Cassazione Civile, Sez. 6, 26 novembre 2021, n. 36864 - Infortunio sul lavoro e danno non patrimoniale. Esclusione della riduzione della capacità lavorativa specifica


 

Presidente: DORONZO ADRIANA Relatore: BOGHETICH ELENA
Data pubblicazione: 26/11/2021
 

Rilevato che

Con sentenza n. 1955 depositata il 20.1.2020, la Corte d'appello di Milano, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, ha accolto la domanda di L.A. proposta nei confronti di F.lli L. s.r.l. per il danno non patrimoniale subito a seguito di infortunio sul lavoro intervenuto il 23.12.2010 ed ha condannato la società al pagamento di euro 26.861,00 detratto l'indennizzo percepito dall'INAIL.
la Corte territoriale, disposta la rinnovazione della consulenza tecnica d'ufficio, ha accertato la percentuale del 10% di danno biologico permanente (all'articolazione scapolo omerale della spalla sinistra), oltre a stati di inabilità temporanea, assoluta e parziale, ed ha escluso una riduzione della capacità lavorativa specifica sia sulla base dell'approfondita disamina svolta dal consulente medico (che ha escluso la compromissione di una specifica abilità lavorativa) sia in considerazione della carenza di allegazioni e prova del danno patrimoniale; ha, infine, compensato per metà le spese di entrambi i gradi di giudizio, ponendo l'altra metà a carico della società;
avverso tale statuizione ha proposto ricorso per cassazione il lavoratore deducendo due motivi di censura, illustrati da memoria;
la società ha resistito con controricorso, illustrato da memoria;
veniva depositata proposta ai sensi dell'art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza in camera di consiglio;
 

Considerato che

1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce violazione degli artt. 115 e 116 cod.proc.civ., ex art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ., avendo, la Corte di merito, trascurato che la prova della riduzione della capacità lavorativa specifica poteva affermarsi, per presunzione semplice, dall'entità delle lesioni riportate (pari al 10%, come stimate dal consulente tecnico d'ufficio) unitamente ad altri fatti noti ed allegati dal lavoratore quali il pregresso svolgimento di un'attività lavorativa e i guadagni ottenuti;
2. con il secondo motivo il ricorrente denunzia violazione degli artt. 91, 92, 112, 324 cod.proc.civ., ex art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ., avendo, la Corte di merito, erroneamente modificato il regolamento delle spese di primo grado in termini meno favorevoli per il lavoratore appellante, considerato che la riforma della sentenza di primo grado era stata limitata al solo aumento dell'entità della condanna al risarcimento dei danni e non avendo, la società appellata, interposto appello con riferimento alla statuizione sulle spese;
3. il primo motivo è inammissibile;
3.1. la violazione dell'art. 115 c.p.c. può essere dedotta come vizio di legittimità non in riferimento all'apprezzamento delle risultanze probatorie operato dal giudice di merito, ma solo sotto due profili: qualora il medesimo, esercitando il suo potere discrezionale nella scelta e valutazione degli elementi probatori, ometta di valutare le risultanze di cui la parte abbia esplicitamente dedotto la decisività, salvo escluderne in concreto, motivando sul punto, la rilevanza; ovvero quando egli ponga alla base della decisione fatti che erroneamente ritenga notori o la sua scienza personale (Cass. n. 4699 del 2018);
3.2. la deduzione della violazione dell'art. 116 cod. proc. civ. è poi ammissibile ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato - in assenza di diversa indicazione normativa - secondo il suo "prudente apprezzamento", pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), nonché, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia invece dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è consentita ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. ( Cass. n. 13960 del 2014);

3.3. ne consegue l'inammissibilità della doglianza che sia stata prospettata sotto il profilo della violazione di legge ai sensi del n. 3 dell'art. 360 cod. proc. civ., avendo, la Corte territoriale, considerato gli elementi probatori emersi in giudizio pervenendo alla esclusione di una riduzione della capacità lavorativa specifica sia sulla base dell'approfondita disamina svolta dal consulente medico (che ha escluso la compromissione di una specifica abilità lavorativa) sia in considerazione della carenza di allegazioni e prova del danno patrimoniale;
4. il secondo motivo è fondato;

