Cassazione Civile, Sez. 6, 22 marzo 2022, n. 9348 - Risarcimento da infortunio sul lavoro e postumi invalidanti



Presidente: DORONZO ADRIANA

 

Rilevato che

 

1. Con sentenza n.3697 depositata il 4.12.2020 la Corte di appello di Napoli, confermando la pronuncia del Tribunale della medesima sede ha accolto la domanda di risarcimento del danno, patrimoniale e non patrimoniale, proposta da M.S.A., A.S., M.S.C., M.S. Pietro, M.S. D., M.S. V. nei confronti di Effequattro s.p.a. per l’infortunio sul lavoro subito da M.S.A. in data 15.10.2008, riconosciuto dall’Inail con postumi invalidanti pari al 90% e costituzione di rendita vitalizia.
2. La Corte di appello ha rilevato che correttamente il Tribunale aveva liquidato il danno non patrimoniale facendo riferimento al “valore medio” secondo le tabelle di Milano (invocate dagli stessi ricorrenti), in relazione ad una menomazione della integrità fisica stimata dal CTU nella misura del 95%, liquidando una ulteriore somma a titolo di “aumento personalizzato” nella misura del 25%, misura massima consentita dalle tabelle stesse; in particolare, erano stati considerati: i numerosi interventi chirurgici cui è stato sottoposto il lavoratore, sia nella loro rilevanza di sofferenza soggettiva che per l’incidenza sugli aspetti anatomo-funzionali che relazionali; la lesione non solo estetica ma anche alla dignità della persona destinata a vivere in uno stato di assoluta dipendenza dai familiari, con abbandono della vita sociale; un sentimento di rabbia non dominato dal controllo intellettivo; ha aggiunto che i motivi di gravame esprimevano una insoddisfazione soggettiva, senza esplicare le ragioni dell’insufficienza del riferimento ai dati concreti come innanzi esposti e dell’inadeguatezza della valutazione del 25%, riducendosi all’invocazione di un diverso criterio equitativo senza precisare se in via alternativa e sostitutiva di quello adottato dal Tribunale ovvero concorrente ed integrativa.
3. Avverso la sentenza M.S.P. propone ricorso per Cassazione, affidato a quattro motivi; la società Effequattro resiste con controricorso, la società assicuratrice, chiamata in causa sin dal primo grado, A.I.G. Europe S.A. resiste con proprio controricorso. Tutte le parti hanno depositato memoria. L’Inail è rimasto intimato.
4. La proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, ai sensi dell’articolo 380 bis cod.proc.civ.
 

