Categoria: Cassazione civile
Visite: 2892

Cassazione Civile, Sez. 6, 03 dicembre 2021, n. 38372 - Nesso di causalità tra malattia professionale e decesso


 


Presidente: DORONZO ADRIANA

 

Rilevato che


1. Con sentenza n. 225 depositata il 17.3.2020, la Corte d'appello di Palermo, confermando la pronuncia di primo grado, ha rigettato la domanda C.LC., coniuge di S.G. (nato nel marzo 1929 e deceduto il 17.1.2016), proposta nei confronti dell’INAIL e volta a conseguire la rendita ai superstiti;
2. la Corte distrettuale – respinta la produzione di ulteriore documentazione medica in quanto formata in data antecedente il ricorso originario di primo grado e rinnovato l’incarico al consulente tecnico d’ufficio - rilevava che il lavoratore, al quale era stata riconosciuta una tecnopatia (broncopatia cronica ostruttiva) dall’INAIL sin dal 1967, non aveva provato, in termini di ragionevole certezza, il nesso di causalità tra malattia professionale e decesso, ritenuto che anche la perizia svolta dal consulente tecnico d’ufficio in grado di appello aveva sottolineato che il ricovero avvenuto il 10.1.2016 non era correlabile ad una eventuale evoluzione peggiorativa della bronchite cronica e che le condizioni generali del S.G. si erano aggravate per il sopraggiungere di un grave evento accidentale, quale “trauma cranico commotivo con ematoma cortico frontale sinistro che aveva comportato uno squilibrio emodinamico, idroelettrico e metabolico in soggetto di età veneranda”;
3. avverso la sentenza la C.LC. ha proposto ricorso, fondato su un motivo, cui ha opposto difese l’INAIL con controricorso;
4. la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, ai sensi dell’articolo 380 bis cod.proc.civ.;
 

