.L. 34/2020, convertito con modificazioni dalla L. 77/2020, si è stabilito che "Fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19, i genitori lavoratori dipendenti del settore privato che hanno almeno un figlio minore di anni 14, a condizione che nel nucleo familiare non vi sia altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito in caso di sospensione o cessazione dell'attività lavorativa o che non vi sia genitore non lavoratore, hanno diritto a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile anche in assenza degli accordi individuali, fermo restando il rispetto degli obblighi informativi previsti dagli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81, e a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione...";
- in applicazione di tale norma, l'azienda ha disposto che svolgesse l'attività in smart working "ma solo per la metà del tempo lavorativo" cosicché egli è stato costretto a chiedere un'aspettativa non retribuita e con interruzione dal 6 agosto al 31 agosto 2020 e, poi, ancora, a fronte del diniego di *** S.p.a., dal 7.9.2020 e fino al 7.4.2021;
- con comunicazione del 11.9.2020, l'azienda ha precisato che "sta dando attuazione alla normativa richiamata consentendo la prestazione lavorativa in smart working a tutto il personale degli uffici nel limite massimo del 50% su base settimanale da concordare con il proprio Responsabile" e che solo a seguito del perfezionamento del percorso di inserimento e formativo avrebbe potuto far ricorso allo smart working "nelle modalità valide per tutto il personale aziendale";
- il nucleo familiare si compone di altri tre figli ed è gravato da un mutuo con rateo mensile di Euro 1.142,31 stipulato nell'anno 2017.
Ciò esposto e considerato:
- sotto l'aspetto del fumus boni juris, che la normativa richiamata in ricorso attribuisce al dipendente un vero e proprio diritto soggettivo, non limitato o suscettibile di restrizioni, a tutela delle persone più fragili e che l'unica condizione posta, della compatibilità con le caratteristiche della prestazione, certamente sussiste atteso che il dipendente ora svolge "attività impiegatizia meramente di concetto che si traduce nella elaborazione delle varie procedure volte alla riscossione delle contravvenzioni, che ben possono essere svolte in modalità da remoto o smart working attraverso i normali sistemi informatici"; si sottolinea, poi, a riprova di ciò, che l'avv. *** ha già svolto l'attività in regime di smart working nelle giornate del 28 e 29 maggio 2020 senza considerare che la concessione dell'aspettativa dimostra che *** S.p.a. non ha bisogno della prestazione dell'avv. *** in presenza;
- sotto l'aspetto del periculum in mora, che la struttura dove il ricorrente è stato "illegittimamente" trasferito è stata interessata da episodi di contagio da COVID-19 e ciò rende la prestazione lavorativa in presenza "particolarmente pericolosa per la salute del figlio *** affetto, anche, da problemi respiratori..."; si evidenzia, inoltre, che *** da agosto 2020 non percepisce la retribuzione e non può far fronte alle primarie esigenze di vita proprie e del proprio nucleo familiare, tenuto conto anche del mutuo contratto nel 2017 e del fatto che le attuali "facilitazioni andranno, a breve, a scadere",
- il ricorrente ha chiesto, anche inaudita altera parte, dichiararsi che egli ha diritto, ai sensi degli artt. 39 del D.L. 18/2020 e 90 del D.L. 34/2020, di svolgere la propria attività lavorativa in regime di smart working con decorrenza immediata e fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVlD-19 e, conseguentemente, ordinarsi ad *** S.p.a. di revocare l'aspettativa non retribuita concessagli e di adibirlo con effetto immediato alle mansioni di sua competenza presso l'Ufficio Sosta in regime di smart working al 100% del tempo lavorativo ed a corrispondergli la relativa retribuzione.
