Categoria: Giurisprudenza amministrativa (CdS, TAR)
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T.A.R. Friuli-Venezia Giulia, Sez. I - Trieste, 10 novembre 2021, n. 333 - Legittima la sospensione dall’esercizio della professione medica in presenza del rifiuto del sanitario di sottoporsi a vaccinazione anti COVID-19  




 



REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

ex art. 60 cod. proc. amm.;


SENTENZA



sul ricorso numero di registro generale 327 del 2021, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Filippo Teglia, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ordine Provinciale dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Pordenone non costituito in giudizio;
Azienda Sanitaria Friuli Occidentale, rappresentato e difeso dall'avvocato Vittorina Colo', con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l'annullamento,
della comunicazione di sospensione dall'esercizio della professione medica, disposta ai sensi dell'art. 4, comma 6 del d.l. 44 del 2021 Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Azienda Sanitaria Friuli Occidentale;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 27 ottobre 2021 il dott. Luca Emanuele Ricci e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FattoDiritto



1. Il ricorrente, iscritto all'Ordine dei Medici ed Odontoiatri di Pordenone, domanda l'annullamento del provvedimento adottato dall'Azienda sanitaria del Friuli occidentale (ASFO) ai sensi dell'art. 4, comma 6 del d.l. 44 del 2021 (conv. in l. 76 del 2021), con cui è stata accertata l'inosservanza dell'obbligo vaccinale per la prevenzione dell'infezione da SARS-CoV-2, previsto dal comma 1 del medesimo articolo. Domanda, contestualmente, l'annullamento della comunicazione del predetto accertamento, effettuata dall'Ordine professionale. Sono articolati i seguenti motivi di ricorso:

1.1. "Violazione all'art. 3 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea e del Decreto Legislativo 24 aprile 2006, n. 219 "Attuazione della direttiva 2001/83/CE (e successive direttive di modifica) relativa ad un codice comunitario concernente i medicinali per uso umano, nonché della direttiva 2003/94/CE", in quanto si tratterebbe di farmaci sperimentali, inidonei a prevenire il contagio, le cui autorizzazioni sono allo stato sub iudice.
1.2. "Violazione dell'art. 12 del Codice Deontologico medico", disposizione volta a tutelare l'autonomia professionale del medico e la sua libertà (e correlata responsabilità) nelle scelte terapeutiche.

1.3. "Violazione del DPR 221/1950 (procedimento disciplinare per i medici)", perché la sospensione disposta non rispetta le norme sul procedimento disciplinare, né la competenza della Commissione centrale (art. 54 del D.P.R.) sull'impugnazione delle sanzioni.

1.4. "Violazione dell'art. 443 c.p. unito dal vincolo della continuazione ex art. 81 cp con l'art. 445 c.p."

1.5. "Violazione della convenzione di Oviedo art. 2 e art. 5", perché i soggetti verrebbero privati dalla possibilità di esprimere un consenso informato e "degradati a cavie per la sperimentazione di queste sostanze definite 'impropriamente' vaccini-Covid-19". La previsione dell'obbligo contrasterebbe, inoltre, con la giurisprudenza della Corte costituzionale in tema di trattamenti sanitari obbligatori.

1.6. "Inosservanza della risoluzione 2361 del 2021 del Consiglio d'Europa nei provvedimenti impugnati-difetto di motivazione", riscontrandosi il contrasto tra il provvedimento e la citata risoluzione, nella parte in cui richiede di "garantire che i cittadini siano informati che la vaccinazione non è obbligatoria e che nessuno è sottoposto a pressioni politiche, sociali o di altro tipo per essere vaccinato se non lo desidera".
1.7. "Illegittimità del provvedimento impugnato derivata dal contrasto della normativa interna di cui sono applicazione (art. 4 del D.L. n. 44/2021, convertito dalla Legge n. 76/2021) con l'art. 3 della Carta di Nizza, con l'art. 8 CEDU, in relazione all'art. 52 della Carta di Nizza e DPR 221/1950".