Considerato che


1. Con il primo motivo il ricorrente deduce omesso esame di un fatto decisivo, violazione e falsa applicazione degli artt. 1223, 1226, 2056, 2059, 2729 c.c., 32 Cost., 138 del d.lgs. n. 209 del 2005 avendo, la Corte territoriale, trascurato il fatto decisivo concretizzato dal “dolore dell’animo, vergogna, disistima di sé e disperazione”.
2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1223, 1226, 2056, 2059, 2729 c.c. evincendosi, dalla consulenza di ufficio svolta in primo grado, come le lesioni subite dal M.S. appaiano di eccezionale gravità e non avendo, la Corte territoriale, liquidato alcunchè a titolo di componente di tale danno.
3. Con il terzo motivo il ricorrente deduce , violazione e falsa applicazione degli artt. 1223, 1226, 2729 c.c., 32 Cost. avendo, la Corte territoriale, trascurato di effettuare una compiuta valutazione della “effettività del pregiudizio”, appiattendosi su di una personalizzazione del danno meramente tabellare ed “automatica” senza tener conto della sofferenza interiore.
4. Con il quarto motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1223, c.c. e 138 del d.lgs. n. 209 del 2005 in quanto la Corte territoriale doveva ritenere di eccezionale gravità il danno e applicare una percentuale di personalizzazione del danno biologico quantomeno pari a 30 punti.
5. Il ricorso presenta molteplici profili di inammissibilità: innanzitutto risulta privo di specificità, venendo meno, a cagione dell'oggettiva genericità delle contestazioni proposte, al principio in base al quale, costituendo il giudizio di cassazione un giudizio a critica vincolata da veicolarsi tassativamente attraverso uno dei motivi previsti dall'art. 360 c.p.c., l'illustrazione dei motivi impone che in essi trovino espressione le ragioni del dissenso che la parte intende marcare nei riguardi della decisione impugnata, formulate in termini tali da soddisfare esigenze di specificità, di completezza e di riferibilità a quanto pronunciato proprie del mezzo azionato e, insieme, da costituire una critica precisa e puntuale e, dunque, pertinente delle ragioni che ne hanno indotto l'adozione (Cass., n. 13066 del 2007, Cass. n. 4905 del 2020).
6. I motivi appaiono inammissibili in quanto si sostanziano, anche là dove denunciano la violazione di plurime norme di diritto, in un vizio di motivazione formulato in modo non coerente allo schema legale del nuovo art. 360 c.p.c., primo comma, n. 5, applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame.
Come più volte precisato da questa Corte, il vizio di violazione di legge coincide con l'errore interpretativo, cioè con l'erronea individuazione della norma regolatrice della fattispecie o con la comprensione errata della sua portata precettiva; la falsa applicazione di norme di diritto ricorre quando la disposizione normativa, interpretata correttamente, sia applicata ad una fattispecie concreta in essa erroneamente sussunta. Al contrario, l'erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all'interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, solo sotto l'aspetto del vizio di motivazione (cfr. Cass. n. 26272 del 2017; Cass. n. 9217 del 2016; Cass. n. 195 del 2016; Cass. n. 26110 del 2015; n. 26307 del 2014). Solo quest'ultima censura è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa.
7. Nel caso di specie, i motivi, al di là della dedotta violazione di legge, declinano una contestazione esclusivamente di ordine motivazionale che, inoltre, si sottrae al perimetro di attuale ricorribilità per cassazione del relativo vizio, non costituendo - alla stregua del novellato dell'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. (come interpretato dalle Sezioni Unite n. 8053 del 2014) - la carenza della motivazione vizio rilevante; inoltre, i motivi non evidenziano, stante l'ampiezza e l'esaustività delle argomentazioni sviluppate dal giudicante a conforto della decisione, la sussistenza di un vulnus apprezzabile nel quadro della riduzione al minimo costituzionale del controllo di legittimità sulla motivazione.
8. Quanto alla decisività del vizio di motivazione prospettato, la critica non risulta conforme a quella richiesta da consolidata giurisprudenza della Corte di legittimità, pur nell'innegabilità del principio di massima salvaguardia del diritto alla salute.
In particolare, con riguardo ai lamentati errori e alle lacune della consulenza tecnica d’ufficio, sono suscettibili di esame in sede di legittimità unicamente sotto il profilo del vizio di motivazione della sentenza, quando siano riscontrabili carenze o deficienze diagnostiche o affermazioni scientificamente errate e non già quando si prospettino semplici difformità tra la valutazione del consulente circa l'entità e l'incidenza del dato patologico e la valutazione della parte (Cass. nn. 1405 del 2021, 24628 del 2019, 4124 del 2017, 3307 del 2012, 22707 del 2010, 569 del 2011).
8.1. Costituisce orientamento costante della Cassazione quello secondo il quale nel giudizio in materia d'invalidità, il vizio - denunciabile in sede di legittimità - della sentenza che abbia prestato adesione alle conclusioni del consulente tecnico d'ufficio, è ravvisabile in caso di palese devianza dalle nozioni correnti della scienza medica, la cui fonte va indicata, o nell'omissione degli accertamenti strumentali dai quali, secondo le predette nozioni, non può prescindersi per la formulazione di una corretta diagnosi, mentre al di fuori di tale ambito la censura costituisce mero dissenso diagnostico che si traduce in un'inammissibile critica del convincimento del giudice, e ciò anche con riguardo alla data di decorrenza della richiesta prestazione (Cfr. per tutte Cass. nn. 23990/2014, 1652/2012).
8.2. Nel quadro del suddetto enunciato si è, altresì, precisato che le conclusioni della consulenza tecnica d'ufficio disposta dal giudice non possono utilmente essere contestate in sede di ricorso per cassazione mediante la pura e semplice contrapposizione ad esse di diverse valutazioni - come il ricorrente ha effettuato - perché tali contestazioni si rivelano dirette non già ad un riscontro della correttezza del giudizio formulato dal giudice di appello bensì ad una diversa valutazione delle risultanze processuali; e tale profilo non rappresenta un elemento riconducibile al procedimento logico seguito dal giudice bensì costituisce semplicemente una richiesta di riesame del merito della controversia, inammissibile in sede di legittimità (Cfr. ex plurimis, Cass. n. 7341 del 2004; Cass. n. 15796 del 2004; Cass. n. 14374 del 2008; Cass. n. 13914 del 2020; Cass. n. 1405 del 2021).
9. La doglianza contenuta nel quarto motivo (violazione dell’art. 138 del d.lgs. n. 209 del 2005, recante “Codice delle assicurazioni private”) appare nuova e, perciò, inammissibile, non essendo stata la questione (determinazione dell’infortunio a seguito di sinistro stradale e rapporto tra l’applicazione dell’art. 138 del d.lgs. n. 209 del 2005 e gli art. 1223 e 1226 c.c.) trattata nella decisione impugnata, ne' avendo indicato parte ricorrente i tempi e i modi della sua tempestiva introduzione nel giudizio di primo grado e, quindi, della sua devoluzione al Giudice del gravame (cfr. Cass. n. 20694 del 2018).
10. Il ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, giusto il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 cod.proc.civ.
11. Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato previsto dal d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013) pari a quello - ove dovuto - per il ricorso, a norma del comma 1- bis dello stesso art. 13.


 

P. Q. M.
 


La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidandole in euro 200,00 per esborsi e in euro 5.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali pari al 15 % e accessori di legge, a favore di ciascuna società controricorrente, somme che, con riguardo alla società AIG, vanno distratte a favore dell’avv. Giancarlo Mariniello.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 20012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione civile della Corte di cassazione, addì 1 febbraio 2022.