Categoria: Cassazione civile
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Cassazione Civile, Sez. Lav., 27 dicembre 2021, n. 41571 - Esposizione ad amianto


 

Presidente: BRONZINI GIUSEPPE Relatore: CAVALLARO LUIGI
Data pubblicazione: 27/12/2021
 

Fatto


che, con sentenza depositata il 28.10.2014, il Tribunale di Salerno ha rigettato la domanda di S.S. e altri consorti volta alla rivalutazione contributiva ex art. 13, l. n. 257/1992, dei periodi di lavoro in cui essi erano stati esposti ad amianto;
che, a seguito di ordinanza d'inammissibilità dell'appello resa ex art. 348-bis c.p.c. dalla Corte d'appello di Salerno, S.S. e gli altri litisconsorti indicati in epigrafe hanno proposto ricorso per cassazione avverso la pronuncia di primo grado, deducendo sei motivi di censura;
che l'INPS e l'INAIL hanno resistito con distinti controricorsi;
 

Diritto


che, con il primo motivo, ricorrenti denunciano violazione dell'art. 115 c.p.c. per avere il Tribunale ritenuto l'improponibilità della domanda giudiziale per mancata proposizione della previa domanda amministrativa all'INPS, nonostante che agli atti fosse prodotta istanza inviata a mezzo raccomandata in data 3.3.2008, ricevuta dall'INPS il 4.3.2008;
che, con il secondo motivo, i ricorrenti lamentano violazione dell'art. 47, comma 5, d.l. n. 269/2003 (conv. con I. n. 326/2003), nonché degli artt. 115 e 416 c.p.c., per avere il Tribunale ritenuto comunque non provati i requisiti soggettivi e oggettivi per l'accesso al beneficio in questione;
che, con il terzo motivo, i ricorrenti si dolgono di violazione dell'art. 47, comma 5, d.l. n. 269/203 (conv. con I. n. 326/2003), nonché degli artt. 112, 115 e 416 c.p.c., per avere il Tribunale ritenuto che oggetto della domanda fosse la corresponsione del trattamento pensionistico e non invece la declaratoria del diritto al beneficio della rivalutazione contributiva;
che, con il quarto motivo, i ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 416 c.p.c. per avere il Tribunale ritenuto che nel ricorso introduttivo del giudizio non fossero stati specificati periodi di esposizione e le lavorazioni alle quali essi erano stati adibiti;
che, con il quinto motivo, i ricorrenti si dolgono di violazione degli artt. 115, 116 e 416 c.p.c. per avere il Tribunale errato nella valutazione della prova testimoniale assunta;
che, con il sesto motivo, i ricorrenti lamentano violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 416 c.p.c., 2727 e 2729 c.c., per avere il Tribunale ritenuto, all'esito della consulenza tecnica d'ufficio, che non fosse possibile esprimere alcuna prognosi, nemmeno indiziaria, circa l'effettiva esposizione all'amianto;
che, ai fini della decisione, appare preliminare ed assorbente la censura di cui al primo motivo, con cui i ricorrenti, al di là dell'improprio richiamo ad una presunta violazione dell'art. 115 c.p.c. (che di per sé è riscontrabile solo qualora il giudice di merito abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti oppure disposte d'ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione: così, tra le più recenti, Cass. nn. 27000 del 2016 e 1229 del 2019), si dolgono dell'omesso esame del fatto asseritamente decisivo costituito dall'avvenuta presentazione di una domanda amministrativa spedita a mezzo raccomandata in data 3.3.2008 e ricevuta dall'INPS in data 4.3.2008 (cfr. pag. 10 del ricorso per cassazione);
che, al riguardo, deve premettersi che la necessità della previa proposizione della domanda amministrativa, quale condizione di accesso ad un determinato beneficio previdenziale o assistenziale, costituisce principio generale dell'ordinamento, che - oltre ad essere di norma positivamente stabilito nella legislazione che istituisce e regola le diverse provvidenze - risulta in termini generali enunciato dall'art. 443 c.p.c., il quale, nel prevedere che la domanda relativa alle controversie in materia di previdenza e assistenza obbligatorie di cui all'art. 442 c.p.c. non è procedibile se non quando siano esauriti (o si debbano considerare esauriti) i procedimenti prescritti dalle leggi speciali per la composizione in sede amministrativa, viene ormai costantemente interpretato da questa Corte di legittimità nel senso che la previa presentazione della domanda amministrativa è viceversa condizione di proponibilità dell'azione giudiziaria, con ciò dovendosi intendere che, a differenza del ricorso introduttivo del procedimento contenzioso amministrativo di cui all'art. 443 c.p.c., la presentazione della domanda condiziona lo stesso sorgere del diritto del privato da tutelare eventualmente davanti all'autorità giudiziaria, diritto che non può ritenersi sorto (unitamente allo speculare obbligo dell'ente previdenziale di provvedervi) anteriormente al perfezionamento della fattispecie a formazione progressiva che nella presentazione della domanda all'ente previdenziale trova appunto il suo incipit (cfr. in tal senso Cass. n. 732 del 2007 e, più recentemente, Cass. n. 5318 del 2016);
che, una volta interpretata negli anzidetti termini la funzione della domanda amministrativa, risulta consequenziale ritenere che essa appartenga all'ampio genus degli atti ricettizi, ossia di quegli atti per la cui efficacia si richiede che vengano portati a conoscenza del destinatario (art. 1334 c.c.), tanto dovendo inferirsi in relazione alla funzione che alla domanda è conferita nell'ambito del procedimento amministrativo per il riconoscimento del beneficio previdenziale o assistenziale e, in specie, in relazione al suo precipuo effetto di determinare nell'ente previdenziale l'obbligo di provvedere su di essa;
che la regola generale fissata dal nostro ordinamento per le dichiarazioni recettizie è che esse si reputano conosciute, acquistando perciò efficacia, nel momento in cui giungono all'indirizzo del destinatario (art. 1335 c.c.); che, risultando nel caso di specie che la domanda amministrativa è pervenuta all'INPS in data 4.3.2008, affatto correttamente la sentenza impugnata non ne ha tenuto conto al fine di giudicare dell'improponibilità della domanda giudiziale, essendo stato il ricorso introduttivo del giudizio depositato in data 3.3.2008 (cfr. pag. 2 del ricorso per cassazione);
che a diversa soluzione non è dato pervenire nemmeno considerando che la domanda è stata spedita a mezzo raccomandata il 3.3.2008, atteso che indipendentemente dalla circostanza che non potrebbe considerarsi "preventiva" una domanda amministrativa proposta contestualmente alla domanda giudiziale - alla domanda amministrativa, che è atto avente efficacia sostanziale, non può applicarsi il principio della scissione degli effetti della notificazione in deroga alla regola generale della natura recettizia degli atti unilaterali, essendo stato tale principio affermato dalla giurisprudenza costituzionale con riguardo agli atti processuali (così da ult. Cass. S.U. n. 8227 del 2019); che, non potendosi pertanto imputare alla sentenza impugnata alcun omesso esame di fatti decisivi, risulta infondata la censura di cui al primo motivo, restando conseguentemente assorbite le doglianze di cui ai successivi mezzi di gravame, tutte logicamente presupponendo la proponibilità della domanda giudiziale;
che il ricorso, pertanto, va rigettato, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, giusta il criterio della soccombenza;
che, in considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso;
 

P. Q. M.
 

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in € 4.200,00, di cui € 4.000,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge, per ciascuna delle parti controricorrenti.
Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nell'adunanza camerale del 7.1.2021.