Categoria: Cassazione penale
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Cassazione Penale, Sez. 4, 24 marzo 2022, n. 10334 - Fatale caduta di un ramo durante le operazioni di esbosco di piante già tagliate. Annullamento con rinvio della sentenza di condanna del datore di lavoro


 

 

Presidente: CIAMPI FRANCESCO MARIA
Relatore: PAVICH GIUSEPPE Data Udienza: 24/02/2022

 

Fatto
 

1. La Corte d'appello di Venezia, in data 18 gennaio 2021, ha confermato la sentenza con la quale il Tribunale di Belluno, il 21 novembre 2019, aveva condannato G.Z. alla pena ritenuta di giustizia e alle connesse statuizioni civili per il delitto di omicidio colposo con violazione di norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro, contestato come commesso in Sedico il 10 aprile 2015 in danno di P.F..
1.1. Il reato é contestato allo Z. in relazione alla sua qualità di titolare della omonima impresa individuale, che operava nell'occorso quale subappaltatrice ed esecutrice di lavori di taglio ed esbosco in località "Bosco della China"; il P.F., dipendente non regolarizzato della predetta impresa individuale e che aveva iniziato a lavorare in nero per la ditta da quella stessa mattina, era adibito nell'occasione ad operazioni di esbosco di piante già tagliate nei giorni precedenti; curante queste operazioni, vi era l'esigenza di rimuovere un pioppo che, dopo il taglio, era rimasto incastrato in una pianta di carpino. Il P.F., anziché provvedere alla rimozione utilizzando il verricello forestale e trainare il pioppo in direzione contraria a quella di caduta senza che nessun operatore stazionasse nell'area sottostante (come previsto dalle linee guida della Regione Veneto per l'esecuzione delle utilizzazioni forestali), segava il carpino, con il risultato che un ramo di quest'ultimo colpiva il lavoratore al capo e alla schiena, procurandogli lesioni gravi che lo traevano a morte nel giro di poche ore.
Allo Z. si rimprovera, in estrema sintesi, di non aver richiesto l'osservanza delle predette linee guida, contenenti misure necessarie a tutelare l'integrità fisica del lavoratore.
1.2. La Corte di merito, a fronte delle doglianze contenute nell'atto d'appello, ha escluso che vi fossero elementi di prova circa il fatto che lo Z. avesse dato disposizioni conformi alle linee guida, disponendo che la pianta tagliata e rimasta impigliata doveva essere rimossa agganciandola a un trattore e trascinandola; secondo la Corte distrettuale era emerso, per di più, che lo Z. aveva proceduto al taglio nei giorni precedenti lasciando numerosi tronchi recisi addossati ad altri alberi e rimasti in posizione pericolante. E' stata invece ritenuta poco attendibile, anche in relazione a talune circostanze di contorno, la deposizione del teste C., secondo il quale sarebbe stato il P.F. a decidere autonomamente di operare diversamente dalle disposizioni del datore di lavoro, il quale avrebbe stabilito che i tronchi incastrati venissero rimossi con il verricello; opina invece la Corte d'appello che non poteva essere stato il P.F., ultimo arrivato, a potersi discostare dalle regole stabilite dal datore di lavoro; e trae la conclusione che lo Z. omise di dare disposizioni al P.F., assunto quella stessa mattina, su come operare nel caso in cui un albero reciso e pericolante dovesse essere rimosso; omise altresì di controllarne l'attività, pur consapevole del pericolo collegato alla presenza di alberi già recisi e pendenti, e si allontanò per una pausa caffé assieme ad altri dipendenti, abbandonando a sé stesso il P.F.. E' stata infine esclusa l'abnormità del comportamento del lavoratore.

2. Avverso la prefata sentenza ricorre lo Z., con atto articolato in tre motivi.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione con travisamento della prova: in primo luogo, tale travisamento si sarebbe sostanziato nell'interpretazione errata delle dichiarazioni del teste B., che, a detta della Corte di merito, avrebbe sostenuto di non ricordare se Z. avesse impartito direttive al P.F.: in realtà, come segnalato nell'atto d'appello, lo stesso teste aveva reso ulteriori dichiarazioni, testualmente riportate dal ricorrente, da cui si ricava che lo Z. aveva dato disposizioni affinché le piante non completamente abbattute venissero agganciate con il verricello del trattore. Quanto ai carichi lasciati sospesi, costituiti da alberi già recisi ed impigliati, si tratta di circostanza sulla quale non sono stati formulati rilievi dallo SPISAL e peraltro priva di rilievo causale nell'occorso. E' poi sprovvista di fondamento probatorio l'asserzione della Corte circa lo scuotimento del pioppo con l'escavatore da parte dello Z.: condotta che, oltre ad essere frutto di una mera deduzione, non é neppure contemplata nell'editto imputativo. Quanto al giudizio di inattendibilità del teste C., esso non trova corrispondenza nella motivazione della sentenza di primo grado, nella quale pure si era ritenuto che il teste (unico testimone oculare) non potesse ritenersi falso; né sono state enunciate le diverse versioni dei fatti che il C., secondo la Corte di merito, avrebbe fornito nel tempo. La credibilità dei testi C. e B. in ordine alla ricostruzione dei fatti é, del resto, avvalorata dal tecnico SPISAL Moretta e dall'isp. Castellaz, consulente tecnico della Procura. Neppure é corretto l'iter argomentativo della sentenza impugnata laddove si afferma che il P.F. era sprovvisto di esperienza in quanto assunto quella stessa mattina, dimenticando che in realtà la persona offesa aveva avuto precedenti esperienze lavorative dello stesso tipo, anche alle dipendenze dello Z..
2.2. Con il secondo motivo si denuncia violazione di legge con riferimento alla qualificazione del comportamento del lavoratore come "abnorme", pur essendo comprovate le sue competenze e la sua esperienza. Richiamando l'evoluzione della giurisprudenza a proposito dell'abnormità della condotta del lavoratore a fronte delle responsabilità datoriali, il deducente contesta l'assunto secondo il quale non sarebbe stato abnorme il comportamento del P.F. nel tagliare il carpino anziché tentare di rimuovere il tronco di pioppo rimasto incastrato. Insiste infine il ricorrente sull'inesigibilità del comportamento preteso dal datore di lavoro, in relazione alla situazione di fatto venutasi a creare.
2.3. Con il terzo motivo si denuncia violazione di legge con riguardo all'osservanza della regola dell"'oltre ogni ragionevole dubbio" nel condannare lo Z.: le certezze dalle quali muove la Corte di merito (circa l'assenza di prove che lo Z. avesse impartito al P.F. le disposizioni corrette ed anzi la certezza dell'avere omesso di dare al lavoratore precise disposizioni) non si confrontano con le dichiarazioni dei testi B. e C., la cui credibilità é stata confermata dall'isp. Castellaz e dal tecnico Moretta.