Con riferimento ai due motivi che precedono, il ricorrente chiede, in subordine all'annullamento diretto, di rimettere la questione alla Corte di Giustizia.

1.8. Violazione della circolare del Ministero della salute-Direzione Generale della prevenzione Sanitaria 32884 del 21.7.2021, perché dal citato documento si desume che i soggetti con pregressa infezione da SARS-CoV2 possono considerarsi legalmente esentati dalla vaccinazione nei 12 mesi successivi alla guarigione. Il ricorrente è stato dimesso dall'ospedale per pregresso Covid 19 in data 28.01.2021 e quindi sarebbe coperto fino al 28.01.2022.
1.9. "Illegittimità derivata dall'illegittimità costituzionale dell'art. 4 del D.L. 1° aprile 2021, n. 44, convertito dalla Legge n. 76/2021, per contrasto con gli artt. 1,2,3 e 4,35 e 36 Cost".

2. Si è costituita in giudizio l'Azienda sanitaria, argomentando per il rigetto del ricorso.

3. Il presente giudizio viene definito all'esito della trattazione dell'istanza cautelare, ai sensi dell'art. 60 c.p.a., come da avviso dato alle parti in udienza.

4. Il ricorso è manifestamente infondato.

4.1. Quanto ai dubbi di costituzionalità prospettati nel ricorso, il Tribunale ritiene che le relative questioni non superino il vaglio di non manifesta infondatezza necessario ai fini della rimessione alla Corte, per le ragioni già ampiamente espresse nel precedente Tar Friuli-Venezia Giulia, 10 settembre 2021, n. 261 e nella recente Cons. Stato, sez. III, 20 ottobre 2021, n. 7045, alle cui motivazioni si fa integrale rinvio.

5. Il primo motivo non è condivisibile, perché parte dall'erronea premessa secondo cui i vaccini attualmente disponibili si troverebbero ancora in fase di sperimentazione. I quattro prodotti ad oggi utilizzati nella campagna vaccinale sono stati invece regolarmente autorizzati dalla Commissione, previa raccomandazione dell'EMA, attraverso la procedura di autorizzazione condizionata (c.d. CMA, Conditional marketing authorisation), disciplinata dall'art. 14-bis del Reg. CE 726/2004 del Parlamento Europeo e del Consiglio e dal Reg. CE 507/2006 della Commissione. Si tratta di un'autorizzazione che può essere rilasciata anche in assenza di dati clinici completi, "a condizione che i benefici derivanti dalla disponibilità immediata sul mercato del medicinale in questione superino il rischio dovuto al fatto che sono tuttora necessari dati supplementari". Il carattere condizionato dell'autorizzazione non incide sui profili di sicurezza del farmaco (dal sito dell'ISS, che richiama a sua volta quello dell'EMA: "una autorizzazione condizionata garantisce che il vaccino approvato soddisfi i rigorosi criteri Ue di sicurezza, efficacia e qualità, e che sia prodotto e controllato in stabilimenti approvati e certificati in linea con gli standard farmaceutici compatibili con una commercializzazione su larga scala"), né comporta che la stessa debba essere considerata un minus dal punto di vista del valore giuridico, ma

impone unicamente al titolare di "completare gli studi in corso o a condurre nuovi studi al fine di confermare che il rapporto rischio/beneficio è favorevole".

