Categoria: Cassazione penale
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Cassazione Penale, Sez. 4, 07 aprile 2022, n. 13199 - Frattura dello scafoide carpale nell'area di servizio. Tappetino antisdrucciolo logoro e mancanza di scarpe antinfortunistiche. Omesso aggiornamento del DVR a seguito di infortunio


 

 

Presidente: FERRANTI DONATELLA Relatore: ESPOSITO ALDO
Data Udienza: 26/10/2021
 

 

Fatto




1. Con sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Firenze, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Arezzo del 28 gennaio 2019, ha ridotto a mesi due di reclusione la pena, già condizionalmente sospesa, inflitta a F.B. in relazione al reato di cui all'art. 590, commi primo, secondo e terzo, cod. pen., perché, quale vicepresidente ed amministratore delegato della Chef Express s.p.a., società datrice di lavoro della dipendente C.T., assunta con mansioni di addetta alla ristorazione all'interno dell'autogrill di Lucignano Est/Al, cagionava per colpa alla predetta lesioni da cui derivava una malattia nel corpo della durata di circa 156 giorni (frattura dello scafoide carpale del polso sinistro, con indebolimento permanente dello stesso) per colpa consistita nella violazione dell'art. 29, comma 3, D. Lgs. n. 81 del 2008, avendo omesso di rielaborare un nuovo documento per la valutazione dei rischi successivamente alla verificazione di due infortuni sul lavoro aventi modalità, dinamica, luogo di verificazione uguali a quello descritto - in Lucignano il 5 ottobre 2014. In data 5 ottobre 2014, nell'area di servizio "Lucignano Est" dell'Autostrada del Sole, una dipendente del punto Chef Express presente nella predetta area, C.T., riportava lesioni gravissime, consistite nella frattura dello scafoide carpale del polso sinistro, scivolando nel punto di passaggio tra l'area del bancone ed il luogo - sito nel retro - ove erano preparate le vivande. I due ambienti erano separati da una porta a soffietto e collocati su piani diversi: perciò nel punto di passaggio era stata collocata una rampa dotata di tappetino antiscivolo. Il tecnico della prevenzione individuava la causa dell'incidente nella perdita di aderenza dovuta anche all'usura del tappetino antiscivolamento per effetto del tempo. Inoltre, la C.T. non indossava scarpe antinfortunistiche, dispositivo menzionato nel DVR elaborato il 5 luglio 2012, in base alla nota integrativa del 15 gennaio 2013, e non previsto nella misura in cui le c.d. "cadute in piano" ovvero le "cadute di oggetti dall'alto" avrebbero rappresentato un pericolo poco rilevante.

