Cassazione Civile, Sez. 6, 13 dicembre 2021, n. 39752 - Tendinopatia cuffia dei rotatori: esclusa la ricorrenza di una patologia tabellata e esclusa la sussistenza di un nesso di causalità con l'attività di autista


 


Presidente: DORONZO ADRIANA

 

Rilevato che
1. Con sentenza n. 586 depositata il 5.2.2020, la Corte d'appello di Genova, confermando la pronuncia di primo grado, ha rigettato la domanda di M.C., autista di mezzi articolati, proposta nei confronti dell’INAIL e volta a conseguire la rendita o l’indennizzo per malattia professionale (tendinopatia cuffia dei rotatori);
2. la Corte distrettuale escludeva la ricorrenza di una malattia c.d. tabellata in quanto la periartrite scapolo-omerale (gruppo di patologie inserite nel d.m. 27.4.2004, tabella poi aggiornata con d.m. 14.1.2008) richiede “lavorazioni, svolte in modo non occasionale, che comportano a carico della spalla movimenti ripetuti, mantenimento prolungato di posture incongrue”, modalità di svolgimento della prestazione di lavoro che non erano emerse nell’ambito della ricognizione probatoria (di fonte testimoniale e documentale); rilevato inoltre che si tratta di patologia a genesi multifattoriale, la Corte territoriale ha escluso che le vibrazioni a cui il lavoratore era sottoposto sia durante la guida sia durante le diverse - seppur effettuate con frequenza ridotta - attività accessorie (apertura/chiusura dei c.d. twist lock per fissare i container sui pianali di carico, ecc.) abbiano potuto provocare la patologia lamentata, avendo un organo “bersaglio” diverso (rachide lombare) e presentando (le attività accessorie) una incidenza modesta;
3. avverso la sentenza il M.C. ha proposto ricorso, fondato su un motivo, cui ha opposto difese l’INAIL con controricorso;
4. la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, ai sensi dell’articolo 380 bis cod.proc.civ.;


