Cassazione Civile, Sez. 6, 18 febbraio 2022, n. 5355 - Risarcimento per esposizione alle fibre di asbesto. Legittimazione passiva dell'Autorità Portuale


 

 

Presidente: ESPOSITO LUCIA
Relatore: DE MARINIS NICOLA
Data pubblicazione: 18/02/2022
 

 

Rilevato che


- che con sentenza del 23 dicembre 2019, la Corte d'Appello di Venezia, in parziale riforma della decisione resa dal Tribunale di Venezia, sulla domanda proposta da Z.G. nei confronti dell'Autorità di Sistema Portuale del Mar Adriatico Settentrionale - Venezia (già Autorità Portuale Venezia) e dell'INAIL, avente ad oggetto il riconoscimento, in relazione pregiudizio psicofisico sofferto per l'esposizione alle fibre di asbesto, del diritto al "risarcimento del danno biologico permanente e temporaneo nonché del danno catastrofale per la malattia oncologica contratta da quantificarsi all'esito della CTU", rideterminava in aumento l'importo riconosciuto a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale per invalidità permanente e per inabilità temporanea, aggiornandola alla data del 1 gennaio 2018 oltre interessi legali sulla somma rivalutata, rigettando nel resto la domanda di Z.G. nonché le eccezioni sollevate dall'Autorità Portuale relativamente al difetto di legittimazione passiva, in relazione ai limiti della successione a titolo particolare rispetto al Provveditorato al Porto prevista dall'art. 20 l. n. 84/1994, ed alla prescrizione quinquennale dei diritti azionati;
- che la decisione della Corte territoriale discende dall'aver questa ritenuto sussistente la legittimazione passiva dell'Autorità Portuale stante il trasferimento ex lege alle autorità portuali dell'intero personale dipendente dalle organizzazioni portuali, applicabile la prescrizione decennale trattandosi, a motivo della titolarità del rapporto, di responsabilità contrattuale, sussistente il nesso di causalità tra l'esposizione lavorativa e la patologia tumorale insorta, ravvisabile la ricorrenza della situazione invalidante implicante l'inabilità temporanea (riconducibile, non al mero dato clinico dell'insorgere della patologia, ma al determinarsi di una condizione espressiva di una limitazione delle condizioni vitali, mai denunciata dall'istante) e legittimante il risarcimento per il complessivo periodo che va dal febbraio 2014 al febbraio 2016 al tasso medio del 60%, di doversi rideterminare, sulla base delle tabelle milanesi aggiornate al 2018, il danno non patrimoniale per invalidità permanente all'epoca della sua insorgenza pari al 75% in rapporto all'età dell'interessato (con detrazione della somma capitalizzata liquidata per danno biologico dall'INAIL) senza alcuna maggiorazione per difetto di specifiche allegazioni e tenuto conto della situazione soggettiva indotta dalla persistenza della malattia destinata ad incidere ai fini dell'adeguamento del risarcimento all'aspettativa di vita in soggetto anziano e malato ed, infine, di doversi calcolare il risarcimento per inabilità temporanea sulla base del valore minimo del punto (euro 98,00), in assenza di elementi circa una differenziata personalizzazione del danno e del tasso medio per l'intero periodo individuato dalla CTU nel 60% e così con riferimento ad un valore giornaliero del punto di euro 58,80 per tutta la durata fissata nella stessa CTU in 24 mesi;
- che per la cassazione di tale decisione ricorre l'Autorità Portuale di Venezia, affidando l'impugnazione ad un unico motivo, cui resistono, con controricorso, l'INAIL e, succedendo a Z.G. in qualità di eredi, i Sig.ri omissis, i quali a loro volta propongono ricorso incidentale articolato su due motivi, cui resiste, con controricorso, l'Autorità Portuale;
che la proposta del relatore, ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza in camera di consiglio non partecipata;
- che il controricorrente e ricorrente incidentale ha poi presentato memoria
 

 

Considerato che


- che, con l'unico motivo, l'Autorità Portuale ricorrente principale, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 2043 e 2059, 2056 e 1226 c.c., lamenta la non conformità a diritto della statuizione con cui la Corte territoriale ha disposto la liquidazione del danno in relazione ad una condizione di invalidità permanente da ritenersi incompatibile con uno stato patologico ancora in atto, emergendo quella condizione ed il conseguente diritto al risarcimento solo a fronte delle menomazioni irreversibili del bene salute, una volta che lo stato patologico sia esaurito;
- che, dal canto loro, gli eredi Z.G. ricorrenti incidentali, con il primo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione dell'art. 32 Cost., lamentano l'incongruità logica e giuridica del disconoscimento da parte della Corte territoriale della rilevanza agli effetti risarcitori i peggioramenti seguiti all'espletata CTU e la riduzione dell'aspettativa di vita conseguente all'insorgere della malattia;
- che, con il secondo motivo, rubricato con riferimento al travisamento di fatti e atti emersi ed acquisiti in giudizio (la data di insorgenza della malattia e le valutazioni del CTU in ordine alla rilevanza medico-legale dello stato patologico) ed alla violazione e falsa applicazione degli artt. 32 Cast, 1226 e 2059 c.c., imputa alla Corte territoriale l'acritica adesione alle valutazioni del CTU circa l'individuazione della condizione invalidante legittimante il risarcimento del danno ed il conseguente disconoscimento della rilevanza ai fini risarcitori della malattia a decorrere dal 2012 periodo della sua verificata insorgenza;
- che le questioni sottese alla decisione della causa - con particolare riferimento, per un verso, alla nozione di danno biologico da invalidità permanente quale emergente dall'orientamento invalso (cfr. Cass. n. 5197/2015), in base al quale essa integrerebbe uno stato menomativo, stabile e non remissibile, che si consolida solo all'esito di un periodo di malattia e non può sussistere prima della sua cessazione, nozione rispetto alla quale sarebbe da verificare la riconducibilità ad essa, qui sancita dalla Corte territoriale, della condizione di stabilizzazione dei postumi che, permanendo la malattia, può intervenire in caso di patologie evolutive ed ingravescenti come quelle oncologiche, per altro verso, alla rilevanza a fini risarcitori dell'aspettativa di vita, in termini accrescitivi, in ragione del pregiudizio che il soggetto subisce per la probabilità di un più rapido sopravvenire dell'evento morte o, al contrario, riduttivi, a motivo dell'incidenza che lo stato patologico esercita in termini di decremento del suo valore quale bene della vita ed, ancora, alla esatta individuazione della situazione legittimante il risarcimento tra il mero dato clinico dell'insorgere della malattia o, come affermato dalla Corte territoriale, la necessaria ricorrenza di una limitazione delle condizioni vitali - inducono a ritenere la causa medesima non priva di rilevanza nomofilattica, così da renderne opportuna la trattazione nella sezione ordinaria;
 

P.Q.M.
 

La Corte, ritenuta l'insussistenza dei presupposti di cui all'art. 375 c.p.c. rimette il ricorso alla sezione quarta per la trattazione in quella sede.
Così deciso in Roma nell'adunanza camerale del 21 settembre 2021