2. Il F.B., a mezzo del proprio difensore, ricorre per Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello, proponendo due motivi di impugnazione.
2.1. Violazione degli artt. 234, 238 bis e 192 cod. proc. pen. e vizio di motivazione. Si deduce che le sentenze di merito confliggono con le risultanze del procedimento nei confronti del L., definito con sentenza irrevocabile del Tribunale di Arezzo di assoluzione per lo stesso reato, le quali non erano state adeguatamente valutate. Nella sentenza di assoluzione emessa nei confronti del L. era evidenziata l'insufficienza della prova in merito al rapporto causale tra la violazione della normativa a presidio degli infortuni sul lavoro e le lesioni riportate dalla C.T. alla luce dei seguenti elementi: a) la presenza di strisce adesive antiscivolo in buono stato di manutenzione, collocate a distanza tale da essere attinte dal piede al momento di passaggio; b) la mancata acquisizione di dati sullo stato delle strisce al momento della caduta; c) l'assenza di fotografie scattate immediatamente dopo la caduta.
La sentenza de quo affrontava anche la questione riguardante un altro dispositivo di sicurezza e, cioè, le calzature da lavoro, aderendo sul punto alle valutazioni del consulente di difesa, secondo il quale, probabilmente, la C.T. era stata vittima del "piede in fallo", avendo toccato con la punta dello stesso il dislivello laterale formato dalla rampa, nel tentativo di accedere a questa; non era quindi dimostrato come l'utilizzo avrebbe potuto evitare la caduta. La persona offesa attribuiva l'infortunio forse alla "stanchezza" e all'essersi sbilanciata per aprire, per cui essendosi accorta di stare per cadere, aveva messo la mano davanti; tale dichiarazione militava a favore della tesi del "piede in fallo".
Sussiste, pertanto, un'evidente discrasia tra i due procedimenti penali connessi, in punto di valutazione della sussistenza del nesso causale in ragione dell'omesso uso delle scarpe antinfortunistiche. Alla luce delle due opposte considerazioni, l'espletamento di una perizia vertente su tale dispositivo di sicurezza appariva indispensabile. In ragione della rilevanza del dispositivo antinfortunistico, era stata sottoposta al vaglio della Corte di appello la nota integrativa al DVR, sottoscritta dal RSPP il 15 gennaio 2013, in seguito al pregresso infortunio. Tale nota puntualmente analizzava il dispositivo delle calzature antinfortunistiche in rapporto alle mansioni svolte presso l'autogrill e precisava che tali calzature non dovevano essere distribuite al personale operante, in quanto non ne era previsto l'uso presso gli autobar per lo scarso rilievo del livello di rischio. Come illustrato dal consulente tecnico, la pesantezza delle scarpe antinfortunistiche ne rendeva sconsigliabile l'uso per i dipendenti, obbligati a stazionare in piedi per lunghi periodi di tempo. L'asserzione secondo cui l'utilizzo delle calzature antinfortunistiche avrebbe evitato la caduta era priva di riscontri.
2.2. Violazione degli artt. 16 e 30 D. Lgs. n. 81 del 2008 in relazione alla valutazione di inefficacia della delega di funzioni.
Si rileva che il L. era stato delegato, ai sensi dell'art. 16 D. Lgs. n. 81 del 2008, con procura speciale notarile, del ruolo di responsabile aziendale per la tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, col potere di compiere le attività connesse alla responsabilità per lo tutela della salute e sicurezza.
Tale delega di funzioni trasferiva in capo al L. le responsabilità indicate nel mandato, la cui validità è subordinata alle condizioni seguenti: a) atto di delega redatto per iscritto con data certa; b) il possesso da parte del delegato di tutti i requisiti di professionalità ed esperienza richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate;
c) l'attribuzione al delegato di tutti i poteri di organizzazione, gestione e controllo richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate; d) l'attribuzione al delegato dell'autonomia di spesa necessaria allo svolgimento delle funzioni delegate; e) l'accettazione della delega da parte del delegato con atto scritto.
La redazione del DVR spetta al datore di lavoro, ossia all'imputato, il quale aveva tempestivamente pagato l'oblazione estinguendo il reato relativo, per cui, con riferimento all'art. 29, comma 3, D. Lgs. n. 81 del 2008, ossia all'omessa rielaborazione del nuovo DVR, il reato era stato estinto. La sentenza impugnata ha confuso la violazione di cui all'art. 29 cit. con la delega delle funzioni legittimamente conferita al L., per fare fronte all'organizzazione aziendale gerarchizzata per ovvi motivi connessi alle sue dimensioni e prevista dall'art. 16 d. Lgs. n. 81 del 2008.
Quanto all'obbligo di vigilanza in ordine al corretto espletamento da parte del de­ legato delle funzioni trasferite, ai sensi dell'art. 30, comma 4, D. Lgs. n. 81 del 2008, la delega di funzioni - disciplinata dall'art. 16 cit. - non esclude l'obbligo di vigilanza del datore di lavoro in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite e, tuttavia, detta vigilanza non può avere per oggetto la concreta, minuta conformazione delle singole lavorazioni - che la legge affida al garante - con­ cernendo, invece, la correttezza della complessiva gestione del rischio da parte del delegato; ne consegue che l'obbligo di vigilanza del delegante è distinto da quello del delegato - al quale vengono trasferite le competenze afferenti alla gestione del rischio lavorativo - e non impone il controllo, momento per momento, delle modalità di svolgimento delle singole lavorazioni.
La teste S.L., tecnico della USL, non aveva dubbi sulla validità della delega di funzioni, evidenziando il compito attribuitogli per iscritto di fornire dispositivi di sicurezza.

 