Instaurato ritualmente il contraddittorio, *** S.p.a. si è costituita in giudizio sono costituiti in giudizio resistendo alla domanda e facendo rilevare, anzitutto, la insussistenza del periculum in mora e la carenza di interesse ad agire in via cautelare per le seguenti ragioni:
- sono state adottate tempestivamente tutte le possibili misure di sicurezza e protocolli "anti COVID 19 specifici del settore", secondo quanto meglio specificato nella memoria difensiva;
- i riferiti episodi di contagio presso la struttura dove lavora *** non sono provati;
- i riferiti "problemi respiratori" del figlio minore di *** non sono in alcun modo documentati né è stato allegato che essi comportino una condizione di "immunodepressione" come previsto dall'art. 26 del D.L. 18/2020, convertito con modificazioni dalla L. 27/2020 e sostituito dall'art. 26 del D.L. 104/2020, convertito con modificazioni dalla L. 126/2020;
- il pregiudizio di carattere meramente economico "non è mai atto di per sé ad integrare il requisito del periculum in mora" e, comunque, esso è sconfessato dal ritardo con il quale *** ha agito in via cautelare, "a distanza di oltre tre mesi dalla sua richiesta di aspettativa, e di oltre cinque mesi da quando (3 giugno 2020) è stato adibito allo svolgimento di attività lavorativa in smart working nella misura massima del 50% prevista dagli accordi aziendali del 18 e del 21 maggio 2020 ...", rispetto oltretutto ad un orizzonte temporale massimo fissato al 31 gennaio 2021; peraltro, nulla è stato allegato in ordine alla situazione economico-finanziaria e patrimoniale della famiglia del ricorrente.
Parte resistente ha, poi, eccepito la infondatezza della domanda per i seguenti motivi:
- non esiste un diritto assoluto del dipendente a lavorare in smart working dal domicilio in misura superiore al 50%, misura a lui già accordata;
- l'azienda ha fin da subito delineato il processo utile al fine di attivare lo smart working nelle varie Direzioni e, in data 18.5.2020, è stato sottoscritto un accordo a livello nazionale in merito allo svolgimento della prestazione lavorativa in smart working, recepito in data 21.5.2020 con un verbale di accordo tra *** S.p.a. e le Segreterie regionali delle maggiori organizzazioni sindacali;
- si è, in particolare, previsto lo svolgimento delle attività in smart working a decorrere dal 3.6.2020 come modalità alternativa a quella in presenza "fino ad un massimo del 50% delle giornate lavorate, su base mensile,...";
- anche al ricorrente è stato riconosciuto lo svolgimento della prestazione lavorativa in smart working nella misura massima del 50% a decorrere dal 3.6.2020;
- successivamente, in data 14.9.2020, è stato sottoscritto un ulteriore accordo sindacale con il quale le parti hanno convenuto di mantenere lo svolgimento dell'attività lavorativa in smart working indicando in 2 le giornate di smart working per ogni settimana programmabili con cadenza mensile a cura del Dirigente di riferimento;
- a far data, poi, dal 1.11.2020, è stato disposto lo svolgimento della prestazione lavorativa in smart working nella misura massima di 3 giorni settimanali;
- il ricorrente, dal giorno del suo trasferimento e fino ad agosto 2020, quando vi veniva accordata l'aspettativa non retribuita, ha lavorato soltanto 3 giorni mentre il coniuge, avv. ***, non presta attività lavorativa "da oltre 5 anni..., perché continuativamente assente dal lavoro a vario titolo (congedi parentali, congedi parentali covid, permessi straordinari ex lege 104/92, malattia bambino, malattia della lavoratrice etc...", evidentemente al fine di assistere il figlio disabile, secondo quanto meglio precisato nella memoria difensiva, e tale ultima circostanza pone in luce la strumentalità del ricorso;
- la domanda azionata avrebbe dovuto avere per presupposto l'accertamento della nullità e/o illegittimità degli accordi sindacali in materia di smart working che, al contrario, il ricorrente non contesta;
- il lavoratore non ha assolto l'onere di allegazione circa la compatibilità della modalità di lavoro agile al 100% con la propria prestazione lavorativa e, comunque, "la tipologia di giudizio impone... un accertamento di cognizione piena"; si osserva, sotto tale aspetto, che i processi lavorativi afferenti alla "UO Gestione delle entrate da contravvenzioni" cui è addetto il sig. *** sono solo in parte "dematerializzati" come ad es. quelli riguardanti i ricorsi presentati al giudice di pace.
