ORDINANZA DEL PRESIDENTE DEL TRIBUNALE

29 ottobre 2021 (*)


«Procedimento sommario – Regolamento (UE) 2021/953 – Certificato COVID digitale dell’UE – Domanda di sospensione dell’esecuzione – Insussistenza dell’urgenza»


Nella causa T‑527/21 R,
S*A*, residente in Ferrara (Italia), e gli altri ricorrenti i cui nomi figurano in allegato (1), rappresentate da M.S., avvocato,

ricorrenti,

contro

Parlamento europeo, rappresentato da L. Visaggio, J. Rodrigues e P. López-Carceller, in qualità di agenti,
e
Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da M. Moore e S. Scarpa Ferraglio, in qualità di agenti,

convenuti


avente ad oggetto una domanda, ai sensi degli articoli 278 e 279 TFUE, diretta alla sospensione dell’esecuzione dell’articolo 3, paragrafo 1, lettere a) e b), del regolamento (UE) 2021/953 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2021, su un quadro per il rilascio, la verifica e l’accettazione di certificati interoperabili di vaccinazione, di test e di guarigione in relazione alla COVID-19 (certificato COVID digitale dell’UE) per agevolare la libera circolazione delle persone durante la pandemia di COVID-19 (GU 2021, L 211, pag. 1),
 

IL PRESIDENTE DEL TRIBUNALE


ha emesso la seguente

 

Ordinanza


Fatti, procedimento e conclusioni delle parti

1 I ricorrenti, la sig.ra S*A* e le altre persone fisiche i cui nomi figurano in allegato, sono cittadini dell’Unione europea.
2 Per limitare la diffusione della sindrome respiratoria acuta grave SARS-CoV-2 gli Stati membri hanno adottato alcune misure che hanno inciso sull’esercizio, da parte dei cittadini dell’Unione, del loro diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, quali restrizioni all’ingresso o l’obbligo per i viaggiatori transfrontalieri di sottoporsi a quarantena o ad autoisolamento o a un test per l’infezione da SARS-CoV-2.
3 Per facilitare l’esercizio del diritto di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Unione europea hanno deciso di istituire un quadro comune per il rilascio, la verifica e l’accettazione di certificati interoperabili relativi alla vaccinazione, ai test e alla guarigione in relazione alla malattia da coronavirus 2019 (COVID-19), la cui causa è la SARS-CoV-2. Detto quadro comune dovrebbe agevolare, ove possibile, sulla base di prove scientifiche, la graduale revoca delle restrizioni da parte degli Stati membri in modo coordinato, tenuto conto della revoca delle restrizioni all’interno del loro territorio.
4 A tal fine il Parlamento e il Consiglio hanno adottato, il 14 giugno 2021, il regolamento (UE) 2021/953, su un quadro per il rilascio, la verifica e l’accettazione di certificati interoperabili di vaccinazione, di test e di guarigione in relazione alla COVID-19 (certificato COVID digitale dell’UE) per agevolare la libera circolazione delle persone durante la pandemia di COVID-19 (GU 2021, L 211, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento impugnato»).
5 Secondo il considerando 13 del regolamento impugnato, sebbene quest’ultimo lasci impregiudicata la competenza degli Stati membri nell’imporre restrizioni alla libera circolazione, conformemente al diritto dell’Unione, per limitare la diffusione del SARS-CoV-2, esso dovrebbe contribuire ad agevolare la graduale revoca di tali restrizioni in modo coordinato, ove possibile.
6 L’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento impugnato prevede che il quadro del certificato interoperabile contenente informazioni sulla vaccinazione, sul risultato di un test o sulla guarigione del loro titolare, rilasciato nel contesto della pandemia di COVID-19 (in prosieguo: il «certificato COVID digitale dell’UE») consente il rilascio, la verifica e l’accettazione transfrontaliere di uno qualunque dei seguenti certificati: un certificato comprovante che al titolare è stato somministrato un vaccino anti COVID-19 nello Stato membro di rilascio del certificato, denominato «certificato di vaccinazione» (articolo 3, paragrafo 1, lettera a), del regolamento impugnato), un certificato comprovante che il titolare è stato sottoposto a un test effettuato da operatori sanitari o da personale addestrato nello Stato membro che rilascia il certificato e indicante il tipo di test, la data in cui è stato effettuato e il risultato del test, denominato «certificato di test» (articolo 3, paragrafo 1, lettera b), del regolamento impugnato), e un certificato comprovante che, successivamente a un risultato positivo di un test effettuato da operatori sanitari o da personale addestrato, il titolare risulta guarito da un’infezione da SARS-CoV-2, denominato «certificato di guarigione» (articolo 3, paragrafo 1, lettera c), del regolamento impugnato).
7 Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 30 agosto 2021, i ricorrenti hanno proposto un ricorso volto, in particolare, all’annullamento totale o parziale del regolamento impugnato.
8 Con atto separato, depositato presso la cancelleria del Tribunale il 31 agosto 2021, i ricorrenti hanno proposto la presente domanda di provvedimenti provvisori, in cui chiedono che il presidente del Tribunale voglia:
– in via pregiudiziale immediata e provvisoria, sospendere l’applicazione dell’articolo 3, paragrafo 1, lettere a) e b), del regolamento impugnato;
– in via principale, annullare il regolamento impugnato nella sua interezza;
– in via principale alternativa, annullare l’articolo 3, paragrafo 1, lettere a) e b), del regolamento impugnato;
– in subordine, per contemperare le esigenze concrete delle parti, modificare parzialmente il regolamento impugnato prevedendo, in sostituzione del suo articolo 3, paragrafo 1, lettere a) e b), l’obbligo, per il rilascio del certificato COVID digitale dell’UE, per ciascun cittadino dell’Unione, di sottoporsi, nelle situazioni indicate in tale regolamento, al tampone salivare e, in caso di risultato positivo di quest’ultimo, di attenersi, per l’effettiva verifica di un caso confermato di SARS-CoV-2 di Covid-19, ai protocolli dettati dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC);
– condannare tutti i convenuti alle spese.
9 Nelle sue osservazioni sulla domanda di provvedimenti provvisori, depositate presso la cancelleria del Tribunale il 15 settembre 2021, il Consiglio chiede che il presidente del Tribunale voglia:
– respingere la domanda di sospensione cautelare in quanto manifestamente irricevibile;
– in subordine, respingere la domanda di sospensione cautelare in quanto manifestamente infondata;
– condannare i ricorrenti, congiuntamente e in solido, alle spese.
10 Nelle sue osservazioni sulla domanda di provvedimenti provvisori, depositate presso la cancelleria del Tribunale il 15 settembre 2021, il Parlamento chiede che il presidente del Tribunale voglia:
– respingere la richiesta di sospensione dell’esecuzione;
– condannare i ricorrenti alle spese.

