Cassazione Penale, Sez. 4, 30 marzo 2022, n. 11587 - Ribaltamento del merlo non omologato per il sollevamento di persone e responsabilità del committente del lavoro di abbattimento della pianta per l'infortunio mortale


 

 

Presidente: PICCIALLI PATRIZIA
Relatore: RANALDI ALESSANDRO
Data Udienza: 20/01/2022
 

 

Fatto




1. Con sentenza del 9.7.2020, la Corte di appello di Torino, in parziale riforma della sentenza appellata, ha escluso la contestata aggravante, ha rideterminato la pena e, per il resto, ha confermato la declaratoria di responsabilità di L.V. per il reato di omicidio colposo oggetto di imputazione.
Si contesta al prevenuto di aver cagionato colposamente il decesso di A.L. il quale, mentre stava eseguendo il taglio dei rami di un albero a una altezza di circa 10 metri - all'interno di un cestello porta materiale non idoneo per il sollevamento di persone, installato sul braccio telescopico del mezzo sollevatore MERLO manovrato da I.C. - veniva proiettato fuori dal cestello, a causa del ribaltamento su un fianco del mezzo, determinato dal cedimento del terreno e dalla condizione di stabilità precaria in cui il sollevatore era posizionato (per terreno inclinato e mancato utilizzo di stabilizzatori), riportando nella caduta gravi lesioni che ne provocavano il decesso (fatto del 7.3.2014).
La Corte di appello, pur escludendo l'aggravante della violazione di norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, ha affermato la responsabilità dell'imputato, quale committente del lavoro di abbattimento della pianta di rovere, per la colpa (generica) di non avere previamente verificato l'idoneità del mezzo sollevatore da lui fornito al A.L., di proprietà della ditta individuale I.C.; in particolare, per non essersi sincerato in ordine alla presenza nel macchinario dei dispositivi di sicurezza a tutela del lavoro in quota.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore del L.V., lamentando quanto segue.
I) Vizio di motivazione, per avere la Corte territoriale affermato ambiguamente l'ingerenza del L.V. nell'opera commissionata, in quanto costui avrebbe chiesto al I.C. il "favore" di aiutarlo ad abbattere la pianta. In realtà, non si trattò di un favore, ma della stipula di un contratto di "nolo a caldo", per mezzo del quale il I.C. avrebbe dovuto fornire il mezzo e l'operatore dello stesso per portare in quota il A.L.. La stessa Corte riconosce che non vi è prova che l'imputato fosse a conoscenza di una possibile inidoneità del mezzo. Erroneamente i giudici di merito hanno ritenuto che l'imputato avrebbe procurato il mezzo non idoneo al A.L.: di contro, il A.L. era stato incaricato dal ricorrente di abbattere la pianta, conservando la direzione dei lavori, ed altro impresario (I.C.) era dotato dei necessari mezzi per l'opera da svolgere.
Deduce, in tema di colpa generica, che il ricorrente ha concluso un contratto d'opera con un altro imprenditore, regolarmente iscritto alla camera di commercio ed in possesso di un macchinario apparentemente adeguato. I.C. sapeva che lavoro doveva fare, e quindi se il mezzo non era idoneo doveva dirlo lui in prima battuta, non potendosi affermare, come fa la Corte, che probabilmente I.C., sensibilizzato sul punto dal L.V., non avrebbe messo a disposizione del A.L. il mezzo.
II) Violazione di legge e vizio di motivazione in punto di superamento del ragionevole dubbio.
Osserva che il ricorrente è stato condannato sulla base dell'ipotesi che se il L.V. avesse chiesto al I.C. se la macchina fosse dotata dei dispositivi di sicurezza per il lavoro in quota questi gli avrebbe "confessato" che il mezzo non era idoneo per tale uso.

3. Il difensore della parte civile INAIL ha depositato memoria scritta con la quale chiede il rigetto del ricorso.

 

Diritto



1. Va premesso che il reato oggetto di imputazione è estinto per intervenuta prescrizione. Il fatto-reato risale, infatti, al 7.3.2014, ed il termine massimo di prescrizione di sette anni e sei mesi, stante l'esclusione dell'aggravante contestata, anche tenuto conto dei periodi di sospensione intervenuti, risulta decorso il 16.12.2021, in data successiva a quella di emissione della sentenza impugnata.
Da ciò discende, trattandosi di ricorso i cui motivi di censura non sono integralmente inammissibili, che la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, agli effetti penali, perché il reato è estinto per prescrizione, non emergendo dagli atti elementi evidenti e palmari di irresponsabilità del condannato, per una pronuncia nel merito più favorevole ai sensi dell'art. 129, comma 2, cod. proc. pen.

