Cassazione Civile, Sez. 3, 29 marzo 2022, n. 10149 - Schiacciamento mortale del preposto e capo cantiere: la funzione di preposto alla sicurezza esonera da responsabilità datoriale?


 

 

Presidente: SESTINI DANILO
Relatore: SESTINI DANILO Data pubblicazione: 29/03/2022
 

Rilevato che:


R.T. convenne in giudizio la M.C. s.p.a. e S.DL. (in qualità di appaltatrice e datore di lavoro), M.C. (in qualità di direttore di cantiere) e M.M. (in qualità di supervisore dei lavori e preposto alla sicurezza di cantiere) per sentirli condannare, in solido, al risarcimento dei danni conseguiti al decesso del coniuge F.C., avvenuto a seguito di infortunio sul lavoro in un cantiere in cui la vittima lavorava in qualità di preposto e capo cantiere alle dipendenze della M.C. s.p.a. (il decesso avveniva a seguito delle gravissime lesioni per trauma da schiacciamento riportate dal F.C. per essere stato colpito da un parapetto nel corso di un'operazione di svitamento dei bulloni che lo mantenevano unito alla trave di varo);
esclusa la responsabilità del S.DL., il Tribunale condannò gli altri convenuti, in solido, al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali, ritenendo che la funzione di preposto alla sicurezza, svolta dal F.C., non rilevasse quale causa di esonero da responsabilità datoriale, in quanto la vittima era essa stessa impegnata nello svolgimento dell'attività su cui avrebbe dovuto vigilare; in accoglimento della domanda di manleva, condannò inoltre la XL Insurance Company PLC a tenere indenne la M.C. s.p.a.;
pronunciando sul gravame principale della società M.C., di M.C. e di M.M., nonché su quelli incidentali proposti dalla XL Insurance Company e dalla R.T., la Corte di Appello di Trieste ha escluso che potesse «ravvisarsi alcun profilo di colpa ai sensi dell'art. 2087 cod. civ. in capo al datore di lavoro e ai soggetti da questi delegati, dal momento che il F.C. risultava essere nella fattispecie sia capo squadra, sia preposto alla sicurezza di turno in cantiere e dal momento che lo stesso era venuto meno ai conseguenti doveri, correlati alla propria posizione di garante, di adottare e far adottare da parte degli operai a lui sottoposti [...] le previste procedure di sicurezza»; ha concluso che «la sopravvenuta inadeguatezza delle misure di prevenzione non può ritenersi correlata ad una violazione degli obblighi gravanti sul datore di lavoro e sui suoi delegati, essendo nella fattispecie stata diretta conseguenza di un imprevisto mutamento delle concrete modalità esecutive rispetto a quelle previste nel piano operativo di sicurezza, come tale ricadente nella esclusiva sfera di responsabilità dello stesso preposto alla sicurezza»;
la Corte ha pertanto riformato la sentenza impugnata, rigettando le domande risarcitorie della R.T., salvo compensare integralmente le spese di entrambi i gradi di giudizio;
ha proposto ricorso per cassazione R.T., affidandosi a sei motivi; hanno resistito, con unico controricorso, la M.C. s.p.a., M.C., M.M. e S.DL., nonché, con distinto controricorso, la XL Insurance Company SE.
 

Considerato che:
il primo motivo denuncia la violazione e l'errata applicazione degli artt. 2087 c.c. e 2 e 19 d.lgs. n. 81/2008 e censura la sentenza per aver ritenuto che il F.C. potesse svolgere attività di preposto alla sicurezza anche rispetto alle attività lavorative da lui stesso compiute: la ricorrente assume che i poteri di controllo e sorveglianza a tutela del lavoratore sono connotati da «una proiezione verso l'esterno dell'individuo che li attua» e comportano che debbano essere esercitati da un soggetto nei confronti di altri e non di sé stesso; sostiene che «l'attribuzione al preposto di un obbligo di auto-vigilanza sulle mansioni operative da lui svolte, con conseguente cumulo, in capo al medesimo, dei ruoli di controllore e controllato, rappresenta inammissibile deviazione rispetto alle finalità dell'impianto normativo tale da privare di effettività, almeno nei suoi confronti, la tutela approntata dal legislatore, verificandosi peraltro un'iniqua differenziazione di trattamento rispetto ad altri lavoratori, che possono contare sull'affiancamento di un preposto alla sicurezza»; richiama, al riguardo, precedenti di legittimità in sede penale secondo cui "il preposto che è personalmente impegnato nell'esecuzione di lavori che dovrebbero da lui essere solamente sorvegliati e diretti perde il ruolo di soggetto garante del bene tutelato e diventa oggetto della tutela giuridica" che incombe al datore di lavoro e ai dirigenti destinatari delle norme in materia antinfortunistica (Cass. Pen. n. 4597/1999);
il secondo motivo denuncia la violazione e l'errata applicazione degli artt. 2043, 1218, 2087 c.c. e degli artt. 40 e 41 c.p. e censura la Corte di merito per aver ritenuto la condotta del lavoratore/preposto idonea ad interrompere il nesso di causa, pur non avendo accertato in essa la sussistenza dei caratteri dell'abnormità ed esorbitanza, in tal modo estromettendo «dalla valutazione del nesso eziologico le cause prevalenti, inerenti il mancato adempimento degli obblighi di sicurezza in capo al datore di lavoro e agli altri soggetti garanti»;
col terzo motivo, viene denunciata la violazione degli artt. 1218 e 2087 c.c., assumendosi che la Corte territoriale «ha ritenuto esente da colpa il datore di lavoro senza avere verificato l'assolvimento della prova liberatoria posta a suo carico, consistente nella dimostrazione di avere adottato tutte le misure di sicurezza con riferimento alle specifiche doglianze sollevate dalla odierna ricorrente»;
con il quarto motivo (che denuncia la nullità del procedimento per violazione della norma processuale di cui all'art. 345 c.p.c.), la ricorrente assume che, «contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte d'Appello, il tema della mancanza, in capo al F.C., dei requisiti di preparazione e professionalità intrinseci al ruolo di preposto alla sicurezza, non presentava il carattere della novità/inammissibilità»;
il quinto motivo denuncia la violazione e l'errata applicazione dell'art. 2697, 2° co. c.c. in relazione agli artt. 2 comma 1 lett. e) e 16 comma 1 lett. b) D. Lgs. n. 81/2018 e deduce un erronea ripartizione dell'onere probatorio, rilevando che la M.C. s.p.a., che aveva opposto -quale elemento esimente- la circostanza che il F.C. rivestiva il ruolo di preposto alla sicurezza, avrebbe dovuto «dimostrare la fondatezza della propria eccezione, non tanto e non solo allegando l'atto di delega formalmente regolare, ma, soprattutto, provando che il delegato era dotato delle necessarie capacità e competenze, il tutto alla luce del principio di effettività vigente in materia»;
il sesto motivo deduce l'omesso esame di fatti decisivi, individuati -sub a)- nel fatto che al momento dell'infortunio non era presente un preposto alla sicurezza che vigilasse sull'attività lavorativa del F.C. e -sub b)- nella circostanza che, nel giorno dell'infortunio, il personale della M.C. s.p.a era giunto in cantiere in orari differenti e in ordine sparso.
Ritenuto che, all'esito della discussione in camera di consiglio, è emersa l'opportunità, in ragione delle questioni giuridiche sottese al ricorso e alla loro possibile rilevanza nomofilattica, di rimettere il fascicolo alla trattazione in pubblica udienza.
 

P.Q.M.
 

La Corte rimette il ricorso alla pubblica udienza. Roma, 26.1.2022