Quindi, sentita la parte ricorrente ed il procuratore speciale dell'azienda resistente, ritenuto il ricorso cautelare sufficientemente istruito per via documentale, il Tribunale si è riservato e ha deciso come di seguito.
Osservazioni preliminari.
Giova premettere, anzitutto, che la tutela cautelare d'urgenza, di cui agli artt. 700 e sgg. c.p.c., si connota per la sua atipicità, ossia per l'inesistenza di altro rimedio cautelare tipico inteso ad assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione sul merito, la sua strumentalità rispetto alla fruttuosità della cognizione o dell'esecuzione, benché attenuata stante l'innovazione introdotta con il D.L. 35/05, conv. nella L. 80/05, all'art. 669octies, comma 6, c.p.c., e, sotto il profilo dei presupposti sostanziali oggetto di scrutinio da parte del giudice, per il periculum in mora ed il fumus boni juris.
Essa, pertanto, in un'ottica funzionale, serve a dare concreta attuazione al principio di matrice "chiovendiana" secondo il quale la durata del processo non deve andare a danno della parte che ha ragione, precludendo o rendendo vana l'attuazione satisfattiva del diritto.
Quanto ai presupposti legittimanti l'accesso alla "via" cautelare, il fumus boni juris si sostanzia in un apprezzamento di probabilità e verosimiglianza del diritto fatto valere, il periculum in mora, viceversa, nel "fondato motivo (del ricorrente) di temere che durante il tempo occorrente per far valere il suo diritto in via ordinaria, questo sia minacciato da un pregiudizio imminente e irreparabile", per ripetere la formula legislativa dell'art. 700 c.p.c..
Quanto all'ambito oggettivo di applicazione, questo deve essere identico a quello della tutela giurisdizionale di cognizione sicché la tutela è assicurabile per tutti, indistintamente, i diritti soggettivi, assoluti e relativi, e tanto se l'irreparabilità del pregiudizio sia connessa al mancato godimento di un bene, preesistente nella sfera giuridico-patrimoniale del soggetto agente, quanto se quella irreparabilità sia connessa ai riflessi che la mancata acquisizione di un bene o di una prestazione ha nella medesima sfera giuridico-patrimoniale della parte. Il dato normativo accredita, pertanto, una lettura in senso ampio della nozione di pregiudizio rilevante ex art. 700 c.p.c. a cui consegue l'esperibilità della tutela in questione in favore di diritti a contenuto patrimoniale ma con funzione non patrimoniale. Tipico esempio è l'applicabilità della tutela d'urgenza alle controversie di lavoro ogniqualvolta esse, pur riguardando l'inadempimento di obblighi datoriali - si pensi alla violazione del diritto al posto di lavoro o alla retribuzione - pregiudichino, in via riflessa, il diritto del lavoratore ad un'esistenza libera e dignitosa (fra le altre, Cass. 12767/04). Sempreché, beninteso, vertendosi in tema di rapporti obbligatori, questi ultimi abbiano a subire, nell'attesa di una definizione nel merito, modificazioni irreversibili e gravemente pregiudizievoli, dunque, in altre parole, sempreché il mezzo cautelare serva a prevenire il formarsi di situazioni difficilmente eliminabili ex post.
Non può non rilevarsi, tuttavia, la mancanza di concordia in dottrina e giurisprudenza sui termini effettivi dell'"espandibilità" cautelare, specie in rapporto al tipo di azione esercitata. Così, si registra un'opinione che ritiene non anticipabile la tutela cognitoria di mero accertamento e quella di natura costitutiva, avente quest'ultima necessariamente effetti ex nunc, e risolventisi in statuizioni il cui contenuto è insuscettibile di esecuzione forzata per definizione. Secondo altra opzione, se è vero che l'effetto dichiarativo o la costituzione giudiziale di un diritto non sono anticipabili, ben potrebbe la tutela cautelare urgente soccorrere con un'autorizzazione giudiziale a compiere atti la cui legittimità è incerta ovvero ad esercitare provvisoriamente facoltà contenute nel costituendo diritto.