2. Il ricorso va, invece, rigettato, ex art. 578 cod. proc. pen., ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili, stante l'infondatezza dei dedotti motivi di ricorso.

3. Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, i giudici di merito hanno sviluppato un percorso motivazionale congruo, logico e corretto in diritto, mediante il quale è stata ravvisata la condotta colposa del ricorrente, causativa dell'evento mortale oggetto del giudizio.
In particolare, è stato accertato che fu l'imputato ad ingerirsi nella scelta del mezzo sollevatore utilizzato dal A.L. per eseguire l'abbattimento dell'albero. Ne è stato correttamente desunto l'obbligo a carico del committente di verificare con diligenza l'idoneità del mezzo, al fine di assicurare le condizioni di sicurezza del prestatore d'opera, nell'ambito di un'attività indubbiamente pericolosa. In particolare, la scelta del mezzo inidoneo e, quindi, l'avere direttamente procurato al A.L. un'attrezzatura rivelatasi clamorosamente inadatta allo scopo, ha indotto i giudici di merito a configurare una condotta colposa commissiva che ha contribuito causalmente alla verificazione dell'evento. Nel caso neanche si pone un problema di posizione di garanzia in capo al ricorrente, trattandosi appunto di condotta causalmente attiva, mentre il profilo omissivo attiene alla colpa di non avere verificato l'idoneità del mezzo fornito al A.L..
La decisione impugnata è in linea con l'orientamento giurisprudenziale per cui, in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il dovere di sicurezza, con riguardo ai lavori svolti in esecuzione di un contratto di appalto o di prestazione d'opera, è riferibile, oltre che al datore di lavoro (di regola l'appaltatore, destinatario delle disposizioni antinfortunistiche), anche al committente. Ai fini della configurazione della responsabilità del committente, occorre verificare in concreto quale sia stata l'incidenza della sua condotta nell'eziologia dell'evento, a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l'esecuzione dei lavori, avuto riguardo alla specificità dei lavori da eseguire, ai criteri seguiti dallo stesso committente per la scelta dell'appaltatore o del prestatore d'opera, alla sua ingerenza nell'esecuzione dei lavori oggetto di appalto o del contratto di prestazione d'opera, nonché alla agevole ed immediata percepibilità da parte del committente di situazioni di pericolo (Sez. 4, n. 3563 del 18/01/2012, Rv. 252672 - 01).

4. I giudici di merito, in definitiva, hanno individuato un profilo di colpa generica sulla base della obiettiva ricostruzione del fatto, che vede l'imputato ingerirsi colposamente nella scelta e nella fornitura del mezzo sollevatore, mezzo omologato solo per il sollevamento di cose e non di persone. E' stato, infatti, appurato che un mezzo omologato per il sollevamento di persone non si sarebbe mai ribaltato come avvenuto nel caso concreto, in quanto sarebbe stato dotato di sistemi di sicurezza in grado di rilevare condizioni anche minime di instabilità del mezzo, inibendo il sollevamento della piattaforma.

Poiché il committente non era un esperto di lavori in quota, egli a maggior ragione avrebbe dovuto scegliere il mezzo in maniera oculata e diligente, assicurandosi della sua idoneità e della presenza di tutte le condizioni di sicurezza per il sollevamento di persone, trattandosi di rischio concretamente prevedibile ed evitabile.
E' anche ragionevole la considerazione della Corte territoriale, che pone a carico del L.V. il dovere di pretendere dal I.C. la fornitura di un mezzo adatto allo scopo, quindi munito dei dispositivi di sicurezza per il sollevamento di persone. E' ozioso chiedersi, come fa il ricorrente, che è meramente ipotetico affermare che il I.C. avrebbe "confessato" che il mezzo non era idoneo. Ciò che conta, per contro, è che il L.V. non si sia affatto posto il problema, dimostrandosi in tal modo negligente nella scelta del macchinario che avrebbe, di lì a poco, determinato, per la sua inadeguatezza, il decesso della persona offesa.

5. Il rigetto del ricorso agli effetti civili comporta la condanna del ricorrente al rimborso delle spese sostenute dalle parti civili in questo giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.

 

P.Q.M.
 


Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, agli effetti penali, per essere il reato estinto per prescrizione.
Rigetta il ricorso agli effetti civili e condanna il ricorrente al rimborso delle spese sostenute dalle parti civili in questo giudizio di legittimità, così liquidate: euro 4.800,00 oltre accessori come per legge, in favore di Omissis, rappresentate dall'avv. Dotta Marco; euro 3.000,00 oltre accessori come per legge in favore dell'INAIL.
Così deciso il 20 gennaio 2022