4.1. al caso di specie deve trovare applicazione il principio già affermato nella giurisprudenza di questa Corte (che il Collegio condivide e fa proprio, al fine di assicurarne continuità), ai sensi del quale, in materia di procedimento civile, il potere del giudice d'appello di procedere d'ufficio a un nuovo regolamento delle spese processuali, quale conseguenza della pronunzia di merito adottata, sussiste in caso di riforma in tutto o in parte della sentenza impugnata, in quanto il relativo onere deve essere attribuito e ripartito in relazione all'esito complessivo della lite; mentre in caso di conferma della decisione impugnata la decisione sulle spese può essere dal giudice del gravame modificata soltanto se il relativo capo della decisione abbia costituito oggetto di specifico motivo d'impugnazione;

4.2. ne consegue, a tale stregua - ed altresì in considerazione dell'operare del cosiddetto effetto espansivo interno dell'art. 336, co.1, c.p.c., in ordine ai capi della sentenza non espressamente impugnati solo in quanto dipendenti da quelli riformati o cassati -, che l'accoglimento parziale del gravame della parte vittoriosa in cui favore il giudice di primo grado ha emesso condanna alla rifusione delle spese di lite non comporta, in difetto di impugnazione sul punto, la caducazione della suddetta condanna; con l'ulteriore conseguenza che la preclusione nascente dal giudicato impedisce al giudice dell'impugnazione di modificare la pronunzia sulle spese della precedente fase di merito qualora egli abbia valutato la complessiva situazione sostanziale in senso più favorevole alla parte vittoriosa in primo grado (Cass. n. 58 del 2004, Cass. n. 27606 del 2019, Cass. n. 23226 del 2013, Cass. n. 14916 del 2020);
4.3. nel caso di specie, il giudice d'appello, dopo aver confermato la statuizione del primo giudice, in relazione all'esclusione di un danno patrimoniale e alla sussistenza di un danno non patrimoniale subìto dal lavoratore, ha per contro individuato una maggiore incidenza invalidante, sulla salute del lavoratore, dell'infortunio, conseguentemente provvedendo ad aumentare l'entità della condanna al risarcimento del danno pronunciata dal primo giudice;
4.4. essendo, pertanto, stata limitata, la riforma della sentenza di primo grado, al solo aumento dell'entità della condanna al risarcimento dei danni pronunciata in favore del lavoratore appellante (originario ricorrente danneggiato), e non avendo l'appellato proposto appello incidentale sul capo concernente la regolazione delle spese operata dal primo giudice (che aveva posto le spese di lite e di consulenza tecnica d'ufficio ad integrale carico della società), erroneamente il giudice d'appello ha modificato il regolamento delle spese di primo grado in termini meno favorevoli per l'appellante (compensando per metà le spese sia del primo che del secondo grado), tenuto conto della mancata proposizione di appello incidentale della parte interessata in punto di spese, e della conseguente preclusione derivata su detta questione in assenza di alcuna concreta dipendenza, del capo sulle spese (nel senso preteso dal giudice a quo), dalla riforma operata in sede di appello sulla questione principale (v., su tale ultimo punto, Cass. n. 19937 del 2004);
4.5. da tali premesse deriva, in accoglimento del secondo motivo, la cassazione limitata a tale punto della sentenza impugnata, disponendosi come in dispositivo con riguardo alla decisione nel merito; inammissibile il primo motivo di ricorso;
5. le spese del presente giudizio di legittimità sono regolate secondo il principio di soccombenza dettato dall'art. 91 cod.proc.civ.

 

P. Q. M.
 


La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, inammissibile il primo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, condanna la società controricorrente al pagamento delle spese processuali del giudizio di primo grado nella misura già determinata dal Tribunale, nonché delle spese del giudizio d'appello, come liquidate (a seguito di compensazione per metà delle spese) dalla Corte territoriale; condanna la società controricorrente a pagare le spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 200,00 per esborsi e in euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione civile della Corte di cassazione, addì 6 luglio 2021