Da ultimo, si consideri che nell'ambito della materia lavoristica, se da taluni studiosi è stato utilizzato l'argomento della celerità del giudizio per escludere l'ammissibilità del ricorso alla tutela cautelare, da altri lo stesso argomento è stato speso nel senso opposto, di legittimarne il ricorso proprio sul presupposto di un'urgenza per definizione. Non sono mancate, però, critiche a tale indiscriminata apertura poiché il presupposto da cui muove si risolve, in definitiva, in una tautologia, con il correlato rischio di aprire la strada ad un ulteriore grado di giurisdizione davvero intollerabile. E', perciò, preferibile una posizione mediana che, rifuggendo da ingiustificati apriorismi, condizioni la tutela cautelare urgente, nella materia de qua, ad una valutazione giudiziale del requisito del periculum improntata a maggior cautela e rigore.
Fumus boni juris e periculum in mora..
Il ricorrente, dipendente di *** S.p.a., si duole del mancato riconoscimento da parte dell'azienda, in proprio favore, del "diritto" di svolgere l'attività lavorativa in modalità smart working al 100% in quanto genitore di figlio handicappato in situazione di gravità come previsto dagli artt. 39 del D.L. 18/2020 e 90 del D.L. 34/2020.
Il ricorrente ha premesso, come si è visto, di aver avuto accesso al lavoro in modalità agile ma "solo per la metà del tempo lavorativo" - così, nell'atto introduttivo, al punto 11 delle premesse - ed ha prodotto, in proposito, un "prospetto di turnazione" relativo al mese di giugno 2020 (all. 4 al relativo fasc.).
Il ricorrente - così, al punto 7 delle premesse - avrebbe reiteratamente richiesto "di poter svolgere le proprie mansioni in regime di "smart working" integrale"; agli atti, in all. 6 al relativo fascicolo, figura la sua richiesta del 23.5.2020 in tal senso avanzata dopo essere stato edotto delle modalità di ripresa del lavoro a decorrere dal 25.5.2020 presso la nuova struttura "Direzione Sosta e Parcheggi" le quali prevedevano - così si legge nella richiesta - "2 giornate lavorative da svolgersi presso gli uffici... e 2 giornate in Smart Working"; nella medesima richiesta, il dipendente ha fatto riferimento alle disposizioni della L. 27/2020 ed alla presenza nel suo nucleo familiare di figlio minore "con disabilità grave".
Una ulteriore richiesta reca la data del 29.7.2020 e in essa il ricorrente formula istanza subordinata di concessione dell'aspettativa non retribuita dal 6 al 31 agosto 2020 (stesso all. 6 al fasc.).
Figurano, altresì, nel fascicolo di parte:
- il verbale con il quale la Commissione Medica per l'accertamento dell'handicap competente per territorio ha riconosciuto, *** nato il ***, "Portatore di handicap in situazione di gravità ai sensi dell'art. 3, comma 3, L. 5.2.1992, n. 104" con revisione a giugno 2022 (all. 3);
- il provvedimento di concessione dell'aspettativa per motivi privati, senza retribuzione e con "interruzione di servizio a tutti gli effetti", per il periodo dal 4.8.2020 al 4.9.2020 (all. 5);
- analogo provvedimento per il periodo dal 7.9.2020 al 7.4.2021 con la precisazione, relativamente alla richiesta di smart working, che l'azienda "sta dando attuazione alla normativa richiamata consentendo la prestazione lavorativa in smart working a tutto il personale degli uffici nel limite massimo del 50% su base settimanale da concordare col proprio Responsabile"; contestualmente, l'azienda ha invitato il dipendente a prendere contatto con quest'ultimo al fine di "ultimare il percorso di inserimento/formativo nella struttura" (stesso all. 5).
È opportuno ora riportare il testo delle disposizioni normative sulle quali il ricorrente fonda la propria pretesa.
Viene in rilievo lo smart working c.d. semplificato introdotto dalla legislazione connessa all'emergenza epidemiologica da COVID-19 che si differenzia dal lavoro agile disciplinato dalla L. 81/2017, agli artt. 18-23.