Considerato che
1. con l’unico motivo, il ricorrente denunzia violazione o falsa applicazione del T.U. n. 1124 del 1965, del d.P.R. n. 482 del 1975, del d.P.R. n. 336 del 1994 e relativa Tabella, del d.m. 9.4.2008, del d.lgs. n. 81 del 2008, degli artt. 115 e 116 c.p.c., dell’art. 2697 c.c., degli artt. 40 e 41 c.p., dei principi affermati dalla Corte di Giustizia n. 179 del 1988, ex art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ., avendo, la Corte territoriale, erroneamente escluso la ricorrenza della voce 78, Tabella delle malattie professionali di cui al d.m. 2008 senza aver tenuto conto degli elementi probatori emersi in giudizio (in particolare delle attività accessorie compiute dall’autotrasportatore di mezzi articolati di grandi dimensioni, in specie apertura dei twist-lock) e dell’evoluzione dell’intermodalità logistica interportuale e terminalistica che hanno dimostrato l’esposizione del lavoratore al corpo intero e al sistema mano-braccio in misura superiore ai valori limiti consentiti; i testimoni escussi hanno fornito elementi idonei a sorreggere anche una presunzione semplice in ordine alla sussistenza del nesso causale tra attività lavorativa e patologia; il CTU poteva ben giungere al giudizio di ragionevole probabilità anche in base alla semplice compatibilità della malattia non tabellata con la noxa professionale desunta dalla tipologia delle lavorazioni svolte (che comportava vibrazioni e sovraccarico biomeccanico), dalla natura dei macchinari presenti sul luogo di lavoro, dalla durata della prestazione lavorativa (quasi 30 anni), dall’assenza di altri fattori extra-professionali; il NIOSH (National Institute for Occupational Safety and Health) ha concluso che esistono sufficienti motivazioni scientifiche per riconoscere l’associazione fra comparsa di malattie muscolo scheletriche ed esposizione lavorativa a ripetitività, forza, postura scorretta, vibrazioni.
2. Il ricorso è inammissibile per plurimi motivi.
3. Nel giudizio in materia d'invalidità il vizio, denunciabile in sede di legittimità, della sentenza che abbia prestato adesione alle conclusioni del consulente tecnico d'ufficio, è ravvisabile in caso di palese devianza dalle nozioni correnti della scienza medica, la cui fonte va indicata, o nell'omissione degli accertamenti strumentali dai quali, secondo le predette nozioni, non può prescindersi per la formulazione di una corretta diagnosi, mentre al di fuori di tale ambito la censura costituisce mero dissenso diagnostico che si traduce in un'inammissibile critica del convincimento del giudice, e ciò anche con riguardo alla data di decorrenza della richiesta prestazione (Cfr. Cass. n. 1652 del 2012, n. Cass. n. 3816 del 2013, Cass. n. 21742 del 2020, Cass. n. 9234 del 2021). Nessuna deviazione da nozioni scientifiche viene prospettata dal ricorrente e l’accenno alle pubblicazioni del NIOSH (National Institute for Occupational Safety and Health) è del tutto generico (oltre che coerente con le conclusioni del CTU, che non ha escluso, in via generale, danni all’apparato muscolo scheletrico provocati dalle vibrazioni).
4. In ordine ai criteri di riparto dell’onere probatorio, nel caso di malattia ad eziologia multifattoriale, come nel caso di specie il nesso di causalità relativo all'origine professionale della malattia non può essere oggetto di semplici presunzioni tratte da ipotesi tecniche teoricamente possibili, ma necessita di una concreta e specifica dimostrazione e, se questa può essere data anche in termini di probabilità sulla base delle particolarità della fattispecie (essendo impossibile, nella maggior parte dei casi, ottenere la certezza dell'eziologia), è necessario pur sempre che si tratti di "probabilità qualificata", da verificarsi attraverso ulteriori elementi (come ad esempio i dati epidemiologici), idonei a tradurre la conclusione probabilistica in certezza giudiziale (cfr. Cass. n. 10097 del 2015 e Cass. n. 736 del 2018).
4.1. La Corte territoriale, esclusa la ricorrenza di una patologia tabellata (in assenza di sufficienti elementi probatori che dimostrassero la ricorrenza dei requisiti richiesti dal d.m. 27.4.2004, ossia di “lavorazioni, svolte in modo non occasionale, che comportano a carico della spalla movimenti ripetuti, mantenimento prolungato di posture incongrue”), ha escluso la sussistenza di un nesso di causalità tra attività lavorativa svolta dal M.C. e patologia sofferta, anche valutando specificamente le osservazioni critiche avanzate dal consulente di parte del lavoratore in ordine alle vibrazioni trasmesse sia dall’attività di guida sia da attività accessorie effettuate durante la giornata (in specie, apertura di twist lock).
5. In realtà, nonostante il formale richiamo alla violazione di norme di legge (peraltro indicate del tutto genericamente), le censure si risolvono nella denuncia di vizi di motivazione della sentenza impugnata per errata valutazione del materiale probatorio acquisito, ai fini della ricostruzione dei fatti (in specie, delle modalità di svolgimento della prestazione lavorativa), censure a monte non consentite dall'art. 348-ter, commi 4 e 5, cod. proc. civ., essendosi in presenza di doppia pronuncia conforme di merito basata sulle medesime ragioni di fatto circa l’assenza di nocività della lavorazione svolta.
6. In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile; nulla sulle spese di lite avendo dato atto, la Corte territoriale, della sussistenza delle condizioni richieste dall’art. 152 disp.att. cod.proc.civ. e non risultando successive modificazioni della situazione reddituale.
7. Poiché il ricorso per cassazione è stato notificato in data successiva al 30 gennaio 2013, sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dell'art. 13, comma 1, del d.p.r. 115/2002.
 

P. Q. M.
 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso, nulla sulle spese.


Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione civile della Corte di cassazione, addì 9 novembre 2021.