In diritto
11 Dal combinato disposto degli articoli 278 e 279 TFUE, da un lato, e dell’articolo 256, paragrafo 1, TFUE, dall’altro, risulta che il giudice del procedimento sommario, ove reputi che le circostanze lo richiedano, può ordinare la sospensione dell’esecuzione di un atto impugnato dinanzi al Tribunale o disporre i provvedimenti provvisori necessari, e ciò in applicazione dell’articolo 156 del regolamento di procedura del Tribunale. Tuttavia, l’articolo 278 TFUE sancisce il principio dell’effetto non sospensivo dei ricorsi, poiché gli atti adottati dalle istituzioni dell’Unione godono di una presunzione di legittimità. Pertanto, è solo in via eccezionale che il giudice del procedimento sommario può ordinare la sospensione dell’esecuzione di un atto impugnato dinanzi al Tribunale o disporre provvedimenti provvisori (ordinanza del 19 luglio 2016, Belgio/Commissione, T‑131/16 R, EU:T:2016:427, punto 12).
12 L’articolo 156, paragrafo 4, prima frase, del regolamento di procedura dispone che le domande di provvedimenti provvisori debbono precisare «l’oggetto della controversia, i motivi di urgenza nonché gli argomenti in fatto e in diritto che giustifichino prima facie la concessione del provvedimento provvisorio richiesto».
13 Pertanto, la sospensione dell’esecuzione e gli altri provvedimenti provvisori possono essere accordati dal giudice del procedimento sommario se è comprovato che la loro concessione è giustificata prima facie in fatto e in diritto (fumus boni iuris) e che gli stessi sono urgenti, in quanto occorre, per evitare un danno grave e irreparabile agli interessi del richiedente, che essi siano emanati e producano i loro effetti prima della decisione nel procedimento principale. Questi requisiti sono cumulativi, di modo che le domande di provvedimenti provvisori devono essere respinte una volta che non ricorre uno dei suddetti requisiti. Il giudice del procedimento sommario procede altresì, se del caso, alla ponderazione degli interessi in gioco (v. ordinanza del 2 marzo 2016, Evonik Degussa/Commissione, C‑162/15 P-R, EU:T:2016:142, punto 21 e giurisprudenza ivi citata).
14 Nell’ambito di siffatta valutazione globale, il giudice del procedimento sommario dispone di un ampio potere discrezionale ed è libero di stabilire, considerate le particolarità del caso di specie, il modo in cui vadano accertate le varie condizioni in questione nonché l’ordine in cui condurre tale esame, posto che nessuna norma giuridica gli impone uno schema di analisi predeterminato per valutare la necessità di statuire in via provvisoria [v. ordinanza del 19 luglio 2012, Akhras/Consiglio, C‑110/12 P(R), non pubblicata, EU:C:2012:507, punto 23 e giurisprudenza ivi citata].
15 Alla luce degli elementi contenuti nel fascicolo, il presidente del Tribunale ritiene di disporre di tutti gli elementi necessari per statuire sulla presente domanda di provvedimenti provvisori, senza che sia necessario sentire preliminarmente le osservazioni orali delle parti.
16 Viste le circostanze del caso di specie, occorre esaminare anzitutto se sia soddisfatto il requisito relativo all’urgenza.
17 Per verificare se i provvedimenti provvisori richiesti siano urgenti, occorre ricordare che la finalità del procedimento sommario consiste nel garantire la piena efficacia della futura decisione definitiva, al fine di evitare una lacuna nella tutela giuridica garantita dal giudice dell’Unione. Per raggiungere quest’obiettivo, l’urgenza dev’essere valutata, in generale, alla luce della necessità di emettere una decisione provvisoria per evitare un danno grave e irreparabile alla parte che chiede la protezione provvisoria. Spetta a tale parte fornire la prova che essa non può attendere l’esito del procedimento pendente sul merito della controversia senza subire un danno grave e irreparabile (v. ordinanza del 14 gennaio 2016, AGC Glass Europe e a./ Commissione, C‑517/15 P-R, EU:C:2016:21, punto 27 e giurisprudenza ivi citata).
18 È alla luce di questi criteri che è necessario esaminare se i ricorrenti riescano a dimostrare l’urgenza.
