Categoria: Cassazione civile
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Cassazione Civile, Sez. 6, 05 aprile 2022, n. 10947 - Malattia professionale del medico ortopedico


Presidente: ESPOSITO LUCIA
Relatore: PONTERIO CARLA Data pubblicazione: 05/04/2022
 

Rilevato che:


1. La Corte d'Appello di Napoli ha respinto l'appello proposto da L.C. nei confronti dell'INAIL, confermando la decisione di primo grado che aveva rigettato la domanda volta al conseguimento della rendita da malattia professionale.
2. La Corte territoriale ha ritenuto maturata la prescrizione triennale di cui all'art. 112 d.p.r. 1124 del 1965 tra il momento in cui l'appellante, medico ortopedico, aveva avuto consapevolezza della malattia e della sua origine professionale (1.2.2007, giorno del ricovero presso l'Ospedale Cardarelli per "carcinoma capillifero della tiroide con metastasi linfonodali") e il momento in cui aveva presentato domanda all'Inail (16.3.2010). Ha escluso che potesse tenersi conto del certificato di esame istologico del 6.2.2007 e della ricevuta di ritorno (del 5.2.2010) della raccomandata spedita all'Istituto il 3.2.2010, in quanto prodotti solo in appello.
3. Avverso la sentenza L.C. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi. L'INAIL ha resistito con controricorso.
4. La proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza camerale, ai sensi dell'art . 380 bis cod. proc. civ..
5. Entrambe le parti hanno prodotto memoria.


Considerato che:


5. Con il primo motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell'art. 360, comma 1, nn. 3, 4 e 5 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell' art . 2697 cod. civ. e degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., nonché omesso esame di un documento decisivo e motivazione apparente; inoltre, violazione e falsa applicazione degli artt. 2938, 2935 e 2697 cod. civ. e dell'art. 112 cod. proc. civ..
6. Si allega che la ricevuta della raccomandata spedita all'Inail il 3.2.2007 (rectius, 2010) e giunta a destinazione il 5.2.2007 (rectius, 2010) era stata allegata, in fotocopia, al ricorso introduttivo di primo grado e che nel medesimo ricorso era specificato che la domanda di riconoscimento di malattia professionale era stata "protocollata" dall'Inail il 16.3.2010; che quindi la Corte d'appello ha errato nel ritenere non prodotta in primo grado la ricevuta della raccomandata (di cui effettivamente non si faceva cenno nel corpo del ricorso in quanto l'eccezione di prescrizione era stata sollevata dall'Istituto con la memoria di costituzione); che peraltro il Tribunale e la Corte d'appello non avrebbero dovuto esaminare l'eccezione di prescrizione perché sollevata dall'Inail in maniera non chiara e non specifica.
6. Con il secondo motivo è denunciata, ai sensi dell'art. 360, comma 1, nn. 3, 4 e 5 cod. proc. civ. e in via subordinata per l'ipotesi di rigetto del primo motivo, violazione e falsa applicazione dell'art. 2697 cod. civ., degli artt. 115, 421, 345 e 437 cod. proc. civ., anche in relazione agli artt. 2087, 2935, 2946, 2697 cod. civ.
7. Si censura la sentenza impugnata per non avere ritenuto ammissibili i documenti prodotti in appello (referto dell'esame istologico e ricevuta della lettera raccomandata diretta all'Inail) in quanto indispensabili ai fini della decisione sulla questione della prescrizione.
8. Con il terzo motivo è dedotta, ai sensi dell'art. 360, comma 1, nn. 3 e 5 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 111 e 112 del D.P.R. n. 1124 del 1965, dell'art. 115 cod. proc. civ. e degli artt. 2727, 2729, 2935 cod. civ., anche in riferimento all'art. 38 Cost.
9. Si addebita alla sentenza di avere errato nell'individuare quale momento di conoscenza, della patologia e della sua origine professionale, il ricovero ospedaliero dell'1.2.2007, anziché il giorno in cui il L.C. era venuto a conoscenza dell'esito dell'esame istologico (6.2.2007), idoneo a dare certezza della patologia.
10. I motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente in quanto logicamente connessi, non possono trovare accoglimento.
11. Ove anche si ritenesse ammissibile, in conformità alla giurisprudenza di questa Corte (v. Cass. n. 28439 del 2019; n. 17196 del 2018; n. 11994 del 2018; n. 20055 del 2016), la produzione per la prima volta in appello dei documenti indispensabili ai fini della decisione (referto dell'esame istologico e ricevuta della lettera raccomandata diretta all'Inail), non si giungerebbe a risultati diversi sulla questione dell'avvenuto decorso del termine triennale di prescrizione.
12. Secondo un consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 1661 del 2020; n. 598 del 2016; n. 17700 del 2014), la manifestazione della malattia professionale, rilevante quale dies a quo per la decorrenza del termine prescrizionale di cui al D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 112, può ritenersi verificata, in un equilibrato rilievo tra l'elemento oggettivo della manifestazione e la consapevolezza soggettiva da parte del lavoratore, che non frustri lo scopo degli interventi della giurisprudenza costituzionale (Corte Cost. n. 116 del 1969, n. 129 del 1986, n. 206 del 1988, n. 31 del 1991), quando la consapevolezza circa l'esistenza della malattia, la sua origine professionale e il suo grado invalidante siano desumibili da eventi oggettivi ed esterni alla persona dell'assicurato, che costituiscano fatto noto ai sensi degli artt. 2727 e 2729 c.c., quali la domanda amministrativa, nonché la diagnosi medica, contemporanea, dalla quale la malattia sia riconoscibile per l'assicurato (v. ex plurimis, Cass. nn. 23457/2009; 14584/2009; 7323/2005; 23418/2004; 23110/2004; 19575/2004; 2625/2004).
13. Sulla base di tali premesse, deve escludersi l'esistenza, nell'impugnata sentenza, delle denunciate violazioni di legge oggetto del terzo motivo di ricorso. I giudici di appello hanno ritenuto che la consapevolezza dell'esistenza della malattia e della sua origine professionale potesse ragionevolmente presumersi nell'attuale ricorrente, medico ortopedico esposto nell'esercizio dell'attività lavorativa a radiazioni ionizzanti, in base al fatto noto della diagnosi di ingresso ("carcinoma capillifero della tiroide con metastasi linfonodali") posta in occasione del ricovero ospedaliero dell'1.2.2007.
14. La parte ricorrente critica la sentenza d'appello, per violazione degli artt. 2727 e 2729 cod. civ., assumendo che "la diagnosi di ingresso è presuntiva e non dà certezza della patologia" e che "solo
