T.A.R. Lazio, Sez. 3 - Roma, 10 novembre 2021, n. 11543 - Sospensione per inadempimento dell'obbligo vaccinale da parte del medico




 


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA

 


ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 9540 del 2021, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Nicola Massafra, Maria Raffaella Adilardi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Asl Roma 6, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Alessandro Benedetti, Maria Clara Di Martino, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Regione Lazio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Roberta Barone, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l'annullamento
- dell'atto notificato in data -OMISSIS-, recante "atto di accertamento dell'inosservanza dell'obbligo vaccinale".
- Della determina Prot. n. -OMISSIS-della ASL Roma 6, recante rigetto dell'istanza di revoca in autotutela del suddetto atto di accertamento.
- del provvedimento della Direzione Generale Prot. -OMISSIS-con cui la ASL ha disposto la sospensione del rapporto e dell'attività convenzionale del dott. -OMISSIS- con decorrenza immediata senza retribuzione né altro compenso o emolumento.
Di ogni altro atto ai predetti preordinato, connesso o collegato, antecedente o consecutivo.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Asl Roma 6 e di Regione Lazio;

Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 26 ottobre 2021 il dott. Massimo Santini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;

Premesso che:

A. Il ricorrente, in qualità di medico convenzionato presso la ASL Roma 6, veniva invitato da quest'ultima ad assolvere l'obbligo vaccinale da COVID 19 ai sensi dell'art. 4 del DL n. 44 del 2021. In assenza di un suo valido riscontro (l'attestazione di esonero presentata in data -OMISSIS- veniva ritenuta non idonea ai sensi della richiamata normativa), si accertava l'inosservanza del predetto obbligo e dunque la sospensione dal servizio del medesimo ricorrente;
B. L'atto di accertamento e quello di sospensione venivano impugnati dinanzi a questo TAR per le ragioni di seguito sintetizzate:

B1. Violazione dell'art. 4 del DL n. 44 del 2021, dal momento che il ricorrente avrebbe al contrario prodotto, soprattutto con seconda istanza formulata il successivo -OMISSIS-, idonea attestazione di esonero dal richiamato obbligo vaccinale a carico dei medici di medicina generale. Si richiamava a tal fine anche la circolare del Ministero della salute in data 4 agosto 2021;

B2. Violazione del medesimo art. 4 del DL n. 44 del 2021 nella parte in cui l'amministrazione non avrebbe dato riscontro alcuno ad una seconda istanza formulata il successivo -OMISSIS-;

B3. Violazione in ogni caso dell'art. 10-bis della legge n. 241 del 1990 nella parte in cui non sarebbe stato trasmesso il prescritto preavviso di rigetto;

B4. Eccezione di incostituzionalità del richiamato art. 4 del DL n. 44 del 2021, nella parte in cui si prescrive il predetto obbligo vaccinale a carico dei medici, per violazione dell'art. 32 Cost.;

C. Si costituiva in giudizio l'intimata ASL Roma 6 la quale, nel chiedere il rigetto del gravame mediante articolate controdeduzioni che più avanti saranno partitamente affrontate, sollevava in ogni caso difetto di giurisdizione quanto meno in ordine al gravato atto di sospensione dal servizio di medico convenzionato;

D. Alla camera di consiglio del 26 ottobre 2021 le parti rassegnavano le proprie rispettive conclusioni ed il ricorso, dato avviso circa la possibilità di adottare sentenza in forma semplificata, veniva infine trattenuto in decisione.

Considerato che:

01. Sul piano della giurisdizione, il sistema delineato dall'art. 4 del d.l. 44 del 2021 prevede, almeno quanto ai medici convenzionati, uno specifico segmento procedimentale propriamente amministrativo e pubblicistico diretto ad accertare, mediante l'esercizio di un potere discrezionale ed autoritativo, se il sanitario abbia ricevuto o meno la somministrazione del vaccino contro il SARS-CoV-2, in conformità all'obbligo sancito dal comma 1, e soprattutto se la documentazione prodotta in caso di omissione dell'obbligo possa ritenersi idonea al fine di essere esonerati da siffatto obbligo. Di qui la ridetta spendita di poteri amministrativi e dunque la giurisdizione di questo giudice amministrativo. Giurisdizione che si estende automaticamente anche alla comunicazione di sospensione dal servizio, atteso che una simile evenienza costituisce effetto automatico che discende direttamente dalla legge a carico del sanitario inottemperante (l'ultimo periodo del comma 6 del citato art. 4 prevede infatti che: "L'adozione dell'atto di accertamento da parte dell'azienda sanitaria locale determina la sospensione dal diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2". Il successivo comma 7 si limita poi a prevedere, in chiave meramente ricognitiva, che: "La sospensione di cui al comma 6 è comunicata immediatamente all'interessato dall'Ordine professionale di appartenenza"). Del resto, riservare alla giurisdizione dell'AGO la cognizione sulla sola sospensione dal servizio (tesi della difesa ASL) rischierebbe di consentire ad un altro giudice, appartenente a diverso plesso giurisdizionale, di pronunziarsi nella sostanza sulle stesse questioni di cui all'atto di accertamento dell'inosservanza all'obbligo vaccinale, e ciò in totale spregio al principio fondamentale del ne bis in idem. Per la ragioni suddette, la giurisdizione sull'atto di accertamento circa la inosservanza dell'obbligo vaccinale si trascina la giurisdizione, altresì, sull'atto di sospensione del rapporto, data la sua natura di atto meramente consequenziale e vincolato. Da quanto complessivamente detto scaturisce il rigetto della sollevata eccezione;
1. Nel merito, il primo motivo di ricorso (violazione dell'art. 4 del DL n. 44 del 2021) è infondato dal momento che:

1.1. Il sistema normativo delineato dal richiamato art. 4 può essere così sintetizzato:

a) il personale sanitario, e tra questi anche i medici di medicina generali quali quelli di specie, viene integralmente sottoposto a vaccinazione obbligatoria onde prevenire l'infezione da SARS COVID 19;

b) lo stesso personale può essere esentato da siffatto obbligo soltanto in presenza di accertato pericolo per la propria salute, pericolo che deve essere attestato da un medico di medicina generale sulla base di specifiche e documentate condizioni cliniche dell'interessato;

c) in prima battuta, regioni ed ordini professionali delle professioni sanitarie collaborano per il monitoraggio del personale che si è o meno vaccinato, per poi comunicare alle ASL competenti per territorio l'elenco di coloro che ancora debbono soddisfare un simile obbligo;

d) in seconda battuta, le ASL invitano il personale sanitario non ancora vaccinato a produrre "documentazione comprovante" l'effettuazione della vaccinazione oppure le ragioni che la impediscano (comma 5). In assenza di tale documentazione, diffidano entro i successi tre giorni l'interessato a provvedervi senza indugio ulteriore. Decorso infruttuosamente anche tale ultimo termine, la ASL provvede all'accertamento circa l'inosservanza dell'obbligo che automaticamente produce, altresì, la sospensione dal servizio prestato. Sospensione che ha efficacia sino all'assolvimento dell'obbligo vaccinale e comunque non oltre il 31 dicembre 2021 (data di cessazione dell'emergenza sanitaria da COVID 19);
e) dal quadro regolatorio così delineato emerge dunque che, in chiave di ripartizione delle rispettive competenze: a regioni e ordini professionali sono attribuiti compiti di monitoraggio (sul personale vaccinato e non vaccinato); ai medici di medicina generale compiti di certificazione (circa le ragioni che impedirebbero il vaccino); alle ASL compiti di verifica (circa la correttezza dell'operato dei medici certificatori);
1.2. Con specifico riferimento alla fattispecie in esame, il ricorrente ha prodotto due istanze o meglio due certificazioni, entrambe spiccate da un medico di medicina generale:

1.2.1. Nella prima si affermava quanto segue:

"Si attesta che ... risulta essere soggetto Esente alla vaccinazione anti SARS-CoV-2. Risulta, infatti, affetto da patologie che non sono oggetto di sperimentazione da parte di alcuna delle Case Farmaceutiche produttrici di vaccini anti-Covid - Tale attestazione viene rilasciata previa valutazione anamnestica dichiarata dal Paziente rispetto alla quale deve trovare rigorosa applicazione il principio di precauzione anche in virtù dell'approvazione meramente condizionata dei vaccini anti Covid".
La relativa istanza di esonero è stata rigettata, con nota in data -OMISSIS-della ASL Roma 6, per le seguenti ragioni: la certificazione prodotta "non è conforme alle modalità specificate al comma 2 dell'art. 4 del decreto Legge 1° Aprile 2021, n. 44 (specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale) e, pertanto, non è idonea all'omissione e/o al differimento della vaccinazione obbligatoria".