19 Nel caso di specie, al fine di dimostrare il carattere grave e irreparabile del danno lamentato, i ricorrenti sostengono, in primo luogo, che il regolamento impugnato opererebbe in pratica una discriminazione tra vaccinati e non vaccinati e, di conseguenza, tra i cittadini dell’Unione in sede di esercizio dei loro diritti fondamentali, che li colpirebbe direttamente.
20 In secondo luogo, i ricorrenti sostengono che la grave violazione dei loro diritti fondamentali, causata dal contenuto inammissibile del regolamento impugnato, che sarebbe palesemente in contrasto con qualsiasi norma scientifica, dovrebbe cessare immediatamente in considerazione dei danni materiali e, soprattutto, morali che esso infliggerebbe loro in modo diretto e immediato, privandoli così della possibilità di condurre una vita sociale normale.
21 Il Parlamento e il Consiglio sostengono, per parte loro, che i ricorrenti non sarebbero riusciti a dimostrare che il requisito relativo all’urgenza sia soddisfatto.
22 A questo riguardo, in primo luogo, quanto all’argomento dei ricorrenti secondo il quale il regolamento impugnato creerebbe, in pratica, una discriminazione tra i cittadini dell’Unione in sede di esercizio dei loro diritti fondamentali, occorre ricordare, in primo luogo, che il giudice del procedimento sommario non può procedere a un’applicazione meccanica e rigida del requisito collegato al carattere irreparabile del danno – né, del resto, al carattere grave del danno lamentato –, ma deve tener conto delle circostanze che contraddistinguono ogni caso (v., in tal senso, ordinanza del 25 luglio 2014, Deza/ECHA, T‑189/14 R, non pubblicata, EU:T:2014:686, punto 105 e giurisprudenza ivi citata), tanto più che detto criterio, di origine puramente giurisprudenziale, che non compare né nei trattati né nel regolamento di procedura, dev’essere lasciato inapplicato quando è inconciliabile con l’esigenza imperativa di una tutela provvisoria effettiva [v., in tal senso, ordinanza del 23 aprile 2015, Commissione/Vanbreda Risk & Benefits, C‑35/15 P(R), EU:C:2015:275, punto 30].
23 In secondo luogo, la facoltà di disporre una sospensione dell’esecuzione o di adottare provvedimenti provvisori sul mero fondamento dell’illegittimità manifesta dell’atto impugnato non è esclusa, per esempio quando quest’ultimo difetta persino dell’apparenza di legalità e occorre, pertanto, sospenderne senza indugio l’esecuzione (v., in tal senso, ordinanze del 7 luglio 1981, IBM/Commissione, 60/81 R e 190/81 R, EU:C:1981:165, punti 7 e 8, e del 26 marzo 1987, Hoechst/Commissione, 46/87 R, EU:C:1987:167, punti 31 e 32).
24 In terzo luogo, tuttavia, anche se, come risulta dal punto 110 dell’ordinanza del 23 febbraio 2001, Austria/Consiglio (C‑445/00 R, EU:C:2001:123), il carattere particolarmente serio del fumus boni iuris non è privo di influenza sulla valutazione dell’urgenza, si tratta tuttavia, conformemente alle disposizioni di cui all’articolo 156, paragrafo 4, del regolamento di procedura, di due requisiti distinti che condizionano la concessione di una sospensione dell’esecuzione. Pertanto, spetta alla parte che chiede i provvedimenti provvisori dimostrare l’imminenza di un danno grave e difficilmente riparabile, se non addirittura irreparabile, e la semplice dimostrazione dell’esistenza di un fumus boni iuris, perfino se particolarmente serio, non può rimediare alla completa mancanza di una dimostrazione dell’urgenza, salvo che in circostanze del tutto particolari (v., in tal senso, ordinanza del 2 maggio 2007, IPK International – World Tourism Marketing Consultants/Commissione, T‑297/05 R, non pubblicata, EU:T:2007:118, punto 52 e giurisprudenza ivi citata).
25 Nel caso di specie, del resto, nessun argomento dei ricorrenti dimostra, prima facie, il carattere manifesto della presunta violazione.
26 Per quanto riguarda l’argomento dei ricorrenti secondo cui la violazione del loro diritto alla libertà di circolazione, qualora non si sottopongano a trattamenti medici invasivi contrari alla loro volontà, comporterebbe una limitazione diretta della loro libertà personale, quale prevista dall’articolo 6 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, nonché della loro libertà professionale e del loro diritto al lavoro, quali previsti dall’articolo 15 della medesima, si deve constatare anzitutto che il possesso dei certificati previsti dal regolamento impugnato non costituisce una condizione preliminare per l’esercizio del diritto di libera circolazione, come risulta dall’articolo 3, paragrafo 6, di tale regolamento.
