P.A. chiede la cassazione della sentenza, pubblicata il 23 gennaio 2006, con la quale la Sezione distaccata di Bolzano della Corte d'Appello di Trento ha rigettato il suo appello nei confronti della decisione emessa dal Tribunale di Bolzano nella controversia da lui proposta contro la Autozen srl.
Il ricorrente aveva citato l'Autozen a titolo di responsabilità civile ex art. 2087 c.c., per la malattia di natura professionale "sindrome da tunnel carpale bilaterale".

La Corte accoglie il ricorso e cassa con rinvio.


 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATTONE Sergio - Presidente

Dott. LAMORGESE Antonio - Consigliere

Dott. DI CERBO Vincenzo - Consigliere

Dott. NOBILE Vittorio - Consigliere

Dott. CURZIO Pietro - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 9895/2006 proposto da:

P.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CARLO POMA 2, presso lo studio dell'avvocato ASSENNATO Sante Giuseppe, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato ALBARELLO GIORGIO, giusta mandato in calce al ricorso;

- ricorrente -

contro

AUTOZEN S.R.L.;

- intimata -

avverso la sentenza n. 48/2005 della SEZ. DIST. CORTE D'APPELLO di BOLZANO, depositata il 23/01/2006 R.G.N. 61/05;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 04/06/2009 dal Consigliere Dott. PIETRO CURZIO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

FattoDiritto

P.A. chiede la cassazione della sentenza, pubblicata il 23 gennaio 2006, con la quale la Sezione distaccata di Bolzano della Corte d'Appello di Trento ha rigettato il suo appello nei confronti della decisione emessa dal Tribunale di Bolzano nella controversia da lui proposta contro la Autozen srl.

Il ricorrente aveva citato l'Autozen a titolo di responsabilità civile ex art. 2087 c.c., per la malattia di natura professionale "sindrome da tunnel carpale bilaterale".

All'udienza del 3 maggio 2005 il giudice lo aveva dichiarato decaduto dalla prova perchè il "testimone di parte ricorrente non è comparso perchè il difensore aveva omesso di citarlo" ed aveva deciso la controversia rigettando il ricorso nel merito con la seguente motivazione: "essendo la parte ricorrente venuta meno all'onere processuale di chiamare il teste, dichiarata la decadenza dalla prova la domanda va rigettata per mancato raggiungimento della prova".

Il P. aveva proposto appello articolato in sei motivi, che la Corte aveva rigettato perchè "la parte appellante si è limitata a dolersi degli asseriti errori" processuali, ma nulla aveva detto nel merito della controversia, proponendo un ricorso privo della esposizione sommaria dei fatti e dei motivi specifici dell'impugnazione ed in particolare della determinazione della cosa oggetto della domanda e dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda.

Il P. ricorre per cassazione per nove motivi di ricorso ed ha depositato una memoria per l'udienza.

L'intimato non ha svolto attività difensiva.

I motivi sono i seguenti.

Violazione e falsa applicazione degli artt. 342 e 163 c.p.c..
Il ricorrente contesta l'affermazione della sentenza impugnata secondo la quale egli non avrebbe, nel ricorso in appello, proceduto alla esposizione sommaria dei fatti e dei motivi specifici dell'impugnazione ed in particolare non avrebbe indicato la cosa oggetto della domanda e i fatti e gli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda. Riporta a tal fine i passi dell'atto di appello in cui vengono esposti questi elementi e formula quesito di diritto chiedendo alla Corte di accertare se siano stati violati o meno gli artt 342 e 163 c.p.c..

Il secondo motivo ripropone lo stesso tema sotto il profilo del vizio di motivazione.

Il terzo motivo denunzia il fatto che la Corte avrebbe violato l'art. 244 c.p.c., rilevando d'ufficio, senza eccezione di controparte, che i capitoli non erano collegati specificamente ai testi indicati.

Gli altri motivi, dal quarto al nono, denunziano vizi di violazione di legge e di motivazione in ordine agli errori processuali che a parere del ricorrente sarebbero stati commessi dal giudice di primo grado, ma non considerati dal giudice di appello.

4. Violazione dell'obbligo di escutere il teste di Autozen perchè la rinuncia della resistente non era stata accettata dal ricorrente.

5. Violazione dell'obbligo di motivare sulla limitazione dei testi.

6. Violazione dell'art. 421 c.p.c., per mancato esercizio dei poteri d'ufficio, che devono essere esercitati anche in presenza di decadenze delle parti.

7. Mancata motivazione delle ragioni per le quali ha dichiarato la decadenza dalla prova ammessa e per le quali non ha ammesso gli altri testi.

8. Vizio di motivazione per la mancata considerazione della prova documentale addotta (riconoscimento della malattia professionale da parte dell'INAIL).

9. Violazione di legge per non aver riscontrato la nullità del verbale del 15 giugno 2004 per mancata indicazione dei procuratori che hanno partecipato all'udienza, con conseguente nullità dell'ordinanza di ammissione delle prove.

Il ricorso è fondato.

L'atto di appello non può essere ritenuto nullo come apoditticamente conclude la Corte a pag. 11 della sua motivazione, laddove assume che l'appellante si è limitato a denunciare vizi procedurali della decisione di primo grado, senza nulla dire con riferimento al merito della questione dedotta.
Pur criticando la decisione per aver risolto la controversia con la decadenza dalla prova e il conseguente mancato assolvimento dell'onere della prova, l'atto di appello ripropone la esposizione dei fatti e delle ragioni sulle quali si fonda la domanda.
Viene nuovamente ricostruita la vicenda lavorativa (periodo, mansioni di carrozziere verniciatore); si spiega in cosa consiste la malattia del P., quando e come si è manifestata; si da conto del riconoscimento della natura professionale da parte dell'INAIL, si da conto delle valutazioni del consulente medico legale; si evidenzia che il datore aveva omesso di adottare le misure idonee, tanto con riferimento ai mezzi di protezione che agli strumenti di formazione.

Non può pertanto ritenersi che l'atto manchi della esposizione dei fatti e delle ragioni della domanda, nè tanto meno può ritenersi che il petitum non sia individuato.

In assenza di specificazioni, la richiesta di più testi su più capitoli non è nulla, ma deve intendersi come di tutti su tutto.

Il punto cruciale è comunque quello oggetto del terzo motivo di ricorso (formalmente quarto, ma i primi due sono in realtà un unico motivo) perchè, in presenza di una mancata accettazione della rinuncia, il teste del resistente doveva essere ascoltato.
Infatti l'art. 245 c.p.c., comma 2, così dispone: "la rinuncia fatta da una parte all'audizione dei testimoni da essa indicati non ha effetto se le altre non vi aderiscono e se il giudice non vi consente". La norma non può essere disattesa, come nel caso in esame è stato fatto. Il teste avrebbe dovuto essere ascoltato.

Gli altri motivi di ricorso rimangono assorbiti.

La sentenza impugnata deve quindi essere cassata, con rinvio.

P.Q.M.

La Corte accoglie i primi tre motivi di ricorso, assorbiti gli altri.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d'Appello di Venezia.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 4 giugno 2009.

Depositato in Cancelleria il 25 novembre 2009