Cassazione Penale, Sez. 4, 14 marzo 2022, n. 8462 - Caduta mortale dal ponte su cavallettiVerifica dell'idoneità tecnico-professionale dell'impresa da parte del committente


 

 

Presidente: CIAMPI FRANCESCO MARIA Relatore: PEZZELLA VINCENZO
Data Udienza: 10/02/2022
 

Fatto


1. Con sentenza emessa in data 9/9/2020, il Gup presso il Tribunale di Catanzaro dichiarava non luogo a procedere nei confronti di L.C. per non aver commesso il fatto nell'ambito del procedimento penale che vedeva indagata la stessa, per il reato p. e p. dagli arti. 113, 589 cod. pen. perché, quale committente dei lavori in cooperazione colposa con C.F., in qualità di datore di lavoro, titolare dell'omonima impresa individuale "C.F." con sede in Settingiano (CZ), alla C. da Campo snc, per colpa generica consistita in negligenza, imprudenza, imperizia nonché per colpa specifica consistita nella violazione, quanto alla L.C., dell'art. 90, co. 9, lett. a) D.L.vo 81/08 per non aver verificato, all'atto dell'affidamento dei lavori all'impresa "C.F.», l'idoneità tecnico­ professionale della medesima allo svolgimento dei lavori oggetto del contratto, secondo le modalità prescritte dall'Allegato XVII del D.L. vo 81/08. In particolare, dalla verifica della documentazione richiesta alla committente e successivamente acquisita, non risultava che la ditta appaltatrice dei lavori avesse presentato alla stessa committente, il documento unico di regolarità contributiva (DURC) cagionavano o comunque non impedivano la morte del lavoratore G.T.. In particolare, il G.T., mentre, era intento ad eseguire delle tracce lungo la parete di una delle camere dell'edificio di proprietà di L.C., al fine di predisporre la medesima al passaggio dei tubi "corrugati" necessari alla realizzazione dell'impianto elettrico, perdeva l'equilibrio, cadeva dal ponte su cavalletti (cd. im­palcatura) sul quale era salito nello svolgimento delle predette mansioni e, impattando violentemente con la testa sulla parete di mattoni riportava lesioni gravissimo la cui immediata ingravescenza ne determinava il decesso per "insufficienza cardiocircolatoria acuta in soggetto vittima di trauma cranico concussivo". In Settingiano (CZ). Il 30/7/2018
Sull'appello proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro, che chiedeva, in riforma della impugnata sentenza, il rinvio a giudizio della L.C., con sentenza del 21/4/2021, il Tribunale di Catanzaro ha confermato la sentenza impugnata.

2. Avverso tale provvedimento hanno proposto ricorso per Cassazione, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.:
1. Il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Catanzaro.
Il PG ricorrente con un primo motivo lamenta l'inosservanza degli artt. 113, 589 c.p., 90 CO. 9 lett. a) D. Lgs. 81/08.