27 Inoltre, i ricorrenti non producono nessun elemento che consenta di concludere che il regolamento impugnato abbia causato un peggioramento delle loro condizioni di spostamento rispetto alla situazione esistente prima della sua entrata in vigore. In effetti, il regolamento impugnato mira proprio a facilitare l’esercizio del diritto alla libera circolazione all’interno dell’Unione durante la pandemia di COVID-19 mediante la creazione di un quadro per il rilascio, la verifica e l’accettazione di certificati COVID digitali dell’UE.
28 In secondo luogo, per quanto riguarda l’argomento dei ricorrenti secondo il quale la violazione dei loro diritti fondamentali avrebbe causato loro danni materiali, occorre ricordare che, salvo circostanze eccezionali, un danno di carattere economico non può essere considerato irreparabile o anche solo difficile da riparare dato che, come regola generale, esso può costituire oggetto di un successivo risarcimento finanziario (v. ordinanza del 2 ottobre 2019, FV/Consiglio, T‑542/19 R, non pubblicata, EU:T:2019:718, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).
29 Vero è che, anche in caso di danno di carattere puramente pecuniario, un provvedimento provvisorio si giustifica ove risulti che, in mancanza di tale provvedimento, la parte richiedente si troverebbe in una situazione tale da mettere a repentaglio la propria sopravvivenza finanziaria, poiché non disporrebbe di una somma che dovrebbe normalmente permetterle di far fronte a tutte le spese indispensabili per sopperire ai propri bisogni elementari sino al momento in cui intervenga una pronuncia sul ricorso principale (v. ordinanza del 2 ottobre 2019, FV/Consiglio, T‑542/19 R, non pubblicata, EU:T:2019:718, punto 43 e giurisprudenza ivi citata).
30 Tuttavia, per poter valutare se il danno lamentato presenti un carattere grave e irreparabile e giustifichi quindi la sospensione, in via eccezionale, dell’esecuzione dell’atto impugnato, il giudice del procedimento sommario deve disporre, in ogni caso, di indicazioni concrete e precise, suffragate da documenti dettagliati che dimostrino la situazione finanziaria della parte che chiede il provvedimento provvisorio e consentano di valutare le conseguenze che verosimilmente deriverebbero dalla mancanza dei provvedimenti richiesti [v. ordinanza del 27 aprile 2010, Parlamento/U, T‑103/10 P(R), EU:T:2010:164, punto 37 e giurisprudenza ivi citata].
31 Orbene, nel caso di specie i ricorrenti hanno omesso di fornire informazioni concrete e precise, suffragate da documenti certificati dettagliati.
32 Di conseguenza, in tali condizioni, il giudice del procedimento sommario non è in grado di valutare se il presunto danno possa essere qualificato grave e irreparabile.
33 Inoltre, quanto all’affermazione dei ricorrenti, secondo la quale la violazione dei loro diritti fondamentali infliggerebbe loro danni morali in modo diretto e immediato, basti ricordare che, secondo una giurisprudenza consolidata, anche ipotizzando che i suddetti danni siano effettivamente provocati dal regolamento impugnato, l’annullamento di quest’ultimo al termine del procedimento principale costituirebbe un risarcimento adeguato del danno morale lamentato (v., in tal senso, ordinanza del 20 luglio 2016, Direttore generale dell’OLAF/Commissione, T‑251/16 R, non pubblicata, EU:T:2016:424, punto 57 e giurisprudenza ivi citata). Ne consegue che il presunto danno morale non può essere considerato irreparabile.
34 Da tutto quanto precede risulta che la domanda di provvedimenti provvisori dev’essere respinta in assenza di prove a dimostrazione dell’urgenza, che spettava ai ricorrenti produrre, senza che sia necessario esaminare la sua ricevibilità, pronunciarsi sul fumus boni iuris o effettuare una ponderazione degli interessi.
35 Ai sensi dell’articolo 158, paragrafo 5, del regolamento di procedura, occorre riservare la decisione sulle spese.