Quest'ultimo consiste in una particolare modalità di esecuzione della prestazione lavorativa, svolta "in parte all'interno di locali aziendali e in parte all'esterno senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell'orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva", è finalizzato ad "incrementare la competitività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro" e si realizza tramite un "accordo tra le parti" (art. 18, comma 1, L. 81/2017).
Al contrario, il lavoro agile qual è previsto dalla normativa evocata dal ricorrente (D.L. 18/2020 e D.L. 34/2020) si giustifica alla luce della ratio sottesa alla legislazione emergenziale che è quella di assicurare la salute e sicurezza dei lavoratori e il contenimento della pandemia. In questo peculiare contesto, il lavoro agile assurge a misura idonea e necessaria, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, a salvaguardare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro; costituisce, pertanto, un dispositivo di protezione individuale atipico. Esso prescinde dall'accordo delle parti e, pertanto, il datore di lavoro può unilateralmente disporre che la prestazione lavorativa si svolga, in tutto o in parte, a distanza, con una semplice comunicazione al lavoratore.
In primo luogo, rileva l'art. 39 del D.L. 18/2020, convertito con modificazioni dalla L. 27/2020, a norma del quale "Fino alla data del 30 aprile 2020, i lavoratori dipendenti disabili nelle condizioni di cui all'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104 o che abbiano nel proprio nucleo familiare una persona con disabilità nelle condizioni di cui all'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, hanno diritto a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile ai sensi dagli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81, a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione".
La disposizione riguarda tutti i lavoratori del settore pubblico e privato che si trovino in una condizione di "fragilità", i lavoratori cioè che versino nelle condizioni di disabilità previste dall'art. 3, comma 3, L. 104/1992 o che abbiano nel nucleo familiare una persona affetta da disabilità grave. Il "diritto" è condizionato alla possibilità di svolgere l'attività di lavoro in modalità da remoto.
Sono contemplate, poi, ai commi 2 e 2bis dell'art. 39, due ulteriori categorie di lavoratori "fragili" i quali beneficiano di una priorità nell'accoglimento delle istanze di svolgimento delle prestazioni lavorative in modalità agile, segnatamente:
- i lavoratori del settore privato i quali, pur non versando nelle condizioni previste dal comma 1, siano affetti da "gravi e comprovate patologie con ridotta capacità lavorativa";
- i lavoratori "immunodepressi" e "familiari conviventi di persone immunodepresse".
In sede di conversione del D.L., le parole "Fino alla data del 30 aprile 2020" sono state sostituite dalle seguenti: "Fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVlD-19".
L'efficacia della norma è stata prorogata prima al 15.10.2020, poi al 31.12.2020 (art. 1, comma 3, D.L. 83/2020, convertito con modificazioni dalla L. 124/2020, come modificato dal D.L. 125/2020, convertito con modificazioni dalla L. 159/2020).
Lo stato di emergenza epidemiologica da COVlD-19 è stato prorogato al 31.1.2021 dall'art. 1, comma 1, lett. a), del D.L. 125/2020 cit. (attualmente, è fissato al 30.4.2021; si veda la Delibera del Consiglio dei ministri del 13 gennaio 2021 pubblicata sulla GU Serie Generale n. 15 del 20-01¬2021).
Rileva, poi, l'art. 90, comma 1, del D.L. 34/2020, convertito con modificazioni dalla L. 77/2020, ove si è, tra l'altro, stabilito che "Fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19, i genitori lavoratori dipendenti del settore privato che hanno almeno un figlio minore di anni 14, a condizione che nel nucleo familiare non vi sia altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito in caso di sospensione o cessazione dell'attività lavorativa o che non vi sia genitore non lavoratore, hanno diritto a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile anche in assenza degli accordi individuali, fermo restando il rispetto degli obblighi informativi previsti dagli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81, e a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione...".