Nella sentenza impugnata a pag. 3 si legge quanto segue: " ... Escluso alcun rilievo sulla capacità organizzativa ed idoneità professionale della ditta prescelta in relazione ai lavori da eseguire, nulla è stato contestato e dedotto sull'ingerenza della L.C. nella esecuzione dei lavori e sulla sua presenza in cantiere. Ed ancora, occorre ancora rilevare come in relazione all'incidente occorso al lavoratore, causato da una non corretta realizzazione del ponte su cavalletti su cui il G.T. era salito per realizzare una traccia, senza indossare alcuno strumento di protezione, si tratta di situazione di pericolo per un profilo (la tipologia del ponteggio) né evi­dente né macroscopica e per l'altro non di certo ascrivibile ad un committente non presente sul cantiere e che tanto meno aveva l'obbligo di presenziare ai lavori... ". Tuttavia, evidenzia il PG che in caso di lavori svolti in esecuzione di un con­tratto di appalto o di prestazione d'opera, il committente, anche quando non si ingerisce nella loro esecuzione, è comunque obbligato a verificare l'idoneità tecnico-professionale dell'impresa e dei lavoratori autonomi prescelti in relazione ai lavori affidati (il richiamo è al dictum di Sez. 4 n. 37761 del 20/3/2019, Rv. 277008). Il rispetto di tale obbligo -prosegue il ricorso- non può ridursi al controllo dell'iscrizione dell'appaltatore nel registro delle imprese, che integra un adempi­mento di tipo amministrativo, ma esige la verifica, da parte del committente, della struttura organizzativa dell'impresa incaricata e della sua adeguatezza rispetto alla pericolosità dell'opera commissionata. In particolare, in caso di lavori in quota, il committente deve assicurarsi dell'effettiva disponibilità da parte dell'appaltatore dei necessari dispositivi di sicurezza (Sez. 3, n. 35185 del 26-4-2016, Rv. 267744). Il committente, ove non voglia assumere direttamente tale ruolo, può nominare un responsabile dei lavori, sul quale trasferire la responsabilità nei limiti dell'incarico e dei poteri conferiti.
Il legislatore ha voluto descrivere in maniera precisa il contenuto della verifica dell'idoneità tecnico-professionale dell'impresa da parte del committente, sempre collegata alla realizzazione della tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. Al riguardo, le misure generali di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori sui luoghi di lavoro non devono essere approntate dal committente, rientrando nel novero degli obblighi del datore di lavoro, ma la loro concreta adozione da parte di costui deve essere verificata e, in caso di accertata omissione, pretesa dal committente.
Nel caso di specie, occorreva, innanzitutto, procedere ad una verifica documentale nella fase iniziale dei lavori. In particolare, non risultava che la ditta appaltatrice avesse presentato alla stessa committente il documento unico di regolarità contributiva. Trattasi di documentazione minima che il datore di lavoro deve esibire al committente o al responsabile dei lavori, ove nominato. Inoltre, la ditta appaltatrice non aveva provveduto alla redazione del piano operativo di sicurezza.
Tale documentazione avrebbe consentito al committente di svolgere un vaglio consapevole della idoneità dell'impresa prescelta, tenuto conto della natura e dimensione dell'opera e dei tempi di realizzazione della stessa.
Tuttavia, l'obbligo di verifica documentale non esauriva il dovere di controllo cui era chiamato il committente. Il controllo avrebbe dovuto svolgersi anche nelle successive fasi dell'attività svolta nel cantiere. Tale obbligo avrebbe dovuto esercitarsi in concreto, in relazione alla tipologia dell'opera ed avrebbe dovuto investire anche la capacità dell'impresa ad apprestare le opere provvisionali necessarie.
Per contro, per la fase dei lavori interessata dall'evento mortale, vi è stata totale assenza di valutazione del rischio della specifica attività richiesta e della mancanza dei relativi presidi antinfortunistici (mancanza di elmetto, guanti, occhiali e mascherina antipolvere, mancanza di misure necessarie affinché il lavoratore fosse salvaguardato da tutti i rischi di natura elettrica connessi all'impiego di materiali, di apparecchiature e di impianti elettrici messi a sua disposizione, utilizzo di un ponteggio avente come base di appoggio una pedana di larghezza non inferiore a 90 cm, anziché 49 cm).
Al momento del decesso, il cantiere era privo di adeguate protezioni per evitare cadute dall'alto. Si imponeva l'esercizio dei poteri di inibizione del committente, la cui mancanza ha consentito la prosecuzione dei lavori in totale difformità alle norme più elementari poste a presidio dell'incolumità del lavoratore impegnato nell'esecuzione dell'opera. La sentenza impugnata non tiene conto della normativa antinfortunistica sopra richiamata.
Con un secondo motivo si lamenta inosservanza dell'art. 425 cod. proc. pen. laddove l'impugnata sentenza, confermando la sentenza n. 102/2020 del GUP del Tribunale di Catanzaro del 9 settembre 2020, avrebbe violato palesemente il perimetro cognitivo del Gup in sede di mera udienza preliminare.
Al riguardo, si ricorda che questa Corte di legittimità ha costantemente affermato che la sentenza di non luogo a procedere ex art. 425 cod. proc. pen. ha natura processuale e non di merito ed essa non è diretta ad accertare la colpevolezza o l'innocenza dell'imputato, ma ha esclusivamente lo scopo di evitare che giungano alla fase del giudizio vicende per le quali emerga la manifesta infondatezza dell'accusa e, peraltro, essendo inibito al Gup il proscioglimento in tutti i casi in cui gli elementi di prova acquisiti si prestino a valutazioni aperte e tali da poter essere diversamente valutati in dibattimento, anche alla luce delle future acquisizioni probatorie (il richiamo è a Sez. 3 n. 31449/2018). Invece, la sentenza impu­gnata si sarebbe espressa secondo una regola di giudizio tipica della fase dibatti­ mentale e, dunque, non utilizzabile dal giudice dell'udienza preliminare. Sarebbe evidente, allora, il vizio della sentenza impugnata che, confermando la sentenza del GUP del Tribunale di Catanzaro, ha anticipato in una fase di mera udienza preliminare, un vero e proprio giudizio di merito e ciò in palese violazione dei limiti cognitivi, così come delineati dalla Suprema Corte. A ciò si aggiunga - conclude il ricorso- che la sentenza impugnata non indicherebbe il motivo per il quale il materiale raccolto non sarebbe suscettibile, in sede dibattimentale, di ulteriore sviluppo probatorio.