Per questi motivi,


IL PRESIDENTE DEL TRIBUNALE


così provvede:
1) La domanda di provvedimenti provvisori è respinta.
2) Le spese sono riservate.

Lussemburgo, 29 ottobre 2021

Il cancelliere                                                                                                                                                                             Il presidente

E. Coulon                                                                                                                                                                       M. van der Woude
 


* Lingua processuale: l’italiano.


1 L’elenco degli altri ricorrenti è allegato unicamente alla versione notificata alle parti.


Ricorso proposto il 30 agosto 2021 – A* e a./Consiglio e Parlamento
(Causa T-527/21)


Lingua processuale: l’italiano

Parti
Ricorrenti: S*A* (Ferrara, Italia) e altri 423 ricorrenti (rappresentante: M.S., avvocato)
Convenute: Parlamento europeo, Consiglio dell’Unione europea

Conclusioni
I ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:
In via pregiudiziale immediata provvisoria, sospendersi immediatamente l’applicazione dell’articolo 1 c.1 lettera a) e b);
In via di merito principale, annullare integralmente il Regolamento impugnato
In via di merito alternativamente principale, annullare l’articolo 1 c. 1 lettera a) dell’articolo 3 del Regolamento UE n. 9531 in via definitiva; l’articolo 1 c.1 lettera b) dell’articolo 3 del Regolamento UE n. 953 in via definitiva e/o sino a quando verrà inserito nel Regolamento espressamente che caso positivo al Covid-19 sia solo quello che rispetti i protocolli previsti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) in materia di tamponi RT-PCR nei confronti degli asintomatici e nei confronti dei sintomatici quanto ai cicli di sviluppo;
In via di merito subordinata, ai fini del possibile contemperamento delle esigenze concrete delle parti, previo annullamento del contenuto dell’articolo 3 1 c.1 lettere a)-b) del Regolamento impugnato, modificare parzialmente il medesimo disponendo, in sostituzione del contenuto dei detti capi, l’obbligo, per il rilascio del Certificato UE, nei confronti di ciascun cittadino europeo, di sottoporsi, nelle situazioni indicate dal Regolamento, al tampone salivare ed, in caso di positività al medesimo, attenersi per l’effettiva verifica di caso confermato di Sars Cov 2 di Covid 19, ai protocolli dettati dall’OMS e dall’ECDC;
Con vittoria di spese competenze ed onorari del presente giudizio in caso di opposizione.

