Ministero dell’Interno
DIPARTIMENTO DELLA PUBBLICA SICUREZZA
DIREZIONE CENTRALE DI SANITÀ
 

N. 850/A.P1 - numero del protocollo

Roma, data del protocollo


OGGETTO: Problematiche inerenti il contenimento della infezione da SARS-CoV-2. Chiarimenti.


A …omissis….


Pervengono a questa Direzione numerosi quesiti da parte dei datori di lavoro, relativi all’attivazione della sorveglianza sanitaria per il rischio SARS- CoV-2, a richiesta dei lavoratori.
La sorveglianza sanitaria, secondo quanto previsto dall'articolo 41. comma 1, lett. b) del D.Lgs. 81/08, costituisce una fondamentale misura di prevenzione per i lavoratori che sono esposti a rischi per la salute, cioè ad agenti di natura fisica, chimica, biologica, organica suscettibili di provocare una malattia da lavoro dopo periodi più o meno lunghi di esposizione. Una volta istituita, la sorveglianza sanitaria prevede visite mediche preventive e periodiche, effettuate dal medico competente, finalizzate all'idoneità alla mansione specifica.
Il rischio biologico, trattato al Titolo X del D.Lgs. 81/08, è valutato per le aziende nelle quali sia individuato un rischio specifico, facendo riferimento all'Allegato XLVI del citato Titolo. L’articolo 268 del decreto classifica in 4 gruppi gli agenti biologici, secondo una scala crescente di pericolosità per l’uomo.
La "sindrome respiratoria acuta grave da coronavirus 2 (SARS-CoV-2)” è stata inserita nel gruppo 3 dell’Allegato XLVI del Titolo X dal D.L. 7 ottobre 2020, n. 125, convertito dalla L. 27 novembre 2020, n. 159.
Il rischio biologico derivante dalla nuova voce, quindi, è ritenuto “specifico” per le aziende che usano SAR.S-CoV-2 nei propri cicli lavorativi (ad es. laboratori di microbiologia), ma non nelle altre realtà produttive.
In periodo pandemico, il rischio di infezione da Sars-CoV-2 viene considerato un rischio “generico”, essendovi esposta la generalità della popolazione.
Detto rischio, tuttavia, può risultare “aggravato” nel caso di un aumento dell’esposizione all’agente biologico, in relazione a determinate tipologie di attività lavorativa o a specifiche condizioni della stessa.
L’emergenza sanitaria in corso ha richiesto l’individuazione di misure precauzionali e programmi di profilassi rivolti alla totalità della popolazione e di più specifici meccanismi di tutela in ambito lavorativo.
A quest’ultimo riguardo, le autorità governative hanno predisposto il "Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro " del 14 marzo 2020 ed i successivi aggiornamenti del 24 aprile 2020 e del 6 aprile 2021. Allo stesso fine è stata istituita la sorveglianza sanitaria eccezionale, prevista all’articolo 83 del D.L. 19 maggio 2020, n. 34 nei confronti dei lavoratori maggiormente esposti a rischio di contagio per l’età, la condizione di immunodepressione o per altre patologie che determinino particolari situazioni di vulnerabilità.
Dal canto suo, questa Direzione ha emanato molteplici circolari con le quali sono state fomite indicazioni sulle misure da attuare a salvaguardia della salute e sicurezza degli operatori negli uffici/reparti della Polizia di Stato, tra le quali si ricordano le circolari n. 850/A.P1-3255 del 08/05/2020 e n. 850/A-15694 del 03/09/2021.
Le prescrizioni in esse contenute, dimostratesi efficaci anche nelle fasi ascendenti della curva pandemica, si affiancano attualmente alla profilassi vaccinale, che ha drasticamente ridotto la circolazione virale nel nostro Paese.
Considerando che, al momento, la popolazione italiana è vaccinata per oltre 1’80% (in egual misura al personale della Polizia di Stato), il rischio di contrarre l’infezione è in calo, valutate opportunamente le circostanze di lavoro e tutti i possibili rischi, non trova fondamento la richiesta di istituire la sorveglianza sanitaria per SAR.S-CoV-2 nei confronti degli appartenenti alla Polizia di Stato.
Va, inoltre, tenuto presente che la COVID-19 non è da considerare una malattia professionale, i cui fattori patogenetici esplicano la loro azione nel tempo, ma il contagio da SARS-CoV-2 è stata equiparato ad un infortunio sul lavoro dall’articolo 42 del D.L. n. 18/2020; non sono, pertanto, applicabili protocolli di laboratorio e strumentali di sorveglianza sanitaria, né ha molto senso un giudizio di idoneità alla mansione specifica.
Si tratta, bensì, di adottare tutte le misure precauzionali, di prevenzione, di formazione e di informazione, atte ad evitare il più possibile il verificarsi dell'infortunio, procedure che. come già riportato, sono in costanza di applicazione per il personale della Polizia di Stato, secondo le disposizioni di legge.
Per quanto riguarda, infine, la similitudine tra tamponi e DPI (Dispositivi di Protezione Individuale), espressa in molte richieste pervenute ai datori di lavoro, si evidenzia che i tamponi non possono essere definiti DPI secondo quanto riportato nell’art. 74, comma 1 del D.Lgs. 81/08. poiché non sono una “...attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro” né possono essere considerati un “...complemento o accessorio destinato a tale scopo... ”, bensì vanno correttamente inquadrati come strumenti diagnostici utili a rilevare la presenza dell’infezione nell’organismo umano. Si utilizzano, quindi, con finalità di natura clinico-diagnostica o di screening anche di tipo statistico-epidemiologico.
Per tali ragioni, allo stato attuale ed alla luce delle evidenze scientifiche e della normativa di riferimento, si ritiene che non sussistano né la necessita né l’opportunità di una sorveglianza sanitaria per il contenimento del COVID-19 sugli operatori della Polizia di Stato, altresì evidenziando come l'effettuazione di tamponi naso-faringei per la ricerca degli antigeni del SARS-CoV-2 nulla abbia a che vedere con le finalità ed il significato dei DPI.
 

IL DIRETTORE CENTRALE
Ciprani