3. Si dà atto che le parti civili OMISSIS hanno depositato memorie, nonché conclusioni con notule, chiedendo dichiararsi l'inammissibilità, ovvero il rigetto del ricorso.

 

 

Diritto




1. Il primo motivo di ricorso é fondato e assorbente.
1.1. Non può affermarsi, infatti, che la Corte di merito si sia debitamente confrontata, da un lato, con le dichiarazioni del teste B. circa le disposizioni impartite dallo Z. al P.F. (riportate testualmente alle pagine 3 - 4 del ricorso), che si sarebbero in realtà uniformate alle linee guida della Regione Veneto richiamate nell'imputazione; e, dall'altro, che abbia fornito una valutazione di inattendibilità del teste C. fondata su dati oggettivi e, come tale, esente da vizi logici e da contraddittorietà: non risulta affatto improntata a tali requisiti l'affermazione secondo la quale l'inattendibilità del teste (secondo il quale il P.F. si sarebbe discostato di propria iniziativa dalle disposizioni dell'odierno ricorrente, tagliando il carpino) sarebbe comprovata dalla circostanza che lo Z. avrebbe tentato di rimuovere il pioppo con un escavatore dotato di pinze anziché con il verricello: circostanza del tutto priva di attinenza logica all'oggetto delle accuse formulate a carico del ricorrente; né più attinenti risultano le ulteriori circostanze di contorno (la posizione dei tronchi, le diverse versioni sui termini dell'accordo intervenuto con la persona offesa) sulla base delle quali la Corte ha reputato inattendibile il C.: circostanze peraltro accennate in modo vago e senza una precisa indicazione del collegamento logico delle stesse con la regiudicanda. Resta il fatto che il C. era l'unico testimone oculare dell'accaduto e che le sue valutazioni dovevano essere scrutinate con particolare attenzione, anche alla luce di quelle dell'altro teste B., a loro volta oggetto di una valutazione parziale e incompleta da parte della Corte di merito.

1.2. Anche l'ulteriore passaggio logico della sentenza impugnata circa la condotta asseritamente omissiva dello Z., letto alla luce delle dichiarazioni testimoniali dei testi B. e C. riguardanti le modalità di rimozione dei tronchi, mostra alcuni limiti logici: se, infatti, si muove dalla considerazione che le deposizioni dei testi predetti facevano riferimento a istruzioni che lo Z. avrebbe dato al P.F. su come procedere alla rimozione del tronco impigliato, e se si considera che lo stesso P.F. - come sostenuto tra l'altro dal teste B. - era un lavoratore esperto nel settore (a nulla rilevando che fosse stato assunto quella mattina dalla ditta dell'imputato), é di tutta evidenza che l'allontanamento momentaneo dello Z. dal luogo ove erano in corso le operazioni non potrebbe essergli in sé rimproverato: una volta impartite le corrette istruzioni a un lavoratore provvisto della necessaria esperienza, ben poteva lo Z. confidare sul rispetto di dette istruzioni allontanandosi temporaneamente, non potendosi trascurare il profilo dell'esigibilità, in capo al datore di lavoro, di un dovere di sorveglianza che si spinga a un controllo costante e ininterrotto del rispetto delle prescrizioni in tema di sicurezza da parte dei lavoratori: esigibilità che invece, secondo la giurisprudenza della Corte regolatrice, non si estende all'obbligo di monitoraggio "momento per momento" delle lavorazioni e dell'ottemperanza alle prescrizioni antinfortunistiche da parte dei lavoratori e degli altri soggetti obbligati (cfr., con riferimento all'inesigibilità di una persistente attività di costante verifica dell'utilizzo dello strumentario di sicurezza da parte del titolare della posizione di garanzia, Sez. 4, n. 10712 del 14/02/2012, Mastropietro, non massimata).

2. La sentenza impugnata va perciò annullata con rinvio ad altra Sezione della Corte lagunare, che valorizzerà gli aspetti argomentativi dianzi esaminati. Ai giudici del rinvio va pure demandata la regolamentazione delle spese sostenute dalle parti per questo giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.
 



Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte d'appello di Venezia, cui demanda pure la regolamentazione fra le parti delle spese di questo giudizio di legittimità.