Motivi e principali argomenti
A sostegno del ricorso, i ricorrenti deducono quattro motivi.
Primo motivo, vertente sulla violazione degli articoli 20-21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (CDFUE) in sinergia con la violazione delle risoluzioni Consiglio d’Europa N.2383/21 e N.2361/2021.
Si fa valere a questo riguardo che il Regolamento impugnato, pervenendo a privilegiare i vaccinati rispetto ai non vaccinati da Covid 19 sull’errato presupposto scientifico che i primi non contagino, determina una illegittima discriminazione quanto all’esercizio della libertà di movimento, espressamente vietata dal Consiglio d’ Europa, organo esecutivo della Corte europea dei diritti umani (CEDU), organismo a cui aderiscono gli Stati e l’Unione ed all’indirizzo del quale, pertanto, non possono disallinearsi.
Secondo motivo, vertente sulla violazione degli articoli 20-21 1º C in sinergia con gli articoli 41-49 CDFUE la violazione dell’articolo 54 CDFUE.
Si fa valere a questo riguardo che il Regolamento non cita alcuna fonte da cui poter ricavare un minimo di riscontro indiziario o probatorio che esista effettivamente una incertezza scientifica quanto al fatto specifico che i vaccinati contagino meno di Sars-CoV-2 rispetto ai non contagiati. È stato omesso l’indispensabile preventivo svolgimento di adeguata consulenza medico-scientifica idonea a supportare il fondamento della mera affermazione prospettata. L’affermazione che i vaccinati non contagino è contraddetta dal contenuto del Regolamento ove si afferma che occorre attendere riscontri. Nessun cittadino europeo può essere discriminato, nel pieno esercizio del suo diritto integrale ad una mobilità senza limiti, in assenza di un minimo principio di prova della veridicità del fondamento scientifico giustificativo di tale impedimento.
Terzo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 21 CDFUE sotto il profilo dello sviamento di potere della violazione del principio di legalità’ di cui all’articolo 49 CFDUE per insussistenza nel merito del fondamento scientifico del regolamento
Si fa valere a questo riguardo che la sperimentazione e l’autorizzazione al commercio dei vaccini per la finalità di prevenzione della diffusione del virus Sars cov 2, non sono mai state fatte in funzione di impedire che i vaccinati non contagiassero. Estendere l’applicabilità dei vaccini oltre il perimetro della sperimentazione e dell’autorizzazione è illegittimo. Sussistono prove documentali plurime, incontrovertibili e non contestate derivanti dalle statistiche relative all’andamento dei contagi in Europa e nel mondo, che attestano che i Paesi a più alta vaccinazione, siano quelli dove vi è il più alto numero di contagi e che i vaccinati favoriscano la diffusione delle varianti ed in particolare di quella “delta”. Sussistono prove che la mortalità per Covid 19 sia più elevata tra i vaccinati.
Quarto motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 20 in sinergia con l’articolo 35 CDFUE per il disallineamento del regolamento dalle linee guida dell’OMS e dell’ECDC con riferimento all’uso dei tamponi. Sviamento di potere.
Si fa valere a questo riguardo che i tamponi Rt-PCR sono amplificati, nei laboratori di taluni Paesi con numero di cicli superiore a quello previsto come attendibile dall’ECDC e dall’OMS. I tamponi vengono utilizzati senza preventiva e/o successiva verifica clinica per cui l’erronea amplificazione falsifica l’esito. In caso di positività non viene ripetuto l’esame come previsto dalle linee guida dell’OMS per cui anche sotto questo profilo, l’esame in vitreo è totalmente inattendibile. Il Regolamento impugnato prevede lo screening obbligatorio degli asintomatici per poter accedere al Certificato UE, mentre le linee guida dell’OMS ritengono inutile l’esame con tampone Rt-PCR e/o rapido degli asintomatici non sussistendo prova che contagino. L’unica soluzione seriamente praticabile per realizzare al massimo grado di serietà scientifica l’obiettivo di viaggiare il più sicuramente possibile, dichiarato come finalistico dal Regolamento impugnato, è far svolgere a vaccinati e non vaccinati, un tampone salivare in prossimità immediata del necessario utilizzo richiesto ed in caso di positività effettuare tampone Rt-PCR amplificato con un numero di cicli compatibile con le linee guida dell’OMS e dell’ECDC.
____________
1 Regolamento (UE) 2021/953 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 14 giugno 2021 su un quadro per il rilascio, la verifica e l’accettazione di certificati interoperabili di vaccinazione, di test e di guarigione in relazione alla COVID-19 (certificato COVID digitale dell’UE) per agevolare la libera circolazione delle persone durante la pandemia di COVID-19 (GU 2021, L 211, p.1).