Su tale provvedimento il ricorrente prestava sostanziale acquiescenza (tale provvedimento non risulta infatti tra i provvedimenti formalmente impugnati con ricorso introduttivo), e ciò dal momento che il successivo -OMISSIS- si risolveva nell'inoltrare una seconda istanza di cui subito si dirà appresso;

1.2.2. Nella seconda citata istanza si riportava invece una ulteriore certificazione medica dal seguente tenore:

"Si attesta che ... risulta essere soggetto Esente alla vaccinazione anti SARS-COV:2 ai sensi e per gli effetti dell'art. 4 co. 2 del D.L. 44/2021.

Infatti in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, risulta affetto da patologie che non sono oggetto di sperimentazione da parte di alcuna delle Case Farmaceutiche produttrici di vaccini anti Covid e pertanto la mancata sperimentazione costituisce accertato pericolo per la salute del paziente essendo tale la mancata sperimentazione specifica.

La documentazione attestante le condizioni cliniche e la patologia del paziente, non esplicitata per motivi di privacy, è stata esibita dal paziente e l'odierna attestazione viene rilasciata previa valutazione anamnestica dichiarata dal Paziente rispetto alla quale deve trovare rigorosa applicazione il principio di precauzione anche in virtù dell'approvazione meramente condizionata dei vaccini anti Covid".

Tale istanza, in prima battuta non immediatamente esitata, è stata poi sostanzialmente rigettata con due coeve note del 23 settembre 2021 della ASL Roma 6 (note riguardanti, a ben vedere, due istanze di revoca formulate avverso il successivo atto di accertamento di inosservanza dell'obbligo vaccinale) con cui è stata sostanzialmente ribadita l'inidoneità della suddetta certificazione per difformità rispetto al medesimo art. 4, commi 2 e 5, del decreto-legge n. 44 del 2021;
1.2.3. Il collegio osserva come, in effetti, entrambe le certificazioni prodotte dal ricorrente (rispettivamente in data -OMISSIS-e in data 8 settembre) si discostino all'evidenza rispetto al modello legale descritto dal citato art. 4. Quest'ultimo prevede infatti:

- al comma 2 che: "Solo in caso di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale, la vaccinazione di cui al comma 1 non è obbligatoria e può essere omessa o differita";

- al successivo comma 5 che, per quanto di specifico interesse: "l'azienda sanitaria locale di residenza invita l'interessato a produrre, entro cinque giorni dalla ricezione dell'invito, la documentazione comprovante ... l'omissione o il differimento della stessa (id est: della vaccinazione) ai sensi del comma 2".

Emerge dunque, dalla lettura combinata dei due commi, che l'interessato deve produrre non solo la certificazione in sé redatta dal medico curante ma anche la "documentazione comprovante" quelle "specifiche condizioni cliniche" in base alle quali il medico stesso ha ritenuto che la vaccinazione debba essere omessa (o differita), pena un pericolo per la salute del paziente.

Di tale "documentazione comprovante" non si ha tuttavia traccia alcuna nelle due istanze rispettivamente del -OMISSIS-e dell'8 settembre, le quali si sono limitate ad allegare una certificazione medica che, nell'uno come nell'altro caso, nulla dicono circa la patologia sofferta e, soprattutto, circa la documentazione base da cui tale esenzione sarebbe in effetti scaturita.

Nella prospettiva della difesa di parte ricorrente la ASL avrebbe dovuto pertanto compiere, dinanzi a tali generiche istanze, una verifica "al buio" priva, ossia, di ogni doveroso riscontro circa la effettiva attendibilità delle attestazioni prodotte. Attendibilità che invece deve giocoforza basarsi, anche per basilari principi di buona amministrazione, su condizioni cliniche documentate che il ricorrente, giova rammentare, ha omesso di produrre e di versare sia agli atti del procedimento, sia agli atti di questo processo.
In altre parole, se l'interessato "non produce" la documentazione sulla propria condizione clinica "neppure comprova" la possibile sussistenza di una causa di esonero vaccinale.

