Categoria: Giurisprudenza civile di merito
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Tribunale di Taranto, Sez. Lav., 12 maggio 2021, n. 1206 - Divieto di stipulare contratti di lavoro subordinato a termine per le imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori


 

 

 

R E P U B B L I C A I T A L I A N A
In nome del Popolo Italiano Tribunale di Taranto sezione lavoro


Il giudice dott. Giovanni De Palma, all’udienza del 12 maggio 2021, ha pronunziato, dandone lettura, la seguente

SENTENZA


nella causa di lavoro tra:
rappresentato e difeso dall’avvocato Massimiliano Del Vecchio, ricorrente;
contro , in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato Alfonso Favatà, resistente;
oggetto: impugnativa contratto a termine;

 

FattoDiritto


Con atto depositato in data 18.9.2020, il ricorrente di cui in epigrafe, sulla premessa di aver prestato attività lavorativa in favore della società convenuta in virtù della sottoscrizione di un contratto a termine con iniziale scadenza al 16.12.2019 e di fatto proseguito sino al 31.7.2020; deducendo la nullità del termine di durata apposto al contratto in quanto: 1) “il termine della proroga non è desumibile dal contratto”; 2) “non risulta … che la convenuta abbia proceduto ad indicare il rischio specifico provocato dalla adozione del tipo contrattuale prescelto nel DVR”; 3) “il ricorrente non si è visto riconoscere nessuna delle tutele previste dal Decreto Rilancio, in particolare dall’art. 93, poi modificato dall’art. 8 del D.L. 14 agosto 2020, n. 104”, ha chiesto al giudice del lavoro adito di dichiararne il diritto alla costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato “ab origine o dal trentesimo giorno di proroga di fatto del rapporto”, con condanna del datore di lavoro al pagamento dell’indennità di cui all’art. 28, comma 2, D. Lgs. n. 81/15.
Costituitasi, la società convenuta ha contestato la fondatezza delle deduzioni avversarie ed ha concluso per il rigetto della domanda.
Istruita la controversia per il tramite della documentazione prodotta, all’udienza odierna i procuratori delle parti hanno dato luogo alla discussione orale, al cui esito il giudice ha deciso ai sensi dell’art. 429, co. 1, c.p.c., dando lettura della sentenza (comprensiva del dispositivo e della esposizione delle ragioni di fatto e diritto della decisione).