Diritto
 



1. Il ricorso è infondato.
In ordine al primo motivo di ricorso, va rilevato che la Corte di appello, con motivazione logica ed immune da censure, ha riconosciuto la responsabilità del datore di lavoro F.B. per le lesioni subite dalla dipendente C.T. sulla base delle dichiarazioni rese dalla stessa persona offesa, degli accertamenti del tecnico della prevenzione Ausl Sud Est di Arezzo, S.L. e della documentazione acquisita.
Nella sentenza impugnata sono stati logicamente evidenziati i seguenti profili di colpa a carica del F.B.:
A) La mancata predisposizione di dispositivi antinfortunistici (calzature antiscivolo). L'esigenza di apposite scarpe è stata ricavata sulla scorta dell'esperienza derivante dai due pregressi analoghi infortuni verificatisi nel medesimo posto.
B) La presenza di un tappetino antisdrucciolo logoro sul luogo del fatto, che aveva contribuito allo scivolamento a terra della persona offesa.
C) L'omesso aggiornamento del DVR, doveroso a seguito dell'infortunio antecedente rispetto a quello oggetto del presente procedimento e l'omessa previsione nel DVR della necessità di rendere disponibili ed operativi i due semplici presidi antinfortunistici.
La Corte territoriale ha fatto buon governo dei principi giurisprudenziali di questa Corte.
Ai sensi dell'art. 18, comma primo, lett. d), D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, infatti, il datore di lavoro deve fornire ai lavoratori i necessari e idonei dispositivi di protezione individuale, costituisce un precetto al quale il datore di lavoro è tenuto a conformarsi a prescindere dal fatto che il loro utilizzo sia specificamente contemplato nel documento di valutazione dei rischi di cui all'art. 28 dello stesso decreto (Sez. 3, n. 13096 del 17/01/2017, Molino, Rv. 269332, relativo a fattispecie di omessa fornitura di copricapi antinfortunistici all'interno di cantiere dove erano in corso lavori edili che, secondo quanto previsto dall'allegato VIII al decreto n. 81 del 2008, rientrano fra le attività che generalmente comportano la necessità di proteggere il capo e per le quali è quindi necessario l'elmetto protettivo).
Quanto all'uso di un tappetino antisdrucciolo logoro, va rilevato che è configurabile la responsabilità del datore di lavoro - quale titolare della relativa posizione di garanzia, in quanto soggetto espressamente deputato alla gestione del rischio - in caso di incidente conseguente al mancato aggiornamento dei dispositivi di sicurezza delle attrezzature (Sez. 4, n. 52536 del 09/11/2017, Cibin, Rv. 271536). Ciò vale a maggior ragione per attrezzi del genere, di non particolare complessità, agevolmente sostituibili.
Con riferimento al DVR, è altrettanto pacifico che il datore di lavoro ha l'obbligo di adottare idonee misure di sicurezza anche in relazione a rischi non specificamente contemplati dal documento di valutazione dei rischi, così sopperendo all'omessa previsione anticipata (Sez. 4, n. 4075 del 13/01/2021, Paulicelli, Rv. 280389; in appli­cazione di tale principio la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza di condanna del datore di lavoro per le lesioni riportate da un lavoratore a seguito della precipitazione della cabina di un ascensore sulla quale stava lavorando, nonostante tale specifico pericolo di precipitazione non fosse contemplato nel DUVR).
Nel documento di valutazione dei rischi, inoltre, il datore di lavoro deve indicare in modo specifico i fattori di pericolo concretamente presenti all'interno dell'azienda, in relazione alla singola lavorazione o all'ambiente di lavoro e le misure precauzionali ed i dispositivi adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori; il conferi mento a terzi della delega relativa alla redazione di suddetto documento non esonera il datore di lavoro dall'obbligo di verificarne l'adeguatezza e l'efficacia, di informare i lavoratori dei rischi connessi alle lavorazioni in esecuzione e di fornire loro una formazione sufficiente ed adeguata (Sez. 4, n. 27295 del 02/12/2016, dep. 2017, Fur­lan, Rv. 270355).
Contrariamente a quanto dedotto dalla difesa del F.B., la Corte di appello ha sottoposto a valutazione gli elementi fattuali emersi dalla sentenza di assoluzione emessa a seguito di giudizio abbreviato nei confronti dell'originario coimputato L. (responsabile aziendale per la tutela della salute e della sicurezza dei luoghi di lavoro), in piena aderenza ai principi della stessa giurisprudenza citata in ricorso (Sez. 2, n. 292 del 04/12/2013, dep. 2014, Coccorullo, Rv. 257993). L'organo giudicante, infatti, ha sottolineato la rilevanza causale dell'omessa rielaborazione del DVR, dimostratosi in concreto inefficace, nonostante si fossero verificati già precedente­ mente due infortuni sul lavoro mediante modalità analoghe.
Il ricorrente, peraltro, evidenzia un passaggio della sentenza emessa a carico del L., inerente alla mancanza di fotografie nel posto della caduta, circostanza che sarebbe indicativa di un'insufficiente verifica dello stato dei luoghi al momento dell'in­cidente. Al riguardo, tuttavia, occorre rimarcare che, nell'ambito della presente vicenda, la Corte di merito ha sminuito il rilievo di tale dedotta carenza mediante l'illu­strazione di plurimi elementi probatori costituiti dalle dichiarazioni della persona of­fesa e del tecnico della prevenzione S.L., attestanti la condizione di logoramento del tappetino antisdrucciolo.
Si è chiarito nella sentenza impugnata che, contrariamente a quanto dedotto dal consulente di parte, in base al giudizio controfattuale, l'utilizzo di scarpe antinfortunistiche o, alternativamente, l'apposizione di un tappetino antisdrucciolo avrebbero evitato l'evento lesivo.
Il ricorrente non si confronta col dato dei pregressi analoghi infortuni ripetuta­ mente analizzato dalla Corte territoriale, ad esempio, per smentirne la ritenuta natura omogenea.