1.2.4. Né si potrebbe validamente opporre, come pure evidenziato nella memoria della difesa di parte ricorrente in data -OMISSIS-, una esigenza di tutela della sfera di riservatezza dell'interessato. E tanto per le ragioni di seguito sintetizzate:

1.2.4.1. Il necessario bilanciamento tra riservatezza e trattamento dei dati sensibili da parte della competente amministrazione deputata alla verifica di attendibilità della attestazione di esonero dalla vaccinazione [trattamento da intendere nella specie anche come semplice "consultazione" del dato stesso, ai sensi dell'art. 4, primo par., n. 2), del Regolamento 27 aprile 2016, n. 2016/679/UE, d'ora in avanti "Regolamento UE"] è stato direttamente operato "a monte" dal legislatore di emergenza, a favore ossia della possibilità di trattare tali dati ad opera della competente PA, nel momento in cui il richiamato comma 5 dell'art. 4 del DL n. 44 del 2021 ha previsto l'obbligo, a carico dell'interessato, di versare agli atti del procedimento non solo la "certificazione" del proprio medico curante ma anche tutta la "documentazione comprovante" le ragioni poste alla base di siffatto esonero vaccinale;
1.2.4.2. Una simile conclusione si rivela inoltre pienamente coerente con l'ordinamento interno ed eurounitario in materia di tutela della riservatezza. Ordinamento il quale prevede, più da vicino:

1.2.4.2.1. All'art. 2-ter, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 196 del 2003, d'ora in avanti "Codice Privacy", (Base giuridica per il trattamento di dati personali effettuato per l'esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all'esercizio di pubblici poteri), che: "Il trattamento dei dati personali da parte di un'amministrazione pubblica ... è sempre consentito se necessario per l'adempimento di un compito svolto nel pubblico interesse o per l'esercizio di pubblici poteri a essa attribuiti" (compiti nella specie riconducibili alla

verifica delle certificazioni e della documentazione comprovante di cui al citato art. 4, comma 5, del DL n. 44 del 2021);

1.2.4.2.2. Ai sensi del successivo art. 2-sexies, comma 2, del Codice Privacy (Trattamento di categorie particolari di dati personali necessario per motivi di interesse pubblico rilevante) che: "si considera rilevante l'interesse pubblico relativo a trattamenti effettuati da soggetti che svolgono compiti di interesse pubblico o connessi all'esercizio di pubblici poteri nelle seguenti materie: ... u) compiti del servizio sanitario nazionale e dei soggetti operanti in ambito sanitario";
1.2.4.2.3. All'art. 6, par. 1, del citato "Regolamento UE" (Liceità del trattamento) che: "Il trattamento è lecito solo se e nella misura in cui ricorre almeno una delle seguenti condizioni:

...

c) il trattamento è necessario per adempiere un obbligo legale al quale è soggetto il titolare del trattamento;

d) il trattamento è necessario per la salvaguardia degli interessi vitali dell'interessato o di un'altra persona fisica".

Condizioni qui entrambe rinvenibili dal momento che: la ASL ha uno specifico obbligo legale di verifica circa la attendibilità della attestazione e della documentazione clinica prodotta; sono senz'altro in giuoco interessi vitali sia dell'interessato (protezione da COVID) sia di altre persone fisiche (la vaccinazione impedisce o comunque limita la circolazione del virus);

1.2.4.2.4. All'art. 9 del medesimo "regolamento UE" (Trattamento di categorie particolari di dati personali) che:

"1. È vietato ... trattare ... dati relativi alla salute ... della persona.

2. Il paragrafo 1 non si applica se si verifica uno dei seguenti casi:

...

b) il trattamento è necessario per assolvere gli obblighi ed esercitare i diritti specifici del titolare del trattamento o dell'interessato in materia di diritto del lavoro ..., nella misura in cui sia autorizzato dal diritto ... degli Stati membri";

...

g) il trattamento è necessario per motivi di interesse pubblico rilevante sulla base del diritto
... degli Stati membri ...;

h) il trattamento è necessario per finalità di medicina preventiva...;

i) il trattamento è necessario per motivi di interesse pubblico nel settore della sanità pubblica, quali la protezione da gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero".