2. La parte civile G.A. (Avv. Valerio Murgano)
Il ricorrente richiama la norma di cui all'art. 90 co. 9 D.lgs. 81/08 e gli obblighi che la stessa prevede a carico del committente e poi la circostanza che sull'appello del Procuratore della Repubblica, peraltro sollecitato dalla parte civile, il procedimento veniva fissato dinanzi alla Prima Sezione della Corte di Appello di Catanzaro senza alcuna notifica a nessuna delle costituite parti civili né tantomeno ai loro difensori e procuratori speciali. Quindi, all'udienza dei 21 aprile 2021, dopo aver erroneamente verificato la regolare costituzione delle parti, senza neanche dar atto dell'esistenza delle parti civile costituite, la Corte territoriale ha trattato il processo e all'esito ha rigettato l'appello del PM.
Il ricorso della parte civile, pertanto, investe la sentenza impugnata, in punto di inosservanza delle disposizioni concernenti l'intervento, l'assistenza e la rappresentanza delle costituite parti civili, in particolare deducendo inosservanza della norme processuali stabilite a pena di nullità, in relazione agli artt. 178 lett. c), 180 e 601 cod. proc. pen. (per aver la Corte D'Appello omesso la citazione delle costi­tuite parti civili, in assenza delle quali è stato celebrato il giudizio d'appello).
Nella consapevolezza delle oscillazioni giurisprudenziali che si sono registrate in punto di legittimazione della costituita parte civile a impugnare le sentenze emesse in grado d'appello in assenza di un'autonoma impugnazione della sentenza di primo grado, sia pur brevemente, si legge in ricorso, si fa accenno alle ragioni poste a sostegno della soluzione affermativa al problema. Si ricorda che, con la recentissima sentenza emessa da questa Suprema Corte, n. 16492/2021, affrontando e superando il suddetto contrasto, è stato statuito che la parte civile non appellante è legittimata a ricorrere per Cassazione avverso la sentenza d'appello che conferma l'assoluzione, se non ha rinunciato all'impugnazione stessa ovvero non ha revocato la costituzione di parte civile. Nella citata pronunzia è stato altresì chiarito come la parte civile non appellante possa dedurre solo questioni rilevabili d'ufficio in ogni stato e grado del processo e/o di pura legittimità.
Ciò posto, con l'unico motivo articolato nel presente ricorso, viene dedotta la nullità, di ordine generale ex art. 178 lett. c) cod. proc. pen., rilevabile anche d'ufficio ai sensi dell'art. 180 cod. proc. pen., in ragione della mancata partecipa­zione, assistenza e rappresentanza nel giudizio di secondo grado della parte civile. La norma -ricorda il ricorso- è posta a presidio del diritto al contraddittorio, inteso come possibilità per l'imputato e per le altre parti private non necessarie, di partecipare attivamente al processo. Nonostante le persone danneggiate da reato si fossero costituite parte civile all'udienza preliminare, nel giudizio d'appello è stata completamente omessa la citazione delle stesse e dei loro difensori e pro­ curatori speciali. Peraltro, l'atto di gravame era stato proposto (anche) su impulso delle parti private, poi completamente ignorate sia in sede di emissione del decreto di fissazione udienza che di trattazione del giudizio stesso, celebratosi poi in loro assenza.
Si evidenzia, inoltre, che nessun dubbio vi sarebbe in merito al diritto delle parti civili a partecipare, a pena di nullità, alla celebrazione del giudizio d'appello; regola ricavabile dal principio d'immanenza della costituzione, che ha effetto per ogni stato e grado del processo, ex artt. 76 co. 2 e 82 cod. proc. pen.
Sicché, solo nel caso di revoca della costituzione o di espressa rinunciare all'impugnazione, essa non è più legittimata a partecipare al giudizio d'impugnazione.
Nel caso di specie la parte civile ha avanzato richiesta motivata di impugnazione al p.m. e risulta altresì costituita nel giudizio di primo grado pendente nei confronti del signor C.V., per il quale è stato disposto il rinvio a giudizio davanti al Tribunale monocratico di Catanzaro.
La violazione denunziata integra, quindi, la nullità tassativa invocata, deter­minando la conseguente illegittimità del provvedimento impugnato.
Entrambe le parti ricorrenti chiedono, pertanto, l'annullamento della sentenza impugnata.