5.1. Quanto poi all'inidoneità a prevenire il contagio, trattasi parimenti di affermazione erronea e smentita dai dati dell'Istituto Superiore di Sanità. L'esame dei casi di infezione da SARS-CoV-2 registrati sul territorio nazionale nel periodo 04.04.2021 - 30.08.2021, attesta infatti che "l'efficacia complessiva della vaccinazione incompleta nel prevenire l'infezione è pari al 63,2% (95%IC: 62,8%-63,5%), mentre quella della vaccinazione completa è pari al 78,1% (95%IC: 77,9%-78,3%). Questo risultato indica che nel gruppo dei vaccinati con ciclo completo il rischio di contrarre l'infezione si riduce del 78% rispetto a quello tra i non vaccinati".
6. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la violazione di una norma del Codice deontologico. Il motivo risulta difficilmente intellegibile e, comunque, del tutto inconferente: partendo da un generico commento all'art. 12 del Codice, il ricorrente conclude per la sua violazione da parte del "medico vaccinatore". Trattasi di questione estranea al presente giudizio, ove a rilevare è l'obbligo del sanitario di ricevere (e non di somministrare) il vaccino. Si osserva, in ogni caso, che le norme deontologiche rappresentano norme "di categoria", estranee all'ordinamento giuridico generale (Cass. civ., sez. un., 17 maggio 2021, n. 13168 e con specifico riferimento all'Ordine dei medici, Cass. civ., sez. un, 17 marzo 1991, n. 401) e inidonee a costituire parametro di legittimità dei provvedimenti amministrativi, tantopiù quando - come l'accertamento di cui al d.l. 44 del 2021 - sostanzialmente vincolati.
7. Con il terzo motivo il ricorrente deduce la violazione del procedimento disciplinare previsto per i medici. La sospensione non rappresenta, tuttavia, una sanzione disciplinare ma una misura di tutela della salute pubblica. Essa non è irrogata dall'Ordine professionale, né consegue all'esercizio di un potere disciplinare dell'organo di categoria, ma è l'effetto rigidamente predeterminato ed automatico del riscontro di un presupposto di fatto (l'inadempimento all'obbligo vaccinale, accertato dall'azienda sanitaria). Ne deriva che nessun rilievo ha il procedimento di cui al D.P.R. menzionato dal ricorrente.
7.1. In senso analogo, il parere espresso in data 17.06.2021 dal Ministero della Salute sulla corretta interpretazione del comma 7 dell'art. 4 e sugli "adempimenti previsti in capo agli Ordini professionali" ha affermato che "la previsione della summenzionata sospensione derivante dalla legge è un'ipotesi di sospensione obbligatoria, per la quale la valutazione sulla gravità dei fatti presupposti viene compiuta in via preventiva dal legislatore; analogamente, è lo stesso legislatore a prevedere in via automatica la cessazione della predetta misura cautelare nel caso di ottemperanza dell'obbligo vaccinale. Pertanto, l'attività posta in capo all'Ordine dal citato comma 7 consiste in un mero onere informativo, ovverosia la comunicazione all'interessato, previa presa d'atto da parte dell'Ordine medesimo, della sospensione derivante ex lege dall'atto di accertamento dell'ASL".

8. Con il quarto motivo il ricorrente deduce l'illegittimità del provvedimento per contrasto con le disposizioni del Codice penale che prevedono i reati di "Somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la salute pubblica" (443 c.p.) e "Commercio o somministrazione di medicinali guasti" (445 c.p.), uniti dal vincolo della continuazione (81 c.p.). Il motivo risulta oscuro nel contenuto, privo di specificità e pertanto inammissibile. Esso fa rinvio alla "notizia di reato 1201/2021 mod. 44 avanti alla Procura della Repubblica di Pordenone", senza una benché minima esposizione dei fatti sottostanti e del rapporto tra questi e la prospettata illegittimità. In ogni caso, il ricorrente sembra confondere e impropriamente sovrapporre piani diversi, da un lato quello dell'eventuale responsabilità penale personale di un non identificato funzionario di una non identificata amministrazione (allo stato risultante da una mera "notizia di reato", sulla cui sorte nulla è dato inferire), dall'altro i profili di legittimità dell'atto, per cui a venire in rilievo è, semmai, il comportamento dell'apparato pubblico.
9. Con il quinto motivo il ricorrente deduce la violazione degli artt. 2 e 5 della Convenzione di Oviedo, che sanciscono - rispettivamente - la prevalenza del bene e dell'interesse dell'essere umano e il diritto al consenso informato. La Citata convenzione, contrariamente a quanto sostiene il ricorrente, non è affatto "fonte primaria dell'Unione europea" ma accordo internazionale tra Stati adottato in seno al Consiglio d'Europa, autonoma e distinta organizzazione internazionale con sede a Strasburgo. Alla Convenzione di Oviedo non potrebbe pertanto applicarsi il complesso di principi ricollegati alla primauté comunitaria, tra cui quello dell'efficacia diretta e conseguente disapplicazione della normativa interna incompatibile, trattandosi di atto del tutto estraneo a quell'ordinamento. Ne consegue l'inidoneità a costituire parametro di legittimità dell'atto amministrativo in via diretta.
9.1. Essa potrebbe, semmai, essere valorizzata quale norma interposta in un giudizio di costituzionalità per violazione dell'art. 117 Cost., nella parte in cui vincola la potestà legislativa dello Stato al "rispetto degli obblighi internazionali". A tale proposito, deve però rilevarsi che l'Italia, pur firmataria della Convenzione di Oviedo, non ha ad oggi completato l'iter di ratifica (autorizzato dal Parlamento con l. 145 del 2001), non avendo proceduto al deposito del relativo strumento presso l'organizzazione.
9.2. In ogni caso, è la stessa Convenzione di Oviedo a prevedere (art. 26) possibili restrizioni dei diritti ivi garantiti "che previste dalla legge, costituiscono delle misure necessarie, in una società democratica, alla sicurezza pubblica, alla prevenzione delle infrazioni penali, alla protezione della salute pubblica o alla protezione dei diritti e libertà altrui".