Condizioni, quelle appena delineate, tutte ricorrenti nel caso di specie attesa la grave pandemia in atto e dunque le connesse esigenze di prevenzione e di tutela del lavoratore e dei cittadini nonché gli obblighi posti a carico delle competenti amministrazioni sanitarie chiamate a gestire tale fenomeno di livello ormai planetario;

2.1.1.1. Quanto poi alla invocata circolare in data 4 agosto 2021 del Ministero della salute, la quale imporrebbe di non specificare nella certificazione medica di esonero dalla vaccinazione la "motivazione clinica della esenzione" (e ciò per ragioni di riservatezza su dati sensibili come la salute), si osserva: in primo luogo che il suddetto atto generale si applica esclusivamente - per stessa ammissione della difesa di parte ricorrente in occasione della odierna camera di consiglio - per l'accesso ai servizi ed alle attività di cui all'art. 3, comma 1, del DL 23 luglio 2021, n. 105 (il quale riguarda non i medici o le strutture sanitarie ma soltanto luoghi di culto, di ristorazione, di svago e di cultura, etc.). Pertanto: alcun obbligo di omettere motivazioni cliniche sussiste, a carico dei medici di medicina generale, per quanto riguarda le certificazioni di esonero relative al personale sanitario di cui al citato art. 4 del DL n. 44 del 2021. In secondo luogo che, quand'anche si volesse ammettere un simile obbligo (omissione motivazione clinica nella certificazione di esonero vaccinale anche per il personale sanitario), ciò non toglie che la "documentazione comprovante" le condizioni cliniche dell'interessato debba comunque essere fornita agli organi competenti alla verifica ed alla vigilanza circa l'operato dei medesimi medici di medicina generale. Obbligo questo si ripete prescritto dall'art. 4, comma 5, del DL n. 44 del 2021, e non altrimenti derogato - non avendone peraltro la capacità - dalla richiamata circolare del 4 agosto 2021;
1.3. Da quanto complessivamente detto consegue il rigetto della censura sub B1. dal momento che l'istanza e la certificazione prodotta in due diversi momenti dall'interessato si è rivelata in ogni caso del tutto generica e apodittica (avendo il medesimo fatto riferimento ad imprecisate "condizioni cliniche documentate", a non specificate "patologie" nonché ad infondate ragioni di riservatezza) e dunque inidonea a consentire il doveroso vaglio di attendibilità, da parte della ASL competente per territorio, circa la sussistenza dei necessari presupposti diretti a giustificare la anelata esclusione dall'obbligo vaccinale;

2. Il motivo sub B2. (Violazione del medesimo art. 4 del DL n. 44 del 2021 nella parte in cui l'amministrazione non avrebbe dato riscontro alcuno ad una seconda istanza formulata il successivo -OMISSIS-) è infondato dal momento che:

2.1. La prima istanza in data -OMISSIS-è stata respinta con provvedimento ASL del - OMISSIS-;

2.2. Su quest'ultima l'interessato ha prestato acquiescenza;

2.3. La seconda istanza in data -OMISSIS- va dunque qualificata alla stregua di sostanziale richiesta di annullamento in autotutela;

2.4. Ebbene per giurisprudenza costante (cfr., ex multis, T.A.R. Lazio, sez. III, 5 luglio 2021, n. 7870) non sussiste l'obbligo della P.A. di provvedere sulle istanze di autotutela amministrativa;

2.5. Alla seconda istanza, la ASL Roma 6 ha comunque dato sostanzialmente riscontro - anch'esso di segno negativo - con le due citate note in data -OMISSIS-

2.6. Il motivo deve pertanto essere rigettato.

3. Parimenti infondato è il motivo sub B3. (Violazione in ogni caso dell'art. 10-bis della legge n. 241 del 1990 nella parte in cui non sarebbe stato trasmesso il prescritto preavviso di rigetto) dal momento che la comunicazione di avvio del procedimento amministrativo, prevista dall'art. 7 della Legge 241/1990, ed il preavviso di rigetto, di cui all'art. 10-bis della medesima Legge, attengono a due distinte fasi procedimentali e riguardano, rispettivamente, i procedimenti che iniziano d'ufficio e quelli che si aprono ad istanza di parte (Cons. Stato, sez. VI, 3 aprile 2019, n. 2203). Ora, poiché nel caso di specie si è dinanzi ad un procedimento senz'altro avviato d'ufficio ai sensi del descritto art. 4 del DL n. 44 del 2021, va da sé che andava pertanto osservato il solo obbligo di comunicazione di avvio del procedimento. Garanzia procedimentale, questa, sostanzialmente "assorbita" dalla previsione di cui all'art. 4, comma 5, del DL n. 44 del 2021, ed ampiamente osservata dalla intimata ASL mediante formale invito, rivolto all'interessato, a produrre documentazione circa i propri obblighi (od esoneri) di tipo vaccinale. Il motivo deve dunque essere rigettato;
4. Quanto al motivo sub B4. (Eccezione di incostituzionalità del richiamato art. 4 del DL n. 44 del 2021, nella parte in cui si prescrive il predetto obbligo vaccinale a carico dei medici, per violazione dell'art. 32 Cost.) sia consentito l'integrale rinvio a quanto di recente affermato da Cons. Stato, sez. III, 20 ottobre 2021, n. 7045, nonché dal TAR Friuli Venezia Giulia, sez. I, 10 settembre 2021, n. 261, le cui complessive posizioni potrebbero così sintetizzarsi:

4.1. La CMA, ossia la procedura di immissione in commercio condizionata dei vaccini contro il Covid, è sì procedura di urgenza, con parziale sovrapposizione delle fasi di sperimentazione, ma in ogni caso sicura e attendibile quanto ai risultati ottenuti, senza compromissione ossia per la completezza e la qualità della ricerca e della sperimentazione stessa;

4.2. La profilassi vaccinale si è rivelata sinora efficace per evitare non solo la malattia in sé
- soprattutto nella sue più gravi forme e conseguenze - ma anche il contagio stesso. Tenuto conto che ogni vaccino - come del resto tutti i farmaci - non può dirsi del tutto esente da qualsiasi negativa conseguenza, i benefici che esso comporta sono comunque superiori rispetto ai rischi che si possono correre;

4.3. In questa direzione, il principio personalista di autodeterminazione del singolo (libertà di curarsi e dunque anche di prevenire malattie) recede rispetto al principio di solidarietà di cui all'art. 2 Cost. Dunque non prevale mai il diritto dei meno vulnerabili rispetto alla esigenza di tutela dei più vulnerabili: di qui il venir meno di ogni spazio per la c.d. esitazione vaccinale;

4.4. Quanto poi al personale sanitario, trattasi di lavoratori che "entrano quotidianamente in relazione con una collettività indifferenziata, composta anche di individui fragili o in gravi condizioni di salute, che non può scegliere di sottrarsi al contatto, né informarsi sullo stato di salute dei sanitari e sulla loro sottoposizione alla profilassi vaccinale. Quanto al bilanciamento di interessi sotteso alla misura, si ritiene che la primaria rilevanza del bene giuridico protetto, cioè la salute collettiva, giustifichi la temporanea compressione del diritto al lavoro del singolo che non voglia sottostare all'obbligo vaccinale: ogni libertà individuale trova infatti un limite nell'adempimento dei doveri solidaristici, imposti a ciascuno per il bene della comunità cui appartiene (art. 2 della Cost.)" (così TAR FVG, n. 261 del 2021, cit., punto 11.2.);
4.5. Del resto la stessa Corte costituzionale, nella sentenza n. 5 del 18 gennaio 2018, ha specificamente affermato che: "la legge impositiva di un trattamento sanitario non è incompatibile con l'art. 32 Cost.: se il trattamento è diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri". La stessa pronunzia riconosce dunque il preminente rilievo del diritto alla salute nella sua dimensione collettiva rispetto alla libertà di autodeterminazione dei singoli, evidenziando in particolare che, pur riscontrandosi oggi una "più spiccata sensibilità per i diritti di autodeterminazione individuale anche in campo sanitario" (par. 8.2.3), che ha portato a prediligere politiche vaccinali basate sulla sensibilizzazione e sulla raccomandazione, il ricorso alla dimensione dell'obbligo è costituzionalmente legittimo allorché lo strumento persuasivo appaia carente sul piano dell'efficacia (par. 8.2.4) rispetto alla situazione da fronteggiare in concreto;

4.6. Nei termini suddetti, la sollevata eccezione di incostituzionalità si rivela dunque manifestamente infondata.

5. In conclusione il ricorso è infondato e deve essere rigettato, con compensazione in ogni caso delle spese di lite stante la sostanziale novità e complessità delle questioni esaminate.



 

P.Q.M.
 


Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Quater), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 ottobre 2021 con l'intervento dei magistrati:

Riccardo Savoia, Presidente

Massimo Santini, Consigliere, Estensore Francesca Ferrazzoli, Referendario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 10 NOV. 2021.