Categoria: Cassazione civile
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Cassazione Civile, Sez. 2, 06 dicembre 2021, n. 38489 - Guida di autoveicolo per più di 4-5 ore consecutive. Esame dei registri di servizio e dei dischi cronotachigrafi per verificare il rispetto dei limiti temporali dell'orario di lavoro


 

Presidente: GORJAN SERGIO
Relatore: VARRONE LUCA Data pubblicazione: 06/12/2021
 

Fatto


1. La società Progeco proponeva appello avverso la sentenza del giudice di pace di Camerino che aveva rigettato l'opposizione avverso un verbale di sanzione amministrativa per contravvenzione al codice della strada per guida di autoveicolo per più di 4-5 ore consecutive, violazioni commesse dal 2 febbraio 2009 al 19 marzo 2009 come accertato all'esito di visita ispettiva del 15 maggio 2009.
Per quel che ancora rileva il motivo di appello si fondava sul rigetto del motivo di ricorso in opposizione con il quale si contestava la nullità dell'impugnato verbale per essere stato notificato oltre il termine di 150 giorni dall'accertamento, essendo la notifica incontestabilmente avvenuta il 23 ottobre 2009. Nel verbale non veniva dato conto di alcun atto istruttorio ed era indicata la data del 10 luglio 2009 come quella di definizione del procedimento.
2. Secondo il giudice dell'appello il motivo era infondato in quanto l'organo accertatore nel corso del giudizio aveva evidenziato che l'esame dei dischi cronotachigrafici, sulla scorta dei quali era stato accertato il fatto, si era reso possibile solo dopo la consegna degli stessi avvenuta il 6 luglio 2009. Poiché il verbale era stato notificato il 9 novembre 2009, il termine di cui all'articolo 201 c.d.s. era stato rispettato.
Peraltro, il termine 150 giorni per la notifica al contravventore non immediatamente identificabile non doveva ritenersi operante, atteso che nella specie non si trattava di sanzione accertata e non immediatamente contestata per motivi strettamente attinenti alla circolazione stradale di automezzi in movimento, ma invece di illecito accertato solo all'esito della consegna dei dischi cronotachigrafici. Pertanto, la violazione non coincideva con quella dell'accertamento e non poteva essere accolta neanche la doglianza relativa al rigetto dell'istanza di CTU avanzata in primo grado intesa alla verifica dei dischi cronotachigrafici mediante la quale dedurre l'utilizzazione del mezzo all'interno del cantiere e non su strada, in quanto non vi era alcun elemento dal quale desumere una circostanza che il CTU avrebbe potuto chiarire.
3. La società Progeco ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di quattro motivi.
4. Il ministero dell'interno si è costituito con controricorso.
 