2. Con riferimento al secondo motivo di ricorso, La Corte fiorentina ha logicamente ritenuto il contenuto della delega privo di specificità per quanto concerne i requisiti di professionalità del responsabile aziendale e di adeguata parcellizzazione, e comunque non applicabile alla redazione del DVR.
Effettivamente la delega è carente in tema della sussistenza di capacità tecniche dell'indagato.
In materia di infortuni sul lavoro, gli obblighi di prevenzione, assicurazione e sorveglianza gravanti sul datore di lavoro possono essere delegati, con conseguente subentro del delegato nella posizione di garanzia che fa capo al delegante, a condizione che il relativo atto di delega sia espresso, inequivoco e certo ed investa persona tecnicamente capace, dotata delle necessarie cognizioni tecniche e dei relativi poteri decisionali e di intervento, fermo restando, comunque, l'obbligo, per il datore di lavoro, di vigilare e di controllare che il delegato usi correttamente la delega, secondo quanto la legge prescrive (Sez. 4, n. 24908 del 29/01/2019, Ferrari, Rv. 276335; Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn, Rv. 261109).
Il datore di lavoro, peraltro, è tenuto a redigere e sottoporre ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi previsto dall'art. 28 del D.Lgs. n. 81 del 2008, all'interno del quale deve indicare in modo specifico i fattori di pericolo concretamente presenti all'interno dell'azienda, in relazione alla singola lavorazione o all'ambiente di lavoro e le misure precauzionali ed i dispositivi adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori; il conferimento a terzi della delega relativa alla redazione di suddetto documento non esonera il datore di lavoro dall'obbligo di verificarne l'adeguatezza e l'efficacia, di informare i lavoratori dei rischi connessi alle lavorazioni in esecuzione e di fornire loro una formazione sufficiente ed adeguata (Sez. 4, n. 27295 del 02/12/2016, dep. 2017, Furlan, Rv. 270355). La redazione del documento di valutazione dei rischi e l'adozione di misure di prevenzione non escludono la responsabilità del datore di lavoro quando, per un errore nell'analisi dei rischi o nell'identificazione di misure adeguate, non sia stata adottata un'idonea misura di prevenzione. Il datore di lavoro, quale titolare della posizione di garanzia, deve prevenire il concretizzarsi di rischi riguardanti la verificazione anche di un "evento raro" la cui realizzazione non sia però ignota all'esperienza e alla conoscenza della scienza tecnica e, una volta individuato il rischio, predisporre le misure precauzionali e procedimentali, ove necessarie, per impedire l'evento (Sez. 4, n. 27186 del 10/01/2019, D'Ottavio, Rv. 276703).
Ciò posto sui principi operanti in materia, i giudici di merito hanno correttamente argomentato sull'inefficacia del "mandato con rappresentanza" conferito al dirigente L. a trasferire il rischio sulla sua persona. Secondo la Corte di appello, infatti, il meccanismo della delega, da ritenersi inefficace in relazione al contenuto privo di specificità per quanto concerne i requisiti di professionalità del responsabile aziendale e di adeguata parcellizzazione, e comunque non applicabile alla redazione del DVR, dimostrava di essere insufficiente; sin dal primo evento infortunistico i dispositivi di protezione si erano dimostrati inadeguati a fronteggiare il rischio di caduta da scivo­lamento e l'organo di vertice della società ometteva di predisporre nuove cautele, quali la sostituzione della pedana antisdrucciolo e la dotazione di calzature antinfortunistiche, che avrebbero scongiurato con ragionevole certezza la verificazione dell'evento subito dalla C.T..

3. Per le ragioni che precedono, il ricorso va rigettato.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali (art. 616 cod. proc. pen.).


 

P. Q. M.




Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma il 26 ottobre 2021.