3. Nei termini di legge hanno rassegnato le proprie conclusioni scritte per l'udienza senza discussione orale (art. 23 co. 8 d.l. 137/2020), il P.G., che ha chiesto dichiararsi inammissibili entrambi i ricorsi, la parte civile G.A., a mezzo del proprio difensore e procuratore speciale Avv. Valerio Murgano, che ha insistito per l'accoglimento del ricorso, trasmettendo conclusioni scritte e nota spese, e l'imputata L.C. a mezzo del proprio difensore Avv. Valerio Murgano, che ha chiesto dichiararsi inammissibili i ricorsi.
 

Diritto


1. Il ricorso del PM è manifestamente infondato e, pertanto, va dichiarato inammissibile.
Il ricorso della parte civile, come si dirà, è in radice inammissibile non prevedendo l'attuale quadro normativo, vigente all'epoca della proposizione del ricorso, la proponibilità del ricorso per cassazione della parte civile avverso la sentenza di appello che confermi la pronuncia di non luogo a procedere del GUP.

2. Questa Corte di legittimità ha da tempo chiarito che è inammissibile per difetto di legittimazione il ricorso per cassazione proposto dalla persona offesa, costituita parte civile, avverso la sentenza di non luogo a procedere emessa dal giudice per l'udienza preliminare, atteso che, ai sensi dell'art. 428, co. 2, cod. proc. pen., novellato dalla legge 23 giugno 2017, n. 103, alla persona offesa è consentito proporre esclusivamente appello nei soli casi di nullità previsti dall'art. 419, comma 7, cod. proc. pen. (cfr. Sez. 4, n. 14674 del 9/2/2018, Martelli e altri, Rv. 273263).
Ciò in quanto i commi 38, 39 e 40 della legge 23 giugno 2017 n.103, entrata in vigore il 3 agosto 2017, hanno modificato la norma di cui all'art. 428, cod. proc. pen. che disciplina l'impugnazione della sentenza di non luogo a procedere emessa dal giudice all'esito dell'udienza preliminare. La legge di modifica ha previsto, per quello che qui interessa, al comma 1, alinea, e 2, primo periodo, del citato articolo, la sostituzione delle parole «ricorso per cassazione» con la parola «appello» e la soppressione del secondo periodo del comma 2 che prevedeva la possibilità della persona offesa costituita parte civile di proporre ricorso per cassazione, ai sensi dell'art. 606 cod. proc. pen. Pertanto, il novellato articolo 428, co. 1 e 2, cod. proc. pen., non prevede più che la persona offesa costituita parte civile possa ricorrere per cassazione.
Si tratta di un intervento ripristinatorio di quanto era stabilito anteriormente alla legge 20 febbraio 2006, n. 46 che non contemplava il ricorso per cassazione della parte civile avverso le sentenze di proscioglimento emesse dal giudice per l'udienza preliminare.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente alla entrata in vigore della legge 203/17 si applica la nuova disciplina e, dunque, il ricorso della parte civile è inammissibile.