Diritto


1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione dell'articolo 201 codice della strada e dell'articolo 14 della l. n. 689 del 1981.
A parere del ricorrente la notifica del verbale impugnato sarebbe tardiva, in quanto le violazioni erano state commesse tra il 2 febbraio 2009 e il 19 marzo 2009, la visita ispettiva si era svolta il 15 maggio 2009 e la notifica del verbale era avvenuta il 9 novembre 2009. Dalla violazione erano dunque decorsi 235 giorni e dalla visita ispettiva 178 giorni.
Secondo il Tribunale di Macerata non poteva ritenersi applicabile la decadenza imposta dall'articolo 201 del codice della strada e dall'articolo 14 della legge n. 689 del 1981 e dunque doveva ritenersi tempestiva la notifica, prendendo in considerazione la data di acquisizione dei cronotachigrafici del 10 luglio 2009, senza tuttavia tener conto che gli agenti accertatori nello spostare la data dell'accertamento non avevano fornito alcuna plausibile giustificazione e soprattutto non avevano indicato le ragioni per le quali non era stata possibile la contestazione immediata.
1.1 Il primo motivo di ricorso è infondato.
In tema di violazioni delle disposizioni sui cronotachigrafi, l'art. 174, comma 4, cod. strada, opera un rinvio formale alle fonti comunitarie, sicché le violazioni del regolamento CE n. 561/2006 (sin dal momento della sua efficacia nell'ordinamento europeo, e dunque anche prima del richiamo espresso operato con la legge 29 luglio 2010, n. 120, in sostituzione del richiamo al regolamento CE n. 3820/1985) sia in materia di tutela dei lavoratori addetti al settore dell'autotrasporto, sia in materia di sicurezza stradale, rilevano come infrazioni del codice della strada, con conseguente applicabilità del termine di contestazione differita mediante notifica ex art. 201, comma 1, del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285. (Sez. VI-2 Ord. n. 21062 del 2014).
Peraltro giova ribadire che: «In tema di violazioni delle disposizioni previste dall'art. 174 cod. strada, l'esame dei registri di servizio e dei dischi cronotachigrafi installati sull'autoveicolo è finalizzato all'accertamento del rispetto dei limiti temporali dell'orario di lavoro e risponde, quindi, alla duplice esigenza di garantire la sicurezza della circolazione e di tutelare lavoratori addetti al settore dell'autotrasporto; ne consegue che la competenza a svolgere tali verifiche e a irrogare le relative sanzioni appartiene, oltre che ai soggetti normalmente preposti alla sicurezza stradale, anche all'ispettorato del lavoro. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito, che aveva ritenuto rientranti nella competenza dell'ispettorato del lavoro il controllo e la potestà sanzionatoria non solo in ordine alla regolare tenuta dei dischi, ma anche relativamente alla violazione dei tempi di guida e riposo da parte dei conducenti)»
(Sez. 2, Ord. n. 22896 del 2018).
Nella specie il verbale di accertamento è stato redatto dalla direzione provinciale del lavoro di Macerata che ha ricevuto i dischi cronotachigrafici il 6 luglio 2009 a seguito di una visita ispettiva avvenuta il 14 maggio 2009 in attuazione di quanto previsto dall'art. 7, comma 6, del d. lgs. 144 del 2008. Sicchè la contestazione è avvenuta nel termine di 150 giorni dall'accertamento come previsto dall'art. 201 codice della strada nella versione ratione temporis applicabile.
2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione del regolamento CEE del 15 marzo 2006 n. 561.
Nel ricorso avanti al giudice di pace la società ricorrente ha dedotto l'erronea applicazione del regolamento sopra indicato per il tipo di attività svolta. La società ispezionata, infatti, non svolge attività di trasporto ma lavori edili stradali. Pertanto, non si dovrebbe applicare la normativa indicata ai fini dell'illecito.
3. Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: omessa motivazione della sentenza su un punto decisivo della controversia. La non applicazione alla fattispecie del regolamento CEE n. 561 del 2016 rappresentava il secondo motivo di appello che nella sentenza impugnata non risulta in alcun modo trattato. Il Tribunale di Macerata avrebbe dovuto esaminare il motivo, vi sarebbe, pertanto, un'omessa motivazione su un punto decisivo della controversia.
4. Il quarto motivo di ricorso è così rubricato: contraddittoria motivazione della sentenza su un punto decisivo della controversia. Il giudice non aveva dato seguito alla consulenza tecnica e su tale punto era stato proposto appello e il giudice dell'impugnazione aveva ritenuto non ammissibile la CTP sulla base di motivazioni diverse da quelle di cui alla richiesta. L'intervento dell'ausiliare, infatti, era stato richiesto per assistere il giudice nella lettura del documento contestato in modo da comprendere che l'automezzo non aveva mai raggiunto il limite temporale di guida continuativa di almeno quattro ore.
4.1 Il secondo, terzo e quarto motivo di ricorso sono inammissibili.
Secondo il Tribunale l'utilizzo dell'automezzo esclusivamente presso un cantiere edile non risultava in alcun modo provato. Il ricorrente sotto l'ombrello del vizio di violazione di legge (nella specie  regolamento CE n. 561/2006) tende ad una non consentita rivalutazione in fatto degli elementi emersi dall'istruttoria del giudizio di merito.
Anche la censura di omessa motivazione su un punto decisivo della controversia è inammissibile sia perché formulata in modo del tutto generico, sia perché il Tribunale nel rigettare la richiesta di consulenza tecnica ha evidenziato la mancanza di qualsiasi elemento di prova circa l'utilizzazione dell'automezzo in cantiere anziché per strada, in tal modo implicitamente rigettando anche la doglianza relativa alla non applicabilità del Reg. (CE) n. 561/2006.
Secondo consolidata giurisprudenza di questa Corte, infatti, non ricorre il vizio di omessa pronuncia quando la decisione adottata comporti una statuizione implicita di rigetto della domanda o eccezione formulata dalla parte, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l'impostazione logico-giuridica della pronuncia (Sez. 2, n. 20718 del 13/08/2018, Rv. 650016 - 01; Sez. 5, n. 29191 del 06/12/2017, Rv. 646290 - 01; Sez. 1, n. 24155 del 13/10/2017, Rv. 645538 - 01); analogamente non si configura il vizio di omessa pronuncia, pur in difetto di un'espressa statuizione da parte del giudice in ordine ad un motivo di impugnazione, quando la decisione adottata comporta necessariamente la reiezione di tale motivo, dovendosi ritenere che tale vizio sussista solo nel caso in cui sia stata completamente omessa una decisione su di un punto che si palesi indispensabile per la soluzione del caso concreto (Sez. 6 - 1, n. 15255 del 04/06/2019,Rv. 654304 - 01).
Infine, è palesemente inammissibile la censura di contraddittoria motivazione del rigetto della richiesta di consulenza tecnica di ufficio non essendo tale vizio denunciabile nel giudizio di cassazione dopo la modifica dell' art . 360, n. 5, c.p.c.
In ogni caso deve ribadirsi che in tema di consulenza tecnica di ufficio, il giudice, quando non aderisca alla richiesta di disporla formulata dalle parti, deve indicare le ragioni del rigetto e nella specie il Tribunale ha evidenziato che la richiesta era meramente esplorativa. La motivazione è conforme al seguente principio di diritto cui il Collegio intende dare continuità: La consulenza tecnica d'ufficio non è mezzo istruttorio in senso proprio, avendo la finalità di coadiuvare il giudice nella valutazione di elementi acquisiti o nella soluzione di questioni che necessitino di specifiche conoscenze. Ne consegue che il suddetto mezzo di indagine non può essere utilizzato al fine di esonerare la parte dal fornire la prova di quanto assume, ed è quindi legittimamente negata qualora la parte tenda con essa a supplire alla deficienza delle proprie allegazioni o offerte di prova, ovvero di compiere una indagine esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non provati (Sez. 6-1, Ord. n. 30218 del 2017).
5. Il ricorso è rigettato.
6. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
7. Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell'art. 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.




P.Q.M.


La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore della parte resistente delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 550, più spese prenotate a debito; ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell'art. 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2A Sezione civile in data 13 luglio 2021.