Obbligo di sorveglianza da parte del datore di lavoro di verificare il puntuale rispetto delle prescrizioni impartite in materia di sicurezza;
La condotta del lavoratore, in caso di infortunio, può comportare l'esonero totale del datore di lavoro da responsabilità solo quando essa presenti i caratteri dell'abnormità, inopinabilità ed esorbitanza, rispetto al procedimento lavorativo ed alle direttive ricevute, come pure dell'atipicità ed eccezionalità, così da porsi come causa esclusiva dell'evento;



Giurisprudenza Collegata: Cass. civ. 5493/2006 ;


 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Vincenzo MILEO - Presidente -
Dott. Fernando LUPI - Consigliere -
Dott. Attilio CELENTANO - Consigliere -
Dott. Antonio LAMORGESE - Cons. Rel. -
Dott. Paolo STILE - Consigliere -
ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
L.D.N. elettivamente domiciliato in Roma, via G. G. Belli n. 27, presso gli avv.ti Giacomo e Paolo Mereu, che con gli avv.ti Mario Aurigo e Michele Pepe lo rappresentano e difendono, giusta delega in atti;

- ricorrente - contro
OFFICINA MECCANICA B. s.r.l.,
- intimata -
e controF.C.,
- intimato -
nonché sul ricorso n. 30923/01 proposto da:
OFFICINA MECCANICA B. s.r.l. in persona del legale rappresentante dr. F.T. elettivamente domiciliato in Roma, via Cicerone n. 49, presso l'avv. Antonio Bernardini, che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;
- controricorrente ricorrente incidentale
controL.D.N. elettivamente domiciliato in Roma, via G. G. Belli n. 27, presso gli avv.ti Giacomo e Paolo Mereu, che con gli avv.ti Mario Aurigo e Michele Pepe lo rappresentano e difendono, giusta delega in atti;
- controricorrente al ricorso incidentale -
e controF.C.

avverso la sentenza della Corte d'appello di Milano n. 470 depositata
il 31 luglio 2001 (R.G. lavoro n. 566/00).

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 4
dicembre 2003 dal Relatore Cons. Antonio Lamorgese;

Uditi gli avv.ti Giacomo Mereu e Antonio Bernardini;

Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
Giuseppe Napoletano, che ha concluso per il rigetto del ricorso
principale, assorbito l'incidentale.


Fatto

L.D.N. manovale alle dipendenze della OFFICINA MECCANICA B. s.r.l. nel settembre 1995, mentre, in piedi sulle pale di un c.d. muletto guidato da un compagno di lavoro, era intento a prelevare del materiale, riposto in alto sulla soletta di un locale aziendale, cadeva al suolo riportando lesioni personali.
In relazione ai postumi conseguenti a tale infortunio, il L.D.N. agiva in giudizio nei confronti della società e del suo amministratore F.C. per il risarcimento del danno patrimoniale, biologico e morale, e il Tribunale di Milano, con sentenza 28 aprile/13 maggio 2000, gli liquidava la complessiva somma di lire 110.000.000, al lordo dell'importo di lire 50.000.000, già riconosciute al lavoratore dalla compagnia presso la quale era assicurata la società.
Questa decisione, appellata dalla datrice di lavoro, era parzialmente riformata dalla locale Corte di appello con pronuncia depositata il 31 luglio 2001, che, affermata la colpa della vittima in misura di un terzo nella determinazione dell'incidente, riduceva a lire 73.000.000 l'importo attribuito dal primo giudice a titolo di risarcimento. Il giudice del gravame rilevava, da un lato, l'imprudenza del L.D.N. salito in bilico sulle pale del muletto elettrico manuale, senza sistemare su di esse il bancale, disponibile in azienda, che, avrebbe consentito una posizione sicura del lavoratore durante le fasi di sollevamento e di discesa, così evitando che lo stesso potesse, nel corso di tali manovre, perdere l'equilibrio e cadere al suolo; dall'altro, confermava la colpa del datore di lavoro, per avere tollerato la pratica esistente in azienda di non utilizzare il bancale nelle suindicate operazioni ed omesso di vigilare sull'attività svolta dai lavoratori e di pretendere l'osservanza da parte dei dipendenti, nell'espletamento delle mansioni affidate, delle misure di sicurezza atte ad evitare infortuni.
Avverso la sentenza di appello il lavoratore ha proposto ricorso per cassazione con due motivi. La società ha resistito con controricorso contenente ricorso incidentale condizionato, al quale ha replicato il L.D.N. con controricorso.
L'intimato F.C. non ha espletato attività difensiva in questa sede.
Il L.D.N. e la società hanno depositato memorie.

