Cassazione Civile, Sez. Lav., 10 novembre 2021, n. 33116 - Risarcimento danni da infortunio. Ignota "l'altezza" del lavoro in quota


 

 

Presidente: TRIA LUCIA
Relatore: PONTERIO CARLA Data pubblicazione: 10/11/2021
 

Considerato che:
1. A.K. ha agito in giudizio nei confronti della datrice di lavoro Global Service società cooperativa, del suo legale rappresentante (S.T.) e del caposquadra (A.Z.), del coordinatore della sicurezza (arch. P.C.) per il committente Comune di Maglia, della società Legno Luce s.p.a. e del preposto (S.G.) nonché nei confronti della Edil Euganea s.p.a. capofila dell'appalto e dei componenti del suo consiglio di amministrazione (Sergio, Fabio e Luigino P.), per ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali causati dall'infortunio sul lavoro occorso il 19.11.2012. L'INAIL, in separato procedimento poi riunito, ha agito in regresso nei confronti delle stesse parti convenute.
2. Il Tribunale di Brescia ha respinto entrambi i ricorsi.
3. La Corte d'appello di Brescia ha respinto l'appello dell'INAIL e quello (incidentale) del lavoratore, compensando le spese di lite.
4. La Corte territoriale ha ritenuto che le allegazioni del lavoratore sulla dinamica dell'incidente (caduta dal tetto da un'altezza di circa sei metri) non avessero trovato alcun riscontro nell'istruttoria svolta. Inoltre, che non fosse possibile ricostruire l'infortunio secondo le modalità (caduta da una scala) descritte dal teste ispettore del Servizio di Prevenzione e Sicurezza dell'A.s.l. e dal datore di lavoro, sia perché tale versione alternativa era stata definita falsa e menzognera dal lavoratore, che l'aveva fatta propria solo nella memoria conclusiva, sia perché non era stata svolta alcuna istruttoria sulle allegazioni della società datoriale e delle altre parti riguardo alla presenza in cantiere dei trabatelli e agli ordini impartiti per il loro utilizzo, sia perché non poteva dirsi accertata la necessità per il lavoratore di utilizzare trabatelli al posto della scala, in quanto ciò dipendeva dall'altezza a cui il predetto avrebbe dovuto "fissare le squadrette" e che era rimasta ignota.
5. Avverso tale sentenza il lavoratore ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo. La Edil Euganea s.p.a. ed i signori Sergio, Fabio e Luigino P. hanno resistito con controricorso ed hanno depositato successiva memoria. Le altre parti non hanno svolto difese.



Considerato che:

6. Con l'unico motivo di ricorso è dedotta contraddittorietà della sentenza e violazione degli articoli 115, 116, 416 cod. proc. civ., omessa applicazione degli articoli 107, 111, 36 e 37, 96 e 97, 92, 19 e 299 del d.lgs. n. 81 del 2008.
7. Si denuncia la contraddittorietà della motivazione e la violazione degli articoli 115 e 116 cod. proc. civ. sul rilievo che la Corte di merito ha ricostruito i fatti storici in modo chiaro, sia pure non conformemente alle allegazioni del ricorrente, ma poi ha affermato di non aver potuto ricostruire la dinamica dell'infortunio.
8. Si argomenta la violazione dell'art. 112 cod. proc. civ. per avere la Corte ritenuto che il fatto accertato fosse diverso e che non vi fosse corrispondenza con il petitum e la causa petendi della domanda proposta dal lavoratore; si assume che il principio fissato dall'articolo 112 cod. proc. civ. non osta a che il giudice renda la pronuncia richiesta in base a una ricostruzione dei fatti autonoma rispetto a quella prospettata dalle parti nonché in base all'applicazione di una norma giuridica diversa da quella invocata; si sostiene l'inadempimento datoriale per essere stato il ricorrente comandato a svolgere l'attività lavorativa ad altezza superiore ai due metri, con l'ausilio di una scala anziché di un trabatello, e senza avere previamente ricevuto adeguata formazione; si argomenta la responsabilità degli altri soggetti citati in giudizio in ragione della violazione del dovere di sorveglianza e di adeguata vigilanza.
9. Il ricorso non può trovare accoglimento.
10. Deve preliminarmente ribadirsi, in conformità ad una giurisprudenza consolidata (Cass. n. 2209 del 2016; n. 10819 del 2013; n. 6757 del 2011; n. 18249 del 2009; n. 12750 del 2003; n. 1273 del 2003; n. 14734 del 2002) che il principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato fissato dall'art. 112 cod. proc. civ. non osta a che il giudice renda la pronuncia richiesta in base ad una ricostruzione dei fatti autonoma rispetto a quella prospettata dalle parti nonché in base all'applicazione di una norma giuridica diversa da quella invocata dall'istante; esso implica invece il divieto per il giudice stesso di attribuire alla parte un bene non richiesto, o, comunque, di emettere una statuizione che non trovi corrispondenza nei fatti di causa ma che si basi su elementi di fatto non ritualmente acquisiti in giudizio come oggetto del contraddittorio e non tenuti in alcun conto dal primo giudice.
11. E' quindi errata in diritto, in riferimento all'art. 112 cod. proc. civ., la sentenza d'appello là dove afferma (pag. 20) che "non è possibile modificare la ricostruzione dei fatti e gli elementi sui quali si baserebbe la colpa datoriale e quella di tutti gli altri soggetti chiamati a rispondere del fatto a vario titolo".
12. Sulla ricostruzione della dinamica dell'infortunio, la sentenza impugnata, in base alla valutazione integrata degli elementi probatori raccolti, ha ritenuto che fosse "rimasta ignota" l'altezza "alla quale il lavoratore avrebbe dovuto fissare le squadrette e che, essendo ignota l'altezza a cui i lavori dovevano svolgersi, non era possibile affermare come esistente l'obbligo datoriale, e degli eventuali altri soggetti citati in giudizio, di mettere a disposizione per detti lavori attrezzature adeguate, come i trabatelli, e di imporne e controllarne l'utilizzo (l'art. 107 del d.lgs. n. 81 del 2008 definisce "lavoro in quota" quella "attività lavorativa che espone il lavoratore al rischio di caduta da una quota posta ad altezza superiore a 2 m rispetto ad un piano stabile").
13. A fronte di tale accertamento, le censure mosse col ricorso in esame risultano inammissibili in quanto la denuncia di violazioni di plurime disposizioni di legge (artt. 107, 111, 36 e 37, 96 e 97, 92, 19 e 299 del d.lgs. n. 81 del 2008) si fonda su una ricostruzione in fatto (pag. 18 del ricorso: "il lavoratore si trovava su una scala metallica intento a posizionare elementi metallici all'altezza di tre metri e mezzo e perdeva l'equilibrio") diversa da quella fatta propria dai giudici di merito.
14. Questa Corte ha più volte definito i confini in cui si articola il giudizio di diritto che l'art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ. descrive attraverso le espressioni di violazione o falsa applicazione di legge; il vizio di violazione di legge investe immediatamente la regola di diritto, risolvendosi nella negazione o affermazione erronea della esistenza o inesistenza di una norma, ovvero nell'attribuzione ad essa di un contenuto che non possiede, avuto riguardo alla fattispecie in essa delineata; il vizio di falsa applicazione di legge consiste, o nell'assumere la fattispecie concreta giudicata sotto una norma che non le si addice, perché la fattispecie astratta da essa prevista - pur rettamente individuata e interpretata - non è idonea a regolarla, o nel trarre dalla norma, in relazione alla fattispecie concreta, conseguenze giuridiche che contraddicano la pur corretta sua interpretazione; si è parallelamente precisato che non rientra nell'ambito applicativo dell'art. 360, comma 1, n. 3 cit., l'allegazione di un'erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa che è, invece, esterna all'esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta perciò al sindacato di legittimità; il discrimine tra la violazione o falsa applicazione di norme e l'erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta è segnato dal fatto che solo quest'ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (v. Cass. n. 3340 del 2019; n. 640 del 2019; n. 10320 del 2018; n. 24155 del 2017; n. 195 del 2016).
15. Non vi è spazio per ritenere integrata la dedotta violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. (v. Cass. n. 11892 del 2016; Cass. n. 25029 del 2015; Cass. n. 25216 del 2014).
16. La violazione dell'art. 115 cod. proc. civ. può essere dedotta come vizio di legittimità sotto un duplice profilo: qualora il giudice, esercitando il suo potere discrezionale nella scelta e valutazione degli elementi probatori, ometta di valutare le risultanze di cui la parte abbia esplicitamente dedotto la decisività, salvo escluderne in concreto, motivando sul punto, la rilevanza; ovvero quando egli ponga alla base della decisione fatti che erroneamente ritenga notori o la sua scienza personale (v. Cass. n. 4699 del 2018; n. 20382 del 2016).
17. Nessuno di tali difetti è denunciato col ricorso in esame, ma unicamente la violazione di legge sulla base però di una ricostruzione fattuale diversa da quella posta a base della decisione impugnata.
18. Parimenti insussistente è la violazione dell'art. 116 cod. proc. civ. rinvenibile là dove il giudice valuti una prova legale secondo prudente apprezzamento o un elemento di prova liberamente valutabile come prova legale.
19. Per le considerazioni svolte, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
20. Le spese del giudizio di legittimità, nei confronti della Edil Euganea s.p.a. e di Sergio, Fabio e Luigino P., seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo. Non si provvede sulle spese di lite nei confronti delle altri parti, rimaste intimate.
21. Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui all'art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, introdotto dall'art. 1, comma 17, della L. 24 dicembre 2012 n. 228.


 

P.Q.M.
 



La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità nei confronti della Edil Euganea s.p.a. e di Sergio, Fabio e Luigino Paletto, che liquida in euro 4.000,00 per compensi professionali, in euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nell'Adunanza camerale del 9.6.2021