Altra norma pertinente è l'art. 21ter del D.L. 104/2020, convertito con modificazioni dalla L. 126/2020, che prevede: "Fino al 30 giugno 2021, i genitori lavoratori dipendenti privati che hanno almeno un figlio in condizioni di disabilità grave riconosciuta ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104, a condizione che nel nucleo familiare non vi sia altro genitore non lavoratore e che l'attività lavorativa non richieda necessariamente la presenza fisica, hanno diritto a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile anche in assenza degli accordi individuali, fermo restando il rispetto degli obblighi informativi previsti dagli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81".
Dal complesso delle norme esaminate si può argomentare:
- che il lavoro agile non si configura alla stregua di un diritto soggettivo perfetto, per tale dovendosi intendere il potere di agire riconosciuto da una norma di relazione per il soddisfacimento di un proprio interesse ed al quale corrisponde un obbligo in capo a soggetti determinati o all'intera collettività; condizione essenziale, infatti, perché possa esercitarsi la pretesa è la compatibilità tra la modalità lavorativa in discorso e le caratteristiche della prestazione;
- che solo quando ricorra tale compatibilità l'assegnazione al lavoro agile è dovuta dal datore in adempimento del c.d. debito di sicurezza di cui all'art. 2087 c.c. costituendo tale modalità una misura necessaria a garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori;
- che è onere del datore di lavoro dimostrare la necessità che la prestazione si svolga indifferibilmente in presenza ovvero la non disponibilità di strumentazione da assegnare al lavoratore che non abbia proprie attrezzature.
Fatta questa breve ricognizione del dato normativo, l'assegnazione del ricorrente al lavoro in modalità smart working è avvenuta nel rispetto del verbale di accordo siglato in data 21.5.2020 tra l'azienda e le Segreterie Regionali delle maggiori Organizzazioni Sindacali che ha recepito l'accordo sottoscritto a livello nazionale in data 18.5.2020 sulle modalità del lavoro agile e sull'applicazione della norma contrattuale sul cambiamento temporaneo di mansioni durante la fase emergenziale (all. 11 al fasc. resistente). L'accordo in questione prevede che, con decorrenza 3.6.2020, "La modalità smart working potrà essere utilizzata con uno svolgimento della prestazione lavorativa fino ad un massimo del 50% delle giornate lavorative, su base mensile, nel rispetto dell'orario settimanale di lavoro, e con dotazioni di proprietà del lavoratore e messe temporaneamente a disposizione dallo stesso... La prestazione lavorativa in modalità agile sarà espletata dal Dipendente per un numero massimo di 3 giorni alla settimana, per un totale di giorni pari al 50% di quelli lavorativi del mese, nelle giornate che saranno concordate con il proprio Responsabile" (all. 12, stesso fasc.).
Quanto alla percentuale massima di attuazione dello smat working, essa è stata ridefinita sulla scorta della valutazione e del confronto effettuato in sede sindacale in concomitanza con l'avvio, a decorrere dal 4.5.2020, della c.d. "fase due", caratterizzata dalla riapertura di molte attività e dal rientro in azienda di quasi tutto il personale operativo (vi si fa riferimento nelle considerazioni del verbale di accordo del 21.5.2020).
Con Disposizione Gestionale n. 61 del 22.5.2020, l'azienda ha previsto, con decorrenza 3.6.2020 e fino al 31.7.2020, lo svolgimento dell'attività lavorativa "alternando prestazione in presenza con prestazione in modalità smart working" fino alla percentuale massima di cui all'accordo sindacale (all. 13 al fasc. resistente). Poi, lo smart working è stato prorogato con successivi accordi sindacali, prima fino al 18.9.2020 (accordo del 30.7.2020, in all. 15 al fasc. resistente), poi fino al 31.12.2020, con la indicazione di 2 giornate programmabili per ogni settimana dal lunedì al venerdì, con cadenza mensile (accordo del 14.9.2020, in all. 17, stesso fasc.), e, infine, con la indicazione di 3 giornate programmabili (Disposizione Gestionale n. 131 del 30.10.2020, in all. 21, stesso fasc.).