Diritto

Preliminarmente deve procedersi alla riunione dei due ricorsi, in quanto proposti avverso la medesima sentenza (art. 335 cod. proc. civ.).
Il primo motivo del ricorso principale denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 4 e 184 d.P.R. n. 547 del 1955, degli artt. 4, 21, 22, 35, 36, 37 e 38 d.lgs. n. 626 del 1994, dell'art. 2087 cod. civ. Accertate le modalità dell'infortunio nei termini innanzi riferiti, la sentenza impugnata non ha considerato le violazioni alle norme infortunistiche concernenti l'inadempimento del datore di lavoro agli obblighi generali d'informazione e vigilanza, l'omissione di efficaci dispositivi di sicurezza sul muletto allorché veniva impiegato per il sollevamento del dipendente sino ad altezza tale da consentirgli di prelevare materiali riposti nella parte alta della scaffalatura, l'omessa predisposizione di tutte le misure necessarie atte, in considerazione della particolarità del lavoro, a tutelare l'integrità fisica del personale addetto.
Il secondo motivo denuncia vizio di motivazione e critica la sentenza impugnata per avere ricollegato l'infortunio anche alla condotta dell'infortunato, sostenendo che costui per pigrizia non aveva apposto il bancale sul muletto prima di salire sulle pale, ma in tal modo omettendo di esaminare le deposizioni di alcuni testimoni, i quali invece avevano messo in evidenza come quel giorno il bancale non fosse reperibile. L'azienda non aveva dimostrato di avere predisposto altri attrezzi (quali scale conformi alla normativa antinfortunistica) idonei all'uso, di non avere istruito i dipendenti su come svolgere l'attività da cui era poi derivato l'infortunio, di non avere vigilato affinché il muletto fosse correttamente utilizzato.
I due motivi, che per la loro connessione vanno congiuntamente trattati, sono infondati.
Si deve infatti rilevare, contrariamente a quanto assume il lavoratore ricorrente, che il giudice del gravame ha tenuto conto delle norme antinfortunistiche denunciate, interpretandole correttamente e rilevandone la violazione. Ha evidenziato infatti che l'elevatore su cui era salito il L.D.N. non era provvisto di efficaci dispositivi di sicurezza e che il datore di lavoro aveva tollerato che quel macchinario anche senza il bancale venisse impiegato per sollevare l'operaio incaricato di prelevare il materiale riposto in alto, omettendo peraltro di vigilare sull'attività lavorativa e di esigere dai lavoratori l'osservanza delle norme di sicurezze e l'uso dei mezzi di protezione messi a loro disposizione.
Orbene, senza dubbio, come il lavoratore sottolinea rifacendosi alla giurisprudenza di questa Corte, le norme dettate in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, tese ad impedire l'insorgenza di situazioni di pericolo, sono dirette a tutelare l'incolumità del lavoratore anche in relazione ad incidenti che possano derivare dalla disattenzione, imprudenza, imperizia e negligenza dello stesso, per cui la responsabilità del datore di lavoro per la violazione di tali norme ovvero delle disposizioni in via generale imposte dall'art. 2087 cod. civ., non viene meno anche di fronte ad una condotta imprudente o negligente del medesimo infortunato. Infatti all'imprenditore che abbia provocato un infortunio sul lavoro per violazione delle relative prescrizioni non può derivare alcun effetto esimente dall'eventuale concorso di colpa del lavoratore, e la condotta del dipendente può comportare l'esonero totale del datore di lavoro da responsabilità solo quando essa presenti i caratteri dell'abnormità, inopinabilità e esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle direttive ricevute, come pure dell'atipicità ed eccezionalità, così da porsi come causa esclusiva dell'evento (cfr. tra le tante: Cass. 21 maggio 2002 n. 7454).
