Cassazione Penale, Sez. 3, 12 maggio 2022, n. 18839 - Omessa formazione. La mancanza di nomina formale non è rilevante, le norme sono dirette a prevenire pericoli nell'espletamento delle mansioni, comunque svolte, anche in assenza di contratto


  

 

Presidente: PETRUZZELLIS ANNA
Relatore: SOCCI ANGELO MATTEO
Data Udienza: 11/01/2022
 

 

Fatto





1. Il Tribunale di Rovigo con sentenza dell'8 febbraio 2021, ha condannato M.B. alla pena di € 5.600,00 di ammenda relativamente al reato di cui agli art. 37, settimo comma, e 55, quinto comma, lettera C, d. lgs. 81/2008 perché nella qualità di datore di lavoro [...] ometteva di sottoporre i dipendenti ad una formazione adeguata e specifica in materia di salute e di sicurezza, tramite la partecipazione a specifici corsi di formazione in materia di igiene e sicurezza negli ambienti d lavoro. Accertato il 30 gennaio 2018.
2. L'imputato ha proposto ricorso in cassazione deducendo i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173, comma 1, disp. att., c.p.p.
2. 1. Violazione di legge (art. 2 e 16 d. lgs. 81/2008).

Sulla base dell'organigramma aziendale (organigramma per la salute e sicurezza) acquisito in sede di ispezione si riteneva certa la nomina dei dirigenti e preposti indicati nel documento. Il datore di lavoro ha la possibilità di nominare dirigenti e preposti, ma non sussiste un obbligo di nomina. Per l'art. 16, d. lgs. 81 del 2008 la nomina dei dirigenti e preposti deve risultare da un atto scritto con data certa, con l'attribuzione delle funzioni effettive e con autonomia di spesa. La mancata osservanza delle forme previste dal citato art. 16 impedisce di ritenere la nomina dei dirigenti e dei preposti di cui sarebbe stata omessa la formazione in materia di igiene e di sicurezza sul lavoro. La Dott.ssa Paola S., indicata nell'organigramma dirigente e preposto, dichiarava di non essere mai stata nominata e di non aver mai esercitato la funzione di dirigente e preposto alla sicurezza e igiene del lavoro.
2. 2. Violazione di legge (art. 299 d. lgs. 81/2008). Il Tribunale ritiene che i dirigenti e preposti erano tali di fatto, senza nomina formale. Anche per i dirigenti e preposti di fatto la norma imponeva la formazione, secondo la sentenza impugnata. Tale interpretazione contrasta con l'art. 299 d. lgs. 81/2008; la norma deve ritenersi limitata solo agli infortuni sul lavoro e non può estendersi agli obblighi di formazione (vedi Cassazione, Sez. 4, n. 22079 del 2019).
2. 3. Violazione di legge (art. 62 bis e 131 bis cod. pen.). Mancanza di motivazione. La difesa aveva concluso con la richiesta di tutti i benefici di legge; il Tribunale ha condannato il ricorrente ad una pena prossima al suo massimo edittale senza considerare i criteri dell'art. 133 cod. pen. e senza riconoscere le circostanze attenuanti generiche. Il reato non ha comportato alcun danno e l'imputato ha tenuto una buona condotta processuale. La pena andava irrogata nel minimo edittale con il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
2. 4. Violazione di legge (art. 163 cod. pen.). Il Tribunale non ha concesso la sospensione condizionale della pena nonostante la sussistenza di tutti i requisiti di legge; nessuna motivazione sul punto nella sentenza.
Ha chiesto quindi l'annullamento della sentenza impugnata.

 

Diritto
 



3. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi e per genericità; la particolare tenuità del fatto e la sospensione condizionale della pena non risultano richieste in sede di conclusioni, avendo la difesa chiesto l'assoluzione e in subordine il minimo della pena con tutte le attenuanti generiche.

