T.A.R. Lazio, Sez. 3 - Roma, 10 novembre 2021, n. 11570 - Mancata osservanza dell'obbligo vaccinale della collaboratrice professionale sanitaria



 


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA


ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 9816 del 2021, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Barbara Frateiacci, Marco Savioli, Pia Delle Chiaie, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Azienda Unità Sanitaria Locale di Viterbo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Lorenzo Confessore, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Ordine delle Professioni Infermieristiche, rappresentato e difeso dall'avvocato Carlo Mezzetti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l'annullamento
del provvedimento di sospensione dal servizio dell'ASL VITERBO disposto con mail del 19 agosto 2021 prot. n. 61548, nonché di ogni altro atto presupposto, conseguenziale o comunque connesso, nonché del provvedimento di sospensione immediata dal diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali disposta dall'Ordine delle Professioni Infermieristiche di Viterbo con pec del
20 agosto 2021 (prot. 569/21), nonché di ogni altro atto presupposto, conseguenziale o comunque connesso.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Azienda Unità Sanitaria Locale di Viterbo e di Ordine delle Professioni Infermieristiche; Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 26 ottobre 2021 il dott. Massimo Santini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;

Premesso che:

a) viene impugnato sotto plurimi profili (su cui ci si soffermerà più avanti nella parte in diritto) l'atto con cui si dispone la sospensione dal servizio della odierna ricorrente, collaboratore professionale sanitario (infermiera) presso la ASL di Viterbo, a causa della mancata osservanza dell'obbligo vaccinale da COVID 19 di cui all'art. 4 del decreto-legge n. 44 del 2021;

b) si costituivano in giudizio le intimate amministrazioni (ASL di Viterbo e Ordine della professioni Infermieristiche di Viterbo) la quali, nel chiedere il rigetto del gravame, entrambe sollevano eccezione di difetto di giurisdizione in capo a questo stesso giudice amministrativo;

c) alla camera di consiglio del 26 ottobre 2021, avvisate le parti circa la possibilità di adottare sentenza in forma semplificata, la causa veniva infine trattenuta in decisione.

Considerato che:

1. Si riporta per comodità espositiva il condivisibile indirizzo del TAR Friuli Venezia Giulia (sez. I, 13 settembre 2021, n. 276) con cui è stato affermato quanto di seguito riportato:

"È opportuno premettere alcuni rilievi circa il sistema delineato dall'art. 4 del d.l. 44 del 2021 nel suo applicarsi ai professionisti sanitari dipendenti, qual è la ricorrente. La disposizione prevede un iter bifasico:

- un primo segmento (propriamente amministrativo e pubblicistico), disciplinato dai commi 3-7 e 9 dell'art. 4 e attribuito alla competenza dell'Azienda sanitaria di residenza dell'interessato, è volto ad accertare se il sanitario abbia ricevuto la somministrazione del vaccino contro il SARS-CoV-2, in conformità all'obbligo sancito dal comma 1. Qualora l'Azienda sanitaria riscontri l'ingiustificato inadempimento, adotta un atto di accertamento cui consegue, quale effetto automatico ex lege a carico del sanitario, "la sospensione dal diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2";
- una secondo segmento, disciplinato dai commi 8 e 10 dell'art. 4, prendendo le mosse dall'accertamento di cui sopra e dal suo effetto legalmente impeditivo rispetto allo svolgimento di un'ampia categoria di mansioni, chiama invece in causa i poteri organizzativi del datore di lavoro (e ha quindi, generalmente, natura privatistica, anche laddove si tratti di rapporti di pubblico impiego, cfr. art. 5, comma 2 e 63 del d.lgs. 165 del 2001). Il datore deve infatti valutare la possibilità di assegnare il sanitario "a mansioni,

anche inferiori, diverse da quelle indicate al comma 6, con il trattamento corrispondente alle mansioni esercitate, e che, comunque, non implicano rischi di diffusione del contagio". Al riscontro dell'impossibilità di un reimpiego, e quindi dell'impossibilità di utilizzare la prestazione lavorativa, consegue la sospensione dalla retribuzione, salvi i casi in cui l'omissione o il differimento della vaccinazione sono giustificati";

2. Tanto doverosamente premesso è agevole ricavare ad una attenta lettura del ricorso in esame che:

2.1. Il gravame è solo formalmente diretto a contestare la sospensione dal servizio ma, in realtà, vengono in esso concretamente contestati atti e fatti riconducibili alla gestione in senso stretto del rapporto di lavoro;

2.2. Tanto risulta particolarmente evidente nella parte in cui si evidenzia la scorrettezza dell'operato della intimata amministrazione sanitaria che si sostanzierebbe, in estrema sintesi:

a) nella decurtazione della retribuzione, retribuzione che invece sarebbe stata pienamente dovuta ove l'amministrazione avesse tenuto debitamente conto del prescritto godimento di ferie, permessi e congedi straordinari, tutti spettanti alla odierna ricorrente nella prospettiva di quest'ultima (primo motivo di ricorso);

b) nella mancata assegnazione a diverse mansioni, proprio secondo quanto previsto dall'art. 4, comma 8, del citato DL n. 44 del 2021 (secondo motivo di ricorso);

2.3. Non viene in altre parole giammai contestato l'atto di accertamento circa la inosservanza dell'obbligo vaccinale (per avervi adempiuto oppure per la non ritenuta eventuale sussistenza di ragioni di esonero dal suddetto obbligo ai sensi dell'art. 4, comma 2, del DL n. 44 del 2021). Le uniche questioni specificamente sollevate risultano piuttosto riconducibili, come già anticipato, alla gestione del rapporto di lavoro in senso stretto (retribuzione e mansioni) ossia ad atti di squisita microorganizzazione;
3. Alla luce di quanto sopra riportato va di conseguenza dichiarato il difetto di giurisdizione di questo giudice amministrativo;

4. In definitiva, ai sensi dell'art. 11 c.p.a., va dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, sussistendo la giurisdizione del giudice ordinario dinanzi al quale la controversia potrà essere riassunta nel termine perentorio di tre mesi dal passaggio in giudicato di questa sentenza, fatti salvi gli effetti processuali e sostanziali della domanda;

5. Le spese di lite possono tuttavia essere compensate tenuto conto della peculiarità del caso in esame.


 

P.Q.M.
 


Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Quater), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe indicato, dichiara il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, sussistendo la giurisdizione del giudice ordinario.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 ottobre 2021 con l'intervento dei magistrati:

Riccardo Savoia, Presidente

Massimo Santini, Consigliere, Estensore Francesca Ferrazzoli, Referendario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 10 NOV. 2021.