Né può ritenersi che il comportamento imprudente o negligente del lavoratore possa assumere efficacia soltanto di mera occasione o modalità dell'iter produttivo dell'evento, poiché ciò può affermarsi, come la giurisprudenza dì questa Corte (v. sentenza 8 aprile 2002 n. 5024) ha rilevato in altra fattispecie, per taluni aspetti coincidenti con quella in esame (anche lì un elevatore privo di dispositivi di sicurezza per evitare cadute delle persone sollevate ed impiegato per pulire le parti di un capannone ad altezza di metri tre dal suolo), allorché la condotta del lavoratore sia attuativa di uno specifico ordine di servizio del datore di lavoro per lo svolgimento di attività lavorative, malgrado la sussistenza di condizioni di pericolo per le modalità dell'esecuzione.
Qui invece La Corte territoriale, con apprezzamento di fatto non censurato adeguatamente, ha sottolineato come il comportamento imprudente del lavoratore, concausa dell'infortunio, era stato attuato dall'infortunato, il quale era salito sulle pale dell'elevatore senza prima sistemare su di esse il bancale presente in azienda, che gli avrebbe consentito una posizione sicura.
Inammissibile è la censura concernente la valutazione delle deposizioni testimoniali, poiché si limita a Contrapporre alla statuizione della sentenza impugnata della disponibilità in azienda del bancale suddetto la diversa dichiarazione della teste R. Va infatti qui richiamato il consolidato principio giurisprudenziale secondo cui la valutazione delle risultanze delle prove e il giudizio sull'attendibilità dei testi, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad un'esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti; con la conseguenza che il controllo di legittimità da parte della Corte di cassazione non può riguardare il convincimento del giudice di merito sulla rilevanza probatoria degli elementi considerati, ma solo la sua congruenza dal punto di vista dei principi di diritto che regolano la prova (cfr. 17 luglio 2001 n. 9662). Del resto la medesima testimone, cui si riferisce la doglianza, aveva pure evidenziato la circostanza che "il bancale era disponibile in azienda, ma lo si usava quando lo stesso era presente nelle vicinanze del lavoratore".
Irrilevante è la omessa predisposizione di altri mezzi per prelevare il materiale posto in alto nei locali, essendosi già affermata la responsabilità del datore di lavoro in ordine alla causazione dell'infortunio.
Il ricorso del L.D.N. va quindi rigettato.
Resta assorbito il ricorso incidentale, espressamente subordinato all'accoglimento del principale, con il quale la società, denunciando violazione degli artt. 1223, 2727, 2729, 2697 cod. civ., deduce la erroneità dell'affermata sussistenza del danno da lucro cessante, data la accertata mancanza di qualsiasi perdita economica per il lavoratore in conseguenza dell'infortunio e di alcuna preclusione nello sviluppo della carriera (primo motivo) e l'insufficiente motivazione in ordine al procedimento logico seguito per liquidare le singole voci di danno (secondo motivo).
Le spese del presente giudizio, per il criterio della soccombenza, vanno poste a carico del L.D.N. e sono liquidate come in dispositivo. Nessuna statuizione va effettuata nei confronti dell'intimato F.C. in carenza di attività difensiva.

 

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale, assorbito l'incidentale; condanna il ricorrente al pagamento in favore della società resistente delle spese del presente giudizio, liquidate in euro 22,00 oltre ad euro 1.200,00= (milleduecento/00) per onorari; nulla per le spese nei confronti dell'intimato F.C.
Così deciso in Roma, il 4 dicembre 2003.


DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 17 APR. 2004