Come, in termini condivisibili, ripetutamente affermato dalla Suprema Corte, in materia di rapporto di lavoro a tempo determinato, l’ art. 3 del D. L gs. n. 368 del 2001 , (ed allo stesso modo, l’omologo art. 22, co. 1, lett. d), D. Lgs. n. 81/15 ratione temporis applicabile) che sancisce il divieto di stipulare contratti di lavoro subordinato a termine per le imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, costituisce norma imperativa, la cui “ratio” è diretta alla più intensa protezione dei lavoratori rispetto ai quali la flessibilità d’impiego riduce la familiarità con l’ambiente e gli strumenti di lavoro. Ne consegue che, ove il datore di lavoro non provi di aver provveduto alla valutazione dei rischi prima della stipulazione, la clausola di apposizione del termine è nulla e il contratto di lavoro si considera a tempo indeterminato ai sensi degli artt. 1339 e 1419, comma 2, c.c. (cfr. Cassazione civile, sez. lav., 23/08/2019, n. 21683, n. 26/04/2021, n. 11011; vds. altresì Cassazione civile, sez. lav., 02/04/2012, n. 5241, secondo cui “… A fronte di tale pregnante obbligo di sicurezza verso i lavoratori con minor esperienza e familiarità verso l’ambiente di lavoro, l’ordinamento, in limine, esprime il proprio disvalore verso l’inosservanza degli adempimenti in tema di sicurezza dei luoghi di lavoro vietando al datore di lavoro, che la valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori non abbia effettuato, di stipulare il contratto di lavoro a termine. Tanto premesso, incombe sul datore di lavoro che intenda sottrarsi alle conseguenze della violazione del divieto, l’onere di provare di aver assolto specificamente l’adempimento, con la valutazione dei rischi nei termini richiesti dalla normativa, all’evidenza in epoca antecedente alla stipula del contratto a termine, e il giudice non può che constatare la sussistenza della fattispecie lecita o vietata dall’ordinamento”).
Gravando, pertanto, sul datore di lavoro l’onere di fornire dimostrazione di aver effettuato, in epoca anteriore alla stipula del contratto a termine, la valutazione dei rischi in applicazione della normativa di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, occorre in via assorbente considerare come la parte resistente - a fronte delle specifiche doglianze sul punto promananti dal lavoratore - non abbia, in sede di costituzione in giudizio, fornito alcuna indicazione sul punto, né prodotto documentazione utile a comprovare l’utile assolvimento della suddetta valutazione.
Né ad una diversa conclusione può pervenirsi in rapporto alla documentazione prodotta dalla parte resistente in data 30.4.2021, dovendosi sotto tale profilo rammentare (vds. fra le tante, Cassazione civile, sez. lav., 18 maggio 2015, n. 10102) che, nel rito del lavoro, l’omessa indicazione dei documenti prodotti nell’atto di costituzione in giudizio, e l’omesso deposito degli stessi contestualmente a tale atto, determinano la decadenza dal diritto di produrli, salvo che si siano formati successivamente alla costituzione in giudizio o la loro produzione sia giustificata dall’evoluzione della vicenda processuale (circostanze che nel caso entrambe non ricorrono, laddove, per un verso, il documento di valutazione dei rischi che la convenuta intende produrre risale all’11.9.2019, per altro verso, le doglianze specificatamente riferite al mancato assolvimento degli obblighi di cui al precitato art. 20, co.1., lett. d) D. Lgs. n. 81/2015, risultano ben evidenziate nel ricorso introduttivo).
Sulla scorta delle brevi ed assorbenti considerazioni che precedono, il ricorso è, dunque, meritevole di accoglimento.
Non essendo validamente documentata l’osservanza - da parte del datore di lavoro - della normativa di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori che non consente l’apposizione del termine di durata in assenza della valutazione dei rischi, non può, dunque, che conseguire la trasformazione del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato, con conseguente condanna del medesimo datore di lavoro al risarcimento del danno a favore del lavoratore, mediante la corresponsione di un’indennità onnicomprensiva che, avuto riguardo ai criteri indicati nell’articolo 8 della legge n. 604 del 1966 (e, in particolare, tenuto conto della contenuta anzianità di servizio del prestatore di lavoro), si determina nella misura di 3 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto.
La pronuncia sulle spese segue la soccombenza della parte convenuta nella misura indicata in dispositivo (ciò con la puntualizzazione che “il regolamento delle spese di lite è consequenziale ed accessorio rispetto alla definizione del giudizio, potendo perciò la condanna al relativo pagamento legittimamente essere emessa, a carico della parte soccombente ed ex art. 91 c.p.c., anche d'ufficio, pur se difetti una esplicita richiesta in tal senso della parte vittoriosa”; cfr. Cassazione civile, sez. I, 13/05/2011, n. 10663).
 

P.Q.M.
 

Il Tribunale di Taranto, in funzione di giudice del lavoro, definitivamente pronunziando sul ricorso proposto con atto depositato in data 18.9.2020 da ……………….. nei confronti di , così provvede: accoglie la domanda attorea e, per l’effetto: dichiara che tra le parti sussiste dall’11.9.2018 un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato; condanna la a pagare al
…………………, a titolo di risarcimento del danno, un’indennità onnicomprensiva nella misura di tre mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, oltre agli accessori del credito nella misura di legge; condanna la parte resistente al pagamento delle spese di lite in favore della parte ricorrente, che liquida in complessivi euro 2.100,00, oltre a rimborso spese forfettarie al 15%, iva e cpa nella misura di legge.
Taranto, 12 maggio 2021.
il giudice
dott. Giovanni De Palma