La richiesta, molto generica, della concessione di «tutti i benefici di legge», in relazione alla sola pena pecuniaria irrogata, risulta inidonea a determinare uno specifico obbligo di motivazione sul punto (Sez. 4, n. 1513 del 03/12/2013 - dep. 15/01/2014, Shehi, Rv. 25848701).
Infatti, una eventuale concessione d'ufficio sarebbe risultata illegittima: «È ammissibile il ricorso per cassazione avverso sentenza di condanna a pena dell'ammenda condizionalmente sospesa "ex officio", in quanto la concessione costituisce comunque, anche dopo la dichiarazione di incostituzionalità dell'art. 5, comma secondo, lett. d) del d.P.R. n. 313 del 2002 (che non consentiva la cancellazione dal casellario delle iscrizioni dei provvedimenti giudiziari concernenti la pena dell'ammenda nel caso in cui fossero concessi i benefici di cui agli artt. 163 e 175 cod. pen.), una lesione di un interesse giuridicamente apprezzabile del condannato, poichè nel computo della pena complessiva rilevante ai fini della concedibilità del beneficio per la seconda volta influisce, ai sensi degli artt. 163 e 164 cod. pen., anche la pena pecuniaria inflitta e dichiarata sospesa nella prima condanna, ragguagliata a quella detentiva» (Sez. 3, n. 48569 del 25/02/2016 - dep. 17/11/2016, Cipolla, Rv. 26818501).
Conseguentemente il ricorrente avrebbe dovuto chiedere, espressamente, la sospensione condizionale della pena, anche nell'ipotesi di sola pena pecuniaria, specificando gli elementi per la concessione.
3. 1. Per la particolare tenuità del fatto non risulta la relativa richiesta al giudice di merito, e quindi in questa sede la domanda è inammissibile: «In tema di esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto, la questione dell'applicabilità dell'art. 131-bis cod. pen. non può essere dedotta per la prima volta in Cassazione, ostandovi il disposto di cui all'art. 606, comma terzo, cod. proc. pen., se il predetto articolo era già in vigore alla data della deliberazione della sentenza [...]» (Sez. 7, n. 43838 del 27/05/2016 - dep. 17/10/2016, Savini, Rv. 26828101).
4. La sentenza impugnata, con adeguata motivazione, e con l'applicazione corretta della giurisprudenza di questa Corte di Cassazione in materia, ha rilevato come la nomina dei responsabili della sicurezza e prevenzione in materia di igiene e sicurezza sul lavoro risultava dall'organigramma aziendale proveniente dalla ditta dell'imputato, acquisito in sede di ispezione. La mancanza di nomina formale (scritta con data certa) non è rilevante sulla formazione, in quanto quello che rileva è la ratio della norma che mira ad evitare la mancanza di formazione specifica per chi comunque esercita la funzione di preposto; le norme sono dirette a prevenire pericoli nell'espletamento delle mansioni, comunque svolte.
Del resto, le norme sulla formazione e informazione dei lavoratori si applicano anche nell'ipotesi di assenza di un formale contratto di assunzione: "In materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, le norme, di cui al d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, che presuppongono necessariamente l'esistenza di un rapporto di lavoro, come quelle concernenti l'informazione e la formazione dei lavoratori, si applicano anche in caso di insussistenza di un formale contratto di assunzione. (Fattispecie in tema di lesioni personali gravissime riportate sul luogo di lavoro da un lavoratore, stabilmente incardinato tra i lavoratori dell'azienda, ma privo di formale contratto di lavoro subordinato)" (Sez. 4 - , Sentenza n. 38623 del 05/10/2021 Ud., dep. 28/10/2021, Rv. 282102 - 01).
Sul punto, del resto, il ricorso è estremamente generico, limitandosi a sostenere che la mera assenza formale della nomina, escluderebbe l'elemento oggettivo del reato, pur nello svolgimento di fatto delle funzioni.
5. Generico e manifestamente infondato il motivo sul trattamento sanzionatorio e sul mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. Il Tribunale adeguatamente motiva sulla pena rilevando che all'imputato può essere applicata la sola pena pecuniaria determinata in misura prossima al massimo edittale della pena pecuniaria. Del resto, "In tema di irrogazione del trattamento sanzionatorio, quando per la violazione ascritta
all'imputato sia prevista alternativamente la pena dell'arresto e quella dell'ammenda, il giudice non è tenuto ad esporre diffusamente le ragioni in base alle quali ha applicato la misura massima della sanzione pecuniaria, perché, avendo l'imputato beneficiato di un trattamento obiettivamente più favorevole rispetto all'altra più rigorosa indicazione della norma, è sufficiente che dalla motivazione sul punto risulti la considerazione conclusiva e determinante in base a cui è stata adottata la decisione, ben potendo esaurirsi tale motivazione nell'accenno alla equità quale criterio di sintesi adeguato e sufficiente. In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto, in relazione ai reati di cui all'art. 159, comma secondo, lett. a), e 159, comma primo, del D. lgs. 81/2008, puniti alternativamente adeguatamente con sanzione detentiva e pecuniaria, motivata la determinazione della pena dell'ammenda, in misura prossima a quella massima, attraverso il riferimento al criterio della "conformità a giustizia" (Sez. 3, Sentenza n. 37867 del 18/06/2015 Ud., dep. 18/09/2015, Rv. 264726 - 01; vedi anche Sez. 1, Sentenza n. 40176 del 01/10/2009 Ud., dep. 16/10/2009, Rv. 245353 - O).
Alla dichiarazione di inammissibilità consegue il pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di€ 3.000,00 e delle spese del procedimento, ex art 616 cod. proc. pen.

 


P.Q.M.



Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 11/01/2021