Gli accordi di cui s'è detto evidenziano, inoltre, come le modalità organizzative del lavoro adottate prevedano il rispetto del distanziamento e l'opportuna rotazione del personale negli uffici con più di una postazione di lavoro al fine di garantire al meglio la salute dei dipendenti e come l'azienda, nel valutare l'accesso allo smart working, terrà conto delle priorità fissate dall'art. 39 D.L. 18/2020.
Nel caso concreto, sulla compatibilità solo parziale della modalità di lavoro agile con le caratteristiche della prestazione qual è stata dedotta specificamente dall'azienda, ai punti 101) e sgg. delle "CONSIDERAZIONI DI FATTO E DI DIRITTO" della memoria difensiva (così, ad es., sull'istruttoria solo in parte informatizzata dei ricorsi avverso i verbali di accertamento delle contravvenzioni ai fini della redazione delle memorie difensive e sul deposito cartaceo delle stesse memorie presso la cancelleria del giudice di pace), il ricorrente, che non ha neppure iniziato il percorso di inserimento formativo nella nuova struttura, non ha mosso specifiche contestazioni.
Peraltro, non appare integrato, nella fattispecie, il dedotto periculum in mora.
Anzitutto, come sottolineato dall'azienda resistente, il lavoratore ha atteso cinque mesi circa prima di agire in via d'urgenza, con ricorso depositato il 6.11.2020, da quando egli è stato assegnato al lavoro in modalità smart working, a decorrere dal 3.6.2020; si consideri, infatti, che la prima richiesta del dipendente risale al 23.5.2020. Si consideri, anche, il ristretto orizzonte temporale di efficacia delle disposizioni normative in materia, fissato, al momento dell'introduzione del giudizio, al 31.1.2021 con Delibera del Consiglio dei ministri del 7 ottobre 2020, pubblicata sulla GU Serie Generale n. 248 del 07-10-2020 (lo stato di emergenza è stato, successivamente, prorogato, al 30 aprile 2021 con Delibera del Consiglio dei ministri del 13 gennaio 2021, già cit.). L'intempestività dell'iniziativa è indice eloquente dell'assenza di un pregiudizio imminente ed irreparabile.
Sotto l'aspetto della maggiore esposizione al rischio da contagio, gli "episodi di contagio da Covid 19" che avrebbero interessato la "struttura OMISSIS di via OMISSIS" dove il sig è stato trasferito e di cui si parla a pg. 8 del ricorso sono sforniti di prova.
Riguardo al comunicato del Comune di Roma sulla chiusura e sanificizione degli uffici della sede dipartimentale di via OMISSIS per il giorno 31.7.2020 disposti perché "Alcuni dipendenti sono risultati positivi al test sierologico per il Covid-19", trattasi di documento prodotto unitamente alle note difensive autorizzate al momento del rinvio della causa per decisione e depositate telematicamente in data 10.2.2021. Pur a prescindere dall'osservazione che la parte avrebbe potuto e dovuto produrre il documento già al momento dell'introduzione del giudizio essendo il documento teoricamente idoneo a supportare l'asserzione di pg. 8 (comunque non oltre il momento di rinvio della causa "per la decisione" sotto pena della violazione del diritto della difesa avversaria), si evidenzia che lo stesso è insufficiente a dar conto di una situazione di particolare pericolosità del luogo di lavoro; altri episodi di chiusura rispetto a quello isolato del 31.7.2020, se intervenuti, sarebbero stati documentati.
Circa i "problemi respiratori" che affliggerebbero il figlio disabile la cui salute sarebbe, perciò, di riflesso messa in pericolo, essi non appaiono sostenuti da adeguato riscontro oggettivo.