Considerato che


1. con l’unico motivo, il ricorrente deduce omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione fra le parti ex art. 360, primo comma, n. 5, cod.proc.civ., avendo, la Corte territoriale, acriticamente aderito alle conclusioni del perito ed essendo evidente che la valutazione circa l’assenza di nesso causale tra la morte del S.G. e la malattia professionale è stata introdotta con ragionamento avulso dalle risultanze oggettive derivanti dalla documentazione medica prodotta, risultando invece ex actis (dovendosi ammettere anche l’ulteriore documentazione prodotta in appello) che la morte è derivata assolutamente dalla broncopatia e non da altri fattori.
2. Il ricorso è inammissibile per plurimi motivi.
3. Nel giudizio in materia d'invalidità il vizio, denunciabile in sede di legittimità, della sentenza che abbia prestato adesione alle conclusioni del consulente tecnico d'ufficio, è ravvisabile in caso di palese devianza dalle nozioni correnti della scienza medica, la cui fonte va indicata, o nell'omissione degli accertamenti strumentali dai quali, secondo le predette nozioni, non può prescindersi per la formulazione di una corretta diagnosi, mentre al di fuori di tale ambito la censura costituisce mero dissenso diagnostico che si traduce in un'inammissibile critica del convincimento del giudice, e ciò anche con riguardo alla data di decorrenza della richiesta prestazione (Cfr. Cass. n. 1652 del 2012, n. Cass. n. 3816 del 2013, Cass. n. 21742 del 2020, Cass. n. 9234 del 2021). Nel caso di specie, il ricorrente non indica alcuna pubblicazione scientifica da cui evincere una correlazione causale tra i motivi di decesso del S.G. e la malattia professionale sofferta né l’omissione di accertamenti medici indispensabili per indagare tale nesso eziologico.
4. In ordine ai criteri di riparto dell’onere probatorio, nel caso di malattia ad eziologia multifattoriale, il nesso di causalità relativo all'origine professionale della malattia non può essere oggetto di semplici presunzioni tratte da ipotesi tecniche teoricamente possibili, ma necessita di una concreta e specifica dimostrazione e, se questa può essere data anche in termini di probabilità sulla base delle particolarità della fattispecie (essendo impossibile, nella maggior parte dei casi, ottenere la certezza dell'eziologia), è necessario pur sempre che si tratti di "probabilità qualificata", da verificarsi attraverso ulteriori elementi (come ad esempio i dati epidemiologici), idonei a tradurre la conclusione probabilistica in certezza giudiziale (cfr. da ult. Cass. n. 10097 del 2015 e Cass. n. 736 del 2018).
5. La Corte territoriale, avvalendosi della rinnovata nomina di un consulente tecnico d’ufficio, ha evidenziato che non vi erano elementi sufficienti per ritenere sussistente un nesso di causalità tra patologia sofferta e decesso, determinato – in soggetto di “età veneranda”, da un grave evento accidentale.
6. In realtà, tutte le censure si risolvono nella denuncia di vizi di motivazione della sentenza impugnata per errata valutazione del materiale probatorio acquisito, ai fini della ricostruzione dei fatti (in specie, del rilievo causale della broncopatia nel decesso del S.G.), censure a monte non consentite dall'art. 348-ter, commi 4 e 5, cod. proc. civ., essendosi in presenza di doppia pronuncia conforme di merito basata sulle medesime ragioni di fatto.
7. L’interpretazione di questa Corte (da ultimo, Cass. n. 27415 del 2018) ha, inoltre, chiarito come l'art. 360, primo comma, n. 5, cod.proc.civ., riformulato dall'art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, abbia introdotto nell'ordinamento un vizio specifico denunciabile per Cassazione, relativo all'omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia).
7.1. Pertanto, l'omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. Sez. U, 07/04/2014, n. 8053). Costituisce, pertanto, un "fatto", agli effetti dell'art. 360, comma 1, n. 5, cod.proc.civ., non una "questione" o un "punto", ma un vero e proprio "fatto", in senso storico e normativo, un preciso accadimento ovvero una precisa circostanza naturalistica, un dato materiale, un episodio fenomenico rilevante (Cass. Sez. 1, 04/04/2014, n. 7983; Cass. Sez. 1, 08/09/2016, n. 17761; Cass. Sez. 5, 13/12/2017, n. 29883; Cass. Sez. 5, 08/10/2014, n. 21152; Cass. Sez. U., 23/03/2015, n. 5745; Cass. Sez. 1, 5/03/2014, n. 5133).
7.2. Non costituiscono, viceversa, "fatti", il cui omesso esame possa cagionare il vizio ex art. 360, comma 1, n. 5, cod.proc.civ., le argomentazioni o deduzioni difensive (Cass. Sez. 2, 14/06/2017, n. 14802: Cass. Sez. 5, 08/10/2014, n. 21152); gli elementi istruttori; una moltitudine di fatti e circostanze, o il "vario insieme dei materiali di causa" (Cass. Sez. L, 21/10/2015, n. 21439).
8. In ordine alla lamentata esclusione della documentazione prodotta in grado di appello, è sufficiente richiamare le statuizioni delle Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n. 8202 del 2005; nello stesso senso, ex plurimis, Cass. n. 2577 del 2009, Cass. n. 20055 del 2016) in base alle quali l'omessa indicazione, nell'atto introduttivo del giudizio di primo grado, dei documenti, e l'omesso deposito degli stessi contestualmente a tale atto, determinano la decadenza dal diritto di produrli; un siffatto rigoroso sistema di preclusioni trova, peraltro, un contemperamento - ispirato alla esigenza della ricerca della "verità materiale", cui è doverosamente funzionalizzato il rito del lavoro - nei poteri d'ufficio del giudice in materia di ammissione di nuovi mezzi di prova, ai sensi dell'art. 437, comma 2, c.p.c., ove essi si siano formati successivamente al primo atto del giudizio di primo grado ovvero siano indispensabili ai fini della decisione della causa, potere da esercitare pur sempre con riferimento a fatti allegati dalle parti ed emersi nel processo a seguito del contraddittorio delle parti stesse. Il giudice del merito oltre ad aver motivato le ragioni della mancata ammissione dei documenti nuovi, ha comunque esercitato il potere di ricerca della verità materiale disponendo il rinnovo della consulenza tecnica d’ufficio, sia pur con esiti sfavorevoli alla parte.
9. In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile; nulla sulle spese di lite essendo stata resa l'autodichiarazione ex art. 152 disp.att. cod.proc.civ. dalla ricorrente e non risultando modifiche sopravvenute.
10. Poiché il ricorso per cassazione è stato notificato in data successiva al 30 gennaio 2013, sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dell'art. 13, comma 1, del d.p.r. 115/2002;
 

P. Q. M.
 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso, nulla sulle spese.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione civile della Corte di cassazione, addì 9 novembre 2021.