10. Con il sesto motivo il ricorrente invoca l'efficacia diretta della risoluzione n. 2361 del 2021 del Consiglio d'Europa. Anche questa censura incorre nel medesimo fraintendimento della precedente, cioè quello di considerare il Consiglio d'Europa un'istituzione dell'Unione europea e i suoi atti soggetti ai principi dell'ordinamento eurounitario. La citata risoluzione del Consiglio d'Europa contiene mere indicazioni non vincolanti per gli Stati membri dell'organizzazione e non costituisce parametro di legittimità dell'atto né, tantomeno, norma interposta all'art. 117 Cost. in un eventuale giudizio di costituzionalità del d.l. 44 del 2021.
11. Con il settimo motivo il ricorrente deduce il contrasto con gli artt. 3 e 52 della Carta di Nizza e con l'art. 8 della CEDU. L'art. 3 della Carta di Nizza garantisce il diritto all'integrità fisica e il rispetto del principio del consenso informato ai trattamenti medici. L'art. 52 della medesima Carta stabilisce che le limitazioni ai diritti ivi sanciti devono essere previste dalla legge, rispettarne il contenuto essenziale, essere conformi al principio di proporzionalità. L'art. 8 della CEDU tutela il rispetto della vita privata dalle ingerenze dell'autorità pubblica.
11.1. Il motivo è infondato. Proprio l'art. 52 menzionato dal ricorrente ammette le limitazioni giustificate da "finalità di interesse generale riconosciute dall'Unione o all'esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui". L'obbligo vaccinale dei sanitari è posto a tutela della salute pubblica e appare misura pienamente proporzionata al suo scopo. I soggetti cui l'obbligo è riferito ("gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario") entrano quotidianamente in relazione con una collettività indifferenziata, composta anche di individui fragili o in gravi condizioni di salute, che non può scegliere di sottrarsi al contatto, né informarsi sullo stato di salute dei sanitari e sulla loro sottoposizione alla profilassi vaccinale. Dal punto di vista della proporzionalità, si evidenzia che l'art. 4 del d.l. 44 del 2021 prevede comunque un meccanismo di esenzione dall'obbligo vaccinale, per i casi di "accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale", e che la sospensione, anche nelle ipotesi di permanente e ingiustificato inadempimento, ha natura temporanea, estendendosi "fino al completamento del piano vaccinale nazionale e comunque non oltre il 31 dicembre 2021".
11.2. Quanto al contrasto con l'art. 8 CEDU, si richiama la sentenza Grande Camera 8 aprile 2021, Vavricka and others v. the Czech Republic, che ha sancito la compatibilità con l'art. 8 della Convenzione dell'obbligo vaccinale infantile (contro nove malattie, tra cui poliomielite, tetano ed epatite B) previsto dall'ordinamento della Repubblica Ceca quale condizione per l'ammissione al sistema educativo prescolare. Pur nella diversità del caso trattato, si ritiene che anche dalla giurisprudenza sovranazionale possano trarsi indicazioni favorevoli alla compatibilità dell'obbligo di cui al d.l. 44 del 2021 con i diritti e le libertà fondamentali dell'individuo.
12. Con l'ottavo motivo il ricorrente deduce la contrarietà con la circolare ministeriale che, con riferimento ai soggetti precedentemente infettati da SARS-CoV2, consente di "considerare la somministrazione di un'unica dose di vaccino ... purché la vaccinazione venga eseguita preferibilmente entro i 6 mesi dalla stessa e comunque non oltre i 12 mesi dalla guarigione".