3. Anche il PM, nel sistema delineato dalla l. 103/2017, ha un orizzonte limi­tato, quanto al ricorso per cassazione contro una doppia conforme sentenza di non luogo a procedere, limitato ai soli motivi di cui alle lettere a), b) e c) del comma 1 dell'articolo 606 cod. proc. pen.
La Corte territoriale, con motivazione priva di aporie logiche e corretta in punto di diritto, ha argomentatamente confutato l'assunto del PM appellante secondo cui il GUP non avrebbe correttamente inteso la contestazione elevata a ca­ rico della L.C., tralasciando la parte iniziale in cui veniva contestata la specifica violazione dell'art. 90 co. 9 lett. a) D. Lgs 81/08 che prescrive che il committente debba verificare l'idoneità tecnico professionale dell'impresa affidataria con le modalità dell'allegato XVII, allegato espressamente richiamato nel capo d'imputazione.

La Corte catanzarese ha ritenuto che le doglianze della pubblica accusa non trovassero conforto, innanzitutto, nel tenore testuale della contestazione di cui alla rubrica che dopo aver indicato nella parte iniziale "... con colpa generica consistita · in negligenza imprudenza imperizia nonché per colpa specifica consistita nella violazione delle seguenti norme in materia di sicurezza e salute dei lavoratori", nella parte espressamente riservata alla L.C., testualmente recita: "per non aver verificato all'atto dell'affidamento dei lavori all'impresa "CA.F." l'idoneità tecnico professionale della medesima allo svolgimento dei lavori oggetto di contratto, secondo le modalità prescritte dall'allegato XVII del D.L.vo 81/08. In particolare dalla verifica della documentazione richiesta dalla committente, e successiva mente acquisita, non risultava che la ditta appaltatrice dei lavori avesse presentato alla stessa committente il documento tecnico di regolarità contributiva (DURC) ". La Corte territoriale ha ritenuto che, contrariamente a quanto ritenuto dal P.M., il riferimento all'omessa presentazione del DURC fosse volto a specificare la violazione indicata poco prima e riguardante solo la mancata verifica da parte della committente della idoneità tecnico professionale della ditta. E che corroborasse tale assunto il fatto che, a parte la violazione riguardante la consegna del DURC, nel capo d'imputazione non viene in alcun modo specificato alcun altro elemento in grado di riempire di contenuto l'addotta inidoneità tecnico professionale della ditta incaricata dei lavori. Ed anche a voler focalizzare l'attenzione sul verbale elevato dallo SPISAL, analogamente solo tale violazione risulta essere stata oggetto di accertamento e contestazione.
Peraltro, quanto alla posizione di garanzia esistente in capo al committente dei lavori - profilo che la Corte territoriale ribadisce non risulta toccato nella contestazione - i giudici del gravame del merito rilevano come la massima giurispru­denziale citata nell'appello non appare essere stata correttamente interpretata.
Ciò in quanto, nella motivazione di quella sentenza, il giudice di legittimità ha avuto modo di precisare come: "così ricostruito il dovere di sicurezza, con riguardo ai lavori svolti in esecuzione di un contratto di appalto o di prestazione d'opera, tanto in capo al datore di lavoro (di regola l'appaltatore, destinatario delle disposizioni antinfortunistiche, che al committente, questa sezione ha però avvertito la necessità che tale principio non conosca una applicazione automatica..." (Sez. 4, n. 3563 del 1810112012, Rv. 252672). Ne consegue che, ai fini della configurazione della responsabilità del committente, "... occorre verificare in concreto quale sia stata l'incidenza della sua condotta nell'eziologia dell'evento, a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l'esecuzione dei lavori, avuto riguardo alla specificità dei lavori da eseguire, ai criteri seguiti dallo stesso committente per la scelta dell'appaltatore o del prestatore d'opera, alla sua ingerenza nell'esecuzione dei lavori oggetto di appalto o del contratto di prestazione d'opera, nonché alla agevole ed immediata percepibilità da parte del committente di situazioni di pericolo" (Sez. 4, n. 3563 del 2012 citata).
Il che presuppone, quindi, come ricorda correttamente la sentenza impugnata, un attento esame della situazione fattuale, essendo diverso, evidentemente, il caso in cui il committente affidi in appalto lavori relativi ad un complesso aziendale di cui sia titolare, da quello di chi dia incarico ad un'impresa di ristrutturare o costruire un immobile come nel caso in esame. Rilevanti, inoltre, devono considerarsi i criteri seguiti dal committente per la scelta dell'appaltatore o del prestatore d'opera (quale soggetto munito dei titoli di idoneità prescritti dalla legge e della capacità tecnica e professionale proporzionata al tipo di attività commissionata ed alle concrete modalità di espletamento della stessa). E fondamentale è poi l'accertamento di situazioni di pericolo così evidenti e macroscopiche da non poter essere ignorate da un committente sovente presente in cantiere.