l'esame istologico, che ha accertato definitivamente e in modo certo la patologia, ossia la presenza di carcinoma tiroideo con metastasi, ha consentito non solo al L.C., ma a tutti i medici in maniera oggettiva di comprendere l'esistenza, l'origine professionale ed il grado invalidante della patologia da cui era affetto il L.C.".
15. In tema di prova per presunzioni, questa Corte ha precisato che, nel dedurre il fatto ignoto dal fatto noto, la valutazione del giudice del merito incontra il solo limite della probabilità, con la conseguenza che i fatti su cui la presunzione si fonda non devono essere tali da far apparire l'esistenza del fatto ignoto come l'unica conseguenza possibile dei fatti accertati secondo un legame di necessità assoluta ed esclusiva, ma è sufficiente che l'operata inferenza sia effettuata alla stregua di un canone di ragionevole probabilità con riferimento alla connessione degli accadimenti, la cui normale sequenza e ricorrenza può verificarsi secondo regole di esperienza, basate sull'id quod plerumque accidit (v. Cass. n. 6387 del 2018;
16. Si è anche chiarito che l'ambito del controllo di legittimità, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., include l'erronea sussunzione, sotto tre caratteri individuatori della presunzione (gravità, precisione e concordanza), di fatti concreti che non siano invece rispondenti a quei requisiti, competendo alla Corte di cassazione, nell'esercizio della funzione di nomofilachia, controllare se la norma dell'art. 2729 c.c., oltre ad essere applicata esattamente a livello di proclamazione astratta, lo sia anche sotto il profilo dell'applicazione a fattispecie concrete che effettivamente risultino ascrivibili alla fattispecie astratta (v. Cass. n. 29635 del 2018; n. 19485 del 2017; n. 17535 del 2008).
17. La parte ricorrente non contesta che la diagnosi di "carcinoma capillifero della tiroide con metastasi linfonodali", unitamente alla storia lavorativa del L.C. e al dato di esposizione a radiazioni ionizzanti (la tabella approvata con d.p.r. n. 336 del 1994, alla voce n. 51 -ora n. 81 della successiva tabella approvata con d.m. del 9 aprile 2008-, include le malattie causate da radiazioni ionizzanti, prevendo un periodo di latenza illimitato in caso di manifestazioni neoplastiche), potesse costituire fatto noto, dotato dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, da cui inferire, secondo i richiamati criteri di ragionevole probabilità, il fatto ignoto della consapevolezza nell'assicurato sulla esistenza della patologia e sulla sua derivazione causale o concausale dall'attività lavorativa. Difatti, nel ricorso non è individuato un diverso momento, non legato alla diagnosi della patologia, significativo ai fini della consapevolezza della malattia e della sua origine professionale, a cui ancorare il dies a quo del termine di prescrizione.
18. Il ricorrente contesta, unicamente, l'idoneità, non della diagnosi in sé della patologia, ma di quella formulata in sede di ricovero, a costituire valido elemento indiziario su cui fondare il ragionamento presuntivo, assumendo che nel caso di specie la diagnosi di ingresso avesse carattere presuntivo e non potesse dare certezza del tipo di patologia.
19. Una simile censura non investe la plausibilità logica del ragionamento presuntivo svolto dai giudici di merito bensì, unicamente, la valutazione in concreto operata dai medesimi sulla diagnosi di ricovero del L.C., come avente carattere certo e assodato anziché dubitativo e ipotetico. Tale critica, non solo appare contraddetta da quanto riportato nel medesimo ricorso (pag. 14), in cui si sottolinea che "il ricovero era finalizzato alla tiroidectomia", ma si pone al di fuori del perimetro di violazione di legge, e richiede a questa Corte un inammissibile riesame degli elementi probatori.
20. Neppure ha fondamento la censura sul carattere non specifico dell'eccezione di prescrizione, atteso che, come statuito da questa Corte, in tema di prescrizione estintiva, l'elemento costitutivo della relativa eccezione è l'inerzia del titolare del diritto fatto valere in giudizio e la manifestazione della volontà di profittare dell'effetto ad essa ricollegato dall'ordinamento, mentre la determinazione della durata della predetta inerzia, al pari delle norme che la disciplinano, rappresenta una mera "quaestio juris", la cui identificazione spetta al potere-dovere del giudice, previa attivazione del contraddittorio sulla relativa questione (v. Cass. n. 30303 del 2021; n. 1064 del 2014; n. 21752 del 2010).
21. In conclusione, fermo il dies a quo del termine di prescrizione alla data dell'1.2.2007, ove anche si tenesse conto della data (5.2.2010) in cui, secondo parte ricorrente, l'Inail avrebbe ricevuto la lettera raccomandata spedita il 3.2.2010, dovrebbe confermarsi l'avvenuto decorso del termine triennale di prescrizione.
22. Per le ragioni esposte, il ricorso risulta inammissibile.
23. Le spese del giudizio di legittimità sono regolate secondo il criterio di soccombenza, e liquidate come in dispositivo.
24. Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
 

P.Q.M.
 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in € 3.000,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.
Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13 se dovuto. Così deciso nella Adunanza Camerale del 21.12.2021.