12.1. A tale proposito si rileva, sotto un primo profilo, che le circolari sono atti interni all'amministrazione, privi del rango di fonte normativa con effetti erga omnes. Pertanto, l'eventuale provvedimento che si ponga in contrasto con le stesse non risulta per ciò solo viziato, dovendo piuttosto valutarsi se tale contrarietà costituisca indice di eccesso di potere e quindi di irragionevolezza della determinazione amministrativa assunta. Nel caso di specie, in ogni caso, il documento non riguarda le categorie cui fa riferimento il d.l. 44 del 2021, ma reca generiche indicazioni in merito alla tipologia di vaccinazione da somministrarsi a chi abbia già contratto il virus SARS-CoV2. A ben vedere, non può parlarsi nemmeno di un vero e proprio "contrasto" tra atti amministrativi, attesa la diversa posizione degli operatori sanitari rispetto alla generalità dei soggetti. In alcun modo, quindi, il contenuto della citata circolare può incidere sull'obbligo vaccinale prescritto dal d.l. 44 del 2021.
12.2. Si rammenta, del resto, che nell'impianto normativo di cui al menzionato decreto- legge qualsiasi fattore potenzialmente idoneo a differire o esonerare il soggetto dall'obbligo vaccinale (tra cui anche la pregressa infezione, laddove renda la vaccinazione pericolosa per la salute) deve essere previamente sottoposto al vaglio del medico di medicina generale, nei termini di cui all'art. 4, comma 2. Il mero dato della pregressa infezione non potrebbe quindi, in ogni caso, essere valorizzato sic et sempliciter nel procedimento.
13. Con il nono motivo il ricorrente censura la contrarietà dell'obbligo vaccinale con i principi della Costituzione, che identificano nel lavoro un valore fondante della Repubblica. Il motivo è infondato. Tutti i diritti e le libertà individuali trovano un limite nell'adempimento dei doveri solidaristici, imposti a ciascuno per il bene della comunità cui appartiene (art. 2 della Cost.). L'obbligo vaccinale garantisce che il diritto al lavoro del singolo si eserciti nel rispetto dell'interesse alla tutela della salute collettiva. L'ingiustificato inadempimento dell'obbligo, peraltro, ha effetto meramente sospensivo ("fino al completamento del piano vaccinale nazionale e comunque non oltre il 31 dicembre 2021") rispetto allo svolgimento di determinate tipologie di prestazioni (quelle per cui vi sarebbe il rischio di diffusione del virus) e non compromette in via definitiva il rapporto lavorativo del sanitario dipendente.
14. Per le ragioni esposte il ricorso deve essere respinto.

14.1. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.



 

P.Q.M.



Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna il ricorrente a rifondere all'amministrazione resistente le spese del presente giudizio, che si liquidano nella somma di € 2.000,00 oltre spese generali e accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità.

Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 27 ottobre 2021 con l'intervento dei magistrati:

Oria Settesoldi, Presidente Manuela Sinigoi, Consigliere
Luca Emanuele Ricci, Referendario, Estensore

DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 10 NOV. 2021.