Sono stati prodotti, in proposito, un certificato medico, a firma del pediatra dott. ***, di formazione successiva al ricorso (21.12.2020) attestante una "patologia polmonare cronica" non meglio identificata da cui sarebbe affetto *** nonché un certificato del 7.1.2021, a firma del dott. *** che rinvia al predetto sconsigliando la frequenza scolastica del minore; in entrambi si legge che la situazione rende necessaria la presenza in casa dei genitori per evitare contatti a rischio (deposito telematico del 8.1.2021). I certificati in questione, carenti di una precisa diagnosi, non sono idonei ad integrare la "certificazione rilasciata dai competenti organi medico-legali, attestante una condizione di rischio derivante da immunodepressione..." di cui all'art. 26, comma 2, del D.L. 18/2020 come modificato dall'art. 26, comma 1bis, del D.L. 104/2020 necessaria per la verifica della maggiore esposizione al rischio da contagio e per l'accesso alla modalità agile fermo restando che, anche in un'ipotesi del genere, non sussisterebbe un diritto soggettivo perfetto del lavoratore (il comma 2bis dell'art. 39 del D.L. 18/2020 richiama per intero il comma 1 e, dunque, la compatibilità della modalità in argomento con le caratteristiche della prestazione). Si veda, altresì, la Disposizione Gestionale n. 136 del 20.11.2020 prodotta dallo stesso ricorrente sulla "completezza e correttezza" della documentazione medica attestante lo status di "lavoratore fragile" da presentare con allegato il modulo specifico per la richiesta di svolgimento dell'attività lavorativa integralmente in modalità agile (deposito telematico del 8.1.2021).
Si consideri, fra l'altro, che alcuna patologia polmonare è presente nel verbale della Commissione Medica per l'accertamento dell'handicap che reca la seguente diagnosi:
"Idrocefalo post emorragico in nato prematuro... Ritardo dello sviluppo psicomotorio in terapia psicomotoria... Non deambulante".
È singolare, d'altra parte, che una "patologia polmonare cronica" non sia assistita da documentazione medica specialistica di data precedente (quanto meno) al ricorso.
Preme sottolineare, poi, che il sig. *** mai prima d'ora ha fatto valere la sua condizione di lavoratore "fragile" perché convivente con persona immunodepressa e che sola avrebbe potuto dar luogo alla possibilità di svolgere in smart working la prestazione lavorativa "nella misura del 100%" secondo quanto precisato dalla Disposizione Gestionale n. 136 del 20.11.2020 cit..
A non dissimile deficit probatorio si espone l'asserita impossibilità di far fronte alle primarie esigenze di vita proprie e del proprio nucleo familiare non percependo il lavoratore la retribuzione dal mese di agosto 2020.
Al riguardo, premesso che il mero pregiudizio economico non è sufficiente a concretizzare il requisito del periculum in mora - così, in tema di licenziamento, si è affermato che la valutazione del periculum in tema di licenziamento vada effettuata alla luce della necessarietà dei proventi ad assicurare il bene dell'esistenza libera e dignitosa garantito dall'art. 36 Cost. (vd., fra le altre, Cass. 12767/2004) -, pur a prescindere dal rilievo che l'assenza di retribuzione è conseguenza diretta dell'aspettativa richiesta specificamente dalla parte, non è stato fornito alcun riscontro alla situazione di impossibilità o di grave difficoltà di far fronte alle esigenze primarie di vita proprie e del nucleo familiare; non è stata, in altri termini, documentata l'insostenibilità economica del menage familiare durante il tempo ordinariamente occorrente per far valere le proprie ragioni. Non risulta alcuna certificazione probante in ordine alla complessiva situazione economico-finanziaria familiare che consenta al Tribunale di apprezzare l'incidenza negativa dell'assenza di retribuzione sul soddisfacimento delle primarie esigenze di vita.
Per quanto esposto, con valore assorbente rispetto ad ogni altra questione, la domanda cautelare appare infondata.
Le spese del giudizio, che liquida complessivamente in Euro 1.823,00, oltre IVA e CPA come per legge ed oltre al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15 per cento ex art. 2, comma 2, D.M. 55/2014, seguono la soccombenza.
 

P.Q.M.

rigetta il ricorso.
Condanna *** al pagamento, in favore di *** S.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, delle spese del giudizio, che liquida complessivamente in Euro 1.823,00, oltre IVA e CPA come per legge ed oltre al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15 per cento ex art. 2, comma 2, D.M. 55/2014.
Si comunichi.
Così deciso in Roma l'8 marzo 2021.
Depositata in Cancelleria l'8 marzo 2021.