4. Ebbene la sentenza impugnata rileva che, nel caso in esame, la Pubblica Accusa si è limitata ad invocare genericamente la posizione di garanzia del committente, automaticamente ricollegandola all'infortunio occorso al lavoratore ma senza però riempirla di contenuto e spiegarne l'efficienza causale. In particolare, escluso alcun rilievo sulla capacità organizzativa ed idoneità professionale della ditta prescelta in relazione ai lavori da eseguire, nulla è stato contestato e dedotto sull'ingerenza della L.C. nella esecuzione dei lavori e sulla sua presenza in cantiere. Ed ancora, viene evidenziato come in relazione all'incidente occorso al lavo­ratore, causato da una non corretta realizzazione del ponte su cavalletti su cui il G.T. era salito per realizzare una traccia, senza indossare alcuno strumento di protezione, si tratta di una situazione di pericolo per un profilo (la tipologia del ponteggio) che viene ritenuta né evidente né macroscopica e per l'altro non di certo ascrivibile ad un committente non presente sul cantiere e che tanto meno aveva l'obbligo di presenziare ai lavori.
A ben guardare il percorso motivazionale del provvedimento impugnato, quelle di cui al ricorso, ancorché rubricate come violazioni di legge, paiono in concreto doglianze afferenti alla motivazione.
Peraltro, premessa la correttezza dei principi richiamati in ricorso relativi alla responsabilità del committente, tuttavia nel caso specifico la questione, ben evidenziata dal giudice di merito, riguarda i limiti della contestazione: dalla lettura del capo di imputazione emerge con chiarezza che i fatti concretamente contestati alla L.C. consistono nella mancata verifica dell'idoneità tecnico-professionale dell'impresa sotto il profilo dell'omesso controllo del DURC. Nessun'altra concreta condotta colposa viene contestata alla predetta.

Con tali osservazioni il ricorso del pubblico ministero non si confronta compiutamente.

5. Essendo il ricorso della parte civile G.A. inammissibile e, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo
 

P.Q.M.
 

Dichiara inammissibile il ricorso del PG.
Dichiara inammissibile il ricorso della parte civile ricorrente che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.